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Cosa si intende per accertamento sintetico? Quali sono le sue caratteristiche e come comportarsi di fronte all’emissione del relativo avviso di accertamento? Esistono degli strumenti di tutela del contribuente?
Per garantire la corretta applicazione delle norme tributarie e verificare che le dichiarazioni dei contribuenti ai fini d’imposta siano veritiere, l’Agenzia delle Entrate esercita una serie di controlli anche attraverso l’utilizzo di incisivi poteri istruttori.
L’insieme delle attività di indagine svolte dall’ Amministrazione Finanziaria a questo fine, assume la denominazione di accertamento.
Nell’esercizio dell’attività di accertamento, il Fisco può ricorrere a diversi strumenti che variano in base al tipo di controllo che deve esercitare, ai contribuenti le cui informazioni sta verificando e agli indici che l’hanno portato ad iniziare l’indagine.
In quest’articolo analizzeremo il metodo di accertamento sintetico,quale strumento di controllo rivolto ai redditi delle persone fisiche, e scopriremo quali sono le strategie difensive che il contribuente ha a disposizione per difendersi.
1. L’accertamento
Come accennato per accertamento si intende l’insieme di controlli svolti dall’Agenzia delle Entrate per garantire la corretta applicazione delle norme tributarie, e quindi fiscali.
I controlli svolti dall’Agenzia delle Entrate si suddividono in:
- formali: rivolti alla generalità dei contribuenti al fine di verificare la correttezza delle loro dichiarazioni dei redditi, implicano un riscontro documentale delle dichiarazioni presentate. Con questo genere di attività, l’Agenzia delle Entrate si limita a controllare quanto precedentemente dichiarato dal contribuente, non potendo verificare altri eventuali errori non ricompresi in dichiarazione.
- di merito: svolti solo nei confronti di alcuni contribuenti che risultano a rischio di evasione, sulla base di una serie di indici e dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate. Mirano all’accertamento del loro reddito complessivo in riferimento ad uno specifico periodo d’imposta. Infatti, in questo caso, l’obiettivo è quello di ricostruire eventuali volumi d’affari che non siano stati precedentemente dichiarati dal contribuente.
E’ soprattutto in riferimento alla seconda ipotesi che l’Amministrazione Finanziaria ricorre a incisivi poteri istruttori, al fine ottenere i dati e le informazioni necessarie alla ricostruzione di eventuali situazioni estranee alla dichiarazione del contribuente.
I poteri esercitabili sono diversi e mutano sia in base al controllo da esercitarsi, che in relazione ai contribuenti i cui redditi sono oggetto di indagine.
Tra gli accertamenti a cui possono essere sottoposte le persone fisiche, intese come soggetti privi di partita Iva, si ritrova il c.d. accertamento sintetico.
Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
2. Accertamento Sintetico
Insieme all’accertamento analitico, l’accertamento sintetico è tra i metodi di accertamento rivolti esclusivamente alla verifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche ed è previsto e disciplinato dall’art. 38 del DPR 600/73.
Entrambi mirano alla ricostruzione del reddito percepito dal contribuente che si presenta come a rischio di evasione ma, se il primo è volto alla sua rideterminazione in maniera dettagliata e precisa, quest’ultimo è basato sul sostenimento di spese (c.d. spesometro) o indici di capacità contributiva (c.d. redditometro).
Infatti si può definire l’accertamento sintetico come il calcolo del reddito complessivo del contribuente, sulla base delle spese che lo stesso ha sostenuto in un determinato periodo d’imposta.
In genere l’Amministrazione Finanziaria vi ricorre quando non ha necessità di procedere ad un’analisi dettagliata di tutti i redditi percepiti dal contribuente, ma si limita a verificare se il reddito dichiarato sia adeguato al suo tenore di vita.
Infatti, laddove quest’ultimo sia ricorso all’utilizzo di determinati servizi o abbia sostenuto delle spese che non risultano in linea con il reddito precedentemente dichiarato, il reddito complessivo risultante all’Agenzia delle Entrate sarà maggiore rispetto a quello contenuto in dichiarazione.
L’Agenzia delle Entrate può utilizzare diversi elementi ai fini dell’accertamento sintetico, infatti lo stesso art. 38 del DPR 600/73 precisa che l’Ufficio possa desumere dalla stessa dichiarazione le falsità e inesattezze anche in considerazione di dichiarazioni precedenti, potendo addirittura ricorrere a presunzioni semplici, sempre che siano basate su indizi gravi precisi e concordanti.
La stessa norma precisa anche che l’Ufficio possa sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo sulla base delle spese sostenute nel periodo d’imposta o su elementi indicativi della capacità contributiva, come gli indici ISTAT.
Infatti, un caso particolare di accertamento sintetico è quello compiuto attraverso il c.d. redditometro.
Questo è un decreto ministeriale che individua degli elementi indicativi di capacità contributiva (per esempio la disponibilità di navi, aerei, residenze principali e secondarie), fissando dei coefficienti utili a calcolare il reddito complessivo.
Se il reddito risultante al Fisco è maggiore di almeno un quinto rispetto a quello risultante dalla dichiarazione, quest’accertamento è valido ai fini della notifica di una motivata richiesta di chiarimenti, i quali dovranno obbligatoriamente avvenire in contraddittorio.
Infatti l’Ufficio deve invitare il contribuente a comparire di persona o tramite il proprio legale, per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento.
L’Agenzia delle Entrate deve motivare le ragioni che la inducono a pensare ad un’evasione, provando l’esistenza degli elementi e delle circostanze di fatto o il semplice sostenimento delle spese utilizzate per l’accertamento sintetico, valevoli come presunzioni semplici e quindi contestabili dal contribuente.
Questo, infatti, ha la possibilità di difendersi contestando le dichiarazioni dell’Amministrazione Finanziaria e giustificando le spese sostenute, per esempio dimostrando che si tratta di redditi relativi a diversi periodi d’imposta o di redditi esenti.
Se a seguito del contraddittorio le ragioni del contribuente non sono ritenute sufficienti, l’Agenzia delle Entrate, anche in considerazione della sua posizione, potrà avviare il procedimento di accertamento con adesione oppure emettere l’avviso di accertamento sintetico.
Vediamone le relative discipline.
2.1. Accertamento con adesione
Un tempo definito come concordato, è un particolare atto di accertamento che consente al contribuente di raggiungere un accordo con l’Amministrazione Finanziaria e di ottenere una riduzione delle sanzioni previste per mancata o falsa dichiarazione dei redditi.
Con l’avvio di questa procedura si instaura un nuovo contraddittorio tra il contribuente e il Fisco nel corso del quale il contribuente espone nuovamente le sue ragioni. Se queste sono ritenute valide, le parti raggiungono un accordo a seguito del quale viene emesso un atto di accertamento. L’atto viene sottoscritto anche dal contribuente, appunto, per adesione.
Come nell’ accertamento ordinario, anche nell’ accertamento per adesione sono contenute:
- le motivazioni e gli elementi su cui questo si fonda;
- la liquidazione delle maggiori imposte, delle sanzioni e di ulteriori somme dovute;
In questo caso, però, il pagamento deve eseguirsi nel termine di venti giorni dalla sottoscrizione dell’atto ed è possibile procedere a pagamento rateale.
I vantaggi dell’accertamento con adesione stanno nella possibilità di vedere ridotte (di un terzo o addirittura della metà) le sanzioni e pene previste per reati tributari. Tuttavia, essendo sottoscritto dal contribuente, è un atto definitivo e quindi non impugnabile al di fuori dei casi consentiti dalla legge.
2.2. Avviso di accertamento sintetico
E’ l’atto conclusivo di un’attività di accertamento compiuta dal Fisco e assume denominazioni differenti a seconda del tipo di accertamento a cui quest’ultimo decide di ricorrere.
L’avviso di accertamento contiene:
- l’indicazione dell’imponibile accertato e delle relative imposte dovute (che quindi nel caso dell’accertamento sintetico avverrà su elementi c.d. presuntivi);
- la motivazione sia in fatto che in diritto che giustifica la sua emissione;
- l’invito ad adempiere entro sessanta giorni dalla sua ricezione, con l’avvertimento che in mancanza il Fisco procederà all’ esecuzione forzata;
L’avviso di accertamento sintetico deve essere obbligatoriamente notificato al contribuente, secondo le modalità sancite dall’art. 60 del DPR 600/1973, pena la sua nullità.
Può essere che l’avviso presenti dei vizi di legittimità che possono essere fatti valere dal contribuente, con la presentazione di un ricorso di fronte alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado territorialmente competente.
In questo caso bisogna prestare attenzione al fatto che sono previste delle particolarità procedurali per le controversie di valore inferiore a 50.000,00; in questi casi infatti, è prevista la preventiva presentazione di un reclamo all’Amministrazione Finanziaria, come ultimo tentativo di conciliazione.
3. La giurisprudenza rilevante della Corte di Cassazione in materia di accertamento sintetico
Cass. civ. Sez. V Ord., 27/04/2022, n. 13102.
Ai fini dell’accertamento sintetico del reddito del contribuente, ai sensi dell’art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, le spese per l’acquisto di beni duraturi comprendono sia il costo di acquisto che quello per il relativo mantenimento, in quanto entrambi rappresentativi di una capacità economica assoggettabile a contribuzione.
Cass. civ. Sez. V Ord., 02/12/2021, n. 38060.
In tema di accertamento sintetico del reddito, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 mediante cd. redditometro, l’invio al contribuente del questionario informativo, di cui all’art. 32 del citato d.P.R., è una mera facoltà dell’amministrazione finanziaria; pertanto, se la mancata risposta al detto questionario può comportare l’applicazione di una sanzione pecuniaria, rimanendo leso il principio di leale collaborazione tra il contribuente ed il fisco, dal mancato perfezionamento dell’invio del questionario non discende alcuna invalidità dell’accertamento tributario.
Cass. civ. Sez. V Ord., 07/06/2021, n. 15760.
In materia di accertamento sintetico dei redditi, l’art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. in l. n. 122 del 2010, ha disposto, con specifica norma di diritto transitorio, che le modifiche all’art. 38, del d.P.R. n. 600 del 1973 operano in relazione agli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore dell’art. 22 cit. e, quindi, dal periodo d’imposta 2009.
Cass. civ. Sez. V Ord., 03/03/2021, n. 5786.
In tema di reddito d’impresa, la determinazione dei redditi mediante accertamento sintetico deve tener conto della “perdita virtuale” generatasi dalla agevolazione fiscale riconosciuta dall’art. 4, l. n. 383 del 2001 per l’acquisto di beni strumentali, la quale è fruita apportando una variazione in diminuzione della base imponibile del periodo di imposta di effettuazione degli investimenti agevolabili e si sostanzia, ai fini fiscali, in una riduzione d’imposta.
Cass. civ. Sez. V Sent., 10/02/2021, n. 3228.
In tema di accertamento sintetico delle imposte sui redditi, l’incompetenza territoriale dell’Ufficio fiscale da cui proviene una segnalazione non incide sulla validità e sul perfezionamento del procedimento di rettifica operato dall’Ufficio fiscale competente, non sussistendo alcuna specifica disposizione che vincoli il valore indiziario degli elementi che ne sono a base in ragione della articolazione territoriale dell’ufficio dell’Erario che li ha acquisiti.
Cass. civ. Sez. V Ord., 11/11/2020, n. 25414.
In tema di accertamento cd. sintetico ex art. 38, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1972, il contribuente, il quale deduca che l’acquisto di un immobile non costituisce manifestazione di una reale capacità reddituale in ragione della simulazione dell’atto di compravendita e del conseguente mancato pagamento del relativo prezzo, nell’assolvimento dell’onere di fornire la prova contraria, su di esso gravante, può ricorrere anche alle dichiarazioni rese da terzi al di fuori del giudizio, aventi rilevanza meramente indiziaria, atteso che l’azione proposta davanti alla commissione tributaria è volta a dimostrare l’infondatezza della pretesa fiscale e non ad ottenere la declaratoria di nullità del contratto simulato.
Cass. civ. Sez. V Ord., 04/08/2020, n. 16637.
In tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva da risorse di natura non reddituale di cui ha goduto il proprio nucleo familiare, ai sensi dell’art. 38, comma 6, d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile “ratione temporis”), per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva a tali ulteriori redditi, è onerato della prova contraria in ordine alla loro disponibilità, alla loro entità ed alla durata del relativo possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti da cui emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione di accoglimento del ricorso del contribuente che aveva acquistato in favore del nipote un immobile pagandone l’anticipo ed accollandosi il restante mutuo, poi estinto con assegno circolare, deducendo la provenienza delle liquidità da operazioni di disinvestimento di titoli mobiliari e dalla disponibilità di risorse non reddituali, senza tuttavia provarne l’utilizzo per l’acquisto contestato).
Cass. civ. Sez. V Ord., 13/02/2019, n. 4212.
In tema di accertamento sintetico, la prova contraria a carico del contribuente, avente ad oggetto la provenienza non reddittuale dell’elemento accertato dal fisco come sintomatico di una maggiore capacità contributiva, non è normativamente tipizzata e, dunque, può essere data con qualsiasi mezzo. (Nella specie, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che, sul presupposto della nullità, per mancanza di forma scritta, del contratto di apertura di credito concluso con una banca, aveva negato qualsiasi rilevanza probatoria alla documentazione prodotta dal contribuente allo scopo di dimostrare che la provvista che gli aveva consentito di finanziare un acquisto di quote sociali da parte di una società di cui egli era socio non proveniva da redditi non dichiarati, ma gli era stata messa a disposizione dall’istituto di credito).
Cass. civ. Sez. V Ord., 31/10/2018, n. 27851.
In tema di accertamento sintetico, l’omesso invio del questionario di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 al fine di acquisire dati, notizie e chiarimenti, non invalida l’atto impositivo, trattandosi di una facoltà discrezionale dell’Amministrazione finanziaria, avente lo scopo di assicurare un dialogo tra fisco e contribuente per evitare l’instaurazione di un contenzioso giudiziario.
Cass. civ. Sez. V Ord., 30/05/2018, n. 13602.
In tema di accertamento sintetico, ai sensi dell’art. 38, comma 4, del d.P.R n. 600 del 1973 (nella formulazione applicabile “ratione temporis”), una volta che l’amministrazione abbia dimostrato, anche mediante un unico elemento certo, la divergenza tra il reddito risultante attraverso la determinazione analitica e quello attribuibile al contribuente, quest’ultimo è onerato della prova che l’imponibile così accertato è costituito, in tutto o in parte, da redditi soggetti a ritenute alla fonte o esenti ovvero da finanziamenti di terzi.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 28/03/2018, n. 7757.
In tema di accertamento sintetico del reddito, ai sensi dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973, ove il contribuente deduca che la spesa sia il frutto di liberalità o di altra provenienza, la relativa prova deve essere fornita con la produzione di documenti, dai quali emerga non solo la disponibilità all’interno del nucleo familiare di tali redditi, ma anche l’entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente interessato dall’accertamento, pur non essendo lo stesso tenuto, altresì, a dimostrare l’impiego di detti redditi per l’effettuazione delle spese contestate, attesa la fungibilità delle diverse fonti di provvista economica.
Cass. civ. Sez. V Sent., 19/07/2017, n. 17806.
Ai fini dell’accertamento sintetico di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 in relazione a spesa per incrementi patrimoniali, l’esborso per l’acquisto di un bene in comunione legale può legittimamente essere considerato dall’Amministrazione finanziaria come sostenuto esclusivamente dal “partner” che abbia da solo stipulato il contratto e pagato il prezzo, salva la prova contraria da parte del contribuente, atteso che dal regime della comunione legale non deriva alcuna presunzione relativamente alla provenienza comune
delle somme utilizzate per i nuovi acquisti.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 05/05/2017, n. 10972.
Ai fini dell’accertamento sintetico di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, l’Ufficio non è tenuto a procedere all’accertamento contestualmente per due o più periodi d’imposta per i quali ritenga che la dichiarazione non sia congrua; tuttavia il relativo atto deve contenere, per un determinato anno d’imposta, la pur sommaria indicazione delle ragioni in base alle quali la dichiarazione si ritiene incongrua anche per altri periodi d’imposta, così da legittimare l’accertamento sintetico, con la conseguenza che il giudice tributario, a fronte della specifica eccezione del contribuente, non deve limitarsi ad accertare se l’Ufficio abbia preso in considerazione due o più anni consecutivi, ma deve verificare se dall’atto di accertamento possano desumersi le ragioni per le quali l’Ufficio stesso abbia ritenuto non congrua la dichiarazioni per tali annualità.
Cass. civ. Sez. V Sent., 03/03/2017, n. 5414.
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, poiché l’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla l. n. 413 del 1991, non conteneva alcuna previsione in ordine alle modalità di imputazione del reddito accertato in via sintetica sulla base di fatti certi derivanti da spese per incrementi patrimoniali, qualunque imputazione del maggior reddito (al periodo d’imposta in cui il fatto certo si era verificato, ovvero a periodi precedenti) risultava in astratto legittima, senza limitazioni temporali, introdotte, invece, nella disciplina successiva, in cui opera la presunzione di imputabilità, salvo prova contraria, in quote costanti, all’anno di effettuazione della spesa ed ai soli cinque precedenti; di qui, dunque, la legittima possibilità per l’Ufficio di avvalersi comunque, per gli anni precedenti, di ragionevoli ipotesi circa l’entità del reddito occulto, anche in relazione alla quota del reddito verosimilmente destinata al risparmio, secondo il criterio orientativo pratico della imputabilità a redditi conseguiti negli anni precedenti delle spese effettuate dal contribuente in un determinato anno (principio della cosiddetta quota risparmio). (Nella specie la S.C., cassando la sentenza impugnata, ha ritenuto legittimo un accertamento sintetico, relativo all’anno 1977, sulla base dell’acquisto di imbarcazioni negli anni 1980 e 1981).
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 30/08/2016, n. 17422.
In tema di accertamento sintetico del reddito ex art. 38, commi 4 e ss., del d.P.R. n. 600 del 1973, nella versione “ratione temporis” vigente, il presupposto necessario, costituito dallo scostamento di almeno un quarto del reddito induttivamente accertabile rispetto al reddito dichiarato, in applicazione dei coefficienti presuntivi, deve essere valutato con riferimento al reddito sinteticamente determinabile al netto dei redditi esenti, giacché questi ultimi possono costituire ragionevole giustificazione dei maggiori indici di redditività riscontrati, secondo quanto del resto si desume dallo stesso comma 6 del citato art. 38.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 26/01/2016, n. 1332.
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali ed il contribuente deduca che tale spesa sia il frutto di liberalità, ai sensi dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973,(applicabile “ratione temporis”), la relativa prova deve essere fornita dal contribuente con la produzione di documenti, dai quali emerga non solo la disponibilità all’interno del nucleo familiare di tali redditi (nella specie, da parte della madre, titolare di maggiore capacità economica), ma anche l’entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente (nella specie, il figlio) interessato dall’accertamento.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 21/10/2015, n. 21335.
In tema di accertamento tributario ai sensi dell’art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 (nel testo vigente “ratione temporis”), costituisce indice di particolare capacità contributiva, ai sensi del d.m. 10 settembre 1992, non il generico possesso di cavalli, ma solo di quelli “da equitazione” (categoria in cui sono compresi sia i cavalli da concorso ippico sia quelli da maneggio) o “da corsa”, in ragione della particolare cura ed addestramento che gli stessi richiedono. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che costituisca indice di particolare capacità contributiva il possesso di cavalli qualificati come “fattrici adibiti a passeggiate”).
Cass. civ. Sez. V, 19/03/2014, n. 6396.
La disciplina dell’accertamento sintentico, avuto riguardo al tenore dell’art. 38, sesto comma, D.P.R. n. 600 del 1973 (nel testo vigente ratione temporis), non impone affatto la dimostrazione dettagliata dell’impiego delle somme per la produzione degli acquisti o per le spese di incremento, semmai richiedendo al contribuente di vincere la presunzione – semplice o legale che sia – che il reddito, dichiarato non sia stato sufficiente per realizzare gli acquisti e gli incrementi. Ne consegue che nessun’altra prova deve dare la parte contribuente circa l’effettiva destinazione del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli incrementi patrimoniali se non la dimostrazione dell’esistenza di tali redditi.
Cass. civ. Sez. V Sent., 20/03/2013, n. 6907.
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nel testo originario – anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 413 del 1991 – non conteneva alcuna previsione in ordine alle modalità di imputazione del maggior reddito accertato in via sintetica sulla base di fatti certi derivanti da spese per incrementi patrimoniali, con la conseguenza che l’amministrazione finanziaria non aveva alcun onere – come invece nella disciplina attuale – di suddividere il recupero del maggior reddito in più anni (secondo la sopraggiunta regola di spalmatura di quote costanti fino al quinto anno antecedente a quello della spesa effettuata); anche allora, tuttavia, era pienamente fatta salva la facoltà di fornire la prova contraria, anche presuntiva, che la capacità di effettuare una determinata spesa potesse attribuirsi non al reddito prodotto nello stesso anno (o nello stesso periodo d’imposta) cui l’accertamento si riferiva, bensì alla disponibilità di capitale accumulato negli anni precedenti.
Cass. civ. Sez. V Sent., 20/04/2012, n. 6222.
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 38, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nel testo applicabile “ratione temporis” ad avvisi relativi all’anno 1996, consente all’Ufficio di determinare sinteticamente un imponibile maggiore rispetto a quello ricavabile dalla valutazione analitica in presenza di fatti che, provando un certo ammontare di spesa, presuppongono la disponibilità di un corrispondente reddito, e che possono anche essere accaduti in anni diversi da quello in contestazione, allorché si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori ed autonomi indici contributivi. Al fine indicato, pertanto, può essere utilizzata anche la titolarità di quote societarie, ove essa evidenzi, in relazione agli esborsi necessari agli acquisti, un previo accumulo di redditi superiori a quelli analiticamente determinabili.
Cass. civ. Sez. V, 29/04/2011, n. 9549.
In tema di accertamento dei redditi, nella disciplina ratione temporis vigente, la disponibilità di autoveicoli in Italia o all’estero costituisce un elemento indicativo di capacità contributiva. Il possesso del bene costituisce una presunzione legale ai sensi dell’art. 2728 c.c. e il giudice tributario non può privare tale elemento che la legge ha inteso annettere alla loro disponibilità potendo solo valutare la prova che il contribuente offre in ordine alla provenienza non reddituale delle somme necessarie per mantenerne il possesso.
Cass. civ. Sez. V, 04/02/2011, n. 2726.
Nel contesto dell’accertamento sintetico, il giudice tributario che abbia accertato la sussistenza degli indici rivelatori non ha il potere di togliere a tali elementi la capacità contributiva presuntiva che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale degli stessi.
Cass. civ. Sez. V Sent., 25/03/2009, n. 7168.
In tema di accertamento del reddito d’impresa, la disposizione di cui all’art. 7, comma 4-ter, del d.l. n. 357 del 10 giugno 1994 (che sancisce la validità delle annotazioni e memorizzazioni dei movimenti giornalieri eseguite sui supporti magnetici, cui è, per l’effetto, assimilata la contabilità cartacea) non ha alcuna efficacia retroattiva, con la conseguenza che la mancanza o l’inattendibilità delle scritture contabili tenute dall’imprenditore, in epoca anteriore all’entrata in vigore della detta norma, legittima il ricorso alla procedura dell’accertamento induttivo di cui all’art. 39, comma secondo, lett. c. del d.P.R. n. 600 del 29 marzo 1973, del tutto irrilevante risultando, all’uopo, l’esistenza di una regolare contabilità “informatica”. Cass. civ. Sez. V, 28/06/2006, n. 14951.
Nel processo tributario, il richiamo, operato dall’amministrazione finanziaria nel ricorso per cassazione, all’inversione dell’onere della prova prevista per l’accertamento sintetico delle imposte sui redditi dall’art. 38, comma quarto, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non incorre nella preclusione posta dall’art. 56 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – secondo il quale le questioni ed eccezioni non accolte in primo grado, che non siano specificamente riproposte in appello, s’intendono rinunciate -, in quanto, essendo diretto a contrastare l’eccezione che il contribuente, convenuto in senso sostanziale, ha opposto alla pretesa erariale, non configura a sua volta eccezione in senso tecnico – su cui il giudice non può pronunciarsi in difetto di allegazione di parte -, ma mera difesa, giacché incide su fatti devoluti alla cognizione del giudice di secondo grado quali elementi costitutivi della domanda dedotta in controversia (nella specie, l’impugnazione, da parte del contribuente, degli atti di accertamento perché illegittimi).
4. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
Sono diversi i modi in cui è possibile difendersi dall’accertamento sintetico promosso dall’Agenzia delle Entrate e a seconda della specifica situazione in cui si trova il contribuente può essere più conveniente rivolgersi al Fisco per un tentativo conciliativo, ammettere le proprie responsabilità o impugnare l’avviso di accertamento presentando ricorso. Ogni strumento porta con sé una serie di vantaggi o svantaggi che è bene valutare con attenzione prima di procedere nella difesa.
Se sei interessato ad avere maggiori informazioni, anche in riferimento alla tua personale situazione, ti invito a richiedere una consulenza compilando il relativo Modulo presente in questa pagina.