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Con la cessione del credito, il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore.
In particolar modo, la cessione del credito è una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio; si ricordi, tra le modificazioni oggettive, la surrogazione.
Dunque, attraverso questo importante strumento previsto dal diritto italiano, si può attuare il trasferimento non di una cosa, ma di un diritto di credito.
Questa esigenza di rapidità della circolazione in funzione dello scambio commerciale ha poi indotto a concepire la possibilità di una incorporazione del credito in un documento attuando una cessione del credito stesso con la dazione di un documento, la cosiddetta cambiale.
Se vuoi sapere come fare la cessione del credito, ti consiglio di andare avanti con la lettura di questa guida.
La cessione del credito, infatti, può essere un ottimo strumento con cui pianificare il tuo Patrimonio.
Permettendo alle parti di trasferire un credito non ancora adempiuto, agevola i traffici giuridici.
1. La cessione del credito: disciplina generale
La cessione del credito costituisce un contratto a causa variabile perchè può essere utilizzato per realizzare funzioni diverse, tra le altre, solutoria e di garanzia.
Infatti può avvenire allo scopo di estinguere un’obbligazione tra cedente e cessionario oppure allo scopo di garantire l’adempimento di una obbligazione del cedente nei confronti del cessionario.
È disciplinato dall’art. 1260 del Codice Civile.
Come accennato, mediante questo istituto il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, a due condizioni.
È necessario infatti che il credito non abbia carattere strettamente personale, come ad esempio il caso del credito alimentare e che il trasferimento non sia vietato dalla legge, come previsto dall’art. 1261 del Codice Civile.
In merito ai crediti strettamente personali, secondo la Cassazione (sentenza n. 11095/2009) il danneggiato da un sinistro stradale può cedere il proprio credito risarcitorio a un terzo (ad esempio al carrozziere incaricato della riparazione dell’auto danneggiata), non trattandosi di un diritto strettamente personale.
La cessione si realizza mediante un accordo tra creditore cedente e terzo cessionario.
Si tratta dunque di un contratto ad effetti reali cui è del tutto estraneo il debitore ceduto.
Di qui emerge la natura bilaterale, e non già trilaterale del contratto.
Se infatti il debitore paga il suo debito al cedente, non è liberato se il cessionario dimostra che il debitore stesso era a conoscenza dell’avvenuta cessione.
Questa regola è un’applicazione concreta del principio secondo cui la buona fede si presume.
La cessione è opponibile al debitore ceduto solo in caso di accettazione o di avvenuta notifica.
L’accettazione è atto unilaterale recettizio, a forma libera.
1.1. Cessione del credito dietro pagamento o a titolo gratuito
Nel caso in cui il credito sia ceduto dietro pagamento di un prezzo, si avrà una vera e propria compravendita.
Si ricordi, infatti, che l’art. 1470 del Codice Civile, disciplinando la compravendita, fa rientrare nel suo schema contrattuale anche il trasferimento di un diritto diverso da quello di proprietà.
Nel caso in cui il credito è ceduto a titolo gratuito, allora ci troviamo nell’ambito delle donazioni, la cui disciplina si rintraccia a partire dall’art. 769 del Codice Civile. Sarà ovviamente richiesta la forma dell’atto pubblico con due testimoni.
1.2. Divieti di cessione del credito
I divieti di cessione del credito sono disciplinati all’art. 1261 del Codice Civile.
Tale norma vuole garantire l’imparzialità cui i soggetti elencati (magistrati, ufficiali giudiziari, avvocati, notai ecc) sono tenuti a causa della propria professione, e che potrebbe venire meno se si rendessero cessionari di un credito relativo a una vertenza pendente davanti il loro ufficio.
Infatti, secondo la Cassazione (sentenza n. 29834/2018), sussiste violazione del divieto di cessione di cui all’art. 1261 c.c. quando un avvocato, oltre a rendersi cessionario di un credito, abbia avuto dal cedente anche uno specifico mandato professionale per avviarne l’azione di recupero presso il debitore moroso.
2. Oggetto della cessione del credito
Molto interessante è l’aspetto legato all’ambito oggettivo della cessione.
La cessione del credito, infatti, abbraccia ogni situazione giuridica soggettiva suscettibile di costituire titolo per una prestazione.
Oggetto di cessione, infatti, potrebbero essere non solo i diritti di credito, ma anche i diritti potestativi, quelli personali di godimento e l’aspettativa di diritto.
Nell’ambito dei diritti di credito, la prestazione può avere ad oggetto non solo un dare, ma anche un facere e un non facere.
Il credito può anche essere non determinato nell’ammontare o non esigibile perché condizionato a termine o futuro, purchè esista già il rapporto da cui il credito originerà.
2.1. Accessori del credito
Il credito è trasferito al cessionario con i privilegi, le garanzie personali e reali e gli altri accessori, come ad esempio un eventuale onere modale.
Non può essere trasferito, invece, il possesso della cosa ricevuta in pegno senza il consenso del costituente.
Si esclude l’automatico trasferimento dei frutti del credito.
Si trasferiscono al cessionario anche le azioni con cui il credito può essere tutelato.
Il cedente, infine, deve consegnare al cessionario i documenti probatori del credito che sono in suo possesso ovvero copia autentica degli stessi se la cessione è parziale.
2.2. Cessione pro solvendo e pro soluto
L’art. 1267 del Codice Civile statuisce che il cedente non risponde della solvibilità del debitore salvo che abbia assunto la relativa garanzia.
Nel primo caso si parlerà di cessione pro soluto, nel secondo di cessione pro solvendo.
Nella cessione pro solvendo il cedente risponde nei limiti di quanto abbia eventualmente ricevuto. Inoltre deve corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il cessionario abbia sopportato e risarcire il danno.
Ogni patto diretto ad aggravare la responsabilità del cedente è nullo.
3. Rapporti nella cessione del credito
3.1. Rapporti tra cedente e cessionario
Se la cessione è a titolo oneroso il cedente è tenuto a garantire l’esistenza del credito al tempo della cessione.
Se invece la cessione è a titolo gratuito, la garanzia è dovuta solo nei casi e nei limiti in cui la legge pone a carico del donante la garanzia per l’evizione, come previsto dall’art. 1266 del Codice Civile.
La cessione di un credito inesistente è una cessione valida e il cessionario può avvalersi della garanzia chiedendo il risarcimento dell’intero danno subito ovvero agire in giudizio per la risoluzione del rapporto.
Nel caso di cessione a titolo gratuito, poiché la garanzia è dovuta solo se ricorrono le condizioni previste dall’art. 797 del Codice Civile in materia di donazioni, la cessione del credito inesistente è nulla se tali condizioni non operano.
3.2. Rapporti tra cessionario e ceduto
Il debitore ceduto può opporre al cessionario l’invalidità del contratto di cessione e tutte le eccezioni di carattere oggettivo basate sul titolo (invalidità) o sul rapporto (prescrizione, avvenuto pagamento ecc) se queste eccezioni sono relative a fatti anteriori alla cessione.
Da segnalare è l’art. 1248 del Codice Civile, poiché molto importante.
Il debitore, se ha accettato la cessione che il creditore ha fatto delle sue ragioni a un terzo, non può opporre al cessionario la compensazione che avrebbe potuto opporre al cedente.
Se invece non vi è stata accettazione, ma semplice notifica, la compensazione opera per i crediti sorti anteriormente alla notifica stessa.
Lo scopo della norma è chiaro, ma è bene rifletterci su ancora qualche istante.
L’accettazione pura e semplice della cessione significa rinuncia al diritto di avvalersi della compensazione legale. Se invece il debitore subisce la cessione, la compensazione opera solo per i crediti precedenti alla notifica.
4. Pluralità di cessioni
Anche in materia di cessione possono sorgere conflitti tra più cessionari dello stesso credito.
Al riguardo, l’art. 1265 del Codice Civile dispone che se il medesimo credito ha formato oggetto di più cessioni a persone diverse, prevale la cessione notificata per prima al debitore.
Dunque, in questo caso, l’accettazione dovrà avere data certa e la notificazione non dovrà avvenire per ufficiale giudiziario, ma con atto avente data certa.
5. Cartolarizzazione e factoring
La L. 99/130 disciplina la cartolarizzazione, ossia la cessione onerosa di crediti esistenti o futuri anche in blocco a società specializzata. Quest’ultima, per finanziare l’acquisto della cessione onerosa, emette titoli negoziabili sui mercati finanziari con obbligo di destinare quanto pagato dai debitori ceduti al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli stessi.
Ogni operazione di cessione costituisce patrimonio separato della società cessionaria rispetto al proprio patrimonio e alle altre operazioni, cosicché i singoli portatori dei titoli possono agire sui singoli patrimoni.
Il factoring è un altro contratto largamente diffuso tra le imprese e il suo nucleo centrale è costituito proprio dalla cessione del credito. Si tratta di un modello importato dagli ordinamenti di lingua inglese, ancora non pienamente tipizzato.
A tal proposito, interessante è la posizione della Corte di Cassazione (sentenza n. 19341/2017). Nel contratto di factoring avente ad oggetto crediti futuri, il debitore ceduto può opporre in compensazione al cessionario un proprio credito nei confronti del cedente sorto in epoca successiva alla notifica dell’atto di cessione. Infatti, nella cessione di crediti futuri, l’effetto traslativo si verifica nel momento in cui questi vengono ad esistenza e non invece anteriormente, all’epoca di stipulazione del contratto.
6. La giurisprudenza rilevante della Corte di Cassazione in materia di fondo patrimoniale
Cass. civ. Sez. III Ord., 03/06/2022, n. 17985.
La cessione di un credito inesistente non è nulla per inesistenza dell’oggetto, bensì è valida ed il cessionario è tenuto al pagamento del prezzo, che non diviene indebito, ma è assistito dalla garanzia di cui all’art. 1266 c.c., da ritenersi un effetto naturale della cessione per l’ipotesi che l’effetto traslativo non si verifichi, essendo irrilevante che la garanzia stessa possa essere pattiziamente esclusa con il limite del “fatto proprio” del cedente, in quanto tale disposizione costituisce una deroga rispetto all’art. 1325, n. 3, c.c. ed alla disciplina del contratto in generale.
Cass. civ. Sez. I Ord., 25/01/2022, n. 2091.
Allorquando l’atto di riconoscimento di un debito provenga da una pubblica amministrazione, l’adempimento della trasmissione dell’atto scritto di ricognizione alla Procura regionale della Corte dei Conti, prescritto dall’art. 23, comma 5, della legge n. 289 del 2002 per le pubbliche amministrazioni nei casi ivi disciplinati, integra un requisito formale e procedimentale della ricognizione di debito, che ne condiziona la validità e l’efficacia e di cui va tratta necessaria evidenza dal documento stesso, in quanto vincolato alla forma scritta, in ordine sia alla previsione dell’invio alla competente Procura regionale della Corte dei Conti che al tempestivo adempimento dell’onere stesso. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale la corte d’appello aveva ritenuto, in una fattispecie di cessione del credito, che fosse onere della debitrice ceduta provare il mancato adempimento della trasmissione ex art. 23, comma 5, della legge n. 289 del 2002, invocando anche il principio di vicinanza della prova, e non, invece, che fosse onere della creditrice cessionaria documentare di avere agito in giudizio sulla scorta di un atto connotato dalla ricorrenza dei requisiti formali e procedimentali richiesti, nella specie, per potersi avvalere della ricognizione di debito “titolata” o, in mancanza, provare il rapporto fondamentale
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 14/10/2021, n. 28093.
Nella disciplina della cessione del credito, che ha natura di negozio astratto, restando irrilevanti per il debitore i vizi inerenti al rapporto causale sottostante, il debitore ceduto è bensì legittimato ad indagare sull’esistenza e sulla validità estrinseca e formale della cessione, specie quando questa gli sia stata notificata dal solo cessionario, ma non può interferire nei rapporti tra quest’ultimo e il cedente, atteso che il suo interesse si concreta nel compiere un efficace pagamento liberatorio.
Cass. civ. Sez. II Ord., 12/05/2021, n. 12611.
Il cessionario di un credito che agisca nei confronti del debitore ceduto è tenuto a dare prova unicamente del negozio di cessione, quale atto produttivo di effetti traslativi, e non anche della causa della cessione stessa; né il debitore ceduto, al quale sono indifferenti i vizi inerenti al rapporto causale sottostante, può interferire nei rapporti tra cedente e cessionario, poiché il suo interesse si concreta nel compiere un efficace pagamento liberatorio, con la conseguenza che egli è esclusivamente abilitato ad indagare sull’esistenza e sulla validità estrinseca e formale della cessione. (Nella specie, la S.C. ha dato seguito al principio in un giudizio in cui gli eredi del cedente un credito pecuniario, derivante da un contratto di vendita di un immobile, agivano per ottenere i ratei del credito ceduto che erano stati già corrisposti al cessionario sul presupposto della nullità dell’atto di cessione del credito per violazione del divieto dei patti successori ex art. 458 c.c.).
Cass. civ. Sez. III Ord., 24/08/2020, n. 17615.
Si ha presupposizione quando una determinata situazione di fatto o di diritto – comune ad entrambi i contraenti ed avente carattere obiettivo (essendo il suo verificarsi indipendente dalla loro volontà e attività) e certo – sia stata elevata dai contraenti stessi a presupposto condizionante il negozio, in modo da assurgere a fondamento, pur in mancanza di un espresso riferimento, dell’esistenza ed efficacia del contratto. (In applicazione del principio, la S.C. – riguardo ad una complessa vicenda concernente la cessione, da parte di una curatela fallimentare, di un credito di 10 milioni di dollari statunitensi verso l’Iraq per un prezzo minimo, poi seguita invece da una riscossione fruttuosa – ha escluso che la difficilissima recuperabilità del credito oggetto del contratto costituisse “presupposto inespresso” del negozio).
Cass. civ. Sez. III Sent., 15/06/2020, n. 11583.
La liquidazione del danno da diminuzione del valore di circolazione del credito ceduto, derivante dalla mancanza di una garanzia reale promessa dal cedente, deve essere parametrata, con giudizio necessariamente equitativo, alla maggiore prevedibile perdita in caso di insolvenza. Tuttavia, qualora il cessionario abbia già riscosso il credito in sede esecutiva e sia rimasto insoddisfatto, la liquidazione del danno per il vizio che rende impossibile escutere la garanzia non può più avvenire secondo un criterio prospettico, ma corrisponde in concreto alla minor somma fra la parte del credito rimasta insoddisfatta e l’importo ulteriore che il creditore avrebbe potuto riscuotere in sede esecutiva se egli avesse potuto espropriare il bene che avrebbe dovuto essere oggetto dell’ipoteca mancante. (Principio enunciato nell’interesse della legge, ex art. 363, comma 3, c.p.c.).
Cass. civ. Sez. III Sent., 30/08/2019, n. 21843.
I crediti oggetto delle operazioni di “cartolarizzazione” eseguite ai sensi della l. n. 130 del 1999 costituiscono un patrimonio separato da quello della società di cartolarizzazione, destinato in via esclusiva al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti e al pagamento dei costi dell’operazione, sicché non è consentito al debitore ceduto proporre nei confronti del cessionario eccezioni di compensazione o domande giudiziali fondate su crediti vantati verso il cedente nascenti dal rapporto con quest’ultimo intercorso. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto il difetto di titolarità passiva della società cessionaria nell’azione di ripetizione di indebito proposta dal debitore ceduto in forza del rapporto di conto corrente bancario intrattenuto con la cedente).
Cass. civ. Sez. III Ord., 19/02/2019, n. 4713.
Il contratto di cessione di credito ha natura consensuale, di modo che il suo perfezionamento consegue al solo scambio del consenso tra cedente e cessionario, il quale attribuisce a quest’ultimo la veste di creditore esclusivo, unico legittimato a pretendere la prestazione (anche in via esecutiva), pur se sia mancata la notificazione prevista dall’art. 1264 c.c.; questa, a sua volta, è necessaria al solo fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente anziché al cessionario, nonché, in caso di cessioni diacroniche del medesimo credito, per risolvere il conflitto tra più cessionari, trovando applicazione in tal caso il principio della priorità temporale riconosciuta al primo notificante. (Nella specie, la S.C., in applicazione del suddetto principio, ha cassato la sentenza di merito che, a fronte dell’avvenuto pagamento del debito in favore del cedente, aveva rigettato la domanda proposta dal cessionario del credito, in ragione del ravvisato difetto di prova circa la relativa esistenza della cessione, nonostante l’avvenuta notifica della cessione nei confronti del debitore ceduto).
Cass. civ. Sez. III Sent., 19/05/2017, n. 12616.
Il contratto di cessione di credito ha natura consensuale e forma libera, sicché il cessionario, in assenza di contestazione da parte del cedente e, soprattutto, del ceduto, può fornire la prova della sua legittimazione anche producendo in giudizio un documento non sottoscritto dal primo, non rilevando, in contrario, che la cessione riguardi un credito verso la P.A., atteso che la forma eccezionalmente solenne, prevista dall’art. 69 del r.d. n. 2440 del 1923 con riferimento a talune cessioni di somme dovute dallo Stato, introduce un’ipotesi di inefficacia nell’interesse esclusivo del debitore ceduto, il quale, pertanto, è il solo titolato a farla valere, con la conseguenza che il rilievo d’ufficio della carenza di forma comporterebbe il vizio di ultra o extra petizione.
Cass. civ. Sez. I Sent., 16/02/2016, n. 2978.
In tema di cessione del credito, la previsione del comma 1 dell’art. 1263 c.c., secondo cui il credito è trasferito al cessionario, oltre che con i privilegi e le garanzie reali e personali, anche con gli “altri accessori”, va intesa nel senso che nell’oggetto della cessione è ricompresa la somma delle utilità che il creditore può trarre dall’esercizio del diritto ceduto, ossia ogni situazione direttamente collegata con il diritto stesso, la quale, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione, rientrandovi, dunque, anche gli interessi scaduti dopo la cessione (e non, salvo patto contrario, quelli scaduti prima), alle condizioni e nella misura in cui, secondo la legge, essi erano dovuti al creditore cedente, sicché solo ove fossero stati concordati, per iscritto in base all’art. 1284, comma 3, c.c., in misura extralegale, in tale misura sono dovuti al cessionario anche per il periodo di mora ex art. 1224, comma 1, c.c., mentre, in difetto di tale pattuizione tra le parti originarie del rapporto obbligatorio, gli stessi spetteranno al tasso legale.
Cass. civ. Sez. III Sent., 13/02/2015, n. 2869.
In materia di “factoring”, nell’ipotesi in cui il credito oggetto di cessione derivi dalla compravendita di un bene mobile, la legittimazione passiva in ordine alla domanda di riduzione del prezzo, conseguente all’esistenza di vizi della cosa venduta, spetta alla società venditrice e non al “factor”, atteso che quest’ultimo non è cessionario del contratto di compravendita ma soltanto del credito relativo al corrispettivo, e che il compratore (debitore ceduto) potrebbe solo opporre al “factor”, ove fosse da questi convenuto in giudizio per il pagamento del debito, le eccezioni opponibili al cedente, ma non già agire direttamente contro il “factor” con azioni volte alla risoluzione o alla modifica di un contratto al quale costui è rimasto estraneo.
Cass. civ. Sez. I Sent., 11/09/2014, n. 19199.
Al fallimento del cedente possono essere opposte soltanto le cessioni di credito che siano state notificate al debitore ceduto, o siano state dal medesimo accettate, con atto avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, sicché, in mancanza, il debitore ceduto, ancorché fosse a conoscenza dell’avvenuta cessione, è tenuto ad eseguire il pagamento al curatore del fallimento e non al cessionario.
Cass. civ. Sez. III Sent., 19/08/2013, n. 19155.
Il conferimento di un’azienda individuale in una società di persone o di capitali costituisce una cessione d’azienda, la quale comporta, per legge, la cessione dei crediti relativi all’esercizio di essa, che, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 24/01/2011, n. 1552.
Ove il credito oggetto di esecuzione forzata sia stato ceduto nel corso del processo esecutivo, si verifica la successione a titolo particolare nel diritto del creditore procedente, la quale non ha effetto sul rapporto processuale che, in virtù del principio stabilito dall’art. 111 cod. proc. civ., continua tra le parti originarie; ne consegue che, ove il debitore esecutato abbia proposto opposizione all’esecuzione lamentando il difetto di legittimazione attiva del creditore procedente, ciò non si traduce nell’improcedibilità del processo esecutivo già iniziato, né preclude al cessionario la facoltà di intervenire nel processo medesimo.
Cass. civ. Sez. III Sent., 05/11/2009, n. 23463.
Il contratto di cessione di credito ha natura consensuale e, perciò, il suo perfezionamento consegue al solo scambio del consenso tra cedente e cessionario, il quale attribuisce a quest’ultimo la veste di creditore esclusivo, unico legittimato a pretendere la prestazione – anche in via esecutiva, (come nella specie) – pur se sia mancata la notificazione prevista dall’art. 1264 cod. civ.; questa, a sua volta, è necessaria al solo fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente anziché al cessionario, nonchè, in caso di cessioni diacroniche del medesimo credito, per risolvere il conflitto tra più cessionari, trovando applicazione in tal caso il principio della priorità temporale riconosciuta al primo notificante.
Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 10/09/2009, n. 19501.
In tema di crediti futuri, la mancanza dei requisiti di certezza e liquidità, così come non inficia l’efficacia traslativa dell’atto di cessione, purché si tratti di un credito non meramente eventuale, in quanto destinato a maturare nell’ambito di un rapporto identificato e già esistente, non incide neppure sulla pignorabilità del credito, e non preclude quindi l’azione esecutiva sullo stesso, posto che il pignoramento pone sul bene un vincolo che ha senso solo se ne sia ipotizzabile l’alienabilità.
Cass. civ. Sez. I Sent., 25/06/2009, n. 14896.
In tema di azione revocatoria fallimentare (nella specie, avente per oggetto la dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’art. 67 della legge fall., di una cessione di credito, ritenuta di carattere solutorio), la natura costitutiva della predetta azione implica che gli interessi sulla somma dovuta in restituzione – cui va condannata la parte “accipiens” – decorrono dalla correlativa costituzione in mora, che, in difetto di atti anteriori di tale contenuto, va individuata nella domanda giudiziale.
Cass. civ. Sez. III Sent., 15/02/2007, n. 3469.
La cessione del credito in luogo dell’adempimento, prevista all’art. 1198 cod. civ., non comporta l’immediata liberazione del debitore originario, la quale consegue solo alla realizzazione del credito ceduto, ma soltanto l’affiancamento al credito originario di quello ceduto, con la funzione di consentire al creditore di soddisfarsi mediante la realizzazione di quest’ultimo credito; all’interno di questa situazione di compresenza, il credito originario entra in fase di quiescenza, e rimane inesigibile per tutto il tempo in cui persiste la possibilità della fruttuosa escussione del debitore ceduto, in quanto solo quando il medesimo risulta insolvente il creditore può rivolgersi al debitore originario. Ne consegue che finché non è esigibile il credito ceduto “pro solvendo”, tale non è nemmeno il credito originario; mentre quando quest’ultimo diviene esigibile, non per ciò stesso lo diviene anche il credito originario, atteso l’onere della preventiva escussione (da parte del cessionario) del debitore ceduto, stante il rinvio operato dall’art. 1198, 2° comma, cod. civ. Ne consegue ulteriormente che, non essendovi estinzione del debito originario – con trasformazione novativa in obbligazione accessoria di garanzia del debito ceduto -, ma rimanendo in vita entrambi i debiti, con impossibilità di chiedere al cedente l’adempimento del debito originario in difetto di previa infruttuosa escussione del debitore ceduto, solo da tale momento, in conformità con il principio posto all’art. 2935 cod. civ., inizia a decorrere la prescrizione relativa al debito ceduto.
7. Conclusioni
Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione alla cessione del credito è complessa perché occorre valutare molti elementi.
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