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La conversione del pignoramento è uno strumento offerto dal diritto italiano che consente al debitore la possibilità di evitare un pignoramento in atto.
Dunque, se hai contratto un debito e ora sei coinvolto in una procedura esecutiva, ti consiglio di proseguire la lettura di questa guida.
Vedremo, infatti, la disciplina di questo istituto, i modi e i tempi per avvalersene al fine di evitare il pignoramento dei propri beni.
1. Conversione del pignoramento: l’art. 495 del codice di procedura civile
Innanzitutto, prima di capire quali siano le azioni da compiere per procedere a conversione del pignoramento, è importante delineare i tratti della sua disciplina.
Interessante sarà anche capire come la Giurisprudenza si sia orientata in casi più particolari e specifici.
La norma che regola la conversione del pignoramento è l’art. 495 del codice di procedura civile.
“Prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese.”
Il primo comma detta la finalità di questo istituto.
Innanzitutto, è importante dire subito che il debitore può chiedere di sostituire alle cose o crediti pignorati una somma di denaro prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione delle cose o crediti pignorati.
In ogni caso, la presentazione della domanda di conversione del pignoramento non importa l’automatica sospensione degli atti esecutivi (nella specie, della vendita già fissata).
Infatti spetta al giudice dell’esecuzione valutare, caso per caso, la possibilità di un semplice differimento della vendita prefissata ed imminente, senza pregiudizio per i creditori. Ha enunciato tale principio la Corte di Cassazione (sentenza n. 7378/1990).
Dunque, si guarderà alla data del deposito dell’istanza che dovrà precedere quella dell’ordinanza con cui il giudice emette il provvedimento di vendita o assegnazione delle cose pignorate.
Tale istanza deve essere depositata presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione del tribunale competente per il pignoramento.
Somma a titolo di cauzione
In unione all’istanza, come esplicita il secondo comma dell’art. 495 del codice di procedura civile, deve essere depositata una somma non inferiore a un sesto dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento.
Il versamento di tale somma è, chiaramente, a titolo di cauzione.
Tale somma sarà poi depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice.
In alternativa, è possibile che il pagamento della cauzione possa essere effettuato mediante assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura esecutiva, da allegarsi all’istanza.
La somma di denaro che il debitore deve al creditore per realizzare la conversione del pignoramento è pari all’importo dovuto al creditore comprensivo di capitale e interessi e le spese della procedura di esecuzione sostenute dal creditore fino a quel momento.
Istanza di conversione del pignoramento
È importante, altresì, subito notare che l’istanza di conversione del pignoramento può essere proposta una sola volta, una seconda istanza è considerata inammissibile.
Infatti, come afferma la Corte di Cassazione (sentenza n. 15362/2017), lo scopo della norma è quello di tutelare il debitore dal suo interesse a non veder svenduti i propri beni.
D’altro canto, però, la legge italiana richiede al debitore di formulare attentamente la propria istanza di conversione del pignoramento, concedendogli tale possibilità, appunto, una sola volta.
In sostanza, il debitore è gravato di una grossa responsabilità riguardante, innanzitutto, l’interesse per i suoi beni e poi per la sua posizione stessa.
Anche i vizi di forma non consentono al debitore di reiterare l’istanza di conversione del pignoramento.
Ovviamente, per rimanere in linea con un’altra importante sentenza della Cassazione (sentenza n.27852/2013), la possibilità di presentare l’istanza di conversione del pignoramento una sola volta da parte del medesimo debitore si intende nello stesso, medesimo procedimento esecutivo.
Inoltre, ogni sei mesi il giudice provvede, a norma dell’art. art. 510 del codice civile, al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore.
2. Pignoramento di beni immobili
Se le cose pignorate sono costituite da beni immobili o cose mobili, il giudice può autorizzare il debitore a rateizzare mensilmente la somma entro il termine di 48 mesi.
Ma solo a determinate condizioni.
Se il debitore omette il versamento dell’importo determinato dal giudice, ovvero procede al pagamento con ritardi oltre 30 giorni il versamento di una sola rata, le somme versate formano parte dei beni pignorati.
La rateizzazione, come esplicita la norma, è possibile solo se ricorrano giustificati motivi.
Precisiamo a tale proposito che nell’ipotesi in cui venga concessa la rateizzazione, la somma da versare sarà maggiorata degli interessi scalari, al tasso convenzionale che sia stato eventualmente pattuito o in difetto al tasso legale vigente.
Si noti altresì che sebbene i versamenti effettuati dal debitore abbiano cadenza mensile, il pagamento nei confronti del creditore avverrà solo ogni sei mesi.
In ogni caso, le cose pignorate verranno liberate dal vincolo solamente una volta che sia stata versata l’intera somma a estinzione della procedura.
3. L’udienza fissata dal giudice
In seguito all’istanza di conversione del pignoramento presentata dal debitore e della somma pari a un sesto, il giudice fissa un’udienza ad una data non superiore di 30 giorni dal deposito stesso.
A tale udienza devono presenziare, naturalmente, sia il creditore che il debitore.
Il giudice, dopo aver sentito le parti, decide con un’ordinanza la somma complessiva da versare affinchè sia sostituita ai beni pignorati.
In questo modo potrà venir meno l’intera procedura esecutiva, dunque il pignoramento fino ad allora in atto.
Ovviamente, come si può facilmente evincere, per estinzione del pignoramento si intende il procedimento relativo ai beni.
Infatti, d’ora in poi, con l’accoglimento dell’istanza di conversione del pignoramento, oggetto di espropriazione saranno le somme che il debitore verserà al creditore in sostituzione del pignoramento dei beni, come accennato.
Per riprendere un’importante sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 4525/1998), il pagamento da parte del debitore esecutato delle somme determinate in sede di conversione non ha alcuna incidenza sul titolo esecutivo o sul credito dal quale tale titolo trae origine.
Detto pagamento non è quindi un modo d’estinzione dell’obbligazione sostanziale e del credito vantato dai creditori pignoranti o intervenuti, né comporta il venir meno della procedura esecutiva, che continua sulle somme pagate dal debitore.
Nell’udienza successiva alla prima il giudice valuta se i pagamenti siano stati effettuati regolarmente, e, in caso di esito positivo, dichiara estinto il pignoramento.
4. La riforma della conversione del pignoramento: differenze
Il D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 rubricato “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione” ha introdotto delle modifiche in merito alla conversione del pignoramento.
Potrebbe risultare interessante, infatti, effettuare un parallelismo tra la normativa vigente e quella precedente.
Prima dell’introduzione della riforma la somma da versare era pari a un quinto e le rate previste erano massimo 36.
Oggi, la somma da versare a titolo di cauzione deve essere pari a un sesto.
Inoltre, le rate concesse dal giudice non devono superare la soglia di 48 mesi.
Nessuna modifica, invece, in merito alla inammissibilità di una seconda istanza di conversione del pignoramento, esplicitata all’ultimo comma dell’art. 495 del codice di procedura civile.
In conclusione
La materia non è semplice, ma spero, comunque, di aver fugato ogni tuo dubbio.
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