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L’aumento di capitale è sicuramente uno strumento particolarmente usato per superare le crisi di impresa o di liquidità. In tal modo, le aziende possono autofinanziarisi, senza ricorrere a finanziamenti presso le banche o altri strumenti più onerosi per le stesse.
Spesso si sente parlare di operazioni sul capitale di una società, come la riduzione o l’aumento di capitale. Ma di cosa si tratta? E perché si decide in tal senso?
Una società, sia che si tratti di persone che di capitali, non può essere costituita senza che i soci versino il capitale sociale, che è rappresentato dai “conferimenti”. Questi ultimi possono avere ad oggetto: denaro, beni, crediti e prestazioni.
Da un punto di vista economico, il capitale di una società versato all’inizio corrisponde al patrimonio sociale. Con il passare del tempo, il patrimonio sociale varierà in base all’andamento della società mentre il capitale sociale dovrà mantenere lo stesso valore di quello versato, salvo che i soci non intendano modificarlo.
Le modifiche al capitale sociale consistono in una riduzione o un aumento alle quali può seguire una variazione del patrimonio.
Laddove fossi interessato, ti invitiamo nella prosecuzione della lettura. Con il presente articolo intendiamo offrirti un quadro esaustivo sulla disciplina dell’aumento di capitale.
1. Come avviene un aumento di capitale?
Il capitale sociale rappresenta la prima garanzia di solvibilità per i creditori, pertanto la società può procedere ad un aumento quando intenda attirare nuovi soci per ottenere nuovi fondi da investire nell’attività economica o per dare un segnale positivo ai creditori presenti e futuri.
L’aumento di capitale è attuato anche in costanza di crisi aziendale per ricostruire il capitale di una società, anche se non sarà visto di buon occhio dal mercato.
A prescindere dalle ragioni che spingano una società a procedervi, si tratta di una modifica dell’atto costitutivo e cioè un’atto straordinario. Per tale ragione, deve essere deliberato dall’assemblea dei soci e l’atto deve essere iscritto nel registro delle imprese.
Le modalità previste dal Codice civile si distinguono a seconda che questo modifichi o meno il patrimonio dell’azienda, e sono:
- aumento a pagamento (reale): vengono apportati nuovi conferimenti, di conseguenza aumenta anche il patrimonio sociale.
- e aumento a titolo gratuito: sono utilizzate “riserve” (disponibili) già presenti nel patrimonio della società che vengono destinate al capitale sociale.
1.1. Finanziamenti a capitale proprio
I finanziamenti a titolo di capitale proprio costituisce una forma di finanziamento interno, che appunto si realizza mediante aumento di capitale.
Il capitale proprio è si sostanzia nei mezzi finanziari versati alla società direttamente dall’imprenditore o dai soci, nel caso di società. Esso si identifica quindi con i c.d. conferimenti, che all’avvio dell’attività o all’ingresso nella compagine sociale costituiscono il “prezzo” della partecipazione.
Il capitale proprio rimane nell’impresa, normalmente, per tutta la sua vita, questo è il principale vantaggio che si trae da questa operazione di finanziamento. Infatti, per il capitale proprio non è previsto un termine per il rimborso. A volte, può accadere, che esso venga in parte restituito ai soci perché si ritiene che sia eccessivo rispetto alle esigenze dell’impresa e a quelli che sono i suoi obiettivi.
Tramite l’aumento di capitale, soprattutto quando gratuito, si consente una maggior disponibilità di liquidità alle imprese, le quali in tal modo non saranno costretta a ricorrere a soggetti esterni.
2. Aumento di capitale nelle società di persone
La disciplina relativa alle società di persone è molto scarna rispetto a quella prevista per le società di capitali.
L’art. 2252 c.c., prevede che il contratto sociale possa essere modificato con il consenso unanime di tutti i soci, salvo che l’atto costitutivo non disponga altrimenti.
Si parla di consenso unanime poiché per le società di persone non è previsto un vero e proprio organo assembleare. Trattandosi di una procedura meno articolata, i soci si attengono semplicemente alle norme previste per le modifiche dell’atto costitutivo (artt. 2300, 2306, 2315 c.c.).
Diversamente nelle società di capitali, in quanto oltre all’osservanza delle regole disposte per le modifiche dell’atto costitutivo, sarà necessario osservare quelle in ordine all’integrale liberazione del capitale già sottoscritto e l’assenza di perdite eccedenti il terzo del capitale sociale.
3. Aumento di capitale nelle società di capitali
La disciplina dell’aumento di capitale è molto differente per le società di capitali, dove la disciplina diventa maggiormente complessa e articolata. Vediamo qual è il procedimento.
3.1. Organi competenti
Come già accennato, il Legislatore ha dedicato una regolamentazione molto più articolata per le società per azioni e a responsabilità limitata.
Le operazioni di aumento del capitale possono essere di competenza dell’Assemblea dei soci o del Consiglio di Amministrazione (C.d.A.).
Nelle società per azioni, la delibera di aumento di capitale è di competenza dell’assemblea straordinaria (art. 2365 c.c.). Il verbale è redatto dal notaio, il quale entro 30 giorni deve curarne l’iscrizione nel registro delle imprese (art. 2436 c.c.).
Per quanto riguarda le società a responsabilità limitata, l’assemblea dei soci è competente a deliberare l’aumento di capitale (art. 2480 c.c.) e anche in tal caso si procede come per le s.p.a. ai sensi dell’art. 2436 c.c.
Per entrambe le forme societarie, l’atto costitutivo può attribuire al CDA la facoltà di aumentare il capitale sociale.
L’art. 2443 c.c. prevede per le s.p.a dei limiti massimi di ammontare di aumento consentiti, oltre che un limite massimo temporale di cinque anni. In relazione alle s.r.l. il codice non prevede limitazioni di tempo o di ammontare. Sarà invece l’assemblea dei soci con l’atto costitutivo a fissare le modalità di esercizio della delega al CDA (art. 2481 c.c.), non è consentita infatti una delega in bianco.
Sarà fatta applicazione in entrambi i casi dell’art. 2436 c.c.
3.2. Modalità di aumento di capitale
Nelle società per azioni, l’aumento può avere luogo con:
- Emissione di nuovi titoli azionari;
- Aumento del valore nominale delle azioni già esistenti.
Nelle S.r.l.:
- attraverso l’emissione di quote nuove;
- accrescendo il valore delle quote esistenti.
Si può procedere con l’aumento di capitale soltanto in presenza di due condizioni:
- liberazione delle azioni precedentemente emesse: ha la funzione di evitare un accumulo di capitale che alla fine non sarebbe reale ma crediti verso i soci. Ciò significa che per le azioni già esistenti deve essere già stato eseguito totalmente il suo conferimento.
- assenza di perdite pari o superiori ad un terzo del capitale: non è possibile procedere ad un aumento se, in caso di perdite, non si sia proceduto prima ad una riduzione (art.2446 2447 c.c.). Gli amministratori sono responsabili dell’inosservanza di questo divieto, sono infatti esposti alla “responsabilità degli amministratori”.
4. Aumento di capitale a titolo gratuito
Con l’aumento di capitale a titolo gratuito vengono assegnate a titolo gratuito nuove azioni ai vecchi azionisti oppure aumentando il valore nominale delle azioni già esistenti. Nel primo caso, i nuovi titoli emessi dovranno avere le stesse caratteristiche di quelli già in circolazione, mentre nel secondo caso si procederà al ritiro del nuovo titolo recante il nuovo valore nominale.
Gli aumenti di capitale gratuiti sono disciplinati all’art. 2442 c.c., il quale prescrive che: ” L’assemblea può aumentare il capitale, imputando a capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in quanto disponibili”.
Negli aumenti gratuiti di capitale sociale non viene immessa nuova liquidità in azienda. L’assemblea procede a riorganizzare la gestione del capitale già appartenente alla società, tramite una diversa imputazione di alcune poste ideali del patrimonio netto.
In pratica, con questa operazione l’assemblea va soltanto ad aumentare il valore delle partecipazioni sociali in possesso dei soci, ma non vi è un reale aumento di capitale. Proprio per tale ragione che si parla di finanziamento nominale.
Da un punto di vista di bilancio, non ci sono modifiche: l’art. 2442 c.c. prevede che siano imputate a capitale riserve e fondi disponibili già iscritti, trattandosi di somme già presenti nel patrimonio sociale. Le somme sono praticamente presenti nelle riserve e vengono spostate nella voce del capitale, restando sempre nell’ambito del passivo del bilancio.
La regola è la stessa anche per le s.r.l.: l’art. 2481 ter c.c. prevede infatti un aumento proporzionale del valore della quota già esistente.
5. Aumento di capitale a pagamento
L’aumento di capitale a pagamento consiste nel versamento di nuovi conferimenti, si tratta cioè di un aumento reale perché c’è un vero e proprio incremento del patrimonio netto della società grazie ai nuovi apporti.
Mentre, nel caso di aumento di capitale oneroso, al contrario, si genera un vero e proprio accrescimento del patrimonio sociale. Ivi, l’aumento si realizza per effetto della sottoscrizione di nuove partecipazioni, quindi, tramite il pagamento di nuovi conferimenti.
In genere, tale operazione si realizza tramite delibera della assemblea straordinaria dei soci. Tuttavia, ai sensi dell’art. 2443 c.c., lo statuto sociale può attribuire tale facoltà anche agli amministratori.
Tale aumento di capitale non può essere eseguito fino a che le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate. In caso di violazione di suddetta prescrizione, gli amministratori sono responsabili in solido, per i danni arrecati ai socie e terzi.
La società emette nuove azioni a pagamento che sono sottoscritte:
- dai soci attuali, ai quali, per legge, gli è riconosciuto il “diritto di opzione”;
- dai terzi che diventano soci (in caso di mancata sottoscrizione dei soci).
Il diritto di opzione (o diritto di sottoscrizione per le s.r.l.) è il diritto dei soci attuali di sottoscrivere, in proporzione al numero delle azioni possedute, le azioni emesse in sede di aumento di capitale sociale a pagamento.
In pratica, è consentito ai soci attuali di essere preferiti ai terzi nella sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale a pagamento, quindi non vale nell’ambito dell’aumento di capitale gratuito.
5.1. Procedura per l’aumento di capitale
In assenza di condizioni ostative, viene deliberato l’aumento di capitale dall’assemblea dei soci ed entro un determinato termine, fissato in delibera, si procede con la sottoscrizione e i conferimenti.
La delibera di aumento di capitale a pagamento da sola non è idonea a modificare l’atto costitutivo, realizzandosi invece in un momento successivo. La modifica avviene man mano che tutte le azioni o quote di nuova emissione vengono sottoscritte.
5.2. I conferimenti nell’aumento di capitale oneroso
La disciplina che segue è più o meno la stessa di quella prevista al momento della costituzione della società. Vediamo come allora, avvengono i conferimento per l’aumento di capitale
Possono essere conferiti:
- Denaro: (nel silenzio dello statuto, i conferimenti da effettuare si ritengono in denaro) la legge prevede che al momento della sottoscrizione deve essere versato almeno i 25% del valore nominale delle azioni sottoscritte (art. 2439 c.c. per le s.p.a.) o della parte di capitale sottoscritta ( art. 2481 bis c.c. per le s.r.l.)
- Beni in natura e crediti: nel primo caso, chi conferisce una tale tipologia deve presentare una relazione giurata di un esperto nominato dal Tribunale, con la quale si attesta che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito. Gli amministratori sono tenuti controllare la stima dichiarata.
Per quanto riguarda i crediti verso la società, il sottoscrittore-creditore della società sottoscrive l’aumento ma non provvede al versamento, in quanto il suo credito verso la società si estingue per effetto di compensazione. I crediti ai quali fa riferimento l’art. 2342 c.c., sono esclusivamente quelli aventi ad oggetto una somma di denaro.
Nelle s.p.a. è fatto divieto di conferire prestazioni d’opera.
Soltanto nelle società di persone e nelle società a responsabilità limitata è possibile conferire anche la propria opera. Con tale tipo di conferimento in natura la legge vuole facilitare alle piccole e medie imprese l’acquisizione della forza lavorativa necessaria per lo svolgimento dell’attività economica, coinvolgendo nel rischio di impresa il socio lavoratore. In questo modo, il socio, pur non essendo retribuito, ha il diritto di conseguire l’utile e, man mano che svolge la propria opera, libera il conferimento.
5.3. Sottoscrizione integrale e parziale
Scaduto il termine fissato in delibera, gli amministratori devono verificare se il capitale deliberato sia stato effettivamente sottoscritto integralmente o parzialmente.
La sottoscrizione può essere:
- integrale dell’aumento entro il termine indicato in delibera: l’aumento sarà efficace dal momento stesso in cui il suo ammontare risulti totalmente sottoscritto;
- parziale dell’aumento e nella delibera ne è ammessa la validità (cd. aumento scindibile), infatti una volta scaduto il termine, il capitale è aumentato per l’importo pari alla sottoscrizione parziale;
- parziale dell’aumento e la delibera non ne ammette la validità o nulla dice in proposito (c.d. aumento inscindibile), la sottoscrizione parziale dell’aumento non produce vincoli né per la società, né per i sottoscrittori.
In seguito all’esecuzione dell’aumento, gli amministratori redigono un’attestazione specificando il numero delle nuove azioni o quote sottoscritte e quindi il nuovo ammontare del capitale sociale (deliberato, sottoscritto e versato).
Entro 30 giorni dalla sottoscrizione, l’attestazione deve essere depositata presso l’ufficio del registro delle imprese, entro il medesimo termine anche il testo dell’atto costitutivo modificato.
6. Aumento di capitali: aggiornamenti normativi
Analizzata la disciplina in modo puntuale e chiara, andiamo adesso a valutare alcune novità normative di particolare rilievo. Gli interventi sul punto, per quanto non siano stati determinanti ci sembrano particolarmente interessanti.
Il legislatore ha toccato la materia sia con il c.d. DL Semplificazioni, ossia l DL 76/2020, come convertito dalla Legge 120/2020, sia con la Legge di Bilancio 2021.
L’art. 44 del DL 76/2020 modifica alcuni articoli del Codice civile che regolano aspetti specifici della normativa sull’aumento del capitale sociale. La disciplina si concentra in modo particolare sulle disposizioni previste in materia di Società per azioni.
L’articolo 26 del DL 34/2020, il cosiddetto Decreto Rilancio, come convertito dalla Legge 77/2020, ha invece introdotto due agevolazioni fiscali, sotto forma di crediti di imposta. Una è prevista per il socio e una per la società, per il caso in cui fosse stato deliberato ed effettivamente conferito un aumento di capitale sociale nel periodo compreso tra il 20 maggio 2020 e il 31 dicembre 2020.
Infine, anche la Legge di Bilancio 2021 ha previsto alcuni adeguamenti, al fine di fare fronte alla crisi economica delle imprese.
Vediamo nel dettaglio cosa prevedono le nuove norme.
6.1. Interventi temporanei: maggioranza semplice
Molti dei recenti interventi di questi mesi sono ispirate dalla necessità di far fronte alle pressanti conseguenze economiche della crisi economica, conseguente l’emergenza sanitaria.
Proprio per tale ragione, le misure introdotte introdotta del DL 76 del 2020 si distinguono in due tipologie: quelle di natura temporanea e quelle di natura strutturale.
La prima delle disposizioni transitorie prevede, fino al 30 giugno 2021, la possibilità di rafforzare la capitalizzazione delle società.
In questo contesto è stata apportata una modifica alle modalità di voto. La norma prevede che è sufficiente il voto favorevole della maggioranza semplice invece della maggioranza rafforzata prevista dalle norme codicistiche.
Nello specifico, le assemblee, nelle società di capitali, fino al 30 giugno 2021, possono deliberare aumenti di capitale con il voto favorevole della maggioranza del capitale sociale rappresentato in assemblea.
Tuttavia, affinchè possa operare questa previsione deve essere rispettata una condizione. In sede di deliberazione deve essere rappresentata almeno la metà del capitale sociale, anche quando lo statuto prevede quorum deliberativi superiori a quelli previsti dal codice civile.
L’ambito di applicazione è limitato ai nuovi conferimenti a pagamento. E’ irrilevante che essi siano stati effettuati in denaro o in natura o in crediti, che vadano ad incrementare il patrimonio della società.
Può, inoltre, essere attribuita la stessa facoltà di aumentare il capitare anche agli amministratori. A tale scopo potrà essere adottata la stessa maggioranza semplici anche per modificare lo statuto delle società.
Il limite temporale del 30 giugno 2021 si riferisce alle deliberazioni assunte dall’assemblea. Non ha quindi rilevanza il momento di effettiva esecuzione dell’operazione di aumento di capitale. Questo potrà essere concretamente realizzato in un secondo momento.
6.2. Interventi temporanei: diritto di opzione
La normativa ha poi previsto anche importanti novità in tema di diritto di opzione dei soci, altrettanto vigenti fino alla stessa data del 30 giugno 2021.
L’art. 44 del decreto Semplificazioni prevede che le Società per azioni quotate in mercati regolamentati o negoziate su sistemi multilaterali di negoziazione possano deliberare aumenti di capitale a pagamento escludendo il diritto di opzione dei soci.
A tal fine non è necessario che vi sia una relativa previsione statutaria, purché il prezzo di emissione delle azioni corrisponda al loro valore di mercato. Così si intende tutelare i soci stessi.
Anche le modifiche di carattere strutturale incidono sul diritto di opzione, andando ad incidere i commi 2, 3, 4 dell’art. 2441 c.c..
La norma in questione prevede che le società non quotate in mercati regolamentati, le nuove azioni e obbligazioni emesse devono essere proposte in primo luogo ai soci. Il numero di azioni offerte deve essere equivalenti al numero di azioni possedute. L’esercizio del diritto in questione comporta poi il diritto di prelazione per l’acquisto delle azioni o delle obbligazioni rimaste invendute.
Mentre con riferimento alle società quotata su un mercato regolamentato, le azioni rimaste in-optate dovevano essere offerte sullo stesso mercato entro il mese successivo alla scadenza e per un numero di sedute non inferiore a cinque.
Sempre per le stesse società, il diritto di opzione poteva essere escluso in misura non superiore al 10%.
Il DL Semplificazioni ha introdotto le seguenti novità:
- il termine minimo per esercitare il diritto di opzione è 14 giorni;
- l’obbligo di offrire sul mercato i diritti di opzione non esercitati anche per le imprese con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione;
- il numero minimo di sedute durante le quali le azioni in-optate diventano due;
- a possibilità di escludere il diritto di opzione è stato esteso alle società con azioni negoziate su sistemi multilaterali di negoziazione.
7. Agevolazioni fiscali in tema di aumento di capitale
L’articolo 26 del DL 34/2020, il c.d. Decreto Rilancio, ha previsto due agevolazioni fiscali, sotto forma di crediti di imposta.
Di queste una è per il socio, mentre l’altra per la società. Questa seconda si realizza nel caso in cui fosse stato deliberato ed effettivamente conferito un aumento di capitale sociale nel periodo compreso tra il 20 maggio 2020 e il 31 dicembre 2020.
Con i commi 263 e 264 dell’articolo 1 sezione1 della Legge di bilancio 2021, il Legislatore ha confermato il solo incentivo fiscale in favore della società in tema di aumento di capitale.
La disciplina è stata parzialmente modificata, per quanto attiene alle caratteristiche e limiti di applicazione. Dalla combinazione delle due previsioni è nato un credito di imposta separato rispetto al precedente, se pur fondato sulla medesima.
In base al comma 264 dell’articolo 1 sezione 1 della Legge di bilancio 2021 “le modificazioni […] si applicano alle istanze di accesso alla misura […] presentate successivamente al 31 dicembre 2020”.
Le forme societarie che possono usufruire del credito d’imposta sono:
- società per azioni;
- società in accomandita per azioni;
- o società a responsabilità limitata;
- società a responsabilità limitata semplificata;
- società cooperative;
- nonché società europee;
- società cooperative europee.
7.1. Caratteristiche del credito di imposta
Possono accedere all’agevolazione determinate società, laddove, ricorrendo specifici requisiti, ed abbiano effettuato una operazione di aumento del capitale sociale entro il giorno 30 giugno 2021.
In questo caso è riconosciuto un credito di imposta del 50% delle perdite eccedenti il 10% del Patrimonio netto, al lordo delle stesse perdite, fino ad un ammontare pari al 50% dell’aumento di capitale realmente versato.
Il credito di imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, tramite modello F24. Potrà esser richiesto a partire dal decimo giorno successivo a quello di effettuazione della ricapitalizzazione, ma dopo l’approvazione del bilancio 2020, e fino al 30 novembre 2021.
Le società deve essere in possesso di specifici requisiti per accedere al credito:
- con riferimento all’anno 2019 deve aver conseguito ricavi per un importo compreso tra 5 e 50 milioni di euro;
- non deve essere sottoposta o ammessa a procedura concorsuale, né deve esser stata depositata istanza per dichiarare l’insolvenza;
- nei mesi di marzo ed aprile del 2020 deve aver subito una riduzione dei ricavi non inferiore al 33% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente;
- non deve essere in una delle situazioni ostative previste dalla normativa antimafia;
- deve possedere una posizione di regolarità contributiva e fiscale;
- non deve rientrare, alla data del 31 dicembre 2019, tra le imprese in difficoltà, anche se ammessa alla procedura del concordato preventivo;
- regolarità in relazione alle normative: edilizie, urbanistiche, del lavoro, della prevenzione degli infortuni, della tutela ambientale;
- non devono essere intervenute condanne per reati tributari cinque anni precedenti, nei confronti degli amministratori o dei soci.
8. La giurisprudenza rilevante in materia di aumento di capitale
Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 16/11/2021, n. 34503.
In tema di società di capitali, l’erogazione di somme di denaro “in conto futuro aumento di capitale”, effettuata dal socio in favore della società, deve essere iscritta in bilancio come riserva, e non come finanziamento soci, in quanto, ove l’aumento intervenga, le somme confluiscono automaticamente nel capitale sociale, mentre, in caso contrario, devono essere restituite, in conseguenza del mancato perfezionamento della fattispecie programmata. (In applicazione di tale principio la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto nullo il bilancio approvato dall’assemblea, ove i versamenti in conto capitale dei soci erano stati iscritti come debiti societari).
Cass. civ. Sez. I Ord., 09/04/2021, n. 9460.
In tema di società a responsabilità limitata, ove sia deliberato l’aumento del capitale mediante nuovi conferimenti ex art. 2481 bis c.c., il socio può liberamente cedere a terzi il proprio diritto di opzione prima che scada il termine per il relativo esercizio, a meno che non vi sia una contraria previsione statutaria e sempre che lo statuto non limiti la circolazione delle partecipazioni sociali.
Cass. civ. Sez. I Ord., 22/12/2020, n. 29325.
In tema di società di capitali, le dazioni di denaro dei soci in favore della società possono essere effettuate per finalità tra loro molto diverse, a cui risponde una diversità di disciplina (conferimenti, finanziamenti, versamenti a fondo perduto o in conto capitale, versamenti in conto futuro aumento di capitale), sicché l’organo amministrativo non è arbitro di appostare in bilancio tali dazioni, né di mutare la voce relativa, successivamente alla iscrizione originaria, dovendo quest’ultima rispecchiare l’effettiva natura e la causa concreta delle medesime, il cui accertamento, nell’interpretazione della volontà delle parti, è rimesso all’apprezzamento riservato al giudice del merito. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, che aveva affermato la nullità del bilancio, in cui si era proceduto ad inserire le dazioni di denaro di alcuni soci tra i debiti della società, mutando, senza alcuna spiegazione, la collocazione tra le riserve, operata nell’esercizio precedente, ritenuta dal giudice corretta, in quanto rispondente alla qualificazione di tali dazioni in termini di versamenti in conto futuro aumento capitale).
Cass. civ. Sez. I Ord., 22/12/2020, n. 29330.
Le erogazioni dei soci in conto futuro aumento di capitale possono affluire al patrimonio netto della società percipiente solo una volta che abbiano ricevuto un’irreversibile imputazione al capitale sociale, a meno che il socio non abbia inteso devolverle, con manifestazione inequivoca di volontà, al patrimonio sociale convertendole in contributi in conto capitale o a fondo perduto ovvero ancora a copertura perdite. Se l’erogazione del socio è eseguita in conto di un futuro aumento di capitale, si è in presenza di una copertura anticipata di un aumento di capitale programmato ma non ancora deliberato, ovvero a un conferimento solo potenziale, che non diventa effettivo se non nel momento in cui vada ad imputarsi nel capitale sociale. Con la conseguenza che persiste il diritto ad ottenere la restituzione ove non si verifichi la specifica condizione di perfezionamento individuata all’atto dell’erogazione, come conseguenza del meccanismo risolutivo, secondo uno schema condizionale non dissimile a quello che si ha ove il socio si sia obbligato nei confronti della società a sottoscrivere un determinato aumento di capitale prima che lo stesso sia formalmente deliberato dall’assemblea.
Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 22/07/2020, n. 15647.
La deliberazione di aumento del capitale sociale di una s.r.l. è legittimamente assunta senza che ne siano esplicitate le ragioni, perché, nel diritto societario, costituiscono un numero limitato le decisioni degli organi sociali soggette per legge all’obbligo di motivazione e, sebbene in via interpretativa ne possano essere individuate altre in cui essa è comunque necessaria (quali le deliberazioni di interruzione del rapporto sociale, gestorio o sindacale), la regola è che tali decisioni, ivi compresa quella prevista dall’art. 2438 c.c., non richiedono una specifica motivazione.
Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 25/02/2020, n. 4956.
La disciplina di cui all’art. 2466 c.c. si applica tanto nel caso di costituzione della società, quanto in quello dell’aumento del capitale. Nel caso di scioglimento della società, e anche nell’eventualità di fallimento della medesima, non subiscono alterazioni sostanziali la parte della norma dell’art. 2466 c.c. che concerne l’esecuzione coattiva dell’obbligo di eseguire i conferimenti dovuti (salva, nel caso, l'”integrazione” derivante dall’art. 150 L. Fall.), nonché la parte della normativa riferita alla sostituzione del contraente moroso con altri soggetti.
Cass. civ. Sez. II Sent., 05/02/2020, n. 2670.
La deliberazione assembleare di aumento del capitale sociale di una società per azioni, che sia stata assunta con violazione del diritto di opzione, non è nulla, ma meramente annullabile, in quanto tale diritto è tutelato dalla legge solo in funzione dell’interesse individuale dei soci ed il contrasto con norme, anche cogenti, rivolte alla tutela di tale interesse determina un’ipotesi di mera annullabilità.
Cass. civ. Sez. I Sent., 21/01/2020, n. 1185.
Nelle società a responsabilità limitata, nel caso di mora del socio nell’esecuzione dei versamenti dovuti alla società a titolo di conferimento per il debito da sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale deliberato dall’assemblea nel corso della vita della società, il socio non può essere escluso, essendo egli titolare della partecipazione sociale sin dalla costituzione della società; pertanto, ferma la permanenza del socio in società per la quota già posseduta, l’assemblea deve deliberare la riduzione del capitale sociale solo per la misura corrispondente al debito di sottoscrizione derivante dall’aumento non onorato, fatto salvo solo il caso in cui lo statuto preveda l’indivisibilità della quota.
Cass. civ. Sez. I, 21/01/2020, n. 1185.
Il socio non può essere escluso dalla società in caso di mora nell’esecuzione dei versamenti dovuti a titolo di conferimento, in caso di sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale deliberato dall’assemblea nel corso della vita della società, essendo egli titolare della partecipazione sociale sin dalla costituzione della stessa.
Cass. civ. Sez. I Sent., 30/09/2019, n. 24444.
La controversia avente ad oggetto l’esecuzione della delibera di aumento del capitale sociale di una società è compromettibile in arbitri, ai sensi dell’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 5 del 2003, poiché relativa a diritti inerenti al rapporto sociale inscindibilmente correlati alla partecipazione del socio, sicché, nel caso di fallimento della società, la clausola compromissoria statutaria resta opponibile al curatore fallimentare che agisca per l’esecuzione dell’aumento deliberato. (Nella specie, la S.C. ha riconosciuto la competenza arbitrale nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso su richiesta del curatore dal giudice delegato, ex art. 150 l.fall., nei confronti di un socio della fallita per i versamenti ancora dovuti).
Cass. civ. Sez. I Sent., 03/12/2018, n. 31186.
In tema di società di capitali, le erogazioni in conto di futuro aumento di capitale effettuate da un socio in favore della società, condizionate all’adozione della relativa delibera di aumento capitale entro un determinato termine, nel caso di mancata adozione della delibera (nella specie, per l’intervenuto fallimento della società sottoposta ad amministrazione straordinaria), determinano a carico della società l’obbligo di restituzione di quanto erogato dal socio a tale titolo, poiché in tal caso l’erogazione determina un aumento di capitale solo potenziale, destinato a divenire effettivo solo a seguito della delibera di aumento. Né a tale fattispecie è applicabile l’art. 2467 c.c. poiché tale disciplina riguarda solo i versamenti effettuati a titolo di finanziamento o di mutuo, ai quali è possibile associare un obbligo di rimborso, mentre non è applicabile ai versamenti o ai trasferimenti in conto capitale, in considerazione della diversità della causa che li contraddistingue, assimilabile a quella di capitale di rischio piuttosto che a quella delle obbligazioni creditorie.
Cass. civ. Sez. I Ord., 02/10/2018, n. 23953.
Se una delibera di aumento del capitale sociale, ancorché annullabile, non è stata sospesa, e dunque è stata legittimamente eseguita, il nuovo assetto delle partecipazioni risultante dalla sottoscrizione dell’aumento è a sua volta legittimo. Legittime sono perciò le delibere successive assunte con la nuova maggioranza, non potendo parlarsi di un effetto “a catena” sulla legittimità delle delibere in sequenza, nel rispetto delle esigenza di certezza e stabilità sottese alla disciplina delle società commerciali, la gestione delle quali rischierebbe di essere paralizzata dal propagarsi degli effetti della illegittimità delle delibere assembleari oltre un certo segno, salva, ovviamente, la tutela risarcitoria dei diritti dei soci di minoranza.
Cass. civ. Sez. I, 19/02/2018, n. 3946.
Diversamente che nella ipotesi di conferimenti iniziali, non è ravvisabile alcun pregiudizio per i creditori sociali in un aumento di capitale sottoscritto contestualmente all’estinzione per compensazione di un credito del socio sottoscrittore.
In tema di impugnazione della deliberazione assunta da una società di capitali, l’onere di provare il vizio da cui deriva l’invalidità della stessa grava su chi la impugna (Nella fattispecie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza resa dalla corte d’appello, la quale aveva annullato la delibera di aumento del capitale sociale di una società a responsabilità limitata, sul presupposto che la società convenuta non avesse dimostrato la veridicità della situazione patrimoniale su cui si fondava l’aumento deliberato).
Cass. civ. Sez. V, 26/04/2017, n. 10240.
La previsione normativa del diritto di opzione (2441 cc) sottende una duplice finalità: quella di proteggere l’interesse dei soci a mantenere inalterata la quota di partecipazione al capitale sociale in caso di aumento dello stesso, attraverso il diritto di sottoscrivere preferenzialmente le azioni di compendio del deliberato aumento di capitale; dall’altro, quella di garantire l’interesse dei soci alla conservazione delle plusvalenze patrimoniali attive, accumulatesi nel corso della gestione dell’attività sociale, che altrimenti andrebbero a vantaggio dei nuovi sottoscrittori ed azioni, in quanto l’aumento di capitale avviene in base al valore nominale delle azioni. L’esigenza di tenere inalterato il valore reale della partecipazione azionaria denota il contenuto patrimoniale del diritto di opzione. Di qui, la conclusione che il diritto di opzione nella società per azioni assume un valore economico in sé, potendo essere oggetto liberamente di disposizione a favore di terzi.
Cass. civ. Sez. I Sent., 20/07/2016, n. 14932.
L’azione intesa a far dichiarare la nullità della delibera di aumento del capitale, in conseguenza della nullità della delibera di riduzione del capitale per perdite (nella specie, dichiarata con statuizione coperta da giudicato interno), resta soggetta alla decadenza di cui all’art. 2379 ter, comma 1, c.c., non incidendo sul regime di proponibilità della domanda la natura derivata della nullità.
Cass. civ. Sez. I Sent., 02/11/2015, n. 22349.
L’art. 2481 bis, comma 1, c.c. vieta agli amministratori di limitare o escludere, di loro iniziativa, il diritto di opzione dei soci sulle quote di nuova emissione in sede di delibera di aumento del capitale sociale, essendo la limitazione o esclusione di tale diritto consentita solo se prevista nell’atto costitutivo, non senza assicurare al socio dissenziente il diritto di recedere dalla società ai sensi dell’art. 2473 c.c. Tale diritto di recesso non è, quindi, configurabile se, nell’ipotesi di deliberato aumento di capitale da attuarsi tramite conferimenti «in natura o mediante immediata, integrale sottoscrizione delle quote in denaro», il socio deduca esclusivamente la pretesa lesione del diritto di sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale spettante a tutti i soci, non essendo tale situazione assimilabile, sul piano normativo, alla fattispecie codificata di offerta di nuove quote a terzi, affatto distinta ed alla prima non sovrapponibile.
La pretesa lesione del diritto di sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, spettante a tutti i soci proporzionalmente alle partecipazioni da essi possedute, non può legittimare il recesso del socio alla stregua del combinato disposto degli artt. 2473, comma 1, e 2468, comma 4, c.c., riferendosi questi ultimi alla sola ipotesi in cui vengano attribuiti a singoli soci, dall’atto costitutivo, «particolari diritti in materia di amministrazione della società o distribuzione degli utili», ovverosia diritti diversi, quantitativamente o qualitativamente, da quelli normalmente spettanti a ciascun socio sulla base della partecipazione detenuta.
Cass. civ. Sez. I Sent., 29/10/2013, n. 24362.
La mera deliberazione di aumento del capitale non è idonea a modificare la situazione contabile della società – e dunque il verificarsi della causa di scioglimento di cui all’art. 2448, n. 4, cod. civ. e la conseguente responsabilità degli organi ai sensi dell’art. 2449 cod. civ., nel testo anteriore al d.lgs. n. 6 del 2003, – sin quando le nuove azioni non siano sottoscritte e pagate almeno nella misura percentuale minima prescritta dalla legge. Tuttavia, ai fini della valutazione responsabilità concorrente dei sindaci, non possono non giovare ai predetti l’avvenuta convocazione dell’assemblea, la positiva adozione della delibera di aumento del capitale sociale e la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale da parte di un nuovo socio, allorché poi il mancato versamento nelle casse sociali della somma promessa sia imputabile solo agli amministratori.
Cass. civ. Sez. I Sent., 17/07/2013, n. 17467.
Il conferimento in una società capitalistica già costituita è un atto con il quale il socio o il terzo, sul presupposto di una deliberazione di aumento del capitale sociale, approvata dall’organo competente della società, realizza la sua volontà di partecipare o, se già socio, di aumentare il valore della partecipazione alla medesima società, e trova nel collegamento essenziale con quella deliberazione la sua causa negoziale, sicché le condizioni di validità del conferimento sotto il profilo della sussistenza della volontà non possono essere esaminate indipendentemente da quelle della deliberazione medesima.
Cass. civ. Sez. I Sent., 17/07/2013, n. 17467.
In tema di aumento di capitale deliberato dall’assemblea di una società capitalistica, non è configurabile la simulazione del conferimento in forza di un accordo simulatorio concluso tra il conferente e l’amministratore della società, che, anche qualora sia delegato al compimento delle operazioni necessarie all’esecuzione della deliberazione, non avendo poteri legali di rappresentanza della società medesima negli atti di gestione attinenti all’organizzazione della società, non è legittimato a rappresentarla nella stipulazione di accordi diretti a simulare i conferimenti.
Cass. civ. Sez. I Ord., 27/02/2013, n. 4946.
L’annullabilità di una delibera di aumento del capitale sociale, laddove non ne sia stata disposta la sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 2378, terzo comma, cod. civ., non incide – ancorché ne possa derivare una modifica della composizione della maggioranza allorquando non sia stata seguita dall’integrale esercizio del diritto di opzione da parte dei vecchi soci – sulla validità delle successive deliberazioni adottate con la nuova maggioranza, poiché l’omessa adozione del provvedimento di sospensione rende legittimi gli atti esecutivi della prima deliberazione, resistendo, peraltro, tale legittimità anche al sopravvenire del suo annullamento, la cui efficacia, sebbene in linea di principio retroattiva, è pur sempre regolata dalla legge ed operante nei soli limiti da essa sanciti, tanto rivelandosi affatto coerente con le esigenze di certezza e stabilità sottese alla disciplina delle società commerciali.
Cass. civ. Sez. I Sent., 01/12/2011, n. 25731.
La disposizione di cui all’art. 2438 cod. civ., anche nel testo anteriore alle modifiche del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, secondo la quale “non si possono emettere nuove azioni fino a che quelle emesse non siano interamente liberate”, va interpretata nel senso che è la sola esecuzione della delibera di aumento di capitale a non essere consentita fino a quando le azioni emesse in precedenza non siano integralmente liberate, con la conseguenza che la mancata liberazione delle azioni emesse in occasione di una precedente delibera di aumento del capitale non comporta la nullità di quella successiva, ma solo la sua ineseguibilità, come precisato, in funzione sostanzialmente interpretativa, dalla cit. novella, che fa salvi gli obblighi assunti con la sottoscrizione, privando di valenza pubblicistica il divieto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l’obbligazione assunta con la sottoscrizione dell’aumento di capitale fosse valida e si fosse trasferita all’acquirente delle azioni non liberate, con corrispondente diritto del curatore fallimentare, ai sensi dell’art. 150 legge fall., ad ingiungerne l’adempimento).
Cass. civ. Sez. I Sent., 01/12/2011, n. 25703.
La deliberazione assembleare di una s.r.l. con cui sia stato approvato un aumento di capitale anteriormente all’iscrizione della società nel registro delle imprese è inesistente, in quanto emanata da un’assemblea ancora priva della possibilità giuridica di deliberare, e, tuttavia, la manifestazione di volontà dei soci unanime e plenaria e risultante dalla sottoscrizione dell’atto da parte di ciascuno può essere apprezzata come espressione di un patto volto a modificare l’importo del capitale sociale e la conseguente attribuzione delle quote ai soci e, quindi, come una convenzione modificativa dell’atto costitutivo, a condizione che risultino osservati i requisiti di sostanza e di forma prescritti per tale atto, con la conseguenza che la non ancora avvenuta iscrizione della società nel registro delle imprese non condiziona la validità di detta convenzione modificativa, sia pure destinata ad assumere efficacia dopo l’iscrizione della società.
Cass. civ. Sez. I Sent., 20/01/2011, n. 1361.
Ai fini del rispetto del limite del dieci per cento del capitale sociale, posto dal terzo comma dell’art. 2357 cod. civ. (nella formulazione vigente prima delle modifiche apportate dal d.lgs. 4 agosto 2008, n. 142, applicabile nella specie “ratione temporis”), occorre tener conto anche dell’eventuale aumento del capitale deliberato e sottoscritto successivamente alla data di chiusura dell’ultimo bilancio di esercizio, senza che sia necessario procedere all’approvazione di un ulteriore bilancio, dal momento che la norma non fa riferimento a questo, ma solo al capitale sociale e non intende salvaguardare la sua integrità, quanto impedire un potere eccessivo in capo all’organo amministrativo della società.
La deliberazione assembleare di aumento del capitale sociale di una società per azioni, che sia stata assunta con violazione del diritto di opzione, non è nulla, ma meramente annullabile, in quanto tale diritto è tutelato dalla legge solo in funzione dell’interesse individuale dei soci ed il contrasto con norme, anche cogenti, rivolte alla tutela di tale interesse determina un’ipotesi di mera annullabilità.
Cass. civ. Sez. I Sent., 07/05/2010, n. 11125.
Nel caso in cui all’emissione di obbligazioni convertibili in azioni di risparmio da parte di una società quotata in borsa abbiano fatto seguito l’acquisizione del controllo da parte di nuovi soci, tenuti a promuovere un’offerta pubblica di acquisto delle azioni residue, ai sensi dell’art. 10, nono comma, della legge 12 febbraio 1992, n. 149, e la conseguente revoca della quotazione in borsa della società, che abbia reso impossibile la conversione delle obbligazioni, non è configurabile una responsabilità della società emittente, per non avere la stessa provveduto a deliberare un aumento di capitale onde salvaguardare la convertibilità dei titoli riportando il flottante al di sopra dei limiti previsti dalla predetta disposizione, in quanto, non essendo sufficiente a tal fine la mera deliberazione dell’assemblea, ma occorrendo anche la concreta sottoscrizione delle nuove azioni da parte degli investitori, sottratta al potere dispositivo della società, la revoca della quotazione in borsa non può essere posta in rapporto di causalità con la condotta di quest’ultima.
Cass. civ. Sez. I Sent., 15/09/2009, n. 19813.
In materia di aumento del capitale di una società a responsabilità limitata, l’obbligo di versamento per il socio deriva non dalla deliberazione, ma dalla distinta manifestazione di volontà negoziale, consistente nella sottoscrizione della quota del nuovo capitale offertagli in opzione, ciò indipendentemente dall’avere egli concorso o meno con il proprio voto alla deliberazione di aumento; tale sottoscrizione è riconducibile ad un atto di natura negoziale, e precisamente da un contratto consensuale, in relazione al quale la legge non prevede l’adozione di una forma particolare. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto provata per fatti concludenti la sottoscrizione dell’aumento di capitale di una società, essendo stato dimostrato l’avvenuto versamento di tre assegni, in adempimento della presunta sottoscrizione).
Cass. civ. Sez. I Sent., 19/03/2009, n. 6711.
In tema di società di capitali, l’obbligo del socio di conferire in danaro il valore delle azioni sottoscritte in occasione di un aumento del capitale sociale è un debito pecuniario che può essere estinto per compensazione con un credito pecuniario vantato dal medesimo socio nei confronti della società, anche ai sensi dell’art. 56 legge fall., quando di essa sia sopraggiunto il fallimento, con la conseguenza che, in quest’ultimo caso, il giudice delegato non può ingiungere al socio il versamento del capitale sociale ai sensi dell’art. 150 legge fall., in quanto tale modalità di esazione presuppone l’esistenza del credito vantato dalla società, che risulta invece estinto per compensazione.
Cass. civ. Sez. I Sent., 13/08/2008, n. 21563.
I versamenti effettuati dai soci della società in conto di futuro aumento di capitale, pur non determinando un incremento del capitale sociale e pur non attribuendo alle relative somme la condizione giuridica propria del capitale, hanno una causa che, di norma, è diversa da quella del mutuo ed è assimilabile invece a quella di capitale di rischio; ciò non esclude, tuttavia, che tra la società ed i soci possa essere convenuta l’erogazione di un capitale di credito e che, quindi, i soci possano effettuare versamenti in favore della società a titolo di mutuo. Lo stabilire poi, in concreto, la natura del versamento, è questione di interpretazione, che, in difetto di una chiara manifestazione di volontà, ben può essere ricavata dalla terminologia adottata nel bilancio, poiché questo è soggetto all’approvazione dei soci e le qualificazioni che i versamenti hanno ricevuto diventano determinanti per stabilire se si controverta, appunto, di un finanziamento o di un conferimento.
Cass. civ. Sez. I Sent., 24/07/2007, n. 16393.
I versamenti in conto capitale costituiscono conferimenti volti a incrementare il patrimonio netto della società e non sono imputabili a capitale, salvo che, con apposita delibera assembleare di modifica dell’atto costitutivo, non ne venga disposto successivamente l’utilizzo per un aumento del capitale sociale; una volta eseguiti, i versamenti vanno a costituire una riserva, non di utili, ma “di capitale”, soggetta alla stessa disciplina della riserva da soprapprezzo (art. 2431 cod. civ.), seppure “personalizzata” o “targata” in quanto di esclusiva pertinenza dei soci che li hanno effettuati. Ne consegue che i soci eroganti possono chiedere la restituzione delle somme versate solo per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione e che, d’altra parte, i ridetti versamenti, in caso di saturazione della riserva legale, possono con delibera dell’assemblea ordinaria essere distribuiti “durante societate” tra i soci in misura corrispondente a quanto da ognuno versato.
Cass. civ. Sez. I Sent., 08/06/2007, n. 13503.
In tema di riduzione del capitale sociale per perdite, la mera deliberazione di aumento del capitale non è idonea a modificare la situazione contabile della società – e dunque il verificarsi della causa di sciolgimento di cui all’art. 2448, n. 4, cod. civ. e la conseguente responsabilità degli amministratori ai sensi dell’art. 2449 – sin quando le nuove azioni non siano sottoscritte (e pagate almeno nella misura percentuale minima prescritta dalla legge).
Cass. civ. Sez. I Sent., 11/05/2007, n. 10879.
La rinuncia o il mancato esercizio del diritto di opzione relativo all’aumento di capitale di una società non è suscettibile di revoca, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., al fine di consentire al creditore di sostituirsi al debitore nell’esercizio dell’opzione stessa, perché effetto della revoca è la declaratoria di inefficacia dell’atto revocato e il conseguente assoggettamento del bene oggetto della rinuncia all’azione esecutiva. La revoca è tuttavia consentita quando l’opzione costituisce un bene in sé, dotato di autonomo valore di mercato, e in questo caso l’azione esecutiva dovrà svolgersi nel rispetto della disciplina dettata dall’art. 2480 c.c. (ora art. 2471, a seguito della riforma del diritto societario introdotta dal D.Lgs. n. 6 del 2003). Di conseguenza, nell’ambito della disciplina della società a responsabilità limitatala la revoca è subordinata alla dimostrazione che il diritto di opzione sia suscettibile di alienazione secondo la legge di circolazione delle quote stabilita dallo statuto sociale.
Cass. civ. Sez. I, 03/11/2006, n. 23599.
In tema di aumento del capitale sociale nelle società a responsabilità limitata (nella disciplina anteriore alle innovazioni introdotte dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), nonostante il silenzio dell’art. 2495 cod. civ. in ordine al termine minimo da riconoscere al socio per l’esercizio del diritto di opzione e l’omissione, in esso, di ogni richiamo al secondo comma dell’art. 2441 cod. civ. (che, per le società per azioni, stabilisce il termine minimo in trenta giorni dalla pubblicazione dell’offerta), il termine per l’esercizio del suddetto diritto non può essere tanto ristretto da rendere eccessivamente difficile ai soci la possibilità di fatto di avvalersene. Pertanto, ove la delibera assembleare di aumento del capitale sociale preveda, accanto a un termine per l’esercizio del diritto di opzione stabilito in una data fissa, un’autorizzazione agli amministratori ad interpellare i soci assenti, priva tuttavia di un’espressa specificazione sia in ordine al termine entro il quale effettuare detta comunicazione, sia in relazione alla data finale per l’esercizio, da parte di costoro, del diritto di sottoscrizione, correttamente il giudice del merito – allorché motivatamente ritenga sussistente un’oscurità nel tenore complessivo della volontà assembleare in base al solo operare del criterio letterale – ricorre al canone ermeneutico della buona fede, interpretando la delibera nel senso della previsione di un termine per l’esercizio del diritto di opzione eguale per tutti i soci (e pari allo spazio temporale che separa la data della delibera da quella di scadenza per l’esercizio del diritto di opzione), decorrente, per i soci assenti, dal giorno della comunicazione; e ciò, onde evitare che, per coloro i quali non presero parte all’assemblea, la congruità dello “spatium deliberandi” (e, con essa, la possibilità concreta di avvalersi del termine per l’esercizio dell’opzione) sia rimessa alla tempestività della comunicazione in loro favore effettuata dagli amministratori.
Cass. civ. Sez. I, 14/04/2006, n. 8876. Nelle società per azioni, il socio può validamente obbligarsi nei confronti della società a sottoscrivere un determinato aumento di capitale prima che lo stesso sia formalmente deliberato dall’assemblea, dovendosi ritenere siffatto obbligo, in assenza di diverse pattuizioni, subordinato alla condizione sospensiva che la deliberazione di aumento del capitale intervenga nel termine stabilito o in quello desumibile dalle circostanze, e – per la parte in cui l’impegno investa anche le azioni di nuova emissione sulle quali il socio non vanta il diritto di opzione – alla ulteriore condizione che tali azioni non vengano sottoscritte
9. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
La procedura di aumento del capitale può avere una durata variabile. Tale operazione “straordinaria” è più frequente in alcune società piuttosto che in altre: per esempio se nelle s.p.a. si intende incrementare il proprio patrimonio oggi si opta per altre forme di finanziamento, scegliendo per la modifica statutaria soltanto in casi estremi.
Se stai valutando di modificare il capitale sociale con un aumento, è bene confrontarsi prima con un esperto.
Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione all’aumento di capitale è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.
Proprio per questo motivo, al fine di Proteggere e Difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.
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