Cessione ramo d’azienda: come farla

Il ramo d’azienda consiste in un complesso di beni appartenenti alla stessa azienda, tuttavia dotato di una propria autonomia e che può essere compiuto strumento di impresa, quindi esser dotato di attitudine alla destinazione imprenditoriale. In particolare, l’art. 2112 c.c. descrive sinteticamente alcune caratteristiche del ramo di azienda, ciò al fine di stabilire anche cosa si intenda per cessione del ramo di azienda.

Questo può esser oggetto di cessione, inteso in senso lato come trasferimento. Infatti, si realizza mediante molteplici figure contrattuali. Tra queste sicuramente quella maggiormente impiegata è la vendita, ma potrebbe anche realizzarsi con donazione o con atti a causa di morte. Ciò ovviamente può incidere significativamente sulle regole che trovano applicazione a questa operazione economica.

Laddove fossi interessato a realizzare una cessione del ramo di azienda, ti invitiamo a proseguire nella lettura. Cercheremo brevemente di illustrarti i passaggi essenziali e i concetti che devi tener ben a mente!

1. Il concetto di azienda

Prima di procedere a delineare come si realizza la cessione del ramo di azienda, dobbiamo familiarizzare con alcuni concetti. In primo luogo, anche con il concetto di azienda stesso che, molto spesso, è erroneamente confuso con quello di impresa. In realtà questi termini identificano situazioni ben distinte.

L’azienda è definita dall’art. 2555 c.c. come il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’attività di impresa.

Nel linguaggio economico, il termine azienda designa l’organizzazione di più fattori, sia capitale che lavoro, impiegati per la produzione e la collocazione sul mercato di beni e servizi. Si indica, in tal modo, una realtà complessa dal contenuto eterogeneo, comprensiva degli elementi patrimoniali strumentali, delle persone fisiche coinvolti a vario titolo nell’esercizio dell’attività e delle relazioni giuridico economiche di cui le stesse si avvalgono, ivi incluse le strutture in cui viene organizzata l’attività.

In questa accezione, largamente invalsa nell’uso comune, il termine azienda viene adoperato senza particolari differenziazioni, in alternativa al termine impresa, anch’esso asservito in modo atecnico a coprire un’analoga estensione semantica.

Mentre nel linguaggio giuridico, per contro, il termine azienda designa il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa. Tale definizione permette di distinguere nettamente l’azienda dall’impresa, la prima consistendo nel complesso di beni coordinati dalla guida organizzatrice del soggetto imprenditore, come previsto dall’art. 2082 c.c., come tale qualificabile in termini di attività d’impresa.

Si è molto discusso sulla nozione di azienda, l’impostazione preferibile è quella secondo la quale, in quanto complesso di beni, l’azienda non viene descritta e concepita quale bene ulteriore e distinto dai beni che la compongono.

I beni, che compongono l’azienda, subiscono continui mutamenti. L’imprenditore li sostituisce quando diventano obsoleti o non più funzionali all’attività svolta. Ciò significa che, per stabilire di che cosa consista un’azienda, occorre verificare quali beni siano oggettivamente organizzai e adibiti a strumento dell’impresa nel momento storico in cui la consistenza aziendale va rilevata.

I beni aziendali sono cose che possono formare oggetto di diritti, dunque non i diritti stessi, reali o personali, non i diritti di credito o i debiti, o altre posizioni giuridiche attive o passive, né i rapporti giuridici di cui l’imprenditore sia parte.

2. Il ramo di azienda

Dopo aver illustrato cosa si intenda per azienda, possiamo facilmente qualificare il diverso concetto di ramo di azienda.

Quest’ultimo consiste in un complesso di beni appartenenti alla stessa azienda, tuttavia dotato di una propria autonomia e che può essere compiuto strumento di impresa, quindi esser dotato di attitudine alla destinazione imprenditoriale. In particolare, l’art. 2112 c.c. descrive sinteticamente alcune caratteristiche del ramo di azienda, ciò al fine di stabilire anche cosa si intenda per cessione del ramo di azienda.

Al fine di individuare il ramo d’azienda, e soprattutto per distinguerlo da un generico gruppo di beni appartenenti all’azienda, è necessario far riferimento al concetto di organizzazione. Infatti, si ritiene che anche il ramo, alla stregua dell’azienda stessa, debba connotarsi per un elemento funzionalistico, ossia deve individuare una massa di beni siano connessi da un legame di scopo.

Ulteriore elemento, desumibile dall’art. 2112 c.c., è il mantenimento dell’identità del ramo, anche a seguito del trasferimento. Con ciò si intende che, anche a seguito del trasferimento del ramo d’azienda, questo non perde la propria funzione, ossia attitudine ad esser impiegato per una specifica attività produttiva. La cessione deve esclusivamente comportare una sostituzione del soggetto agente nello svolgimento dell’attività. La cessione comunque costituisce un meccanismo che consente la continuazione dell’attività di impresa.

In sintesi, è necessario che il ramo di azienda mantenga la propria identità teleologica.

Alla luce di quanto affermato, dunque, il ramo di azienda è un complesso di beni, organizzato dall’imprenditore per lo svolgimento di una specifica attività. Esso, quindi, deve esser sottratto alla loro utilizzazione a cui è destinata l’intera azienda e svolgere una specifica attività. Al fine di consentire il trasferimento, infatti, l’autonomia funzionale è imprescindibile.

3. Trasferimento d’azienda

Dall’art. 2556 c.c. si desume che il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda può anche esser oggetto di contratti. Molto diffusi nella prassi sono i contratti di vendita, o cessione di ramo d’azienda. E’ altresì possibile, che sia l’azienda intera che il ramo siano oggetto di donazione e di affitto. Di più recente istituzione sono i patti di famiglia di cui agli artt. 768 bis e ss., finalizzati alla trasmissione dell’azienda in favore di uno o più discendenti dell’imprenditore, con modalità tali da impedire future pretese su di essa da parte dei legittimari.

Assai frequente è, inoltre, il conferimento dell’azienda in società, al momento della costituzione o in sede di aumento di capitale sociale.

Meno frequente, ma anch’essa possibile, è l’assegnazione dell’azienda dalla società a uno dei soci o al socio unico, al termine della sua liquidazione. Il trasferimento di azienda può avvenire anche per successione a causa di morte.

E’ necessario, poi, tener ben distinti: il trasferimento dell’intera azienda o di un ramo aziendale e il trasferimento di singoli beni aziendali che complessivamente considerati non costituiscono un’azienda o un ramo aziendale.

Nel primo caso alla disciplina tipica dell’atto che realizza il trasferimento e a quella connessa alla tipologia dei diritti e dei beni trasferiti, si aggiunge la disciplina specificamente contenuta negli artt. 2556 ss e ogni altra norma il cui presupposto di applicazione sia la cessione di un’azienda o di un ramo di azienda, come l’art. 2112 c.c.. Tali disposizioni opera anche in deroga, quando è il caso, alla normativa individuabile in base alle disposizioni generali.

Per contro, nel secondo caso la disciplina applicabile si esaurisce in quella tipica dell’atto giuridico concluso e dell’oggetto del trasferimento, senza che venga in considerazione la normativa specifica dedicata alla cessione d’azienda o ramo d’azienda.

4. La disciplina della cessione del ramo d’azienda

Nel caso di cessione del ramo di azienda, non anche di beni o un complesso di beni non organizzati, si presentano come meritevoli di protezione alcuni interessi. In particolare, vengono in evidenza:

  • l’interesse di tutti i terzi all’informazione su un fatto rilevante per la vita dell’impresa, idoneo ad incidere sul suo andamento;
  • l’interesse dei terzi che sono già in rapporti con l’alienante a non subire alcun pregiudizio per effetto del trasferimento;
  • inoltre, l’interesse dell’alienante a realizzare integralmente il valore del ramo d’azienda ceduto e del suo avviamento;
  • il correlato interesse dell’acquirente a salvaguardarne il valore e la sua attitudine a produrre reddito anche per mezzo di rapporti giuridici ed economici attivati dall’alienate.

La composizione di tali interessi, tra loro non sempre perfettamente allineati, ispira e giustifica la disciplina contenuta negli artt. 2556 e ss. e nelle altre disposizioni dell’ordinamento destinate a regolamentare la circolazione del ramo di azienda ( o anche dell’intera azienda). Sono previste anche discipline speciali per al cessione di particolari attività e azienda, ad esempio per quella bancaria, disciplinata dall’art. 58 TUB, e per le operazioni attuate in particolari contesti, come quello fallimentare, gli artt. 104 bis e 105 l. fall. disciplinano affitto e vendita in tal contesto.

4.1. La forma

Quanto alla forma del contratto traslativo vige una triplice regola.

In primo luogo, ai fini della validità del contratto è necessaria la stessa forma richiesta in dipendenza vuoi della natura dei singoli beni inclusi nel ramo di azienda, si pensi ai beni immobili, che prevedono la forma scritta a pena di nullità, per la loro circolazione, vuoi della natura del contratto, con cui si realizza la cessione del ramo, che non necessariamente è una vendita, come abbiamo evidenziato nei paragrafi precedenti.

Inoltre, ai fini della prova relativa alla conclusione e al contenuto del contratto, in ipotesi di lite tra le parti, si esige la forma scritta, con ciò escludendosi la prova per testimoni. Infine, per procedere alla necessaria iscrizione nel registro delle imprese, si esige invece una particolare forma scritta, ossia l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata, affinché il notaio espleti i controlli di autenticità e di conformità del contenuto della legge, ne curi il deposito entro trenta giorni presso l’ufficio competente.

4.2. Pubblicità

I contratti che comportano il trasferimento del ramo di azienda o dell’azienda sono soggetti a pubblicità legale, mediante iscrizione nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2556 c.c.. Sebbene anche l’adempimento pubblicitario possa sembrare convinto al trasferimento delle aziende c.d. commerciali e non piccole, la progressiva estensione dell’area delle imprese soggette ad iscrizione nel registro delle imprese, ha condotto a una generale rilevanza dell’interesse all’informazione su tutti i contratti aventi a oggetto aziende o rami aziendali.
Va soltanto specificato che il luogo, sezione ordinaria o speciale, e soprattutto l’efficacia dell’iscrizione, dichiarativa o notizia, dipendono dalle regole applicabili in base alla natura commerciale o agricola e alle dimensioni non piccole o piccole dell’impresa a cui il complesso si riferisce.
Per quanto attiene all’efficacia dell’iscrizione, il trasferimento di azienda resta quasi sempre attratto alla regola della c.d. pubblicità dichiarativa di cui all’art. 2193 c.c., fatta eccezione per il caso del piccolo imprenditore.

5. Conflitti tra aventi diritto

Non può invece essere riconosciuto alla pubblicità nel registro delle imprese il ruolo di criterio di soluzione di conflitti tra più acquirenti della stessa azienda. Per attribuire a un sistema pubblicitario tale ruolo, infatti, occorre una disposizione che agisca sul piano degli effetti degli atti, stabilendo la prevalenza dell’acquisto prioritariamente pubblicizzato.

L’art. 2193 c.c., invece, opera sul diverso piano della legale conoscenza o ignoranza del trasferimento aziendale, senza affermare alcuna prevalenza di effetti in caso di iscrizione di due acquisti, tra loro incompatibili, della medesima azienda.

Ne discende che in caso di circolazione di ramo di azienda o azienda trova applicazione la disciplina di diritto comune riguardate il trasferimento dei singoli beni:

  • le regole della trascrizione rispetto agli immobili;
  • la regola del possesso in buona fede vale titolo, per i beni mobili;
  • nonché ogni altro criterio di soluzione dei conflitti appropriato alle diverse situazioni giuridiche incluse nell’azienda trasferita.

Cosicché non necessariamente il conflitto si conclude per ogni elemento aziendale a vantaggio di uno degli acquirenti, ben potendo prevalere per taluni di essi chi risulti soccombente relativamente ad altri, con conseguente possibile disgregazione del complesso aziendale.

6. Circolazione e rapporti con i terzi

Parte preponderante della disciplina sulla cessione del ramo d’azienda ( o dell’intera azienda) attiene al rapporto tra acquirente e terzi, a seguito del trasferimento.

Così nell’eventualità che il trasferimento del ramo comporti anche la cessione di crediti relativi al complesso ceduto, il rapporto tra acquirente e debitori aziendale viene regolato alla luce dell’interesse sia dell’acquirente, a far valere i crediti, che dei creditori aziendali.

In primo luogo, si dà rilievo all’interesse dell’acquirente a far valere i crediti aziendali di cui è titolare nei confronti del debitore e di terzi in conflitto, senza dove procedere alla notifica a ogni singolo debitore aziendale. Sul punto, l’art. 2559 c.c. ricollega, infatti, l’opponibilità della cessione dei crediti aziendali all’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese, in sostituzione della notifica ai debitori aziendali o della loro accettazione.

In secondo luogo, si dà rilievo all’interesse del debitore aziendale ceduto a vedersi liberato dal proprio obbligo, qualora, nonostante l’avvenuta iscrizione, abbia pagato in buona fede a favore dell’alienante, salvo diritto dell’acquirente di rivalersi su quest’ultimo. In tal caso, la liberazione del terzo debitore in buona fede si giustifica in quanto non è sempre agevole desumere dal contratto di cessione del ramo di azienda, l’effettivo titolare.

7. Conclusione

Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione alla cessione del ramo di azienda è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.

Proprio per questo motivo, al fine di proteggere e difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.

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