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Hai ricevuto un provvedimento impositivo dall’Amministrazione finanziaria?
Lo sai che se sussistono dei vizi di legittimità o di fondatezza puoi impugnarlo? Questo è esattamente il tema che affronteremo in questo articolo.
Se l’atto impositivo ha dei vizi, puoi impugnarlo presentando ricorso di fronte alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente per territorio.
L’impugnazione non è immediata. Devi aver prima valutato tutte le altre opportunità che hai a portata di mano per definire il provvedimento impositivo. Stiamo parlando di accertamento con adesione, acquiescenza, adesione alle comunicazioni di irregolarità, definizione agevolata delle sanzioni e accordo di mediazione.
Alla fine, hai optato per il ricorso? In questa sede ti spiegheremo qual è la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente e come puoi presentarlo.
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1. A chi devi rivolgerti?
Se vuoi presentare ricorso, devi farlo davanti alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente.
Fin qui è tutto chiaro, ma come si stabilisce qual è la Corte competente?
Attraverso il principio territoriale.
Secondo la regola generale prevista dall’art. 4 del D.Lgs. n. 546/1992, le Corti di Giustizia Tributaria di primo grado sono competenti per i ricorsi proposti dagli interessati nei confronti degli enti impositori e di riscossione che abbiano sede nella relativa circoscrizione.
Cosa succede se malauguratamente tu dovessi presentare ricorso di fronte ad una Corte di Giustizia Tributaria di primo grado non competente?
La Corte deve rilevare d’ufficio la propria incompetenza e affermare la competenza in capo ad un’altra Corte.
2. Come avviene la difesa all’interno del processo tributario?
Per poter contrastare un provvedimento di natura impositiva emesso dall’AF (Amministrazione Finanziaria) è necessario presentare apposito ricorso presso la Corte di Giustizia tributaria di primo grado. È bene precisare fin da subito che in taluni casi il ricorso produce anche gli effetti del reclamo all’ufficio che lo ha emesso il che introduce la possibilità della mediazione.
In tal caso, ove l’ufficio non dovesse accogliere il reclamo, o le parti non dovessero trovare un accordo con la mediazione, il procedimento proseguirà dinanzi alla Corte tributaria di primo grado.
Si apre così il procedimento di natura giudiziale di competenza delle Corti tributarie (la c.d. giurisdizione tributaria) regolata dal D.lgs. 546/92 la cui disciplina è analoga, eccezion fatta per la fase del reclamo sopra accennata, a quella del processo civile. Infatti, le norme in materia di processo civile si applicano, in quanto compatibili, a quelle del giudizio tributario.
Solo nelle controversie “minori”, ovvero quelle con valore non superiore ad euro 3.000, il contribuente può stare in giudizio senza la necessaria assistenza di un legale e può depositare gli atti nel processo in formato cartaceo.
Più precisamente, a seconda del valore della causa è possibile difendersi da soli in processo oppure no.
Esistono delle regole sulla base del valore della causa. Per controversie:
- Fino a 3.000 euro: secondo la legge l’interessato può difendersi in giudizio da solo senza ricorrere ad un difensore abilitato;
- Oltre i 3.000 euro: chi è interessato a fare ricorso deve farsi assistente necessariamente da un difensore, il quale può essere un avvocato, un commercialista iscritto all’Albo o coloro che rientrano in una delle altre categorie specifiche indicate dalla legge.
3. Quali sono gli organi del processo tributario?
Prima di analizzare più diffusamente le regole che caratterizzano il processo tributario e come fare per poter adire i suddetti organi, è necessario prima capire quali sono gli organidel processo tributario.
Ai sensi dell’art. 1 del D.lgs. 546/92 la giurisdizione tributaria è composta dalle Corti di giustizia tributaria di primo grado, conosciute anche con l’acronimo (CGT primo grado) aventi la propria sede in ogni capoluogo di provincia; dalle Corti di giustizia tributaria di secondo grado (CTG secondo grado) aventi la propria sede in ogni capoluogo di regione; dalla Suprema Corte di Cassazione per il giudizio di legittimità.
Giunti a questo punto potrebbe sorgere spontanea la domanda: quando è possibile adire queste Corti? Ebbene a dare una risposta secca al quesito è nuovamente il D.lgs. 546/92 il quale dispone che le Corti sopra citate sono competenti a giudicare in materia di tributi di qualsiasi genere e specie, comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali, comunicali, contributo SSN, imposte etc.
Ma non finisce qui, le Corti in esame sono competenti a conoscere anche le controversie in materia di catasto ed estimo (si pensi all’intestazione, la delimitazione, classamenti etc.) oppure in materia di imposta o di canone comunale.
Infine, il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione di controversie che rientrano nella propria giurisdizione (trattasi delle questioni pregiudiziali).
4. Come trovare la corte territorialmente competente
Una volta compreso di cosa si occupa la giurisdizione tributaria è fondamentale comprendere come fare per poter individuare la Corte territorialmente competente a cui rivolgersi. In estrema sintesi, le Corti di Giustizia tributaria di primo grado sono competenti per le controversie proposte nei confronti di enti impositori e di agenti della riscossione che hanno sede nella propria circoscrizione (in genere corrispondente al territorio della provincia di riferimento)
Pertanto, ciò che rileva è la sede in cui si trova l’ufficio che ha emesso (o che magari avrebbe dovuto emettere) l’atto oggetto dell’impugnazione. Per gli atti emessi da soggetti abilitati che si occupano di attività di accertamento e di riscossione dei tributi locali, è necessario fare riferimento alla sede dell’ente locale stesso.
Con riferimento, invece, alle Corti di Giustizia tributaria di secondo grado, esse sono competenti per l’appello proposto verso le sentenze delle Corti tributarie di primo grado che hanno sede nella loro circoscrizione.
5. Quali sono gli atti impugnabili?
Giunti a questo punto è necessario capire quali sono gli atti concretamente impugnabili. In estrema sintesi, sono impugnabili tutti quegli atti con cui l’AF comunica al soggetto contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché la suddetta comunicazione non si concluda con una vera e propria intimazione formale di pagamento, non avendo rilievo la denominazione formale dell’atto (sul tema, per un approfondimento, leggasi sent. Cass. 9 dicembre 2009 n. 25699).
Al fine di comprendere quali sono, concretamente, gli atti impugnabili è necessario fare riferimento all’art. 19 del D.lgs. 546/92 il quale offre un vero e proprio elenco dettagliato di tutti gli atti impugnabili. È bene precisare che la dottrina maggioritaria considera il suddetto elenco non già tassativo bensì come meramente esemplificativo.
Se gli atti indicati nella lista che sarà illustrata di qui a breve non vengono impugnati nei tempi di legge, i relativi effetti si “consolidano” e divengono così definitivi.
Ad ogni modo, ecco quali sono concretamente gli atti che possono essere impugnati:
- Avviso di accertamento del tributo;
- Avviso di liquidazione del tributo;
- Provvedimento che irroga le sanzioni;
- Ruolo e cartella di pagamento;
- Avviso di mora;
- Iscrizione di ipoteca sugli immobili;
- Fermo amministrativo;
- Atti relativi alle operazioni catastali;
- Rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti;
- Diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;
- Ogni altro atto per cui la legge preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.
Gli atti che non rientrano nella suddetta lista, ma che comunque portino a conoscenza del contribuente una chiara e puntuale pretesa tributaria, possono essere certamente impugnati. Tuttavia, in questo caso, in mancanza di una impugnazione tempestiva, essi non divengono definitivi. Sul tema si è espressa anche la Cassazione, con sent. n. 17010 del 5 ottobre del 2012.
Esistono, altresì, alcuni atti la cui impugnabilità è stata dibattuta in dottrina ovvero: l’estratto di ruolo (congiuntamente alla cartella di pagamento), il quale si ritiene ormai non impugnabile; la comunicazione di irregolarità, anch’essa non impugnabile; l’avviso bonario, invece impugnabile, l’intimazione di pagamento, la revoca di accertamento con adesione, l’avviso di recupero, tutti impugnabili. Viceversa, non sempre è possibile impugnare la c.d. risposta all’interpello.
6. La comodità del Processo Tributario Telematico
Con le varie riforme che negli anni si sono susseguite in tutte le branche del diritto, il c.d. processo telematico è giunto anche nel processo tributario.
Dal 1° luglio 2019, per fare ricorso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, devi obbligatoriamente utilizzare il Processo Tributario Telematico.
Come mai? Perché rappresenta un metodo più veloce e pratico per la notifica e il deposito degli atti processuali.
Come anticipato, però, il ricorso e gli altri atti del processo possono essere formati, notificati e depositati, in modalità analogica (ovvero in cartaceo) solo nel caso in cui il contribuente si difenda da solo in assenza di una difesa tecnica al proprio fianco.
Viceversa, con riferimento ai ricorsi proposti dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, si applicano al processo tributario, in quanto compatibili, le norme dettate per il processo civile e non si applicano le norme sul processo tributario telematico.
Per effettuare questo procedimento digitale devi registrarti sull’applicazione PTT del Sistema informativo della Giustizia Tributaria.
In realtà, non è nulla di così complicato. Ti basta avere:
- Una connessione a Internet;
- Una firma digitale;
- La casella di Posta Elettronica Certificata, la cosiddetta PEC.
La registrazione serve per farti accedere al PTT che abbiamo nominato, dal quale potrai inviare documenti e accedere al fascicolo informatico che riguarda il ricorso che hai presentato.
Essendo tutto telematico anche il giudice, dall’altra parte, potrà vedere gli stessi documenti.
Ovviamente per poter far ricorso al PTT è necessario conoscere anche quali sono i formati che devono possedere i documenti informatici. Ovvero, i documenti in questione devono avere il formato PDF/A-1 a oppure, PDF/A-1b oppure TIFF, con risoluzione non inferiore a 300 dpi, rigorosamente in bianco e nero e con compressione in modalità fax.
Tuttavia, è bene sapere che sono comunque ammessi anche altri formati come ad esempio, SIGIT, Graphics interchange format, JPEG, Microsoft Office Excel, PDF, PNG etc.
7. Si presenta un ricorso o un reclamo?
Colui il quale ha intenzione di impugnare un determinato provvedimento, è tenuto a farlo con modalità differenti (con ricorso o con reclamo) a seconda della tipologia di atto da impugnare e dal relativo valore.
In poche parole, il reclamo impone il cosiddetto tentativo di mediazione tra le parti prima di poter incardinare il giudizio dinanzi al Giudice.
Ai sensi dell’art. 17 bis del D.lgs. 546/92, per impugnare atti, compreso il rifiuto alla restituzione di un tributo versato, di valore non superiore ad euro 50,000,00 (soglia aumentata dal primo gennaio del 2018), il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e il contribuente, dunque, può inserirvi anche una vera e propria proposta di mediazione.
Contro gli atti aventi per oggetti operazioni catastali (si pensi ad esempio alle attribuzioni di rendita etc. ) il ricorso produce sempre gli effetti di un reclamo, anche se la controversia ha un valore indeterminabile. Viceversa, il ricorso non può mai produrre gli effetti di un reclamo, quando viene proposto contro il recupero degli aiuti di Stato dichiarati illegittimi, qualunque sia il loro valore reale.
Ma come si fa a capire a quanto ammonta il valore della controversia? Semplice, ai sensi dell’art. 12 del D.lgs. 546/92 il valore della controversia coincide con il valore del tributo oggetto di contestazione, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate. Ovviamente il valore va individuato al momento della presentazione della impugnazione, sicché se prima della notifica di questa l’ufficio provvede in autotutela parziale a ridurre gli importi dovuti, si deve fare riferimento al valore così determinato.
Se sei obbligato a presentare il reclamo, devi farlo entro 60 giorni dalla notifica dell’atto che vuoi impugnare e devi, chiaramente, notificarlo all’Agenzia delle Entrate.
Dopo questo passaggio, si apre un arco temporale di 90 giorni nei quali la procedura può concludersi grazie all’accordo con l’Ufficio.
L’Ufficio esamina il reclamo, e una eventuale proposta di mediazione, per poi formulare la propria proposta se le questioni controverse sono incerte.
Nel caso in cui si riesca a raggiungere un accordo con l’Amministrazione finanziaria, ti vengono scontate le sanzioni del 35% degli importi minimi richiesti per le violazioni.
Se invece non viene raggiunto un accordo, viene dato effetto al ricorso.
8. Cosa succede in caso di atto introduttivo sbagliato
Come anticipato, il ricorso produce automaticamente gli effetti del reclamo, pertanto, non vi è una sostanziale differenza di contenuto. Tuttavia, l’errato utilizzo di una procedura piuttosto che un’altra, può avere delle conseguenze giuridiche importanti, che non possono essere ignorate.
Se il contribuente dovesse presentare il reclamo anziché il ricorso e si costituisce in giudizio oltre il termine di trenta giorni previsto dalla legge, l’impugnazione sarebbe inammissibile ai sensi dell’art. 22 del D.lgs. 546/92.
Viceversa, ove il contribuente dovesse presentare un ricorso anziché il reclamo e si costituisce in giudizio senza attendere il termine previsto dalla legge per la trattazione del reclamo, l’impugnazione sarebbe ammissibile, ma improcedibile e la Corte sarebbe tenuta a rinviare la trattazione della causa per consentire l’esame del reclamo, il che potrebbe portare via del tempo prezioso.
9. Come si presenta il ricorso davanti alla Corte tributaria
Il ricorso indirizzato alla Corte Tributaria di primo grado deve contenere tutti i dati e gli elementi riportati in seguito. Alcuni di essi sono previsti per la corretta instaurazione della controversia, sicché l’omissione comporta l’inammissibilità integrale del ricorso, il quale dunque non può essere esaminato nel merito dal giudice.
Viceversa, altri sono previsti per finalità molteplici, come ad esempio per la determinazione del contributo unificato, per l’identificazione dei difensori etc. Pertanto, l’omissione di questi ultimi non influisce sul ricorso, anche se potrebbe determinare comunque alcuni effetti importanti.
Gli elementi che deve contenere il ricorso alla Corte Tributaria sono:
- Denominazione del ricorso;
- Corte tributaria a cui è diretto;
- Generalità, residenza o sede legale o domicilio eletto in Italia, del ricorrente o del legale rappresentante; Codice fiscale;
- Indirizzo Pec del ricorrente;
- Motivi del ricorso;
- Estremi dell’atto impugnato;
- Codice fiscale del difensore (insieme all’indirizzo Pec del difensore).
Questi sono solo alcuni degli elementi, per conoscere tutti gli elementi che devono essere indicati nel ricorso occorre fare riferimento all’art. 18 del D.lgs. 546/1992
9.1. modalità e termini di proposizione della domanda
Ai sensi dell’art. 20 del D.lgs. 546/1992 per poter instaurare il giudizio, il ricorrente deve notificare il ricorso all’ente che ha emesso l’atto (o che ha omesso l’atto richiesto) solo ed esclusivamente tramite Posta Elettronica Certificata (salvo il caso in cui il processo sia stato incardinato con modalità analogica da parte del contribuente senza assistenza dell’avvocato).
In caso di mancata notifica tramite Pec, per causa non imputabile al destinatario della stessa, può provvedervi tramite una delle seguenti modalità:
- Consegna diretta dell’originale presso l’ufficio dell’Agenzie fiscali o dell’ente locale. In tal caso il ricorrente è tenuto a farsi rilasciare apposita ricevuta da parte dell’addetto alla ricezione;
- Spedizione del ricorso originale a mezzo di plico postale senza busta. La spedizione deve essere effettuata a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento e la notifica si perfeziona, per il richiedente, alla consegna dell’atto all’ufficio postale, per il destinatario, viceversa, alla data di ricevimento dell’atto;
- Mediante ufficiale giudiziale. In questo caso il ricorrente deve materialmente consegnare all’ufficiale giudiziario l’originale e una copia conforme del ricorso e quest’ultimo dovrà notificarlo al destinatario.
Con riferimento al termine di proposizione del ricorso, ai sensi dell’art. 21 del D.lgs. 546/1992 il contribuente è tenuto a notificare il ricorso, a pena di inammissibilità dello stesso, entro e non oltre 60 giorni da quando si è perfezionata nei propri confronti la notifica dell’atto oggetto di impugnazione, fatto salvo il termine di sospensione feriale.
Se il contribuente presenta istanza di accertamento con adesione, il termine è sospeso per 90 giorni e quindi il ricorso deve essere proposto entro 150 giorni dalla notifica dell’accertamento, ai sensi dell’art. 6 del D.lgs. 546/1992. Il termine è sospeso per 60 giorniin caso di istanza per utilizzo delle perdite pregresse. Infine, ove il termine di scadenza dovesse coincidere con un giorno festivo o di sabato, lo stesso è prorogato di diritto al seguente giorno non festivo.
Infine, con riferimento al ricorso presentato avverso al rifiuto tacito dell’ente impositore alla restituzione dei tributi, è possibile proporre il ricorso entro 90 giorni dalla domanda di restituzione e fino a quando il diritto alla restituzione della somma non risulta essere prescritto.
9.2. come si svolge il processo tributario
A seguito della costituzione in giudizio delle parti, il processo prosegue seguendo le medesime disposizioni, sia nel caso in cui sia stato introdotto con ricorso diretto alla Corte Tributaria, sia che sia stato preceduto da reclamo, salvo alcune eccezioni.
Dopo la costituzione delle parti, è possibile effettuare l’integrazione dei motivi ai sensi dell’art. 24 del D.lgs. 546/1992. Normalmente i motivi sono indicati direttamente nell’atto introduttivo, eccezionalmente, però, il ricorrente può integrare i motivi anche dopo. Ciò accade, ad esempio, quando risulta essere necessario a causa del deposito dei documenti non conosciuti ad opera delle altre parti.
Una delle fasi più importanti del giudizio tributario è sicuramente quella della trattazione espressamente disciplinata dagli art. 31 e ss. del D.lgs. 546/1992. La segreteria comunica alle parti costituite la data di udienza di trattazione della controversia almeno 30 giorni prima della stessa,
Prima della udienza di trattazione le parti possono comunque ancora integrare gli atti della causa nel rispetto dei termini di legge. Con riferimento alla trattazione vera e propria, ove essa avvenga in camera di consiglio, il relatore espone la controversia senza la presenza delle parti. In caso di richiesta di pubblica udienza, invece, l’udienza si svolge alla presenza dei difensori e delle parti che a seguito della esposizione del relatore, possono esporre le proprie difese.
Una volta esaurita la trattazione, la Corte nella camera di consiglio delibera la decisione la cui formalizzazione avviene mediante sentenza.
9.3. La conciliazione giudiziale
Al fine di ridurre i tempi processuali, il legislatore ha previsto anche la possibilità di far conciliare le parti direttamente nel processo in modo da non dover attendere la sentenza di merito. In estrema sintesi, la conciliazione può essere sia totale che parziale, nel primo caso l’accordo determina l’estinzione del giudizio, nel secondo caso, invece, il giudizio si estingue limitatamente alla parte della controversia compresa nella conciliazione
Le parti possono trovare un accordo non solo in udienza ma anche al di fuori dell’udienzae depositare, successivamente, in Corte l’accordo raggiunto.
Parzialmente diversa dalla conciliazione fin ora esaminata, è la cosiddetta conciliazione speciale agevolata, introdotta solamente per le cause incardinate dal primo gennaio del 2023 innanzi alle CGT di primo e di secondo grado in cui è parte l’Agenzia delle entrate ed è prevista, alternativamente alla definizione agevolata della lite, la possibilità di conciliare la controversia che ha per oggetto un atto c.d. impositivo. In questo modo è possibile ottenere un vero e proprio abbattimento delle sanzioni.
Quest’ultima forma di conciliazione deve essere perfezionata mediante accordo raggiunto tra le parti entro il 30 giugno 2023. Anche in questo caso può essere sia totale che parziale a seconda dei casi. In caso di avvenuta conciliazione, gli importi dovuti devono essere versati o in 20 rate trimestrali (di pari importo) oppure in un’unica soluzione.
9.4. Fase conclusiva e spese di giudizio
Con riferimento alla fase conclusiva del processo tributario, invece, una volta conclusa la trattazione, la Corte delibera la decisione che viene successivamente formalizzata con sentenza la quale viene resa pubblica mediante deposito nella segreteria entro 30 giornidalla data della deliberazione,
Per quanto concerne il profilo delle spese processuali, l’art 15 del D.lgs. 546/1992 la Corte, anche in assenza di una espressa domanda, condanna la parte che risulta essere soccombente, al rimborso in favore dell’altra parte delle spese di liti che liquida nella sentenza.
La Corte può anche compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti solo ed esclusivamente nei seguenti casi:
- Soccombenza reciproca delle parti;
- Gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente indicate e motivate in sentenza.
9.5. Fase esecutiva della sentenza
Così come esiste nel processo civile, anche nel processo tributario esiste una vera e propria fase esecutiva che ha come scopo ben preciso quello di garantire piena attuazione alla sentenza di merito emesso dal giudice di cognizione, anche contro la volontà della parte che è risultata soccombente.
Inoltre, l’art. 68 e 69 del D.lgs. 546/1992 stabiliscono che le sentenze emesse dalle Corti tributarie sono esecutive anche se non sono definitive (ovvero anche prima che queste passino in giudicato). Più precisamente, se la sentenza della Corte respinge il ricorso del ricorrente, quest’ultimo è tenuto a versare i due terzi del tributo e delle sanzioni irrogate.
In caso di accoglimento del ricorso, invece, il ricorrente deve versare l’intero ammontare stabilito, se inferiore ai due terzi del tributo controverso e delle sanzioni irrogate, mentre se è superiore, è tenuto a pagare una somma pari ai due terzi dei suddetti importi. Infine, in caso di accoglimento del ricorso, l’ufficio è tenuto a rimborsare quanto eventualmente versato in precedenza di giudizio entro e non oltre 90 giorni dalla notifica della sentenza che deve essere richiesta dal contribuente.
Le sentenze di condanna in favore del soggetto contribuente sono immediatamente esecutive e l’ufficio è tenuto ad eseguirle entro 90 giorni, anche se non definitiva. Tuttavia, occorre precisare che ove la somma dovesse essere superiore ad euro 10 mila, la Corte può subordinare il pagamento alla prestazione, da parte del contribuente, di idonea garanzia.
9.6. Impugnazioni
Anche nel processo tributario il legislatore ha previsto più gradi di giudizio. Ciò significa, in poche parole, che le sentenze emesse dal giudice di primo grado possono essere impugnate dinanzi al giudice di secondo grado, e le sentenze emesse da quest’ultimo sono ricorribili per cassazione.
I termini di impugnazione delle sentenze, sono i seguenti:
- Termine breve di 60 giorni dalla notifica della sentenza;
- Termine lungo di 6 mesi dalla data di deposito in segreteria in caso di mancata notifica della sentenza.
Grazie alle impugnazioni è possibile chiedere al giudice superiore una revisione del merito della controversia ed ottenere, in caso di accoglimento, una sentenza totalmente, o parzialmente, diversa rispetto a quella emessa dal giudice di prime cure. Con riferimento al ricorso in cassazione, invece, in questo caso non si ha un “riesame” del merito, la Suprema Corte di Cassazione, infatti, valuta solamente gli errori in giudicando o in procedendoeventualmente commessi dal giudice di merito (ovvero dal giudice di primo grado o dal giudice di secondo grado).
Come avrai potuto notare, il processo tributario è estremamente complesso ed è governato da regole e principi propri, pertanto, è fondamentale avere al proprio fianco un professionista specializzato nel settore del diritto tributario (sia sostanziale che processuale).
Se vuoi conoscere più nello specifico la disciplina del ricorso, o se vuoi ottenere una consulenza in materia, scrivi ai nostri esperti tramite il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.
10. Assistenza e difesa nel processo tributario
Come avrai potuto notare, il processo tributario è tutt’altro che semplice. Per poter affrontare un contenzioso così complesso e tecnico è fondamentale avere al proprio fianco esperti che si sono specializzati in questo particolare settore del diritto.
Se vuoi conoscere più nello specifico la disciplina del ricorso, o se vuoi ottenere una consulenza in materia, scrivi ai nostri esperti tramite il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.