Conferimento d’azienda: come farlo

Cos’è il conferimento d’azienda e per quali aspetti si caratterizza? Quali sono le motivazioni che spingono a scegliere tale istituto?

Si tratta di un tipo di conferimento in natura e si realizza trasferendo l’azienda da un soggetto ad un altro, ricevendo in cambio non una somma di denaro, come normalmente avverrebbe in caso di trasferimento d’azienda con atto inter vivos, ma la partecipazione al capitale sociale della società conferitaria.

In poche parole, con il conferimento d’azienda, il conferente diviene a tutti gli effetti socio della società che riceve la società.

Prima di procedere con un approfondimento sulla procedura di conferimento in natura delineata dalla legge nel Codice civile è importante capire innanzitutto in cosa consiste l’azienda e chi partecipa all’operazione di conferimento

1. Aspetti del conferimento d’azienda (o ramo d’azienda)

1.1. Azienda come oggetto del conferimento

Per azienda si intende il complesso dei beni organizzati e funzionali allo svolgimento dell’attività di impresa.

Rientrano in questa categoria sia i beni materiali che quelli immateriali, oltre che i rapporti giuridici inerenti all’attività di impresa, quindi anche contratti, crediti e debiti. Si tratta di beni non casuali, ma che siano “organizzati e funzionali” allo svolgimento dell’esercizio dell’attività d’impresa.

Da questa definizione emerge che impresa e azienda non sono la stessa cosa, ma l’impresa è l’attività in concreto esercitata dall’imprenditore.

E, conseguentemente, l’azienda rappresenta lo strumento mediante il quale il soggetto imprenditore può svolgere la propria attività.

Come accennato, il conferimento può avere ad oggetto:

  • l’azienda, nella sua totalità;
  • un ramo d’azienda.

Il ramo d’azienda consiste in un’unità produttiva dell’azienda, dotata comunque di autonomia organizzativa, che sia parte dell’azienda e nel contempo idonea ad essere autosufficiente.

1.2. Soggetti

L’operazione di conferimento rientra nell’ambito delle operazioni straordinarie e avviene tra due soggetti: il conferente e il conferitario.

Il conferente è il soggetto giuridico che effettua l’apporto e che riceve in cambio partecipazioni nella società conferitaria.

Si può trattare di:

  • Persona fisica, anche non imprenditore: (ad es. titolare di diritto di proprietà o di un altro diritto reale sull’azienda). Ad esempio potrebbe essere il caso di un erede che riceve in eredità un’azienda. Imprenditore individuale, cioè un soggetto persona fisica che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi (definizione dell’art. 2082 c.c.). Deve quindi trattarsi di un’attività che rispetti i requisiti previsti dalla legge, nello specifico la professionalità e organizzazione;

  • Società, sia di tipo agricolo che commerciale, rientrano quindi le società di persone e le società di capitali;

  • Ente commerciale o non commerciale, in grado di conferire l’azienda o il ramo d’azienda.

Il conferitario è invece il soggetto che riceve l’azienda o il ramo d’azienda, aumentando il proprio capitale e liberando partecipazioni. Non può trattarsi di persona fisica, dovendo essere una società o ente commerciale (o non commerciale) per poter accrescere il proprio patrimonio e consentirvi una partecipazione. L’ente conferitario può essere costituito ad hoc, nell’ipotesi in cui vi sia lo scorporo di una società e quindi di un ramo d’azienda che sia conferito in una società di nuova costituzione. Oppure può trattarsi anche di una società preesistente alla quale viene attribuito il conferimento.

2. Disciplina del conferimento d’azienda

Nel Codice civile non è presente una disciplina dettagliata riguardante esclusivamente il conferimento d’azienda.

Sono da combinare diverse disposizioni in materia di conferimenti nelle società (artt. 2342, 2343, 2440 c.c.) e di trasferimenti d’azienda (artt. 2112, 2556-2560 c.c..).

Prima di analizzare le caratteristiche del conferimento d’azienda è necessario capire quando è possibile conferire in una società un’azienda. 

In genere è possibile farlo sia nel momento “genetico” della società, ovvero, in sede di atto costitutivo.

I soci, infatti, dinanzi al Notaio decidono di effettuare conferimenti in natura e di liberare così la percentuale (o le azioni) di capitale sottoscritto. 

È possibile altresì effettuare conferimenti in natura avente ad oggetto un’azienda anche in sede di aumento del capitale sociale.

Ovviamente quando si fa riferimento all’aumento del capitale si fa riferimento al cosiddetto aumento “oneroso” ai sensi dell’art. 2438 c.c (per le S.p.a.) e 2481 bis c.c (per S.r.l) e non al passaggio di riserve a capitale. 

Pertanto, anche quando una società è in vita è possibile conferire nella stessa un’azienda, nei limiti e nelle forme previste dalla legge ovviamente. 

Come accennato l’operazione di conferimento d’azienda consiste nell’apporto di un’azienda o di un suo ramo ad una società conferitaria, la quale in cambio gli attribuirà una partecipazione societaria.

Per poter conferire un’azienda in una società, però,  è necessario rispettare una serie di presupposti previsti dalla legge al fine di tutelare l’integrità del capitale sociale (se il conferimento viene effettuato in favore di una società di capitali) sia la tutela dei terzi. 

Il primo aspetto da considerare è la valutazione del conferimento e la conseguente percentuale di partecipazione ricevuta, oltre che la percentuale di ripartizione degli utili e delle perdite.

A seconda del tipo societario sarà prevista una diversa disciplina.

2.1. Società di persone

Sono sottoposte ad una disciplina molto meno articolata rispetto alle società di capitali, non vi sono particolari regole sul punto. Ciò si giustifica anche perché il capitale sociale rappresenta il primo patrimonio disponibile per i creditori della società ma non l’unico, in quanto essi hanno la possibilità di soddisfarsi anche sul patrimonio dei soci.

Di conseguenza, non sono richieste specifiche valutazioni sul valore dei beni conferiti, non è richiesta una perizia di stima.

Nelle società di persone, infatti, il legislatore ha deciso di dettare una normativa decisamente più scarna rispetto a quella dettata in materia di Spa e Srl, ciò perché nelle società di persone i terzi sono tutelati in modo diverso. 

Nelle società di capitali, precisamente, il capitale sociale (ovvero l’ammontare dei conferimenti posti in essere dai soci nel corso della vita della società) rappresenta una tutela importantissima per i creditori sociali.

Questi, infatti, diversamente da ciò che accade nelle società di persone, non hanno la possibilità di soddisfarsi sul patrimonio dei singoli soci.

Nelle società di persone, dunque, il legislatore ha deciso di prescindere dalla cosiddetta perizia di stima dell’azienda oggetto del conferimento, poiché ha ritenuto sufficientemente tutali i terzi i quali, in caso di crediti, hanno la possibilità di soddisfarsi non solo sul patrimonio sociale ma anche sul patrimonio dei singoli soci.

Nonostante ciò, è pur sempre necessario che i soci, al momento del conferimento, attribuiscano un determinato valore all’azienda al fine di poter liberare la quota sociale sottoscritta.

2.2. Società di capitali

La situazione cambia decisamente quando si fa riferimento alle società di capitali (per intenderci la S.p.a, S.r.l. e S.a.p.a).

In genere nelle società di capitali i conferimenti sociali hanno per oggetto somme di denaro (non a caso i conferimenti in natura, per poter essere effettuati, devono essere previsti dallo statuto societario). 

Nonostante ciò, il legislatore ha previsto la possibilità di effettuare anche in queste società i cosiddetti conferimenti in natura. Ovvero, conferimenti che hanno per oggetto beni e non già denaro

Tuttavia, diversamente da ciò che accade nelle società di persone, in questo caso il legislatore ha predisposto all’interno del Codice civile tutta una serie di norme finalizzate a garantire l’effettività del capitale sociale sottoscritto. 

Il motivo è chiaro, come anticipato, nelle società di capitali il capitale sociale, oltre a svolgere la cosiddetta funzione di produzione (ovvero è lo strumento mediante il quale la società può perseguire l’oggetto sociale) svolge anche una funzione di garanzia.

In poche parole, esso rappresenta una vera e propria garanzia a tutela dei terzi. Pertanto, il legislatore vuol garantire che la sua formazione sia quanto più veritiera possibile.

Anzi, spesso le voci che compongono il patrimonio netto del bilancio (scrittura contabile all’interno della quale è possibile conoscere la consistenza patrimoniale, finanziaria ed economica di qualsiasi società) risultano essere “sottostimate” proprio per evitare che i terzi possano essere invogliati a instaurare rapporti con una determinata società solo perché quest’ultima vanta una ricchezza sulla carta, magari inesistente nella realtà.

Al fine di garantire l’effettività del capitale sociale, il legislatore ha previsto che, in caso di conferimenti aventi per oggetto beni, mobili, immobili, materiali, immateriali ecc., è necessaria la cosiddetta perizia di stima (art. 2343 c.c.).

Per le s.p.a., la relazione di stima deve essere redatta da un esperto nominato dal Tribunale, su istanza dell’organo amministrativo.

Per le s.r.l., la relazione di stima può essere redatta da un esperto (o società di revisione) iscritto all’albo dei revisori contabili, indicato dalla società.

2.2.1. Relazione di stima

Nella perizia in questione, la quale deve essere asseverata da giuramento, viene descritto in modo analitico il bene oggetto del conferimento, nonché l’attestazione che il loro valore risulta essere almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo e i criteri di valutazione seguiti dall’esperto.

Al fine di rende edotti anche i terzi in ordine al contenuto della perizia in esame, il legislatore ha previsto l’obbligo di allegarla all’atto costitutivo. In estrema sintesi, il contenuto della perizia è il seguente:

  • una breve analisi dell’azienda conferita;

  • la descrizione analitica dei cespiti conferiti, nonché dei crediti e debiti conferiti, e degli altri eventuali rapporti conferiti;

  • la data di riferimento delle valutazioni;

  • l’attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo;

  • l’illustrazione analitica criteri di valutazione utilizzati dall’esperto;lo svolgimento analitico del procedimento di valutazione.

Nel caso di conferimento, soltanto nelle s.p.a., gli amministratori entro 180 giorni dalla redazione della perizia, devono effettuare gli opportuni controlli, e qualora se ne ravvisi la necessità procedere ad una revisione della stima dell’azienda.

Nello specifico caso in cui si ritenga che il valore di stima sia inferiore di oltre 1/5 rispetto a quello per cui è avvenuto il conferimento vi possono essere delle conseguenze:

  • riduzione del capitale sociale attraverso l’annullamento delle azioni corrispondenti al valore di rettifica dell’azienda conferita;
  • la società conferente versa la differenza tra il valore dell’azienda contenuto nella relazione di stima e il valore rideterminato dagli amministratori in denaro;
  • vi può essere recesso della società conferente con diritto alla restituzione di quanto apportato.

Infine, con riferimento ai conferimenti in natura nelle S.r.l, il legislatore ha “semplificato” l’iter. Infatti, è previsto dalla legge che gli amministratori non sono tenuti ad effettuare, dopo 180 giorni dal conferimento, i controlli concernenti eventuali variazione di valore del bene conferito nella società.

2.3. Rapporti pendenti

Per quanto riguarda i contratti, crediti, debiti ecc. pendenti della società conferita, cosa accade?

Il conferitario subentra nei contratti, di carattere non personale, stipulati dal conferente.

In presenza di giusta causa, il terzo contraente ceduto può recedere entro tre mesi dall’iscrizione del conferimento nel Registro delle Imprese.

I crediti vengono trasferiti dal conferente al conferitario anche in assenza di notifica al debitore ceduto.

I debiti si trasferiscono con effetto liberatorio per il conferente solo in presenza di consenso esplicito dei creditori.

I rapporti di lavoro continuano con il soggetto conferitario subentrante alle medesime condizioni sussistenti in precedenza, ex art. 2112 c.c..

Sussiste il divieto di concorrenza per il conferente, salva la facoltà delle parti di escludere tale divieto.

La procedura di conferimento nelle società di capitali ha inizio con la delibera dell’organo amministrativo della società conferente, con la quale si motivano le ragioni dell’operazione.

Si tratta di un atto di straordinaria amministrazione, e quindi dovrà essere approvato dall’assemblea straordinaria.

A seguire viene redatta la perizia di stima (come già sopra chiarito) e infine stipulato l’atto di conferimento, che dovrà essere iscritto nel Registro delle imprese.

2.4. Gli effetti del trasferimento aziendale 

È bene precisare che quando si parla di “conferimento” d’azienda, in realtà si fa riferimento ad un vero e proprio trasferimento dell’azienda ad un altro soggetto giuridico, la società appunto. Pertanto, è chiaro che il conferimento d’azienda soggiace a tutte quelle norme previste nel Codice civile in caso di trasferimento dell’azienda. 

2.5. Successione nei contratti 

Ai sensi dell’art. 2558 c.c. il legislatore si preoccupa di garantire la cosiddetta successione nei contratti da parte della società conferitaria (o comunque dell’acquirente).

Lo scopo è quello di garantire il mantenimento dell’unità economica aziendale. 

La norma in questione, in realtà, introduce interessanti e notevoli deroghe alla disciplina del diritto comune relativo alla successione nei contratti. Infatti, il legislatore stabilisce che con il trasferimento (lo stesso vale anche per il conferimento) d’azienda, salvo che le parti non stabiliscano diversamente, vi sia un sub-ingresso generalizzato dell’acquirente nei contratti aziendali.

Ad eccezione però dei contratti con carattere personale e ad eccezione dei contratti per i quali sia pattiziamente escluso il sub-ingresso dell’acquirente. Il legislatore non ha lasciato sprovvisto di tutela i terzi, i quali vengono coinvolti nell’operazione di trasferimento.

Questi, infatti, ha il diritto di recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento d’azienda, a condizione che sussista però una giusta causa. Il termine dei tre mesi sopra richiamato inizia a decorrere dall’iscrizione nel registro delle imprese del contratto di trasferimento d’azienda.

Sicché l’iscrizione produce efficacia dichiarativa e rende, dunque, il contratto di trasferimento d’azienda opponibile ai terzi, ergo, anche al contraente ceduto.

2.6. Successione nei debiti e nei crediti 

Come anticipato, il trasferimento dell’azienda (così come per il conferimento della stessa) determina anche la successione nei debiti e nei crediti aziendali.

Infatti, in presenza di contratti che risultano essere stipulati ma non integralmente eseguiti da parte del conferente, la normativa in materia di trasferimento aziendale comporta significative deroghe ai principi del diritto comune. 

Occorre però sottolineare che il legislatore non ha precisato espressamente se i crediti concernenti l’azienda ceduta si trasferiscano insieme all’azienda stessa. Infatti, il Codice civile si è limitato a stabilire che la cessione dei crediti relativi all’azienda oggetto del trasferimento ha effetto nei confronti dei terzi anche in mancanza della notifica al debitore o della sua accettazione. 

Tra l’altro,  è opinione corrente ormai che, trattandosi di elementi funzionali all’intero plesso aziendale, che in assenza di specificazione nel contratto di trasferimento (o del conferimento) d’azienda i crediti seguano pur sempre l’azienda trasferita. 

Conseguentemente, per la successione dei crediti non è necessaria alcuna notifica al debitore ceduto o l’accettazione del medesimo (in deroga ai principi generali), perché l’iscrizione del trasferimento d’azienda nel registro delle imprese rappresenta una vera e propria forma di pubblicità che rende edotti i terzi dell’avvenuto trasferimento.  

In poche parole, l’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese opera come una notificazione collettiva dell’avvenuto trasferimento. In definitiva, pare possibile affermare che i crediti concernenti l’azienda ceduta (conferita) si trasferiscano insieme all’azienda stessa e che l’onere di notifica al debitore ceduto sia soddisfatto dalla iscrizione dell’avvenuto trasferimento nel Registro delle imprese. 

Occorre precisare però, che il legislatore ha deciso comunque di tutelare il soggetto debitore. Infatti, dispone l’art. 2559 c.c. che qualora il debitore dovesse pagare in buona fede l’alienate è libero. In questo caso, ovviamente, l’acquirente potrà agire in giudizio mediante l’azione di rivalsa nei confronti dell’alienante che ha ricevuto il pagamento.

Con riferimento alla questione dei debiti, invece, la questione si complica ulteriormente.

La norma di riferimento, in questo caso, è l’art. 2560 c.c. la quale stabilisce che in caso di trasferimento dell’azienda, l’alienante risponde, in ogni caso, dei debiti esistenti. Lo stesso dicasi anche per l’acquirente (ovvero la società che ha ricevuto l’azienda in conferimento) limitatamente però ai debiti che risultano essere registrati nei libri contabili obbligatori per legge. 

In conclusione, il legislatore offre la massima tutela al creditore ceduto il quale, in poche parole, può far valere le proprie ragioni sia nei confronti del cedente (o del conferente in caso di conferimento d’azienda) sia nei confronti dell’acquirente, purché il debito risulti dai libri contabili.

Trattasi, in poche parole, di un accollo cumulativo esterno ex lege. Ovviamente questa è la disciplina legale, le parti, infatti, ben potrebbero, in ossequio all’autonomia negoziale riconosciuta dalla legge, regolare come meglio credono i rapporti interni. Ad esempio, ben potrebbero decidere di accollare tutti debiti al soggetto venditore o all’acquirente

2.7. Brevi cenni sui rapporti di lavoro pendenti

Forse uno degli aspetti maggiormente delicati della cessione d’azienda riguarda proprio i lavoratori.

Infatti, il rischio è quello di far perdere il lavoro ad una pluralità di persone e incentivare così il già ampio fenomeno della disoccupazione. 

In sintesi, quando si ha trasferimento d’azienda (lo stesso dicasi anche per il trasferimento del ramo d’azienda), cambia il titolare dell’azienda e quindi, inevitabilmente, cambia anche il datore di lavoro. In questo caso la legge tutela i lavoratori con alcune disposizioni normative volte a rafforzare la posizione in cui si trovano i lavoratori rispetto al datore di lavoro.

Non occorre dimenticare, infatti, che i lavoratori sono soggetti “deboli” rispetto ai datori di lavoro, conseguentemente, necessitano di una tutela “maggiore” volta a riequilibrare i rapporti con i datori di lavoro. E tutto ciò, ovviamente, avviene anche nel caso di conferimento d’azienda in una società.

In estrema sintesi, il legislatore ha previsto che, ai sensi dell’art. 2112, comma 1, c.c. il rapporto di lavoro non si estingue ma continua, dopo il trasferimento dell’azienda, con il nuovo datore di lavoro. Inoltre, sempre ai sensi dell’art. 2112 c.c. il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

Ancora, il lavoratore può richiedere al nuovo datore di lavoro, che in caso di conferimento d’azienda sarà la nuova società, il pagamento dei crediti da lavoro che aveva già maturato al momento del trasferimento.

Il nuovo datore di lavoro è obbligato in solido con il precedente datore per la soddisfazione di tali crediti. 

Il legislatore ha previsto altresì che in caso di stipulazione di un contratto di appalto tra azienda d’origine e ramo trasferito, i lavoratori dipendenti di quest’ultimo possono agire in giudizio direttamente nei confronti dell’azienda di origine al fine di ottenere il soddisfacimento dei crediti

Se il trasferimento dell’azienda si verifica in imprese che occupano più di quindici dipendenti è obbligatorio per il datore di lavoro avvertire, mediante comunicazione scritta, almeno 25 giorni prima che sia perfezionato il trasferimento, le rappresentazioni sindacali che avviano procedure di analisi e verifica necessarie per tutelare i lavoratori. 

Lo scopo è quello di evitare che il mancato rispetto della normativa vada ad eludere in qualche modo gli istituti contrattuali e di legge, come ad esempio le norme sullo Statuto dei lavoratori o il collocamento dei lavoratori affetti da disabilità.  

Al fine di garantire una stabilità ai lavoratori che lavorano presso l’azienda oggetto del trasferimento, è previsto l’obbligo a carico del datore di lavoro nuovo di continuare ad applicare il contratto collettivo nazionale in vigore al momento del trasferimento, fino alla sua scadenza

Infine, per evitare abusi a danno dei lavoratori coinvolti nel trasferimento d’azienda, il legislatore ha previsto che  il trasferimento d’azienda (lo stesso ovviamente dicasi per il conferimento in natura avente per oggetto l’azienda) non costituisce in nessun caso motivo di licenziamento dei lavoratori. 

3. Regime fiscale del conferimento d’azienda

L’aspetto fiscale legato ad una tale operazione è oggetto dell’art. 176 del D.P.R. n. 917/86 (TUIR), poi modificato dall’art. 1 comma 46, Legge n. 244/2007.

Per quanto riguarda il conferimento di azienda ai fini delle imposte sui redditi, si ritiene valido il regime della neutralità fiscale, così come previsto dall’art. 176.

Tale trattamento prevede che:i conferimenti di azienda si considerano effettuati in neutralità fiscale: non vi è il realizzo di plusvalenze né di minusvalenze;la facoltà di richiedere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio relativi all’azienda ricevuta in conferimento, attraverso il versamento di un’imposta sostitutiva (regime opzionale).

La disposizione prevede la possibilità di “affrancamento” sotto il profilo fiscale di quelli che sono i maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali, incluso l’avviamento. Il maggior valore è la differenza tra il valore di iscrizione dei beni ricevuti dal conferitario e il loro ultimo valore riconosciuto presso il soggetto conferente.

Affinchè sia applicato il principio della neutralità fiscale devono essere rispettati due presupposti:

impresa conferente e conferitaria siano imprese commerciali;

che oggetto del conferimento sia la sua azienda.

Per evitare il realizzo di plusvalenze e minusvalenze sono imposte ulteriori condizioni:

  • il soggetto conferente deve assumere quale valore della partecipazione ricevuta l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita;

  • il soggetto conferitario deve subentrare, ai fini fiscali, nella posizione del conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda ricevuta.

Nel caso in cui non fosse applicabile il regime previsto dall’art. 176 del TUIR, si farà applicazione dell’art. 9, comma 5, secondo il quale “le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche (…) per i conferimenti in società”.

Questa disposizione attribuisce al conferimento di beni la natura di cessione a titolo oneroso, in grado di determinare plusvalenze tassabili o minusvalenze deducibili.

4. Conviene il conferimento della tua azienda o del tuo ramo d’azienda? Consulenza e assistenza legale per il caso concreto

La convenienza di un’operazione è consigliata nella misura in cui si vogliano raggiungere determinati obiettivi anziché altri.

Di solito, il conferimento ha come fine la crescita di un’impresa, attraverso appunto l’aggregazione ad altre società (o enti).

Scegliere l’apporto di un’azienda è preferibile soprattutto per i vantaggi fiscali che ne conseguono.

Da un punto di vista imprenditoriale gli obiettivi perseguibili possono essere la concentrazione di imprese, trattandosi di imprese dalle grandi dimensioni, ristrutturazione finanziaria dell’attività di impresa, liquidazione di settori in perdita.

Ovviamente non è facile stabilire a priori quando convenga o meno conferire la propria azienda all’interno di una società.

Tuttavia, questa potrebbe essere una buona idea quando si ha intenzione di investire in una più ampia organizzazione, magari assumendo una partecipazione sociale di comando. 

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