INDICE
La caparra penitenziale, da non confondersi con la caparra confirmatoria, è un istituto previsto dal nostro ordinamento giuridico.
Con questo istituto il legislatore introduce un corrispettivo al diritto di recesso in quanto questo consiste nella facoltà, concessa ad una sola parte, di liberarsi dal contratto.
In altri termini, le parti possono pattuire che al momento del perfezionamento del contratto, venga consegnata una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, da far valere quale “prezzo” predeterminato contro il diritto di recedere previsto in favore di uno o di entrambi i contraenti.
La caparra penitenziale si differenzia dalla caparra confirmatoria poichè questa è posta a tutela dell’inadempimento di una parte, mentre la prima è il corrispettivo dello ius poenitendi attribuito ad un contraente. Si distingue anche dalla multa penitenziale che viene versata al momento in cui il recesso è esercitato, laddove la caparra penitenziale è versata alla stipula.
1. Caparra penitenziale: funzione
La caparra penitenziale è disciplinata dall’art. 1386 del Codice Civile il quale al primo comma dispone che “se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso”.
La caparra penitenziale ha funzione di costituire il corrispettivo di un diritto di recesso che la parte si è riservata.
Esula dunque dall’istituto qualsiasi idea di inadempimento, e di conseguenza la caparra penitenziale è estranea alla famiglia delle clausole penali.
Fa invece parte della famiglia delle caparre, a cui appartiene anche quella confirmatoria regolata all’art. 1385 perché, come quella, la caparra penitenziale ha natura di una prestazione che perfeziona un patto reale, concernente il recesso, patto accessorio ad un contratto principale.
Ma poiché qui si tratta di un recesso legittimato non già da inadempimento ma da convenzione, così il nostro istituto fa anche parte della famiglia dei recessi convenzionali, regolati all’art. 1373.
Recesso convenzionale oneroso e caparra si uniscono nella regola contenuta all’art. 1373 comma 3°, che non permette al terzo di recedere, prima di aver versato quel corrispettivo, che costituisce appunto caparra penitenziale.
Nell’art. 1373 si parla soltanto di recesso unilaterale, invece nell’art. 1386, si parla anche di recesso bilaterale.
Per conseguenza, la peculiarità dell’art. 1386 consiste nell’aver regolato anche un recesso bilaterale oneroso tramite la disciplina della caparra penitenziale, al quale l’art. 1373 non aveva provveduto.
1.1. Caparra e multa penitenziale
L’istituto della c.d. “multa penitenziale”, invece, previsto dall’art. 1373, comma 3, c.c., assolve – non diversamente dalla caparra penitenziale di cui all’art. 1386 c.c., nella quale il versamento avviene anticipatamente – alla sola finalità di indennizzare la controparte nell’ipotesi di esercizio del diritto di recesso da parte dell’altro contraente.
Ne consegue che in tali casi, poiché non è richiesta alcuna indagine sull’addebitabilità del recesso, diversamente da quanto avviene in tema di caparra confirmatoria o di risoluzione per inadempimento, il giudice deve limitarsi a prendere atto dell’avvenuto esercizio di tale diritto potestativo da parte del recedente e condannarlo al pagamento del corrispettivo richiesto dalla controparte (Cassazione, sentenza n. 6558/2010).
2. Disciplina
Per tracciare la disciplina della caparra penitenziale, è necessario integrare l’art. 1386 con gli articoli 1385 e 1373.
Per aversi una caparra penitenziale, debbono le parti specificamente pattuire il diritto di recesso, altrimenti la caparra si presumerebbe confirmatoria. Se si parla soltanto di caparra penitenziale secondo la legge, la si ricollega al recesso unilaterale, a favore di chi dà la caparra. Affinché il recesso sia bilaterale, le parti devono specificatamente pattuirlo.
Possono bensì la parti concordare altrimenti, ma se il recesso è bilaterale, debbono indicare quale sarà il dovere del recedente che ha ricevuto la caparra; nel dubbio, si riterrà che costui debba restituire l’oggetto ricevuto e darne uno di eguale valore
Nel silenzio, la caparra penitenziale autorizza a recedere prima dell’inizio di esecuzione; nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, la parte può recedere anche successivamente, ma senza effetto per le prestazioni già eseguite od in corso di esecuzione.
Se nessuno recede, anche nel caso di caparra penitenziale, si procede come è previsto per quella confirmatoria al comma dell’art. 1385: la caparra si restituisce o si imputa alla prestazione dovuta. Invero, l’applicazione analogica di tale norma ci sembra suggerita da ragioni evidenti.
Per il recesso valgono le regole sancite dagli articoli 1373 e 1385.
Se il recesso è unilaterale, esso è ovviamente riservato a chi ha dato la caparra; nel caso di recesso bilaterale il recesso non può essere una manifestazione di volontà ma deve essere accompagnato da versamento del doppio dovuto, altrimenti rimane inefficace. Se la parte avversa non accetta il versamento, si provvederà con l’offerta reale.
2.1. Patto di recesso
Il patto di recesso è un patto accessorio aggiunto al contratto principale. L’inefficacia del patto di recesso, dunque, non pregiudica il contratto principale, ma l’inefficacia di quest’ultimo pregiudica la caparra penitenziale. La caparra penitenziale non può avere effetto oltre l’orbita puramente negoziale. Se il contratto principale cade, per esempio per impossibilità sopravvenuta, la caparra penitenziale perde il suo titolo, diventa indebita e deve essere restituita.
3. La forma della caparra penitenziale
Pur non essendo richiesta una particolare consacrazione formale della caparra penitenziale, secondo la prevalente interpretazione della giurisprudenza non è sufficiente una mera previsione all’interno del contratto, anche se accompagnata dal termine “penitenziale” e dal richiamato all’art. 1386 c.c. che la contempla per far ritenere sussistente un diritto di recesso unilaterale ad nutum, inteso come “ius poenitendi” svincolato dall’altrui inadempimento.
Occorre invece che un tale diritto sia stato espressamente pattuito, dovendosi ritenere in mancanza di ciò che la caparra abbia natura confirmatoria e quindi sanzionatoria dell’inadempimento dell’altra parte (Cassazione, sentenze n. 11946/1993, n. 6506/1990 e n. 2399/1988).
4. Caparra penitenziale, caparra confirmatoria e multa penitenziale
La caparra penitenziale, a differenza di quella confirmatoria che vale come cautela contro l’inadempimento, non ha funzione di risarcimento del danno per la mancata esecuzione del contratto, bensì di corrispettivo predeterminato del recesso per volontà unilaterale (Cassazione, sentenza n. 6577/1988).
Difatti, seppur il recesso possa fare ingresso anche nella caparra confirmatoria, lo stesso può avvenire sotto il profilo della reazione di una parte all’inadempimento dell’altra, pertanto la somma prevista a titolo di caparra costituisce una sorta di liquidazione forfettaria del danno, fatta salva l’impregiudicata possibilità di ricorrere al risarcimento ordinario (Cassazione, sentenza n. 3027/1982).
Sotto il profilo della materiale dazione di denaro o di altri beni fungibili, la caparra penitenziale si differenzia anche dalla c.d. “multa penitenziale”, ovvero dalla clausola che prevede la facoltà di recedere dal contratto per uno dei due contraenti, corrispondendo semplicemente all’altra parte una somma di denaro quale corrispettivo a fronte del recesso.
Pur essendo, in effetti, simile, il meccanismo differisce per il fatto che la disposizione ex art. 1373 c.c. costituisce una mera previsione contrattuale non accompagnata dalla contestuale dazione di denaro o di altri beni fungibili (Cassazione, sentenza n. 6561/1991)
5. Gli effetti della caparra penitenziale
Una volta stipulato il patto di caparra, i contraenti si riservano la facoltà di scegliere tra il recesso e l’adempimento.
Nel primo caso, ex art. 1386 c.c., se il recedente è colui che ha versato la caparra penitenziale, l’effetto scaturente è quello di perdere la somma anticipatamente versata.
Viceversa, se il recedente è la parte che ha ricevuto la caparra, questi deve restituire il doppio della somma o della quantità di cose fungibili ricevute, alla parte adempiente.
Qualora invece il recesso non venga azionato e le parti danno esecuzione al contratto, la caparra perde la propria funzione “penitenziale” e conseguentemente deve essere restituita, ovvero imputata quale corrispettivo della prestazione dedotta in contratto.
6. La Giurisprudenza prevalente in materia di caparra penitenziale
6.1. Caparra con pattuizione del diritto di recesso
In caso di caparra (penitenziale) con pattuizione del diritto di recesso (Cassazione, sentenza n. 2399/1988), la parte in cui favore tale diritto stipulato, se inadempiente, può paralizzare la domanda di adempimento proposta nei suoi confronti esercitando tale diritto in via di azione o di eccezione riconvenzionale, ma non può paralizzare la domanda di risoluzione per inadempimento che, se accolta, per l’effetto retroattivo della pronuncia al momento della sua proposizione, rende priva di efficacia la dichiarazione di recesso che sia stata comunicata in un momento successivo.
6.2. Liberazione degli obblighi assunti
Poiché la caparra penitenziale ha soltanto natura convenzionale, la facoltà di liberarsi degli obblighi assunti con il pagamento del doppio di quanto corrisposto è consentita soltanto nei casi in cui le parti abbiano espressamente previsto la caparra, quale corrispettivo del diritto di recedere, in maniera certa nella pattuizione, senza che la stessa possa esser tratta sulla base di una generica indicazione (Cassazione, sentenza n. 5777/1983).
6.3. Risoluzione del contratto
Nel caso che le parti contraenti abbiano concordato il diritto di recesso, mediante la corresponsione della caparra o del doppio di questa (caparra penitenziale), il contratto si risolve per semplice volontà di una delle parti, senza che occorra accertare la inadempienza. In tale ipotesi per l’acquisizione della caparra o per il sorgere dell’obbligo del pagamento del doppio di essa non è necessario l’esperimento dell’azione di risoluzione (Cassazione, sentenza n. 1980/1970).
6.4. Altri profili
Cass. civ. Sez. II Ord., 15/06/2020, n. 11466.
Non sussiste violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato allorché il giudice, qualificando giuridicamente in modo diverso rispetto alla prospettazione della parte i fatti da questa posti a fondamento della domanda, le attribuisca un bene della vita omogeneo, ma ridimensionato, rispetto a quello richiesto. Ne consegue che, proposta in primo grado una domanda di risoluzione per inadempimento di contratto preliminare, e di conseguente condanna del promittente venditore alla restituzione del doppio della caparra ricevuta, non pronunzia “ultra petita” il giudice il quale ritenga che il contratto si sia risolto non già per inadempimento del convenuto, ma per impossibilità sopravvenuta di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti (ex art. 1453, comma 2, c.c.) e condanni il promittente venditore alla restituzione della sola caparra (la cui ritenzione è divenuta “sine titulo”) e non del doppio di essa.
Cass. civ. Sez. II, 18/03/2010, n. 6558.
L’istituto della c.d. “multa penitenziale” previsto dall’art. 1373, terzo comma, cod. civ., assolve – non diversamente dalla caparra penitenziale di cui all’art. 1386 cod. civ., nella quale il versamento avviene anticipatamente – alla sola finalità di indennizzare la controparte nell’ipotesi di esercizio del diritto di recesso da parte dell’altro contraente; ne consegue che in tali casi, poiché non è richiesta alcuna indagine sull’addebitabilità del recesso, diversamente da quanto avviene in tema di caparra confirmatoria o di risoluzione per inadempimento, il giudice deve limitarsi a prendere atto dell’avvenuto esercizio di tale diritto potestativo da parte del recedente e condannarlo al pagamento del corrispettivo richiesto dalla controparte.
Cass. civ. Sez. III, 16/05/2006, n. 11356.
La caparra confirmatoria ha natura composita – consistendo in una somma di denaro o in una quantità di cose fungibili – e funzione eclettica – in quanto è volta a garantire l’esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte (sotto tale profilo avvicinandosi alla cauzione); consente, in via di autotutela, di recedere dal contratto senza la necessità di adire il giudice; indica la preventiva e forfettaria liquidazione del danno derivante dal recesso cui la parte è stata costretta a causa dell’inadempimento della controparte. Va invece escluso che abbia anche funzione probatoria e sanzionatoria, così distinguendosi sia rispetto alla caparra penitenziale, che costituisce il corrispettivo del diritto di recesso, sia dalla clausola penale, diversamente dalla quale non pone un limite al danno risarcibile, sicché la parte non inadempiente ben può recedere senza dover proporre domanda giudiziale o intimare la diffida ad adempiere, e trattenere la caparra ricevuta o esigere il doppio di quella prestata senza dover dimostrare di aver subito un danno effettivo. La parte non inadempiente può anche non esercitare il recesso, e chiedere la risoluzione del contratto e l’integrale risarcimento del danno sofferto in base alle regole generali (art. 1385, 3° comma, cod. civ.), e cioè sul presupposto di un inadempimento imputabile e di non scarsa importanza, nel qual caso non può incamerare la caparra, essendole invece consentito trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto spettantele a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati. Qualora, anziché recedere dal contratto, la parte non inadempiente si avvalga dei rimedi ordinari della richiesta di adempimento ovvero di risoluzione del negozio, la restituzione della caparra è ricollegabile agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale, come conseguenza del venir meno della causa della corresponsione, giacché in tale ipotesi essa perde la suindicata funzione di limitazione forfettaria e prederminata della pretesa risarcitoria all’importo convenzionalmente stabilito in contratto, e la parte che allega di aver subito il danno, oltre che alla restituzione di quanto prestato in relazione o in esecuzione del contratto, ha diritto anche al risarcimento dell’integrale danno subito, se e nei limiti in cui riesce a provarne l’esistenza e l’ammontare in base alla disciplina generale di cui agli artt. 1453 ss. cod. civ. Anche dopo aver proposto la domanda di risarcimento, e fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza, la parte non inadempiente può decidere di esercitare il recesso, in tal caso peraltro implicitamente rinunziando al risarcimento integrale e tornando ad accontentarsi della somma convenzionalmente predeterminata al riguardo. Ne consegue che ben può pertanto il diritto alla caparra essere fatto valere anche nella domanda di risoluzione.
7. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
Come avrai notato, la disciplina della caparra penitenziale è articolata, perché occorre valutare molti elementi e ponderare diverse opzioni per addivenire ad una scelta adeguata.
Proprio per questo motivo, al fine di Pianificare e Difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.
Un Professionista di ObiettivoProfitto.it saprà aiutarti nel migliore dei modi.