INDICE
Come avviene una cessione d’azienda? Cosa devo fare? Qual è il rapporto con i contratti precedentemente stipulati? Cosa avviene da un punto di vista fiscale?
Le domande che ruotano intorno alla cessione d’azienda sono molteplici e se ti trovi qui, molto probabilmente, anche tu ti stai ponendo i medesimi interrogativi. Prima di analizzare il concetto di cessione d’azienda, dobbiamo soffermarci sulla nozione e sulla natura di azienda ai sensi dell’art. 2555 c.c.
1. Cos’è l’azienda
Per poter comprendere appieno cosa sia la cessione d’azienda e tutte le conseguenze giuridiche che determina, è fondamentale conoscere cosa sia effettivamente un’azienda. Quest’ultima è puntualmente definita dall’art. 2555 c.c. il quale afferma che l’azienda è “un complesso organizzato di beni a disposizione dell’imprenditore per l’esercizio della sua impresa”. Dal confronto di tale norma con l’art. 2082 c.c. la quale definisce l’imprenditore come “colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi”, è possibile comprendere che l’azienda in realtà è lo strumento che permette all’imprenditore di fare impresa. In estrema sintesi, è possibile definire l’azienda, dunque, come quel complesso di beni organizzato dall’imprenditore per poter svolgere concretamente l’attività economica.
Il legislatore, quindi, considera “azienda” un aggregato di beni i quali, pur conservando la loro individualità fisica, divengono una sorta di struttura unitaria funzionale allo svolgimento dell’attività d’impresa.
Ciò non significa che l’imprenditore debba necessariamente essere il proprietario di tutti i beni che formano l’azienda, è sufficiente, infatti, che egli disponga, su ciascun bene, di un titolo giuridico qualunque (come, ad esempio, un diritto personale di godimento o un diritto reale di godimento) che gli permetta di utilizzarli legittimamente.
2. Qual è la natura giuridica dell’azienda
Fatta una breve premessa sulla nozione dell’azienda, occorre ora chiedersi quale sia la natura giuridica della stessa.
Tutt’oggi in dottrina si discute in merito alla natura giuridica dell’azienda e tra le teorie più accreditate è possibile citare la “teoria del bene immateriale”. Secondo questa presa di posizione teorica, l’azienda in realtà sarebbe un bene immateriale, concettualmente e giuridicamente diverso rispetto ai singoli beni che la costituiscono.
Esiste altresì la “teoria unitarie” la quali considera l’azienda come un bene unitario sotto il profilo giuridico. Infine, esiste anche la “teoria atomistica” la quale considera l’azienda non come un bene unitario bensì come la somma dei vari beni che la formano.
A prevalere oggi sembra essere la teoria unitaria, all’interno della quale è possibile individuare almeno tre “sottotesi”. La prima è la teoria organica dell’universitas facti, ed essa considera l’azienda come una pluralità di cose mobili che, essendo collegate tra loro da un nesso economico e materiale, vengono in rilievo come un bene a se stante (l’azienda appunto); la teoria organica dell’universitas iuris, la quale considera l’azienda come una pluralità di rapporti ridotti ad unità dalla legge, comprensiva non solo dei beni materiali ma anche dei crediti e dei debiti aziendali i quali, lungi dal poter essere considerati come non appartenenti all’azienda, rappresentano una parte essenziale della stessa. Infine, esiste la cosiddetta teoria intermedia, la quale considera l’azienda come un bene sui generis, non facente parte di alcuna delle categorie sopra citate.
Vediamo adesso il concetto di cessione d’azienda.
Con la locuzione “cessione d’azienda” si intende l’operazione straordinaria per mezzo della quale un imprenditore può decidere di cedere a soggetti terzi la propria attività o una parte di essa, previo pagamento di un corrispettivo.
La cessione d’azienda quindi altro non è che un’operazione di trasferimento di tutti i beni aziendali, organizzati in un contesto produttivo e volti all’espletamento delle attività imprenditoriali.
Essa si presenta come un’operazione unitaria, finalizzata al mantenimento in vita dell’azienda stessa, tramite una continuazione di terzi.
Come già precisato, possiamo trovarci davanti a una cessione intera o solamente a una parte di essa. In tal caso parleremo di cessione di ramo d’azienda.
Come avviene la cessione d’azienda? Qual è il ruolo del contratto di cessione?
Rinfrescata la memoria circa il concetto di azienda e compreso l’istituto della cessione, almeno da un punto di vista nozionistico, possiamo dedicarci alla procedura di cessione e al ruolo ricoperto dall’annesso contratto, trattandosi pur sempre di un negozio giuridico tra due o più parti.
Al riguardo, come agilmente comprensibile dal termine stesso, con il contratto di cessione d’azienda, l’imprenditore cedente trasferisce al soggetto acquirente il complesso aziendale, dietro il pagamento di un corrispettivo. Si tratta, dunque, di un contratto “traslativo” che ha per oggetto non già i singoli beni mobili ed immobili presenti in azienda bensì tutta l’azienda, quest’aspetto sarà analizzato nel prossimo paragrafo.
Prendendo in considerazione da ora in poi solamente l’ipotesi di una cessione totale, è opportuno chiarire fin da subito il ruolo del predetto contratto.
Al riguardo, con esso l’azienda viene trasferita unitariamente, con gli annessi rapporti contrattuali preesistenti e in essere (ai sensi dell’art. 2558 c.c.) nonché gli annessi ed eventuali rapporti di credito e debito.
Più precisamente, il legislatore ha stabilito, al fine di garantire la massima tutela anche ai terzi che vengono coinvolti dalla cessione d’azienda, un subingresso del cessionario (ovvero colui il quale riceve l’azienda) in tutti i contratti stipulati dal cedente (ovvero l’imprenditore che sta cedendo l’azienda) che non abbiano un carattere strettamente personale. Sicché, da tutto ciò è possibile desumere che i contratti di lavoro (tematica decisamente centrale quando si parla di cessione d’azienda) e tutte le altre relazioni dell’azienda ceduta, vengono trasferite all’acquirente della stessa.
Ciò non significa però che i terzi siano sprovvisti di tutela. L’art. 2558 c.c., infatti, stabilisce che il terzo contraente ha la facoltà di recedere per giusta causa, comunicando la propria scelta entro e non oltre tre mesi dalla cessione dell’azienda. Tale recesso potrebbe comportare altresì l’obbligo di risarcire il danno da parte del cedente in favore del cessionario.
Anche sotto il profilo della forma, come meglio vedremo a breve, il legislatore ha voluto adeguatamente disciplinare tale rapporto negoziale.
3. Cessione di azienda o cessione di una pluralità di beni?
Stabilire quando si è dinanzi ad un contratto di cessione d’azienda e quando, viceversa, si è dinanzi ad un contratto che trasferisce la proprietà di una pluralità di beni non è una cosa semplice.
Più specificamente, per poter trasferire l’azienda è sufficiente trasferire un coacervo di beni mobili e immobili utilizzati dall’imprenditore per poter svolgere la propria attività d’impresa? La domanda non può che essere negativa.
Come più volte sottolineato, l’azienda non è la semplice risultanza di una pluralità di beni, mobili o immobili, essa è molto di più.
Quando si acquista un’azienda, infatti, non si acquistano solamente i beni in essa ricompresi, ma anche l’organizzazione, l’avviamento (ovvero tutte le “fatiche” poste in essere dall’imprenditore per creare un’organizzazione capace di generare dei profitti), il know how (ovvero quel complesso di conoscenze che il cedente mette a disposizione del cessionario al fine di poter svolgere al meglio l’attività economica), i crediti, i crediti, le posizioni contrattuali etc.
Ciò significa che non basta acquistare due o più beni da un imprenditore per poter parlare di “cessione d’azienda”. Ciò che caratterizza tale cessione, infatti, è il trasferimento della totalità dei beni organizzati, ovvero, una pluralità di beni che è funzionalmente idonea a generare dei profitti (anche se concretamente non viene utilizzata dal cedente o dal cessionario).
Decisamente più complessa, invece, è la distinzione tra “cessione di ramo d’azienda” e cessione di una pluralità di beni. Questo perché in entrambi i casi l’imprenditore non cede completamente la propria azienda ma solo una parte, ovvero, singoli beni.
Tuttavia, anche in questo caso il criterio da prendere in considerazione è quello funzionale. Se l’imprenditore decide di cedere dei beni che, anche se connessi tra loro, non permettono di produrre alcunché, non è possibile parlare di cessione del ramo d’azienda. Quest’ultimo, infatti, può essere definito come una “parte” autonoma dell’azienda, ovvero, un ramo dell’organizzazione capace di produrre beni e servizi in modo autonomo.
Pertanto, solo quando e se l’imprenditore decida di vendere quella pluralità di beni che da soli sono idonei alla produzione di beni e di servizi (senza per questo far venir meno l’intero complesso aziendale dell’imprenditore cedente) è possibile discorrere di cessione di ramo d’azienda, in caso contrario, si è dinanzi ad una semplice vendita di una pluralità di beni.
I criteri adottati dalla giurisprudenza per la qualificazione della cessione di azienda e della cessione del ramo di azienda
Come sopra anticipato, non è semplice capire quando ci si trova dinanzi ad una cessione di azienda (o del ramo d’azienda) o dinanzi ad un trasferimento di una pluralità di beni.
Non a caso, il trasferimento d’azienda è spesso oggetto di controversie nelle aule di giustizia.
Al fine di ridurre le incertezze che ruotano attorno alla cessione d’azienda e di ramo d’azienda, la giurisprudenza ha elaborato dei veri e propri criteri orientativi volti a stabilire se sussista o meno la cessione d’azienda o la cessione di singoli beni mobili o immobili.
Tra i vari criteri ci sono:
- il trasferimento di determinati beni (come ad esempio beni di produzione);
- la prosecuzione della medesima o analoga attività da parte del soggetto cessionario (ovvero da parte di colui il quale acquista l’azienda);
- la riassunzione dei dipendenti da parte del cessionario; il trasferimento della clientela.
Ovviamente è necessario valutare tali elementi caso per caso al fine di stabilire effettivamente se ci sia stato o meno la cessione d’azienda. Ciò significa che non basta, per poter qualificare il trasferimento come cessione d’azienda, la sussistenza di uno o più elementi sopra citati. In ogni caso, la Suprema Corte di Cassazione tende ad interpretare in senso lato il concetto di cessione di azienda rispetto alla cessione dei singoli beni.
Ad esempio, i giudici ermellini hanno qualificato come cessione d’azienda:
- Il trasferimento di una impresa non attiva ma in cui vi era comunque una potenziale attitudine all’esercizio dell’attività d’impresa (leggasi sent. Cass. 17 novembre 2017 n. 27290);
- Il trasferimento anche di una singola attività d’impresa, in assenza di beni patrimoniali importanti, materiali o immateriali, sempre che sia ceduto anche un complesso di beni o di rapporti (Cass. 2 marzo 2012 n. 3301);
Non finisce qui, la Cassazione ha ritenuto che si possa configurare la cessione del ramo d’azienda anche nel caso in cui siano trasferiti solamente rapporti di lavoro, in assenza di beni patrimoniali. In tal caso, infatti, è stato sostenuto dalla Cassazione che l’organizzazione necessaria per potersi parlare di cessione di ramo d’azienda può essere individuata nel complesso di nozioni e di esperienze che i lavoratori sono capaci di svolgere autonomamente (Cassazione, sentenza 23 luglio 2002, n. 10761).
Il contratto di cessione deve essere in forma scritta?
Secondo quando disposto dalla Legge n. 310 del 1993 e successive modifiche, la cessione d’azienda necessita della forma scritta nonché dell’autenticazione notarile delle firme. Ciò significa, in parole semplici, che è necessaria la forma cosiddetta “notarile”.
Tuttavia, occorre precisare che in realtà la forma notarile non è prevista a pena di nullità del contratto, bensì al fine di renderlo opponibile ai terzi. Infatti. Solo con la cosiddetta forma notarile è possibile iscrivere l’atto nel registro delle imprese al fine di renderlo opponibile ai terzi. Ovviamente nel caso in cui nell’azienda dovessero esserci dei beni immobili sarà necessario anche trascrivere l’atto al fine di aggiornare i Registri immobiliari.
Al riguardo, all’interno del contratto, dovranno indicarsi le seguenti informazioni:
- il titolare dell’impresa e del complesso dei beni organizzati in azienda;
- il tipo di attività che svolge l’azienda;
- la manifesta volontà di voler cedere l’azienda;
- l’identificazione dell’acquirente;
- la manifesta volontà da parte dell’acquirente a subentrare all’alienante tramite l’acquisto.
Sulla tematica, l’art. 2556 c.c., rubricato “Imprese soggette a registrazione”, nell’interessarsi dei contratti aventi per oggetto il trasferimento d’azienda, effettua un’importante distinzione tra:
- la forma necessaria per la validità del trasferimento e
- la forma richiesta per finalità probatorie e opponibili a terzi.
Al riguardo, si prevede che i contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà sono validi solo se stipulati nel rispetto di quanto sancito dalle norme per il trasferimento dei singoli beni aziendali.
Inoltre, in riferimento alle imprese soggette a registrazione, affinché il trasferimento possa essere opponibile a terzi è necessario che l’atto dispositivo sia provato per iscritto, per scrittura privata autentica o per atto pubblico.
4. Il prezzo
Il corrispettivo per la cessione d’azienda è dato solitamente dal valore patrimoniale, ovvero, dalle attività e passività (risultanti dal bilancio d’esercizio) e dall’avviamento, ovvero dalla capacità dell’organizzazione di produrre un reddito.
Il corrispettivo del contratto d’azienda non sempre viene determinato fin da subito nella contrattazione tra le parti. Infatti, alcune volte viene determinato solo alla conclusione delle trattative e della cosiddetta due diligence, ovvero, al momento del perfezionamento della cessione o dopo tale momento. In alcuni casi, infatti, il prezzo della cessione d’azienda può essere solamente determinato solo dopo aver stimato l’esatta consistenza del patrimonio aziendale.
Tra l’altro, visto che il valore dei beni aziendali, dell’avviamento e delle passività aziendali nonché delle attività tende a mutare continuamente (basti pensare alle variazioni dei valori delle giacenze in magazzino) è possibile che nel contratto preliminare venga fissato solamente un prezzo provvisorio, calcolato sulla base della situazione patrimoniale aggiornata ad una determinata data.
Al momento del trasferimento dell’azienda, viene determinato il prezzo definitivo, anche in questo caso è possibile farlo solamente sulla base di una situazione patrimoniale aggiornata alla data del trasferimento, e sulla base delle eventuali differenze rispetto alle precedenti situazioni patrimoniali (cosiddetto price adjustment). Tutto ciò implica che, spesse volte, nel contratto di cessione d’azienda venga previsto il pagamento dilazionato (in tutto o in parte) del prezzo, magari garantita anche tramite fideiussioni o garanzie a prima richiesta.
Ancora, nel contratto di cessione d’azienda è possibile anche prevedere che, specie nel caso in cui le parti siano in disaccordo in merito alla valutazione della situazione patrimoniale dell’azienda, l’individuazione del prezzo sia posta in essere direttamente da un terzo arbitratore ai sensi dell’art. 1474 c.c. (quasi sempre tale attività viene delegata ad una società di revisione al fine di avere la massima imparzialità).
5. Il divieto di concorrenza e la sua durata
Il legislatore ha previsto, ai sensi dell’art. 2557 c.c. un divieto di concorrenza a carico del soggetto cedente. Più precisamente, il legislatore ha previsto che chi aliena un’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta.
La ratio sottesa a tale divieto è chiara, il legislatore, infatti, ha voluto garantire al soggetto cessionario (ovvero a chi acquista l’azienda) di godere effettivamente dell’azienda acquistata, trattenendo la clientela dell’azienda acquistata e l’avviamento in generale.
Il legislatore, però, ha voluto tutelare anche l’alienante (ovvero colui il quale ha alienato l’azienda). L’art. 2557 c.c., infatti, non lede eccessivamente la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore cedente il quale non potrà svolgere un’attività d’impresa concorrente all’azienda ceduta solo per cinque anni, arco temporale sufficiente all’acquirente a consolidare il proprio acquisto.
È chiaro che l’art. 2557 c.c. gioca un ruolo importantissimo per la tutela patrimoniale dell’acquirente, ove si consentisse al cedente, infatti, di esercitare un’attività concorrente con quella del cessionario, l’acquirente potrebbe subire delle conseguenze devastanti. I clienti, infatti, potrebbero “abbandonare” l’acquirente dell’azienda per ritornare dal cedente il quale, avendo maggiore esperienza nel settore, già conosce i bisogni e le esigenze del mercato e di conseguenza potrebbe rendere impossibile l’attività economica del cessionario.
6. Qual è il rapporto con i contratti in essere?
Altra questione sulla quale necessariamente dobbiamo soffermarci è riconducibile al rapporto tra la cessione d’azienda e i contratti in essere, precedentemente stipulati.
Al riguardo, con la conclusione del contratto di cessione e la produzione dei suoi effetti, il soggetto acquirente subentra in tutti i rapporti dell’azienda e in tutti i contratti aziendali precedentemente stipulati per l’espletamento delle proprie attività.
Esulano ovviamente dalla cessione d’azienda tutti quei contratti a carattere personale conclusi dall’alienante.
La cessione d’azienda e il contratto di locazione
Nel caso in cui l’azienda, nell’esercizio delle proprie attività, operi all’interno di una sede non di sua proprietà, la stessa, verosimilmente, si troverà in un rapporto di locazione.
La domanda da porsi, dunque, è attinente alle sorti del contratto di locazione e all’atteggiamento che dobbiamo assumere confronti del soggetto terzo (proprietario dell’immobile).
In riferimento a ciò, riprendendo quanto già detto, l’ordinamento ha previsto che in caso di cessione d’azienda vengano ceduti anche tutti i rapporti contrattuali, pertanto l’alienante potrà cedere all’acquirente anche il contratto di locazione in questione.
In tal caso, anche se non è richiesto di per sé il consenso del locatore, sarà comunque onere del cedente dare comunicazione dell’avvenuta cessione dell’azienda tramite raccomandata con avviso di ricevimento.
Qual è il rapporto con i dipendenti?
Altra questione attiene sicuramente al rapporto tra l’azienda e i propri dipendenti. Il legislatore, infatti, ha cercato di tutelare al massimo anche i lavoratori che vengono coinvolti nella cessione dell’organizzazione aziendale.
Al riguardo, detto rapporto è regolato dall’art. 2112 c.c. ai sensi del quale si prevede che in caso di trasferimento di azienda, il lavoratore dipendente vede una conservazione dei propri diritti.
Pertanto, il cessionario subentrerà anche in tutti i rapporti contrattuali tra l’azienda e i propri dipendenti.
Ciò posto, la legge prevede altresì una responsabilità solidale fra il cedete e il cessionario per tutti gli eventuali crediti maturati dal lavoratore al tempo della cessione.
Cosa accade ai crediti e i debiti preesistenti alla cessione d’azienda?
Questione rilevante è certamente attinente al passaggio di debiti e crediti sorti antecedentemente alla cessione d’azienda.
Al riguardo, con la cessione, oltre ai diversi beni aziendali, anche i crediti della stessa vengono ceduti in favore del cessionario, il quale andrà a subentrare all’alienante prendendo la medesima posizione a godendo dei medesimi diritti.
Ai fini di una disciplina della materia, il legislatore ha comunque previsto che tale trasferimento dei crediti abbia efficacia dal momento dell’iscrizione dell’atto di cessione nel Registro delle Imprese.
Così facendo, è possibile offrire quella necessaria pubblicità e trasparenza informativa nei confronti di terzi.
Detto ciò, dobbiamo chiarire fin da ora che nell’eventualità in cui il debitore adempia, in buona fede, alla propria obbligazione, direttamente con il soggetto alienante, il primo sarà liberato dalla propria obbligazione di pagamento.
Per quanto attiene alle posizioni debitorie, invece, è necessario distinguere tra:
- quei debiti contratti dall’alienante in prima persona (dei quali può liberarsi solo per mezzo di un’espressa dichiarazione da parte dei creditori)
- e i debiti aziendali, presenti all’interno dei libri contabili, i quali andranno a trasferirsi in capo all’acquirente, insieme ai crediti.
7. Gli aspetti fiscali della cessione d’azienda
Giungiamo così all’ultima questione sulla quale dobbiamo necessariamente soffermarci, ossia cosa accade, da un punto di vista fiscale, in caso di cessione d’azienda.
Al riguardo, occorre precisare che tale operazione avviene a fronte di un corrispettivo, il quale può configurare una plusvalenza o una minusvalenza.
Sarà proprio tale operazione a incidere sotto il profilo delle imposte sui redditi, motivo per cui occorre spendere due parole al riguardo.
La plusvalenza in ottica fiscale: quando parliamo di plusvalenza intendiamo la differenza, in positivo, tra il corrispettivo previsto per la cessione dell’azienda e il suo costo fiscalmente riconosciuto.
Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (noto anche come TUIR) dedica alle plusvalenze derivanti dalla cessione d’azienda due importanti norme.
Al riguardo, ai sensi dell’art. 58 del TUIR, la cessione dell’azienda, di imprese individuali e società di persone, concorre alla formazione del reddito imponibile ai fini IRPEF, salvo il caso in cui il contribuente non scelga di avvalersi, ai sensi dell’art. 17 TUIR della tassazione separata.
A ciò si affianca l’art. 86 TUIR, in materia IRES, il quale dispone, analogamente a quanto previsto in caso di cessione dei beni strumentali, che la plusvalenza dei beni dell’impresa concorre a formare reddito imponibile:
- se realizzata mediante cessione a titolo oneroso;
- ove derivante da un risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o danneggiamento dei beni;
- nel caso in cui i beni vengano assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
Cosa si intende per minusvalenza?
Della minusvalenza si interessa invece l’art. 101 TUIR.
Secondo tale norma, le minusvalenze di determinano usando gli stessi criteri delle plusvalenze, con la caratteristica che il risultato non determina una differenza in positivo bensì in negativo.
In conclusione, dunque, possiamo facilmente dire che la cessione d’azienda non è una pratica anomala o un’operazione illecita, anzi, trattasi di un’operazione organizzativa plausibile nell’ambito imprenditoriale.
Essa possiamo definirla quale operazione di trasferimento dell’intera azienda (o di suoi rami) e degli annessi beni aziendali, strumentali all’esercizio dell’attività, a un soggetto terzo, previo corresponsione di un prezzo pattuito, il quale potrà essere oggetto di specifica imposizione fiscale, nel caso venga a realizzarsi una plusvalenza.
8. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
Come avrai notato, la disciplina prevista in materia di cessione d’azienda è decisamente complessa perché occorre valutare molti elementi e ponderare diverse opzioni per addivenire ad una scelta adeguata.
Proprio per questo motivo, al fine di Pianificare e Difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.
Un Professionista di ObiettivoProfitto.it saprà aiutarti nel migliore dei modi.