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Il contenzioso bancario è una situazione peculiare in cui esiste una lite o comunque un disaccordo tra un istituto di credito (ovvero una banca) e un cliente.
Nella maggior parte dei casi si tratta di controversie particolarmente delicate e complesse. Non a caso il legislatore ha predisposto organismi altamente qualificati e specializzati nel settore bancario per dirimere tali controversie.
Generalmente il contenzioso bancario vede come protagonisti imprenditori che si trovano in una situazione di crisi a causa di interessi bancari ritenuti illegittimi oppure investitori che si trovano a dover far fronte a costi occulti. Ovviamente anche il comune cittadino, ovvero il consumatore, può essere protagonista di un contenzioso bancario, ed è per questo che è fondamentale conoscere tutti gli strumenti predisposti dal legislatore per risolvere tali contenziosi.
Vedremo il funzionamento del contenzioso bancario nella sua interezza e come può essere utilizzato.
1. Contenzioso bancario: cos’è
In particolar modo, attraverso il contenzioso bancario, si giunge alla risoluzione delle controversie tra i risparmiatori e gli intermediari finanziari, nell’ambito di anomalie bancarie quali usura, anatocismo o interessi extra legali, ma non solo.
Occorre precisare fin da subito, infatti, che, diversamente dalle classiche controversie che vedono come protagonisti due privati, nel contenzioso bancario il processo non è la via prediletta per poter giungere ad una soluzione. È vero che anche nelle controversie “tradizionali” è pur sempre possibile fare ricorso a strumenti finalizzati ad evitare il processo, come ad esempio la mediazione, la negoziazione, la transazione etc tuttavia, nel contenzioso bancario giocano un ruolo cruciale i cosiddetti strumenti di risoluzione alternativi delle controversie (ADR).
Questi ultimi sono particolarmente vantaggiosi perché consentono di raggiungere una composizione bonaria del contenzioso.Non bisogna dimenticare, infatti, che se, da un lato agire in giudizio dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale è sicuramente sinonimo di garanzia, dall’altro significa anche dover fare i conti con tutta una serie di costi non indifferenti. Ma non finisce qui, incardinare un giudizio, tra l’altro, impone anche di dover attendere un lasso di tempo notevole prima di ottenere la sentenza.
Pertanto, al fine di evitare tutto ciò, il legislatore ha previsto tutta una serie di istituti finalizzati al perseguimento di un accordo transattivo che soddisfi entrambe le parti con soluzioni concordate più rapide e meno dispendiose rispetto alle dispute davanti al giudice.
Cerchiamo di analizzare quali sono questi modi di risoluzione delle controversie in ambito bancario.
1.1. Modi di risoluzione delle controversie
La negoziazione è indubbiamente il primo strumento che deve essere considerato per giungere ad una risoluzione delle controversie, ma non è neanche l’unico. Tra i metodi più comunemente utilizzati nel contenzioso bancario si annoverano infatti:
- Negoziazione stragiudiziale;
- Conciliazione o Mediazione Civile Obbligatoria;
- Arbitro Bancario Finanziario (ABF);
- Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF);
- Arbitrato;
- Differenza tra il contenzioso attivo e passivo in ambito finanziario.
In particolar modo, il contenzioso passivo è una situazione in cui è il fruitore e titolare di un servizio che non rispetta gli accordi pattuiti. L’esempio più evidente si può avere con il mancato o ritardato pagamento di una o più rate, lo sconfinamento del fido accordato, ecc.
Inoltre, occorre considerare che si possono infine verificare delle situazioni limite, come nel caso delle procedure concorsuali, fino al fallimento (oggi liquidazione giudiziale).
In questa situazione, infatti, la certezza delle informazioni, e dei diritti che i vari soggetti coinvolti, diventa fondamentale per non perdere il diritto al rimborso.
Dunque, come si può facilmente evincere, si tratta di una procedura utilizzata soprattutto da imprenditori vessati dagli interessi bancari, spesso illegittimi, o da investitori di grande o media liquidità sottoposti a costi occulti.
In questo caso, il processo di contestazione è infatti piuttosto lungo e oneroso dal punto di vista economico.
Proprio per questo motivo, non è il metodo più consigliabile per il piccolo risparmiatore.
Infatti, spesso, viene restituita al correntista solo una percentuale del dovuto.
Ne deriva che, in realtà, questo tipo di contenzioso serve quindi a recuperare solo in parte il credito non dovuto all’istituto bancario, tramite una vera e propria causa in sede giudiziaria.
Causa che comporterà diversi oneri, tra cui quelli di natura economica.
2. Contenzioso bancario: le attività preliminari
Prima di avviare una procedura di contenzioso è ovviamente necessario valutare la fattibilità della causa ed i possibili risultati economici.
Se si ha intenzione di agire nei confronti di un istituto di credito è fondamentale sapere quali sono i documenti che potrebbero essere utili durante l’iter processuale. Pertanto, è importante raccogliere tutta la documentazione possibile al fine di dimostrare il danno subito dalla banca.
È importante sapere, inoltre, che la banca è obbligata a procurare ai propri clienti tutti i documenti richiesti tramite raccomandata. Infatti, i clienti hanno il pieno diritto di ottenere tutta la documentazione richiesta, ovviamente a proprie spese, entro un termine “congruo” e comunque non oltre 90 giorni dalla richiesta.
Il legislatore, consapevole del fatto che normalmente è la banca ad avere tutta la documentazione concernente i rapporti con la clientela, ha deciso di venire in contro alle esigenze dei clienti al fine di “riequilibrare” le posizioni.
Pertanto, entro il termine di 90 giorni l’istituto di credito è tenuto a fornire ai clienti le copie della documentazione richiesta, nei limiti dei 10 anni. Ovvero, la banca è tenuta a fornire copia della documentazione concernente le singole operazioni poste in essere negli ultimi 10 anni e non prima.
Si tratta, in poche parole di un termine di prescrizione calcolato dalla data di chiusura del conto corrente. Ciò significa, che se il conto risulta essere ancora aperto, non ci sono alcun limite di tempo per fare causa alla banca.
Sul tema dell’obbligo delle banche di fornire la copia della documentazione in giudizio richiesta dai clienti si segnala una recente sentenza della Corte di Cassazione (sent. 8 giungo-13 settembre 2021 n. 24641). I giudici ermellini hanno precisato che l’art. 119 del TUB (Testo Unico Bancario) è una disposizione di natura sostanziale.
Ciò significa, in poche parole, che la documentazione richiesta dal cliente alla banca deve essere fornita da quest’ultima a prescindere dall’utilizzo che il cliente ne vorrà fare.
Un altro aspetto da prendere in considerazione, al fine di valutare quale strategia adottare, è il valore potenziale che ha la controversia.
Se il caso rientra effettivamente nelle casistiche passibili di contenzioso, si passa ad una perizia dedita al controllo dell’ammontare effettivamente recuperabile dal cliente.
Più precisamente, viene stimato l’ammontare che il soggetto può effettivamente recuperare in caso di esito positivo dell’iter. Se si tratta di una somma troppo bassa, ovvero non in grado di coprire i vari costi della procedura, vengono considerate altre azioni.
Dunque, in queste situazioni, si sconsiglia di porre in essere un contenzioso bancario.
2.1. I tentativi di conciliazione
Una volta verificata la fattibilità di un contenzioso, si avvia una procedura di trattativa diretta con l’istituto bancario interessato.
Purtroppo, però, sono pochi gli istituti bancari disposti ad una trattativa senza intermediario.
In caso di fallimento di questo tipo di trattativa, è obbligatorio per legge rivolgersi ad un organismo di mediazione competente. Si tratta di uno strumento pratico finalizzato a trovare un accordo tra le parti dinanzi ad un mediatore.
In questa particolare fase le parti devono essere obbligatoriamente assistite da un avvocato. Infatti, saranno proprio questi ultimi a firmare l’eventuale accordo di conciliazione, il quale avrà efficacia di titolo esecutivo.
L’organismo innanzi al quale si svolge il tentativo di mediazione deve necessariamente essere uno di quelli presenti nel luogo del giudice competente a conoscere la controversia.
Al fine di evitare di incardinare un giudizio dinanzi al Tribunale è possibile raggiungere un accordo cosiddetto “stragiudiziale” (ovvero raggiunto al di fuori di un giudizio) dinanzi alla Camera di conciliazione ed arbitrato posta presso la Consob, la commissione nazionale per le società e la borsa.
La legge consente questa peculiare possibilità nel caso in cui le controversie abbiano come protagonisti risparmiatori o investitori non professionali e le banche, in merito all’adempimento degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza, imposti nei rapporti contrattuali con i clienti ed eventi per oggetto servizi di investimento o di gestione di fondi di risparmio.
Ciò premesso, occorre precisare che, nonostante sia obbligatoria, non è detto che la mediazione debba necessariamente dare un esito positivo. Anzi, in molti casi essa si rivela essere inutile. Ciò perché le parti in causa possono non avere interesse o magari non riescono a trovare un accordo soddisfacente per poter concludere la controversia. In questi casi, potrebbe essere necessario rivolgersi al Tribunale competente.
3. ACF: soluzioni alternative al contenzioso bancario
Un altro strumento presente nel nostro ordinamento finalizzato ad evitare il ricorso in Tribunale è l’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF).
Questo organismo, nato a seguito della delibera Consob n. 19602 del 4 maggio 2016 (operativo solo dal 9 gennaio 2017) ha come scopo quello di rendere meno farraginosa e più snella la procedura di mediazione tra gli istituti di credito e gli investitori/correntisi.
L’aspetto che maggiormente caratterizza le procedure di mediazione che si svolgono dinanzi a questo organismo è che vengono svolte direttamente online. Ciò significa che la loro durata è decisamente minore rispetto alle classiche mediazioni in presenza, con conseguente risparmio di tempo.
Sull’apposito portale dell’ACF è possibile monitorare in tempo reale l’avanzamento della mediazione in modo da conoscere fin da subito lo svolgimento dell’intera procedura. Gli arbitrati, ovviamente, sono del tutto imparziali.
Già questo dato lascia presagire la comodità e la convenienza dell’avvalersi di questo strumento.
Gli aspetti positivi di questa procedura non finiscono qui, infatti, l’accesso all’Arbitro per le Controversie Finanziarie è completamente gratuito. Quest’aspetto è tutt’altro che marginale poiché permette alle parti di trovare una possibile soluzione al contenzioso anche nei casi in cui il valore della controversia non è altissimo.
In genere l’Arbitro permette di assumere decisioni in tempi decisamente ridotti, al massimo 90 giorni.
Alla luce di tutto ciò, dunque, l’arbitrato sembra essere lo strumento maggiormente conveniente per risolvere i contenziosi bancari. Tuttavia, è bene precisare che non tutte le controversie possono essere risolte mediante questo strumento.
Più precisamente è possibile l’ACF, si occupa solo delle controversie concernenti la violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza, fino a un valore massimo di 500mila euro.
Appare chiaro, quindi, che sia la natura delle controversie, sia il valore delle stesse, operano come dei veri e propri limiti d’accesso all’ACF.
Infine, è bene precisare che allorquando si decida di optare per l’ACE, ciò non preclude alle parti di poter agire, nel caso in cui non dovessero trovare una soluzione dinanzi all’arbitro, in giudizio e di invocare la tutela giudiziale.
4. ABF: soluzioni alternative al contenzioso bancario
Come anticipato, al fine di risolvere le controversie bancarie il legislatore ha previsto molteplici alternative all’ipotesi giudiziale. Tra di esse rientra certamente anche il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), il quale rappresenta un vero e proprio strumento di risoluzione alternativo delle controversie.
Trattasi, in estrema sintesi, di un organismo collegiale autonomo ed imparziale, il quale è chiamato a prendere decisioni su controversie che vedono come protagonisti banche, consumatori e gli intermediari finanziari.
L’ABF in Italia è presente in sette città e al suo interno vi operano persone altamente qualificate nel settore bancario e finanziario (precisamente 55 sono selezionati direttamente dalla Banca d’Italia, 34 dal Conciliatore Bancario Finanziario, 19 dal Consiglio Nazionale dei Consumatori e 5 da Confindustria).
Anche in questo caso, il ricorso può essere presentato solo ed esclusivamente online, al fine di fornire maggiore celerità all’intero iter.
Per poter presentare ricorso è necessario però presentare un reclamo alla banca, la quale dovrà rispondere entro 30 giorni dalla ricezione della segnalazione. Nel caso in cui la risposta della banca non dovesse essere soddisfacente, è possibile presentare formale ricorso all’ABF entro e non oltre 12 mesi dalla presentazione del reclamo.
Come anticipato, il ricorso deve essere presentato solamente online, pertanto, è necessario registrarsi sull’apposito portale dedicato all’ABF e compilare tutti i dati richiesti dalla piattaforma. Fatto ciò, l’Arbitro provvede a mettersi in contatto con la banca, la quale ha a disposizione 45 giorni per dare una risposta. Successivamente, l’ABF dovrà esprimere il proprio giudizio entro e non oltre 60 giorni.
L’ABF, in poche parole, può letteralmente sostituire la figura del giudice. Tra l’altro, la procedura che si svolge dinanzi all’Arbitro ha costi decisamente più bassi e tempistiche più brevi rispetto alla procedura giudiziale. Il ricorso tramite ABF ha un costo di circa 20 euro, somma nettamente più bassa rispetto alle spese da sostenere nel caso in cui si voglia agire in giudizio sopra menzionate. Tuttavia, è bene precisare che si tratta di una decisione non vincolante per le parti.
Premesso ciò, possiamo ora chiederci quando è possibile presentare ricorso all’ABF? Sinteticamente è possibile ricorrere all’Arbitrato ogni qual volta si è di fronte ad una controversia concernente un rapporto contrattuale con un intermediario finanziario, in essere o già concluso.
Ad esempio, è possibile presentare il ricorso all’ABF in tutti i casi in cui la controversia ha per oggetto un contratto di conto corrente o un mutuo con un valore non superiore a 100.000,00 euro.
Le decisioni arrivano in circa 100 giorni o poco più.
5. Costi del contenzioso bancario
Giunti a questo punto, è bene precisare cosa accade nel caso in cui si decida di portare la controversia con l’istituto di credito in Tribunale. Tralasciando le tempistiche necessarie per giungere ad una sentenza di merito (decisamente non brevi visti i precedenti giudiziari del nostro Paese), è necessario sostenere tutta una serie di spese imposte per incardinare il giudizio.
In estrema sintesi, è necessario pagare la cosiddetta iscrizione a ruolo della causa (da 37 euro fino a 1466 euro a seconda del valore dell’oggetto della controversia); la trascrizione dei documenti oggetto della contestazione (la spesa ammonta a 5 centesimi di euro per ogni rigo) ed infine, è necessario far fronte al cosiddetto patrocinio legale, ovvero l’onorario da dover riconoscere all’avvocato che assisterà il cliente durante l’iter giudiziario, nonché le eventuali spese necessarie per far fronte alle consulenze tecniche di parte (ove necessarie).
È bene precisare, tra l’altro, che l’onorario dell’avvocato dovrà essere corrisposto tanto nel caso in cui l’esito della controversia dovesse essere favorevole (ovvero in caso di sentenza di accoglimento della domanda) tanto nel caso in cui dovesse essere sfavorevole. Questo perché l’obbligazione dell’avvocato è di mezzi e non di risultato, sicché quest’ultimo dovrà essere pagato a prescindere dall’esito della controversia.
6. Quando conviene fare causa alla banca?
Giunti a questo punto potrebbe sorgere spontaneamente una domanda: quando effettivamente conviene agire in giudizio e fare causa alla banca? Ebbene, dare una risposta a questo quesito, in realtà, potrebbe non essere una cosa semplice. Questo perché è necessario prendere in considerazione una pluralità di aspetti. In primis, è bene sottolineare che l’esito di qualsiasi causa non è mai certo. Di conseguenza, ogni giudizio pone le parti in causa di fronte ad un ineliminabile tasso di rischio.
Occorre altresì considerare che le banche, essendo quasi sempre dei colossi con risorse patrimoniali notevoli, si affidano quasi sempre a degli studi super specializzati in questa particolare branca del diritto. Ovviamente questo non deve intimorire chi ha intenzione di far valere i propri diritti dinanzi al Giudice.
Ad ogni modo, è possibile fare causa ad una banca in tutti i casi in cui quest’ultima abbia posto in essere una condotta illegittima a patto però di avere una adeguata documentazione con la quale è possibile dimostrare in giudizio il fatto illecito (o l’inadempimento), il danno patrimoniale e il nesso causale che lega il fatto al danno.
Solo in questo modo si hanno buone probabilità di ottenere una sentenza di accoglimento della domanda.
7. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
In conclusione, prima di prendere qualsiasi decisione, è sempre consigliabile rivolgersi ad un avvocato specializzato nel settore del diritto bancario al fine di concordare la migliore strategia finalizzata ad ottenere la miglior tutela nel minor tempo possibile.
Come avrai notato, la disciplina prevista in materia di contenzioso bancario è decisamente complessa perché occorre valutare molti elementi e ponderare diverse opzioni per addivenire ad una scelta adeguata.
Proprio per questo motivo, al fine di Pianificare e Difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.
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