Accertamento induttivo: come difendersi

Il Fisco svolge una serie di indagini per verificare che le dichiarazioni dei contribuenti corrispondano al vero. Per ottenere tutte le informazioni necessarie, nell’esercitare questi controlli può ricorrere a incisivi poteri istruttori.

L’accertamento c.d. induttivo si inserisce proprio tra il novero di controlli esercitati dall’Agenzia delle Entrate a fini fiscali.

Trattasi di una strategia impiegata dal Fisco per ricostruire i redditi derivanti da attività d’impresa e da lavoro autonomo; è un metodo di indagine utile sia alla verifica delle imposte dirette, che a fini IVA.

I soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili possono essere sottoposti, principalmente, a due generi di accertamenti. Questi variano in base all’attendibilità delle stesse scritture contabili e sono:

  •  accertamento analitico-induttivo: quando si riscontrano specifiche anomalie in scritture contabili generalmente attendibili;
  • accertamento induttivo c.d. puro: in presenza di gravi e specifiche violazioni nelle scritture contabili che si presentano quindi come inattendibili;

Se sei un imprenditore o un lavoratore autonomo e ti è stato notificato un avviso di accertamento, ti invito a proseguire la lettura di quest’articolo. Analizzeremo insieme la figura dell’accertamento induttivo puro e le strategie che hai a disposizione per difenderti.

1. Accertamento induttivo puro

Come accennato, è un metodo di verifica posto in essere dall’Agenzia delle Entrate, laddove sia riscontrata l’inattendibilità delle scritture contabili. Può essere utilizzato sia per le imposte sui redditi che per le imposte indirette a fini IVA.

A differenza degli altri metodi di accertamento come quello analitico, sintetico o analitico-induttivo richiede la presenza di precise condizioni per potersi applicare.

Questo accade perché il Fisco può compiere le indagini con minor rigore, in base a delle presunzioni semplicissime. Quindi la necessaria presenza di alcune condizioni limita l’accesso dell’Agenzia delle Entrate a questo metodo di indagine.

E’ definito come accertamento c.d. extra-contabile proprio perché non può fondarsi sulla contabilità (inattendibile) del contribuente. Infatti, implica una ricostruzione dei redditi del contribuente sulla base di indizi che vengono reperiti grazie all’impiego dei poteri istruttori del Fisco.

Anzitutto questo procedimento di verifica si suddivide in due fasi:

  • Fase di verifica della contabilità: è la fase in cui si verifica la presenza dei presupposti necessari per ricorrere all’accertamento induttivo. E’ fondamentale che le scritture contabili siano considerate inattendibili. I presupposti, infatti, sono definiti come c.d. prove certe di inattendibilità.
  • Fase di accertamento induttivo: si apre in presenza di una contabilità inattendibile ed è volta alla ricostruzione del reddito a prescindere dalle scritture contabili. L’Ufficio può avvalersi di dati comunque raccolti, anche presuntivi;

Vediamole insieme.

1.1. Fase di verifica della contabilità

E’ la fase c.d. preliminare dell’accertamento induttivo in cui l’Ufficio deve verificare la presenza di alcuni presupposti. La presenza di questi è fondamentale per consentire al Fisco di ricostruire il reddito del contribuente con accertamento induttivo.

Ai sensi dell’art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 600/1973, è necessario che:

  • il contribuente non abbia risposto alle richieste di chiarimenti dell’Ufficio a seguito di un accertamento. Giurisprudenza ha comunque precisato che il lieve ritardo nella risposta non giustifichi il ricorso all’accertamento induttivo (Cass. 20461/2011);
  • non sia stato inserito in dichiarazione il reddito d’ impresa o da lavoro autonomo;
  • non tutte le scritture contabili siano state sottoposte a controllo, perché il contribuente le ha sottratte o perché sono andate distrutte;
  • Il contribuente non abbia presentato tutti i modelli integranti la dichiarazione (modelli ISA);
  • Le omissioni e falsità nelle scritture contabili siano così gravi, ripetute ed evidenti da renderle completamente inattendibili: per esempio quanto sia rinvenuta una seconda contabilità;

La presenza di questi presupposti consente all’Ufficio di ritenere certamente inattendibili le scritture contabili. E’ proprio a causa di questa certezza c.d. preventiva, che il Fisco può poi compiere delle indagini con minor rigore.

Infatti una volta che si è verificata la presenza dei presupposti, l’Ufficio è legittimato ad avviare la seconda fase delle indagini.

1.2. Fase di accertamento induttivo

In presenza dei presupposti, l’Agenzia delle Entrate può basare i controlli anche su dati e informazioni c.d. presuntive.

Nello specifico, l’Ufficio ricava una serie di dati e informazioni presunte circa i redditi del contribuente ricorrendo a dei criteri che variano in base alle sue caratteristiche. Tra questi vi sono per esempio il numero dei dipendenti e i consumi di materie prime, come il consumo di carta in una copisteria.

In questa fase delle indagini il Fisco può:

  • avvalersi dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza;
  • non considerare i risultati di bilancio, in tutto o in parte;
  • ricorrere anche a delle c.d. presunzioni semplicissime. La loro particolarità sta nel fatto che, a differenza di quelle dell’accertamento analitico-induttivo, non richiedono indizi gravi, precisi e concordanti. Tuttavia è necessario che siano una conseguenza logica e diretta di una premessa certa.

Le imprese che si siano dotate di apposita certificazione tributaria non possono essere sottoposte ad accertamento induttivo per l’anno a cui essa si riferisce.

Nello specifico caso delle imposte a fini IVA, invece, non ne è consentita la detrazione sugli acquisti.

E’ possibile detrarre solo i versamenti eventualmente eseguiti, l’imposta detraibile risultante dalle liquidazioni periodiche e il credito maturato nel precedente anno.

2. Avviso di accertamento

Quando, a seguito di queste verifiche, si riscontrino delle irregolarità il Fisco provvede ad emettere e notificare un avviso di accertamento.

Questo indica l’ammontare delle imposte evase, gli elementi su cui la verifica si fonda e le sanzioni a cui il contribuente è sottoposto.

L’accertamento induttivo è quello più complesso da contestare, proprio perché si basa su degli errori contabili certi preventivamente compiuti dal contribuente.

La strategia difensiva migliore sarebbe la corretta tenuta della contabilità, in modo da impedire al Fisco di ricorrere a questo genere di controlli.

Il contribuente può, infatti, premunirsi di certificazione tributaria da depositarsi con la dichiarazione. La certificazione viene rilasciata da revisori contabili iscritti da almeno 5 anni in appositi Albi. Con la certificazione, il revisore garantisce che il contribuente abbia tenuto regolarmente le scritture contabili.

Presentando la certificazione il Fisco non può procedere ad accertamento induttivo.

Tuttavia è possibile far cadere la legittimazione del Fisco che sia ricorso ad accertamento induttivo, anche con una strategia difensiva c.d. ex. post.

2.1. Strategie difensive del contribuente

Anche a seguito degli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate è possibile tutelarsi con delle strategie difensive.

Infatti, è possibile impugnare l’avviso di accertamento con la presentazione di un ricorso. Con questo è necessario dimostrare l’attendibilità delle scritture contabili e, quindi, l’errore dell’Amministrazione Finanziaria.

Laddove si riesca a dimostrare che la contabilità è stata correttamente tenuta, viene a meno la legittimazione dell’Ufficio di utilizzare questo metodo.

Questa strategia difensiva può essere impiegata per far cadere ogni presupposto del metodo induttivo; per esempio dimostrando che l’Agenzia delle Entrate ha errato nel ritenere non dichiarato il reddito d’impresa o che non ha considerato la presentazione di tutta la documentazione necessaria.

Se questi errori del Fisco sono evidenti, non è necessario presentare un ricorso. In questi casi è sufficiente depositare una c.d. istanza di autotutela, con cui si indicano i palesi errori dell’Amministrazione, che provvederà ad un auto-correzione.

Al di fuori di questi casi, comunque, è possibile impugnare l’avviso di accertamento per i c.d. vizi di legittimità come l’assenza di un’adeguata motivazione o la mancata notifica dell’atto.

3. La giurisprudenza rilevante della Corte di Cassazione in materia di accertamento induttivo

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 01/06/2022, n. 17780.

In tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo – come in caso di indagini bancarie – è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario.

Cass. civ. Sez. V, 14/04/2022, n. 12127.

L’accertamento induttivo puro svolto ai sensi dell’art. 39, secondo comma, D.P.R. n. 600 del 1973, consente all’Amministrazione finanziaria di prescindere del tutto dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili e di determinare l’imponibile sulla base di elementi meramente indiziari, ancorché inidonei ad assurgere a prova presuntiva ai sensi degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., ma costituenti presunzioni supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, quando i dati in esse contenuti siano assolutamente inattendibili e tali da inficiare l’utilizzabilità anche di quelli apparentemente regolari, ponendo a carico del contribuente l’onere di fornire la prova contraria, ossia di dimostrare di non avere conseguito il reddito accertato ovvero di avere conseguito un reddito inferiore a quello indicato dall’ufficio.

Cass. civ. Sez. V Ord., 01/04/2022, n. 10583.

Il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico-induttivo e quello con metodo induttivo c.d. puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.; nel secondo caso, invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” risultano tali da inficiare l’attendibilità e, dunque, l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento, anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l’amministrazione finanziaria può prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c. Ne consegue che la “formale correttezza” delle scritture contabili non è ostativa ad un accertamento induttivo puro nel caso in cui, proprio a seguito di un loro esame analitico, se ne accerti la totale inattendibilità per le omissioni o anche solo per le false od inesatte indicazioni in esse contenute, che evidentemente quell’analisi presuppone.

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 25/02/2022, n. 6304.

In tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario.

Cass. civ. Sez. V Ord., 18/11/2021, n. 35128.

In tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario.

Cass. civ. Sez. V Ord., 20/10/2021, n. 29182.

A fronte di un riscontrato conto cassa di valore rilevante, l’Amministrazione finanziaria non è legittimata a procedere, nei confronti di un professionista, ad un accertamento induttivo puro – sulla base di una ritenuta totale inattendibilità delle scritture contabili – nella presunzione che trattasi di ricavi in nero non dichiarati. Ciò in quanto, non rappresentando il conto cassa una scrittura obbligatoria per legge, la sua eventuale tenuta irregolare può, al massimo, costituire un elemento indiziario di potenziale inattendibilità contabile, laddove suffragato da altri elementi probatori, anche extracontabili.

Cass. civ. Sez. V, 19/07/2021, n. 20436.

In tema di accertamento tributario, nel caso di omessa fatturazione, quando l’amministrazione finanziaria procede all’accertamento induttivo puro, i costi di produzione dei beni o dei servizi ceduti non incidono sulla base imponibile Iva. Vanno invece riconosciuti, ai fini delle imposte sul reddito i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, pena la lesione del parametro costituzionale della capacità contributiva.

Cass. civ. Sez. V, 19/07/2021, n. 20436.

In tema di Iva, ove l’Amministrazione finanziaria, nell’ipotesi di omessa fatturazione, abbia proceduto ad accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, la base imponibile deve essere determinata ai sensi dell’art. 13 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, con la conseguenza che non assumono alcuna incidenza i costi di produzione dei beni o servizi ceduti.

Cass. civ. Sez. V Ord., 24/06/2021, n. 18098.

In tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, mentre, in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario.

Cass. civ. Sez. V Ord., 17/06/2021, n. 17244.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’inventario ometta di indicare e valorizzare le rimanenze con raggruppamento per categorie omogenee, in violazione dell’art. 15, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, si determina un ostacolo nell’analisi contabile del fisco, sicché ne discendono l’incompletezza e l’inattendibilità delle scritture contabili, che giustificano anche l’accertamento induttivo puro ex art. 39, comma 2, lett. d), del medesimo D.P.R., ed il ricorso anche alle presunzioni cc.dd. supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Pertanto, ove il contribuente non abbia assolto – già in sede di accesso, ispezione o verifica – l’onere di mettere a disposizione degli accertatori le distinte che sono servite per la compilazione dell’inventario, egli è tenuto ad esibirle, al più tardi, in sede contenziosa, onde consentire al giudice del merito, ferma la legittimità del metodo dell’accertamento, di effettuare le conseguenti valutazioni sulla attendibilità dell’inventario dedotta dallo stesso contribuente.

La mancata indicazione, nell’inventario, di beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore e del valore attribuito a ciascun gruppo è una chiara violazione del disposto dell’art. 15, comma 2, D.P.R. n. 600/1973, tale da denotare l’assoluta inaffidabilità della contabilità del contribuente. È pertanto legittimo l’accertamento induttivo puro emesso dall’ufficio in relazione a detta violazione.

Cass. civ. Sez. V Ord., 22/01/2021, n. 1305.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto nel caso in cui abbia condotto un accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, e senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario.

Cass. civ. Sez. V Ord., 09/07/2020, n. 14558.

E’ legittimo l’accertamento induttivo puro fondato su scostamento rispetto gli studi di settore, purché in presenza anche di altri gravi elementi. Ciò in quanto, per procedere ad un accertamento induttivo, non è sufficiente un semplice scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli fondamentalmente desumibili in base agli studi di settore, ma è necessaria una grave incongruenza, che deve essere valutata dal giudice nel caso concreto.

Cass. civ. Sez. V Ord., 02/07/2020, n. 13488.

L’antieconomicità, l’errata indicazione in dichiarazione di dati diversi da quelli risultanti dalla contabilità e la non congruità con gli studi di settore sono elementi che non attengono a irregolarità nella tenuta delle scritture contabili, così gravi e reiterate da giustificare il ricorso all’accertamento “induttivo puro”, ma afferiscono piuttosto a elementi esterni che prescindono dalle risultanze delle scritture contabili. L’erroneo criterio di accertamento del reddito non può, tuttavia, comportare l’annullamento dell’atto impositivo, dovendo comunque il giudice tributario decidere nel merito della pretesa fiscale.

Cass. civ. Sez. V Ord., 09/06/2020, n. 10968.

In caso di accertamento induttivo puro, l’Amministrazione finanziaria può ricorrere a presunzioni cosiddette supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ma deve comunque determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, poiché, altrimenti, sarebbe oggetto di imposizione il profitto lordo in luogo di quello netto, in violazione dell’art. 53 Cost., non potendo trovare applicazione l’art. 109 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che ammette in deduzione solo i costi risultanti dal conto economico. Invece, con riguardo all’accertamento analitico induttivo ex art. 39, comma 1 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche in caso di accertamento analitico induttivo mediante applicazione dello studio di settore, incombe al contribuente l’onere di provare, col normale rigore, realtà, inerenza e certezza dei costi sopportati, non potendo, in effetti, il contribuente, beneficiare di alcun presuntivo abbattimento forfetario.

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 18/02/2020, n. 4149.

La “formale correttezza” delle scritture contabili non è ostativa ad un accertamento induttivo puro nel caso in cui, proprio a seguito di un loro esame analitico, se ne accerti la totale inattendibilità per le omissioni o anche solo per le false od inesatte indicazioni in esse contenute, che evidentemente quell’analisi presuppone. Inattendibilità che può essere stata desunta non soltanto dall’antieconomicità della gestione, ma anche dalle “incongruenze inventariali”.

Cass. civ. Sez. V Sent., 17/07/2019, n. 19191.

In caso di accertamento induttivo puro l’Amministrazione finanziaria può ricorrere a presunzioni “supersemplici”, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ma deve comunque determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, poiché, altrimenti, sarebbe oggetto di imposizione il profitto lordo in luogo di quello netto, in violazione dell’art. 53 Cost., non potendo trovare applicazione l’art. 109 TUIR che ammette in deduzione solo i costi risultanti dal conto economico.

In caso di omessa dichiarazione dei redditi, così come in caso di accertamento induttivo puro, l’Amministrazione può ricorrere a presunzioni supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ma deve, comunque, determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati. Diversamente si assoggetterebbe ad imposta il profitto lordo, ma non quello netto, in violazione dell’art. 53 Cost., restando inapplicabile l’art. 109 T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986) che ammette in deduzione solo i costi risultanti dal conto economico.

Cass. civ. Sez. V Ord., 18/06/2019, n. 16276.

E’ legittimo l’accertamento induttivo del reddito d’impresa qualora l’inventario ometta di indicare e valorizzare le rimanenze con raggruppamento per categorie omogenee, ostacolando in tal modo l’analisi contabile del fisco, e che la incompletezza ed inattendibilità delle scritture giustificano anche l’accertamento induttivo puro D.P.R. n. 600 del 1973 ex art. 39, comma 2, lett. d), nel quale hanno cittadinanza le presunzioni c.d. supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Cass. civ. Sez. V Ord., 16/01/2019, n. 899.

In relazione alle imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, D.P.R. n. 600 del 1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario. Non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa.

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 15/11/2018, n. 29479.

In tema di accertamento, ove l’Amministrazione finanziaria ricorra al metodo induttivo “puro” per l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del contribuente, quest’ultimo ha in ogni caso il diritto di allegare documentazione contabile a prova contraria.

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 23/10/2018, n. 26748.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento induttivo puro, deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente, tenendo conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti, tanto che, qualora per alcuni proventi non sia possibile accertare i costi, questi possono essere determinati induttivamente, perché diversamente si assoggetterebbe a imposta, come reddito d’impresa, il profitto lordo, anziché quello netto, in contrasto con il parametro costituzionale della capacità contributiva.

Cass. civ. Sez. V Ord., 04/10/2018, n. 24306.

In sede di accertamento induttivo, l’Amministrazione finanziaria deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente tenendo conto anche delle componenti negative del reddito, a condizione però che esse siano state dimostrate dal contribuente o che risultino in altro modo dagli accertamenti compiuti. In presenza di accertamento analitico o analitico presuntivo, reso manifesto dal contenuto degli atti dell’Ufficio, è il contribuente, a differenza del caso di accertamento induttivo “puro”, ex art. 39, comma 2, D.P.R. n. 600 del 1973, ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che si possa o debba procedere al loro riconoscimento forfettario.

Cass. civ. Sez. V Ord., 07/09/2018, n. 21828.

In tema di IVA, ove l’Amministrazione finanziaria, nell’ipotesi di omessa fatturazione, abbia proceduto ad accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, la base imponibile deve essere determinata ai sensi dell’art. 13 del d.P.R. n. 633 del 1972, con la conseguenza che non assumono alcuna incidenza i costi di produzione dei beni o servizi ceduti.

Cass. civ. Sez. V Ord., 29/09/2017, n. 22868.

In tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario.

Cass. civ. Sez. V, 08/03/2017, n. 5995.

È legittimo l’accertamento induttivo del reddito d’impresa qualora l’inventario ometta di indicare e valorizzare le rimanenze con raggruppamento per categorie omogenee, così violando la prescrizione dell’art. 15, comma 2, del D.P.R. n. 600/1973 e ostacolando l’analisi contabile del Fisco. Anzi, la descritta incompletezza contabile e l’inattendibilità scritturale che ne deriva giustificano finanche l’accertamento induttivo puro ex art. 39, comma 2, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973, nel quale possono essere impiegate anche presunzioni “supersemplici”, cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Cass. civ. Sez. V, 20/01/2017, n. 1506.

In caso di accertamento induttivo “puro”, a seguito di omessa dichiarazione dei redditi, la dimostrazione dei costi è anzitutto interesse e onere del contribuente, ma alla determinazione di essi può e deve pervenire, pur in mancanza della prova offerta dal contribuente, l’Ufficio e, in sua sostituzione, il giudice di merito, se e in quanto ciò sia consentito dagli accertamenti compiuti.

Cass. civ. Sez. V, 19/08/2015, n. 16980.

L’Ufficio non può accertare la mancata contabilizzazione di ricavi sulla base della differenza tra i corrispettivi indicati negli atti di vendita degli immobili e quelli desunti dalla valutazione dei prezzi dell’Osservatorio dei Valori Immobiliari dell’Agenzia del Territorio, qualora l’accertamento sia di tipo analitico-induttivo: quest’ultimo, infatti, richiede la sussistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti, che non risultano, tuttavia, integrate dalla sola differenza dei corrispettivi sopra indicata, la quale altro non è che un elemento indiziario; mentre tale scostamento è sufficiente nell’ipotesi di accertamento induttivo “puro”, che ben può prescindere dai requisiti di gravità , precisione e concordanza delle presunzioni utilizzate.

Cass. civ. Sez. V Sent., 09/07/2010, n. 16227.

L’accertamento induttivo “puro” eseguito ai sensi dell’art. 39, comma 2 del D.P.R. n. 600/1973 basato su “notizie e dati” “comunque” in possesso degli uffici finanziari deve, in linea di principio, riferirsi a dati e notizie relativi al periodo d’imposta oggetto di accertamento, e non a diversi esercizi. I giudici, richiamando alcuni precedenti, hanno confermato la decisione del giudice di merito ove è stato accolto il ricorso del contribuente, siccome l’ufficio “ha utilizzato con riferimento al periodo d’imposta 1997 i dati relativi (rectius acquisiti con riferimento) al primo semestre del 2000, così mancando all’onere probatorio su di esso gravante”.

4. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso

Tra i metodi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate quello induttivo è quello più difficile da contestare. Questo perché, potendosi fondare anche su presunzioni semplicissime, richiede delle prove certe di errori nella contabilità del contribuente.

Una volta accertata la presenza di questi errori, non servono prove stringenti circa la sua evasione. Sono sufficienti presunzioni, anche senza indizi gravi precisi e concordanti.

Proprio per questo è importante rivolgersi ad un professionista che sia in grado di identificare la strategia difensiva più adatta allo specifico avviso di accertamento notificato.

In certe situazioni può essere sufficiente il deposito di un’istanza di autotutela, mentre in altri casi è necessario avviare una difesa molto più articolata per la difesa del tuo patrimonio.

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