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Che cos’è l’anatocismo bancario? È vero che l’anatocismo è vietato? Che differenza c’è con gli interessi di mora? Posso fare causa per anatocismo bancario?
Il calcolo degli interessi è sempre stato uno degli argomenti di maggior interesse da un punto di vista finanziario e se ti trovi qui, molto probabilmente, hai a che fare con problematiche attinenti all’anatocismo.
Se ti stai chiedendo se è possibile avviare una causa per anatocismo, sappi che la stessa è plausibile ma prima bisogna avere chiari alcuni aspetti della materia, partendo dal concetto stesso di anatocismo bancario.
1. Cosa si intende per anatocismo bancario?
Quando parliamo di anatocismo intendiamo, molto semplicemente, il calcolo degli interessi su quegli interessi già maturati su di una somma dovuta.
Nello specifico, con la locuzione “anatocismo bancario” si vuole indicare una particolare operazione con la quale una banca calcola, su una somma di capitale di credito, determinati interessi maturati, per poi andare a porre lo stesso quale base di un ulteriore calcolo degli interessi.
In questo modo gli interessi maturati vengono capitalizzati, ossia si traducono in capitale aggiuntivo all’importo dovuto, producendo a loro volta degli interessi aggiuntivi.
Si tratta quindi di interessi composti, costituiti da interessi calcolati sul debito principale e successivi interessi maturati sullo stesso.
Ciò presuppone comunque un’obbligazione creditizia, precedentemente stipulata tra il richiedente (soggetto debitore) e il creditore (ossia la banca), con la quale si prevede l’erogazione di un finanziamento e il successivo rimborso dello stesso, generalmente ratizzato, al quale si applica un determinato tasso di interessi.
2. Il divieto di anatocismo bancario
Una volta compreso il concetto di anatocismo, possiamo addentrarci maggiormente sulla materia.
Al riguardo, è fondamentale chiarire che ad oggi, con la recente disciplina attinente alle operazioni bancarie, è fatto divieto di produrre interessi sugli interessi dovuti, salvo specifiche eccezioni ai sensi dell’art. 1283 del Codice Civile di cui si parlerà.
Accanto a ciò, il D. M. del 3 agosto 2018, ha altresì contemplato il divieto di anatocismo negli interessi, ad eccezione di quelli moratori, in conformità a quanto già sancito dai principi generali della materia.
Che differenza c’è con gli interessi di mora?
Sicuramente le nuove regole vietano il sistema previsto dall’anatocismo ma è bene che tu sappia che non vanno ad intaccare, in alcun modo, il regime degli interessi moratori.
Quando parliamo di interessi di mora, infatti, intendiamo quelli previsti dal Codice Civile nei casi in cui il cliente debitore risulti inadempiente alle proprie obbligazioni pecuniarie.
Più dettagliatamente, quest’ultimi rappresentano una sorta di maggiorazione del costo del rimborso di un finanziamento in caso di un mancato pagamento delle rate, nel rispetto dei termini di rimborso sanciti dal contratto stipulato.
Essi nascono come tutela degli istituti di credito, ed oggi sono utilizzati altresì quale fonte di segnalazione di un “cattivo pagatore” e dell’annesso credito non performante o di rischio.
Per tale motivo, la loro natura appare completamente differente dai casi di anatocismo.
Si può parlare di usura?
Spesso si fa confusione tra i due istituti, motivo per cui occorre soffermarci brevemente anche sull’argomento.
Prima di tutto, se l’anatocismo bancario può determinarsi come illecito, gli interessi usurai sono alla base di pratiche illegali, previste e disciplinate dall’art. 644 del Codice Penale.
Inoltre, è opportuno ricordare che con la locuzione “interessi usurai”, o tasso di usura, si intendono quegli interessi maggiori del tasso di soglia (stabilito dalla legge) applicati nella concessione di un credito.
Pertanto, possiamo rispondere alla questione precisando che:
- per anatocismo bancario si intende una pratica bancaria di ricalcolo illegittimo degli interessi sugli interessi;
- per usura si intende l’applicazione di un interesse maggiorato fin da subito, spesso mosso da una posizione favorevole del concedente rispetto al richiedente in crisi.
3. Casi di ammissibilità dell’anatocismo bancario: l’art. 1283 del Codice Civile
Come abbiamo accennato pocanzi, il divieto di anatocismo bancario presenta alcune eccezioni all’interno dell’art. 1283 del Codice Civile, il quale stabilisce le condizioni di ammissibilità.
Precisamente, ai sensi della citata norma, gli interessi scaduti possono produrre interessi solamente dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, purché si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi.
La norma nasce per tutelare il debitore dagli eventuali interessi usurai, motivo per cui stabilisce chiaramente che la capitalizzazione degli interessi può avvenire solamente nel rispetto di determinati e precisi presupposti.
Al riguardo, la stessa Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25729 del 2014 (Cass. Civile, sez. III), ha precisato che l’art. 1283 citato, nel trattare le obbligazioni pecuniarie, non enuncia un principio generale valido per tutte le obbligazioni, bensì un principio dal carattere eccezionale e circoscritto.
Pertanto, le banche potranno sì capitalizzare gli interessi, ma nel rispetto dei seguenti e precisi limiti:
- nel caso di un credito sul quale sono maturati interessi non pagati entro la scadenza;
- nell’ipotesi di specifica clausola contrattuale con la quale le parti stabiliscono che, in caso di mancato pagamento di un credito sul quale sono maturati degli interessi non pagati, su questi, ormai scaduti, possono calcolarsi nuovi interessi.
4. Sospetto anatocismo bancario. Come lo verifico e cosa devo fare?
Compreso che i casi di legittimità dell’anatocismo sono notevolmente circoscritti, se si teme il verificarsi di una condotta impropria della banca, occorre valutare il corretto andamento finanziario e l’adeguato calcolo degli interessi.
Una pratica abbastanza diffusa, per la verifica della sussistenza o meno di una forma di anatocismo bancario, è riconducibile alla ricerca di un eventuale conteggio degli interessi sugli interessi all’interno del proprio conto corrente.
Solitamente si prende in esame un arco temporale grosso modo analogo al periodo che intercorre dall’apertura di un credito fino al momento della predetta verifica.
L’attività vede poi coinvolgere un consulente del settore (a meno che non si abbia già di proprio le adeguate competenze), chiamato a esaminare gli estratti conto del periodo in esame e a verificare gli specifici addebiti delle competenze.
In genere in questo modo è possibile verificare se vi siano stati degli incrementi tali da poter dimostrare che la banca in questione abbia deciso di applicare una condotta rientrante nei casi di anatocismo illecito.
Come mi tutelo?
Appurato che si tratta concretamente di anatocismo, è necessario prendere le dovute tutele.
Per prima cosa dovremo inviare una lettera di diffida alla banca, con una pretesa di restituzione delle somme ingiustamente trattenute.
Una pratica che, in caso di conto corrente chiuso, sarà altresì necessaria ai fini dell’interruzione della prescrizione.
Ove la lettera di diffida non dovesse sortire l’effetto desiderato, sarà necessario procedere in via giudiziale, fermo restando l’obbligo di preliminare mediazione, finalizzata a risolvere la controversia prima, senza “arrivare” in Tribunale.
In alternativa, un’altra strada percorribile è rappresentata dall’Arbitro Bancario Finanziario, ossia quell’organismo indipendente e imparziale, dalla decisione non vincolate (ma il mancato rispetto della sua decisione sarà comunque oggetto di pubblica notizia), istituito quale sistema alternativo di risoluzione di controversie tra le banche e i loro clienti.
Accanto a questo organo, è stato altresì istituito dalla Consob (delibera n. 19602 del 4 maggio 2016) l’Arbitro per le Controversie Finanziarie. Organo imparziale e indipendente, chiamato principalmente a risolvere controversie tra gli investitori “retail” e gli intermediari finanziari, in caso di violazione, da parte di quest’ultimi, degli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza.
Come si può agilmente comprendere, in caso di anatocismo bancario, così come per tutte le altre controversie che vedono interessare una banca, o altro istituto di credito, l’ordinamento italiano ha sì previsto il ricorso alla via giudiziale ordinaria, ma solamente dopo il tentativo di risoluzione stragiudiziale.
Devi sapere, infatti, che in materia di controversie attinenti alla contrattualistica bancaria, una delle condizioni di procedibilità della domanda giudiziale è l’antecedente tentativo di risoluzione tramite la mediazione o altro strumento di natura extra-giudiziale.
Quali sono i termini di prescrizione?
Che la controversia si risolva in via giudiziale o extra-giudiziale, è fondamentale non dimenticare che anche la domanda, per avviare un’azione volta alla restituzione delle somme indebitamente trattenute, ha un termine di prescrizione.
Al riguardo, devi sempre tenere a mente che il termine di prescrizione per tale azione è di 10 anni.
Circa la sua decorrenza, l’orientamento giurisprudenziale appare abbastanza consolidato nel ritenere che la stessa decorra da quando si viene a verificarsi l’indebito o, in caso di chiusura del conto corrente, entro 10 anni.
In riferimento a ciò, merita di essere ricordata una storica sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. S.U., sent. n. 24418/2010), ai sensi della quale, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, l’ordinaria prescrizione decennale non decorre dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto.
Da ultimo, quindi, è possibile intentare una causa contro una banca per anatocismo, purché si presenti adeguata documentazione volta a provare l’illegittima operazione.
Detto ciò, ti consiglio di approfondire tutti gli aspetti di cui hai appena letto insieme ad un professionista, con il quale puoi avere un contatto senza impegno attraverso il Modulo che trovi in questa pagina.