Accertamento bancario: come difendersi?

Sei stato sottoposto ad accertamento bancario e non sai come difenderti? Come funziona la procedura delle indagini bancarie? Sono previste delle garanzie a tutela del contribuente?

Se ti stai ponendo queste domande probabilmente hai ricevuto un avviso di accertamento bancario o ti è stato comunicato l’avvio dell’accertamento da parte della tua banca.

Ti invito a proseguire la lettura di quest’articolo, nel caso in cui tu abbia bisogno di maggiori informazioni e sia interessato a conoscere le strategie difensive che hai a disposizione.

Per garantire la corretta applicazione delle norme fiscali, l’Agenzia delle Entrate esegue periodicamente verifiche e controlli (c.d. accertamenti) circa le dichiarazioni dei contribuenti. I poteri istruttori che ha a disposizione sono variegati e si distinguono anche in base agli indizi che fanno presumere una violazione delle norme tributarie.

Tra questi poteri istruttori si inserisce anche il c.d. accertamento bancario, quale strumento di acquisizione di informazioni finanziarie utili alla ricostruzione del reddito complessivo del contribuente.

Anche la Guardia di Finanza può ricorrere a questo genere di accertamento, laddove svolga la funzione di polizia giudiziaria circa reati tributari.

Vediamo insieme di cosa si tratta.

1. Accertamento Bancario

Ogni contribuente, persona fisica o giuridica, è iscritto all’Anagrafe Tributaria tramite il proprio codice fiscale. Questa è stata istituita con il DPR 605/1973 e contiene tutte le informazioni risultanti dagli accertamenti e dalle dichiarazioni presentate all’Amministrazione Finanziaria.

E’ proprio grazie al codice fiscale del contribuente che il Fisco è in grado di avere informazioni utili a fini fiscali, compresa la registrazione dei suoi rapporti bancari. Infatti, il sistema dell’Anagrafe Tributaria è integrato con altri sistemi che le consentono di incrociare informazioni provenienti da più soggetti, come la Guardia di Finanza, o da banche dati come il Vies.

Per quanto nel sistema siano contenuti moltissimi dati, a volte è necessario avviare delle indagini che portano l’Agenzia delle Entrate (o la GdF) a chiederne ulteriori agli enti creditizi, alle Poste Italiane o a enti assicurativi. Queste indagini assumono il nome di accertamento bancario e consentono una ricostruzione del reddito complessivo del contribuente, che poi sarà confrontato con quanto da lui dichiarato.

1.1. Procedura di accertamento

L’accertamento bancario avviene secondo una specifica procedura che richiede la collaborazione del Fisco e degli enti interrogati.

Anzitutto è oggetto di indagine:

  • ogni operazione compiuta dal contribuente e tutti i rapporti idonei a consentire delle movimentazioni in entrata e in uscita;
  • tutti i rapporti inerenti e funzionalmente connessi al conto;
  • tutti i conti correnti in disponibilità del contribuente, cointestati o intestati a terzi (se vi sono prove della loro attribuibilità al contribuente);

In buona sostanza, il Fisco chiede informazioni circa notizie, documenti e dati relativi a qualunque operazione effettuata o rapporto intercorso del contribuente in questione, agli enti creditizi.

Ricevuta la richiesta, l’ente interrogato deve:

  • informare immediatamente il contribuente dell’accertamento in corso. Infatti, nonostante non esista un obbligo dell’Ufficio di informare il contribuente circa le indagini svolte, la sua tutela è garantita dall’ente interrogato;
  • fornire i dati richiesti all’Ufficio nel termine indicato e comunque non oltre 30 giorni alla richiesta;

In ogni caso, laddove non dovesse avere informazioni tempestive l’Agenzia delle Entrate ha la facoltà di rilevarle direttamente, con l’accesso dei suoi impiegati presso le banche.

Infatti, se un tempo esisteva il c.d. segreto bancario che limitava la possibilità di indagine a specifici casi, previo accertamento di rilevanti fatti evasivi, oggi per il Fisco il segreto bancario non esiste più. La legge 413/1991 ha liberalizzato le indagini bancarie in base al fatto che nelle stesse siano coinvolti meri interessi patrimoniali e non valori della persona umana.

Nonostante la liberalizzazione dell’accertamento bancario, l’Amministrazione finanziaria deve rispettare una procedura autorizzativa per poter svolgere le indagini.

1.2. L’autorizzazione

Per eseguire l’accertamento, l’Agenzia delle Entrate deve richiedere un’autorizzazione alla Direzione Regionale.

La funzione dell’autorizzazione è quella di legittimare l’accertamento anche attraverso il controllo di un suo corretto utilizzo da parte del Fisco.

Infatti, per garantire la tutela del contribuente che è sottoposto ad indagine, questa deve essere (art. 7 comma 1 legge 212/2000):

  • sufficientemente motivata;
  • adeguata al singolo caso di specie e non generica o stereotipata;
  • preventiva, quindi emessa prima dell’accertamento. E’ definita infatti come atto amministrativo preparatorio alle indagini;

Anche se i dati raccolti dall’Ufficio privo di autorizzazione sono ritenuti comunque utilizzabili, perché l’assenza del provvedimento autorizzativo attiene ai rapporti interni tra il Fisco e l’istituto di credito (Cass. 4987/2003; Cass. 4001/2009), è possibile far valere l’irregolarità del provvedimento viziato in sede di contenzioso.

Infatti, laddove l’autorizzazione presenti dei vizi è possibile farli valere nel giudizio sorto a seguito di impugnazione dell’avviso di accertamento o nel contraddittorio con l’Ufficio.

2. Effetti dell’accertamento bancario

Ai sensi dell’art. 32 del DPR 600/1973 se il contribuente non indica il beneficiario dei prelevamenti e degli importi riscossi, o se non risultano dalle scritture contabili, questi sono considerati come ricavi o compensi e possono fondare l’emissione dell’avviso di accertamento.

In alternativa l’Amministrazione Finanziaria può convocare il contribuente per consentirgli di giustificare e/o documentare i rapporti oggetto di indagine. Già in questa prima fase di contraddittorio il contribuente può difendersi dimostrando di aver tenuto conto, nella dichiarazione, dei rapporti e delle operazioni contestate.

Tuttavia, non sempre il Fisco procederà alla convocazione poiché in questa fase il contraddittorio non è obbligatorio; infatti, l’Agenzia delle Entrate può direttamente procedere all’emissione dell’avviso di accertamento. In questo caso la difesa del contribuente sarà posticipata alla notifica del predetto avviso.

2.1. Avviso di accertamento bancario

Se nel corso delle indagini bancarie emergono delle irregolarità rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, l’Ufficio notifica il c.d. avviso di accertamento bancario. Dopo 60 giorni dalla notifica, l’avviso diviene esecutivo e quindi rappresenta un titolo per il Fisco, ai fini dell’esecuzione forzata.

Per consentire al contribuente di difendersi, l’avviso deve avere uno specifico contenuto precisato dalla legge. Anzitutto deve precisare le circostanze e gli elementi che giustificano l’utilizzo dell’accertamento bancario e le ragioni per cui è sospettata un’evasione; in secondo luogo, ai sensi dell’art. 7 della legge 212/2000, deve indicare:

  • l’ufficio presso cui è possibile chiedere informazioni;
  • l’autorità presso cui è possibile presentare istanza di autotutela (quando l’avviso è affetto da un vizio così evidente da poter essere rettificato dall’Ufficio);
  • tutte le informazioni circa le modalità di riscossione.

L’atto deve essere sottoscritto e deve, obbligatoriamente, avere i contenuti sopra indicati per non cadere in un c.d. vizio di legittimità. Nel caso in cui l’avviso sia affetto da vizi, è possibile difendersi presentando ricorso presso la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado territorialmente competente o presentare istanza di autotutela, entro i termini previsti dalla legge.

3. La giurisprudenza rilevante della Corte di Cassazione in materia di accertamento bancario

Cass. civ. Sez. V Ord., 12/10/2021, n. 27654.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di accertamento bancario ai sensi dell’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ai fini della prova contraria da dedursi e fornirsi da parte del contribuente, sono idonee le circostanze di fatto che comprovino che i versamenti oggetto di controllo costituiscono restituzione di somme precedentemente concesse a mutuo da parte del contribuente medesimo, laddove tali movimentazioni finanziarie abbiano lasciato traccia documentale (in uscita e in entrata, per importi corrispondenti) negli estratti conto esaminati; il che costituisce sicuramente elemento dimostrativo qualificato, fornito di data, importo, soggetto coinvolto e tipo di operazione.

Cass. civ. Sez. V Ord., 16/11/2020, n. 25895.

In tema di accertamento fiscale, la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate giustifica l’esercizio dei poteri di indagine ed accertamento bancario propri dell’Amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione purché accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica, in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost., per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco.

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 07/07/2020, n. 14058.

Grava sul contribuente l’onere di superare la presunzione che assiste le indagini finanziarie, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuno dei versamenti bancari a fatti imponibili, senza che assuma alcuna rilevanza la sua qualifica soggettiva di lavoratore dipendente, autonomo o imprenditore, dato che la presunzione legale relativa alla prima parte dell’art. 32, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 600/1973 (consistente nel fatto che i dati e gli elementi acquisiti attraverso le indagini bancarie possono essere posti a base degli accertamenti e rettifiche, se il contribuente non dimostra di averne tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto a imposta, o che essi non hanno rilevanza allo stesso fine) trova applicazione anche a soggetti diversi dagli imprenditori e dai lavoratori autonomi, in virtù della portata generale del disposto normativo. Inoltre, la mera prassi familiare di erogazione di liberalità da parte dei genitori a favore dei figli costituisce un fatto solo probabile e, quindi, non integra un fatto notorio ai fini della prova contraria analitica di cui il contribuente sottoposto ad accertamento bancario è onerato.

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 09/01/2017, n. 233.

In tema di accertamento fiscale, la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate giustifica l’esercizio dei poteri di indagine ed accertamento bancario propri dell’Amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione purché accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica (in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost.) per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco.

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 27/12/2016, n. 27069.

In tema di accertamento fiscale, la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate giustifica l’esercizio dei poteri di indagine ed accertamento bancario propri dell’Amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, opera solo a fronte di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione, purché accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica, in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost., per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco.

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 26/05/2014, n. 11765.

In tema di accertamento fiscale, la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate giustifica l’esercizio dei poteri di indagine ed accertamento bancario propri dell’Amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione purché accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica – in deroga si principi di cui agli artt. 243 e 53 Cost. – per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco.

Cass. civ. Sez. V Sent., 02/03/2012, n. 3267.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria, qualora ritenga la fittizietà di tutti od alcuni dei costi dichiarati, non ha l’obbligo di escludere, in proporzione, i ricavi esposti dallo stesso contribuente, né è tenuta a ricostruire la dichiarazione nella sua interezza, od a procedere ad accertamento bancario o induttivo (sebbene previsto dalla circolare del Ministero delle finanze del 21 ottobre 1997, n. 271, non costituente una fonte del diritto), ma può limitarsi ad analizzare l’esistenza dei costi dichiarati, in ordine ai quali siano emersi dei dubbi, dovendo, peraltro, ritenersi sussistere l’effettività dei ricavi dichiarati e non disconosciuti dal contribuente comportanti una maggiore esposizione fiscale.

Cass. civ. Sez. V Sent., 21/07/2009, n. 16874.

Ai fini della (in)validità dell’accertamento bancario, il contribuente non può dolersi della omessa motivazione del provvedimento che autorizza i controlli bancari, ma solo della omessa autorizzazione e solo quando sia dimostrato che egli, per effetto della omessa autorizzazione, ha patito un pregiudizio certo ed effettivo. Tale pregiudizio non può riguardare la sfera della riservatezza, poiché il segreto bancario non è opponibile al Fisco, né il diritto di difesa, posto che l’autorizzazione non si inserisce nelle (e dunque non condiziona le) possibilità di contraddittorio del contribuente.

4. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso

L’accertamento bancario rientra tra i poteri istruttori in capo all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza, in caso di reati tributari. Con il ricorso a queste indagini si consente all’Ufficio di verificare se, in base ai rapporti con gli enti creditizi, la dichiarazione del contribuente sia veritiera.

E’ uno strumento di indagine che può essere utilizzato anche nel ricorso ad altri metodi di accertamento come il sintetico, l’analitico, l’analitico induttivo, etc..; tuttavia può costituire di per se il fondamento di un autonomo avviso di accertamento, c.d. bancario.

Esistono diversi strumenti di tutela del contribuente; ad alcuni si può ricorrere ancora prima dell’emissione dell’avviso di accertamento e in contraddittorio con l’Ufficio, mentre ad altri solo dopo la sua notifica. A seconda delle precise circostanze contestate può essere più utile tutelarsi in un modo piuttosto che in un altro.

Proprio per questo è fondamentale conoscere le diverse strategie difensive che si hanno a disposizione.

Se hai bisogno di una consulenza mirata alla tua personale situazione, ti invito a chiedere maggiori informazioni ai nostri Professionisti di ObiettivoProfitto.it, compilando il relativo Modulo presente in questa pagina.

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