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L’atto di transazione è uno strumento per risolvere in tempi rapidi la controversia. Ovviamente trattandosi di un accordo sarà necessario che le parti raggiungano un accordo. La caratteristica peculiare sono le reciproche concessioni, infatti, entrambe le parti subiscono uno svantaggio, essendo dovute delle prestazioni.
Ma quali sono i benefici della transazione? In realtà molteplici, perché si consente una celere e immediata conclusione delle lite. Inoltre, si evita l’incertezza che deriva da un contenzioso. Infatti, sono molte le variabili che possono interferire e non consentire un esito favorevole. Quindi ti consigliamo di ricorrere all’accordo transattivo che comunque ti permette di predeterminare le conseguenze del conflitto, soprattutto se non sei certo a pieno della consistenza del tuo diritto.
Laddove fossi interessato, ti invitiamo nella prosecuzione della lettura. Con il presente articolo intendiamo offrirti un quadro esaustivo dell’atto di transazione.
1. Che cos’è la transazione?
L’atto di transazione è una delle modalità con le quali è possibile risolvere un conflitto, senza ricorrere all’autorità giudiziaria. Lo strumento ordinario di risoluzione delle controversie, come sappiamo, è quello giudiziario. Normalmente, se sorge un conflitto si ricorrere al giudice per ottenere una sentenza. Tuttavia, i temi si sono di molto dilatati e il sistema è ingolfato da innumerevoli procedimenti.
Proprio per questa ragione negli ultimi anni è divenuto particolarmente frequente l’uso della transazione. Questo è particolarmente impiegato nell’ambito della responsabilità civile, che come sappiamo è il settore in cui proliferano maggiormente le controversie. Ciò non toglie che l’accordo transattivo può avere il contenuto più disparato.
Infatti, una dottrina tradizionale spesso ha definito questo negozio un contratto atipico. Ovviamente questa tesi è smentita dalla previsione all’art. 1965 c.c. della relativa disciplina dell’accordo. Però questo orientamento comunque appare utile per spiegare come si tratti di un istituto che si presta ad avere qualsiasi contenuto. Esso dunque consente di risolvere non poche controversie tra privati.
2. Le caratteristiche del contratto di transazione
Passiamo ora a descrivere la disciplina dell’atto di transazione. Il contratto di transizione è l’accordo con il quale le parti facendo reciproche concessioni pongono fine o prevengono una lite che può insorgere tra loro. Quindi presuppone lite attuale o penitenziali e reciproche concessioni.
L’art. 1965, comma 2, c.c. ci dice che queste “reciproche concessioni” si possono sostanziare anche nella creazione, modificazione ed estinzione di rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e contestazione tre le parti. Questo da vita alla transazione novativa in contrapposizione alla conservativa.
La transazione novativa è quella che da vita ad una nuova relazione. L’originario rapporto è estinto, ne è costituito uno nuovo diverso per titolo ed oggetto.
È, quindi, un contratto a prestazioni corrispettive, perché ognuna delle parti è tenuta a rendere delle concessioni. Inoltre, è possibile anche che a tale contratto trovino applicazione i rimedi contrattuali connessi all’alterazione del sinallagma, cioè la risoluzione per:
- inadempimento;
- eccessiva onerosità sopravvenuta;
- impossibilità sopravvenuta.
Un orientamento individuava le prestazioni del contratto di transazione nell’obbligo di non sollevare eventuali controversie sull’oggetto del negozio. Tuttavia, tale tesi è stata abbandonata, come dicevamo le prestazioni si identificano nelle rispettive concessioni.
Si è poi discusso a lungo della natura onerosa o gratuita. Un orientamento, infatti, riteneva che la fattispecie dovesse essere qualificata come fattispecie a titolo gratuito. In realtà, come è evidente, entrambe le parti sostengono dei sacrifici economici, che, peraltro, non devono neanche essere proporzionati l’uno a l’altro.
Può anche comportare delle conseguenze economiche considerevoli, in specie quando è traslativo, come accade quando la controversia ha ad oggetto la titolarità di un bene immobile.
3. Gli elementi dell’atto transattivo
Già nei precedenti paragrafi abbiamo brevemente delineato quali sono gli elementi che connotano il contratto di transazione, ossia: le parti, la lite, la cosa controversa e le reciproche concessioni.
Il primo presupposto è la lite che abbia ad oggetto una questione giuridica, quindi una parte avanza una pretesa che viene contestata dalla controparte. Se la questione giuridica non è controversa, quindi la pretesa non è contestata, ma sussiste una mera pretesa economica insoddisfatta, l’atto di transazione non può essere adottata.
Ad esempio, se il diritto di credito non è controverso, ma comunque è inadempiuto, creditore e debitore non possono ricorrere a questo negozio. Inoltre, la lite a cui si fa riferimento è solo quella processuale, quindi quando è attuale, è necessario che la controversia sia già sfociata in un processo, mentre quando è potenziale è sufficiente che sia sorta e non ancora giunta davanti all’autorità giudiziaria. Di seguito approfondiremo l’esame dell’oggetto del contratto.
Altro elemento necessario è la c.d. cosa controversa. In realtà anche questo elemento è stato oggetto di ampio dibattito. Era infatti dubbio se fosse qualificabile come elemento soggettivo o oggettivo.
Secondo l’impostazione oggettiva, la cosa controversa è tale quando non solo le parti manifestano dei dubbi circa la titolarità del diritto, ma l’incertezza è evidente per chiunque. Tuttavia, questa impostazione comportava come conseguenza che molte transazione potessero essere oggetto di contestazioni da parte di soggetti esterni.
Quindi, è stata elaborata la tesi soggettivistica, secondo la quale la cosa è controversa quando le parti la considerano tale. Anche questo orientamento in verità implica delle conseguenze irragionevoli. Infatti, le parti avrebbero potuto utilizzare pretestuosamente l’atto transattivo, anche se consapevoli ciascuna del proprio diritto.
Proprio per tale ragione che la tesi ad oggi prevalente ritiene che la c.d. cosa controversa non sia un requisito del contratto di transazione. Come si desume anche dal dato letterale della norma, è sufficiente che sussista una lite, indipendentemente dal grado di incertezza soggettiva o oggettiva.
3.1. Le reciproche concessioni
Gli elementi principali dell’atto di transazione sono le reciproche concessioni. Non integra questa categoria l’accordo con cui una parte rinuncia a far valere le proprie ragioni senza ottenere in cambio alcun vantaggio.
Le concessioni sono conseguenza necessaria della lite e viceversa. Senza la lite non vi sarebbe l’esigenza di reciproche prestazioni. A loro volta, la composizione della lite è il risultato del vicendevole sacrificio.
La struttura di tale negozio, proprio per la natura e funzione, è tale da non richiedere la valutazione comparativa tra le prestazioni. Quindi, l’eventuale squilibrio tra di esse non incide sulla causa del contratto, determinandone la nullità.
Ciò comporta anche che la transazione non può essere impugnata per lesione. La rescissione per lesione non sarebbe neanche possibile, perché non è valutabile la sproporzione originaria. Vi sono, infatti, svariate svalutazioni che una persona può fare che inducono ad accettare uno svantaggio squilibrato al fine di ottenere la composizione di una lite. È ragionevole che un soggetto preferisca una soluzione della controversia non del tutto appagante, ma certa ed immediata, piuttosto che affrontare un processo lungo e costoso, di incerta soluzione.
4. Effetti della transazione
L’atto transattivo fa sorgere una nuova obbligazione tra le parti, ma è priva di effetti nei confronti dei terzi. Invero, non produce effetti nemmeno nei confronti dei codebitori solidali. Questo si deduce anche dall’art. 1304 c.c., il quale afferma: ” La transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volerne profittare. Parimenti, se è intervenuta tra uno dei creditori in solido e il debitore, la transazione non ha effetto nei confronti degli altri creditori, se questi non dichiarino di volerne profittare.”
La transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, che è il principio di relatività del contratto. Però, siccome la transazione potrebbe avere effetti favorevoli, gli altri potrebbero decidere di volerne appunto profittare. E quindi l’estinzione viene fatta dipendere dalla scelta che di volta in volta viene fatta.
4.1. Esempio concreto
Facciamo un esempio pratico per capire meglio la norma. Se Tizio e Caio subiscono una sentenza che condanna in solido a pagare 100 euro. Tizio fa una transazione e concede 120 euro, ottenendo qualche altra cosa in cambio. Il suo regresso rimarrà comunque per 50 euro, perché altrimenti Caio ne sarebbe svantaggiato. Se Tizio non paga, il creditore non può aggredire il sodale Caio per più di 100, perché non può far valere la transazione nei suoi confronti e questo è coerente con il generale principio di relatività del contratto.
Se invece la transazione è sfavorevole, cioè riduce, quindi Tizio fa una transazione su un intero debito, per cui]anziché 100 euro si accorda per 70 euro e provvede al pagamento. In teoria a questo punto ci si chiede cosa può fare il creditore se la transazione non è profittata, cioè se l’altro non dichiara di volerne profittare. Ci si domanda se il creditore possa andare a chiedere il residuo, visto che Caio non se ne avvale. Quindi è vero che da Tizio il creditore ha riscosso 70 euro, però l’altro non ha partecipato alla transazione, quindi potrebbe chiedergli comunque 100 euro, perché Caio è obbligato a 100 euro. Avendo già ricevuto 70 euro da Tizio, potrebbe chiedergli in realtà 30.
Si mette in evidenza che questa cosa non è concretamente auspicabile. Se fosse possibile si avrebbe un arricchimento ingiustificato del creditore oppure un peggioramento della situazione del condebitore che non ha transatto oppure una vanificazione della stessa transazione.
Infatti, Tizio paga 70 euro sulla base della transazione. Egli ha il regresso ovviamente nei limiti di quello che ha adempiuto in teoria, cioè 35 euro. Se Caio, che ha dato 35 euro a Tizio, poi è costretto a pagare di nuovo 30 al creditore che gli chiede il residuo. Caio fa il regresso di nuovo contro Tizio, che quindi si ritrova a pagare di nuovo 100 euro. La transazione è vanificata se si consente al creditore di chiedere il residuo.
Qual è l’alternativa? Si dice che la transazione, pur vincolando, non profittata nei rapporti esterni, cioè impedisce che il creditore possa agire per il residuo quando è una transazione che abbassa il debito; se lo innalza, ovviamente non si può andare a chiedere di più al condebitore consorte.
5. Transazione e vizi della volontà
In materia di vizi, sono previste una serie di norme particolari in tema di annullabilità del contratto, salva poi l’applicazione della disciplina ordinaria del contratto.
In primo luogo, l’art. 1969 c.c. prevede che non può essere chiesto l’annullamento per errore di diritto sull’oggetto della controversia transatta. Invero, ormai si ritiene che la norma consenta di escludere anche l’errore di fatto sulla questione controversa. Salvo le ipotesi di cui agli artt. 1971-1975 c.c., se una delle parti si rappresenta per errore la questione controversa in modo diverso da quella che effettivamente è, non può essere fatta valere l‘invalidità.
In particolare, l’art. 1971 c.c. prevede che se una delle parti è consapevole della temerarietà della transazione e non lo comunica all’altra, l’atto è annullabile. La norma risponde alla stessa esigenza dell’art. 96 c.p.c., che prevede il danno da lite temeraria. In tal modo il legislatore ha infatti voluto garantire la serietà della controversia.
Ovviamente, l’annullamento presuppone che la controversia sia oggettivamente e assolutamente infondata. Quindi, si deve accertare:
- l’inesistenza del diritto vantato;
- la consapevolezza della controparte.
Non si configura la fattispecie nel caso in cui la consapevolezza non sia relativa alla discrepanza che esiste tra la pretesa e la reale consistenza del diritto, ma proprio sull’esistenza del diritto stesso.
La transazione è, inoltre, annullabile nel caso in cui sia conclusa sulla base di una serie di documenti poi riconosciuti come falsi, come previsto dall’art. 1973 c.c.. Sono considerati falsi i documenti dichiarati tali dall’autorità giudiziaria o riconosciuti come tali dalla parte stessa.
6. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
In conclusione l’atto di transazione è un’ottima alternativa all’azione giudiziaria. Consente, infatti, di addivenire ad una composizione della controversia in tempi celeri ed immediati. Potresti ovviamente dover cedere su alcuni aspetti, subendo alcuni svantaggi come prezzo per una rapida soluzione del conflitto. Per questo può essere utile ricorrere ad un esperto che ti supporti e segua nella stipulazione dell’atto.
Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione all’atto di transazione è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.
Proprio per questo motivo, al fine di proteggere e difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.
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