Decreto Ingiuntivo: come farlo

INDICE

1. Cos’è il decreto ingiuntivo?

II decreto ingiuntivo è uno strumento molto utile che il creditore può sfruttare nel momento in cui il  debitore non sembra intenzionato a pagare il suo debito.

Il creditore che non può più godere della cifra prestata si trova in una situazione molto scomoda, nonché fastidiosa, e per questo motivo sono stati creati degli strumenti a cui può ricorrere per cercare di recuperare il suo credito.

Uno di questi è il decreto ingiuntivo, abbastanza rapido quanto efficace per poter riottenere il proprio credito, che consente di accedere facilmente al pignoramento, soprattutto ove il creditore richieda un decreto provvisoriamente esecutivo.

Laddove fossi interessato, in quanto creditore o debitore, al decreto ingiuntivo, ti invitiamo nella prosecuzione della lettura. Con il presente articolo ci proponiamo di offrirti un quadro chiaro ed esaustivo della disciplina in materia.

Il decreto ingiuntivo è un atto emesso dal giudice che contiene l’ordine al debitore di adempiere alla propria obbligazione, ossia al pagamento della cifra prestabilita in accordo con il creditore, alla consegna di una cosa mobile determinata o di cose fungibili.

Quindi esso è un atto con il quale il giudice ingiunge di procedere a:

  • pagare una somma di denaro;
  • consegnare una determinata quantità di cose fungibili;
  • consegnare una quantità di cose determinate.

Il pignoramento dei bendel debitore è possibile perché il decreto ingiuntivo è un provvedimento esecutivo, ossia permette di modificare molto velocemente l’atto in un titolo esecutivo.

Il decreto ingiuntivo è uno strumento molto comodo dal punto di vista del creditore perché gli consente, prima di tutto, di aprire un procedimento con delle tempistiche molto ristrette, non ha costi eccessivi rispetto alla procedura ordinaria e la sua emissione è molto rapida.

Il decreto ingiuntivo è disciplinato dall’art. 633 c.p.c.. E’ un atto giudiziario che si connota per un procedimento celere.

Secondo quanto stabilisce la disposizione, l’adempimento deve essere portato a termine entro un lasso temporale ben definito di 40 giorni. Allo scadere di questo, se il debitore non ha ancora adempiuto all’obbligazione che ha assunto, vedrà pignorati i suoi beni.

Il decreto è un titolo esecutivo, che si ottiene grazie ad un procedimento sommario, quindi in modo piuttosto rapido e celere, in assenza di contraddittorio tra le parti.

Quindi non viene ascoltato l’assunto debitore, si procede direttamente a riconoscere il provvedimento, con un accertamento non approfondito del diritto. A tale fase può eseguire una a cognizione piena, secondo le forme del di rito ordinario, definita come opposizione al decreto ingiuntivo. Dunque, la caratteristica principale di tale procedura è che prevede una doppia fase. 

 Ad esso segue in genere un’esecuzione forzata, ossia un pignoramento

1.1. Vantaggi del decreto ingiuntivo

Il decreto ingiuntivo, dunque, ha molteplici vantaggi. Il principale attiene alla velocità con la quale si ottiene un titolo esecutivo. Esso si connota infatti per la maggior semplicità del procedimento e la rapidità nell’emissione. Inoltre anche da un punto di vista economico, esso consente di contenere i costi processuali, rispetto ad un processo a cognizione ordinaria. 

Il provvedimento, come dicevamo, produce immediatamente efficacia esecutiva. Esso dunque è uno strumento che consente al creditore.

Ovviamente per ricorrere a questa procedura dovranno anche essere rispettati alcuni presupposti e ricorrere determinati requisiti, in particolare per quel che attiene al credito.

2. I requisiti per chiedere il decreto ingiuntivo

Il primo articolo (art. 633 c.p.c.) che regola il decreto ingiuntivo stabilisce anche quelli che sono i requisiti. Analizziamolo dal principio per capire chi è il soggetto che deve fare domanda e quali caratteristiche deve avere il credito.

Iniziamo dicendo che il decreto ingiuntivo viene emesso su espressa richiesta del creditore. È lui che dà il via a tutto il procedimento. Per poterlo fare, deve essere titolare di un diritto di credito e deve dimostrarlo attraverso una prova scritta.

Abbiamo detto che il diritto di credito può avere ad oggetto una somma di denaro liquida ed esigibile, dunque che sia determinata nel suo ammontare e riguardante un credito scaduto, una cosa mobile determinata o un insieme di cose fungibili, quindi intercambiabili. 

Tuttavia, tale previsione subisce talvolta delle deroghe, ad esempio in caso di sfratto per morosità. In questo caso il locatore può chiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo, anche laddove i canoni non siano ancora scaduti, ai sensi dell’art. 664 c.p.c.. 

Se il proprio credito non rientra all’interno di questi, non può agire mediante decreto ingiuntivo.

Non è, quindi, possibile richiedere il decreto ingiuntivo per l’adempimento a crediti diversi da quelli indicati, sono allora esclusi:

  • i crediti di fare e non fare;
  • i crediti per il rilascio di cose immobili;
  • e i crediti aventi ad oggetto una quantità indeterminata di denaro o di cose fungibili.

La prova scritta di questo credito può essere data in tanti modi. Mediante scrittura privata, polizza, promessa unilaterale o telegramma.

L’articolo in questione cita anche due casi particolari, ossia quando il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali e stragiudiziali o il rimborso di spese effettuate da avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chi abbia prestato la propria opera in un processo. Cita anche i crediti che riguardano onorari, diritti o rimborsi che spettano ai notai in base alla loro legge professionale, o a coloro che esercitino una libera professione o un’arte con una tariffa legalmente approvata.

2.1. Crediti di cose fungibili

Come evidenziato nel paragrafo precedente, non tutti i crediti possono essere oggetto di decreto ingiuntivo, ma solo alcune specifiche categorie.

La principale categoria che viene in evidenza è quella dei crediti pecuniari, i quali devono avere anch’essi alcune caratteristiche.  Tuttavia essa non è l’unica categoria di crediti che viene in evidenza.

Essa può infatti avere ad oggetto anche una quantità di altre cose fungibili, come contemplato dall’art. 693 c.p.c.. I beni fungibili sono quella categoria di beni che presentano caratteristiche uguali ad altri beni e le stesse qualità, oltre a comportare il medesimo risultato di altri. Sono quindi identici per genere, a tale categoria ad esempio appartengono, oltre il denaro, anche i prodotti agricoli, come il grano, oppure combustibili, noto esempio è il petrolio. 

In questo caso, se il diritto di credito ha ad oggetto una quantità precisa di tali beni, come un quintale di grano, allora il decreto ingiuntivo potrà avere ad oggetto suddetta prestazione. Il creditore, ovviamente, può anche decidere di accettare una somma di denaro in sostituzione della quantità di beni fungibili, oggetto di prestazione. 

Per i beni infungibili, ossia quei beni che non sono sostituibili, in quanto unici e non appartenenti ad un genere, come un’opera d’arte, in questo caso non potrà essere emesso un decreto ingiuntivo, non si potrà ricorrere alla procedura monitoria, per ottenere l’adempimento. 

2.2. Crediti di cosa individuata

Il diritto di credito, invero, può avere ad oggetto anche una cosa mobile, non fungibile, purché essa sia determinata, ossia precisamente individuata. Un esempio canonico di tale tipologia di crediti è quello dell’obbligo di consegna, derivante in genere da un contratto di compravendita. In questo caso, il creditore chiede con decreto ingiuntivo la consegna del bene che ha acquistato.

La giurisprudenza, invero, si è occupata di un caso del genere, con la setenza n. 6322/2006, il quale aveva ad oggetto la vendita a rate di un elettrodomestico. In tal sede si affermò che il debitore, il quale non aveva ancora pagato integralmente il corrispettivo, poteva esercitare un’azione contrattuale, di natura personale, e non un’azione reale di rivendica, per ottenere il bene oggetto di contratto. 

Tramite decreto ingiuntivo, inoltre, può essere anche fatta richiesta di consegna di documenti. Ad esempio, un’ipotesi canonica, è quella del socio a cui venga vietata la possibilità di accedere alla documentazione contabile.

In tal caso può chiedere la consegna mediante procedura monitoria. Altrettanto tipica è l’ipotesi in cui l’amministratore di condominio neghi al condomino l’accesso ad eventuali documenti. In questo caso si può chiedere con decreto la consegna, prima di adire il giudice al fine di ottenere il medesimo risultato.

3. Onere della prova

Al fine di ottenere il decreto ingiuntivo, il diritto di credito deve esser utilmente comprovato. Infatti, è possibile richiedere tale provvedimento solo se il diritto è provato mediante prova scritta. Invero, il legislatore, all’art. 634 c.p.c., ha previsto un elenco di documenti che possono costituire prova certa del diritto di credito:

  • polizze (assicurative, fideiussorie, di pegno),
  • promesse unilaterali , appartengono a questa categoria: promessa di pagamento, ricognizione di debito, promessa al pubblico, titoli di credito come assegni e cambiali art. 642 c.p.c.,
  • scrittura privata,
  • telegramma;
  • estratti autentici delle scritture contabili, per i crediti di somministrazione di merci, denaro e servizi resi da imprenditori commerciali. Con essa si prova la provenienza della dichiarazione, non anche l’esistenza  del diritto. Tuttavia, si rammenta, che, in sede di opposizione al decreto, tale documento non può valere come prova, in quanto è una fattura prodotta dalla stessa parte del processo. 

Ovviamente, l’elenco in esame è meramente esemplificativo. Possono essere individuati altri documenti tramite i quali offrire l’onere della prova. Ad esempio nell’ambito delle obbligazioni condominiali, può costituire prova scritta anche il verbale dell’assemblea, il quale prevede alla ripartizione delle spese, come approvato dall’assemblea. 

4. Rimedi prima del decreto ingiuntivo?

Al fine di ricorrere al decreto ingiuntivo, puoi prendere in considerazione le procedure stragiudiziali mediante le quali ottenere l’adempimento al tuo diritto di credito, senza ricorrere al giudice. 

In primo luogo dovrai provvedere a rintracciare il debitore, individuando la residenza o il domicilio dello stesso. In questo modo, potrai consentire ad un’eventuale società di recupero crediti di conoscere la residenza anagrafica, il domicilio fiscale e le imprese o altre attività commerciali a carico del debitore, oltre che il recapito telefonico, il quale è determinante in questa fase. 

Ti consigliamo, infatti, prima di ricorrere al decreto ingiuntivo, di provvedere con solletico telefonico o anche mediante pec, se ne sei in possesso, o raccomandata. 

Questa attività è in genere svolta da un professionista, che sia un legale o una società di recupero crediti specializzata nel settore. Potresti, invero, procedere anche autonomamente, ma in tal caso, è assai probabile che dovrai affrontare una contestazione telefonica. 

Proprio per tale ragione è forse preferibile affidarsi ad un esperto di recupero crediti. 

Laddove tale operazione non vado a buon fine, potresti anche decidere di ricorrere ad un sollecito al domicilio. Tale operazione si realizza tramite la presentazione al domicilio del creditore di un esattore. Questo verifica direttamente la possibilità del debitore di procedere all’adempimento e provvederà a discutere delle modalità di risoluzione del conflitto in atto. 

L’esattore può provvedere a offrire diverse soluzioni, tra cui il pagamento a rate o la sottoscrizione di cambiali. 

Nel caso in cui, neanche con questa procedura, si dovesse giungere alla composizione della controversia e al pagamento del credito, si procede alla messa in mora. Il creditore può quindi inviare una raccomandata con l’atto di costituzione in moda. 

In tale documento, sarà invitato nuovamente il debitore all’adempimento del credito, fissando anche un termine definitivo. Laddove anche a questo punto il debitore non dovesse adempiere, allora si procede mediante la procedura giudiziale. 

4.1. I vantaggi del recupero del credito stragiudiziale 

Recuperare il credito in via stragiudiziale, laddove risulti possibile, è sicuramente da preferire rispetto al recupero giudiziale. 

In primo luogo vi è una considerevole riduzione dei costi. Come è ormai noto, infatti, le spese giudiziale possono essere considerevoli. Inoltre, dovrai tener presente anche che la procedura è molto più snella e celere. Come abbiamo evidenziato più volte ti invitiamo ad affidarti ad un professionista o una società di recupero crediti. 

Cosa fare prima di ricorrere al decreto ingiuntivo?

Come abbiamo evidenziato nei paragrafi precedenti, è possibile procedere al decreto ingiuntivo se il credito è liquido ed esigibile. Dunque, è necessario effettuare una valutazione la consistenza del patrimonio del debitore, tenendo in considerazione sia i beni mobili che immobili. 

Si dovranno anche esaminare le fonti di reddito derivante da attività lavorativa o da pensione. Infine, sarà necessario procedere anche ad una verifica dei rapporti con le banche. 

5. Chi è il giudice competente?

La prima questione da esaminare attiene all’individuazione del giudice competente per svolgere predetta procedura monitoria. Come precisato all’interno dell’art. 637 c.p.c. è competente il Giudice di Pace o il Tribunale che sarebbe stato competente se la domanda fosse stata proposta in via ordinaria. In realtà, la competenza può spettare anche all’ufficio giudiziario che si è espresso sul credito.

Sempre citando l’articolo in questione, gli avvocati e i notai che propongono la domanda d’ingiunzione per conto dei propri clienti, possono farlo nei confronti del giudice competente per valore nel luogo dove ha sede il consiglio dell’ordine al cui albo sono iscritti o il consiglio notarile da cui dipendono.

Esaminiamo nel dettaglio alcune questioni.

Per il decreto ingiuntivo si adottano le stesse regole sulla competenza previste per il procedimento ordinario. Quindi, si applicano i criteri della competenza per materia, territorio e valore.  Esaminiamo brevemente questi tre criteri per procedere ad individuare il giudice competente. 

5.1. Competenza per valore 

La competenza per valore è determinata in considerazione del valore economico della controversia. 

I criteri ed i meccanismi di calcolo del valore delle controversie, sono disciplinati dagli artt. da 11 a 17 c.p.c. . All’art. 10 c.p.c., si prevede una norma introduttiva, che funge da presupposto e base per le successive. 

In particolare per le cause relative ai beni mobili di valore non superiore ai 5 mila euro appartengono al Giudice di Pace. Mentre per quanto riguarda il Tribunale la competenza risulta essere residuale, ossia tutte le cause che non sono attribuite al Giudice di pace sono devolute all’autorità superiore. 

5.2. Competenza per territorio 

Mentre per quanto riguarda la competenza per territorio questa è determinata in base al generale criterio della residenza o domicilio del convenuto. Laddove entrambi non siano conosciuti, si procede ad individuare il giudice territorialmente competente in base al criterio della dimora abituale. 

Se il convenuto, poi, non ha residenza o dimora nello Stato, è compete il giudice del luogo di residenza dell’attore. 

Questa è la regola per individuare il foro generale. Tuttavia, possono esserci anche fori facoltativi per alcune specifiche materie. Ad esempio, laddove la causa abbia ad oggetto le obbligazioni, in questo caso si prevedono due fori alternativi, infatti è possibile scegliere tra il foro in cui è sorta l’obbligazione o dove è stata eseguita.

Altrettanto, inoltre, accade rispetto al consumatore, in questo caso se è parte del conflitto, si sceglie in preferenza il foro del suo domicilio. 

Costituisce foro facoltativo alternativo quello relativo ai crediti di avvocati e notai. In questo caso il giudice competente è quello del luogo in cui ha sede il Consiglio dell’ordine, a cui il professionista è iscritto. 

5.3. Competenza per materia

Infine, possiamo brevemente descrivere la competenza per materia. In questo caso, l’organo giudicante viene individuato in relazione al tipo di controversia sottoposta a giudizio, alla natura e alle caratteristiche del rapporto giuridico dedotto che viene in evidenza. 

In via esemplificativa all’art. 7 c.p.c. si prevede la responsabilità per le cause relative alla misura e modalità d’uso dei servizi di condominio sono devolute al Giudice di Pace. Mentre al tribunale è riservata la competenza sulle cause che hanno ad oggetto lo stato e la capacità delle persone, i diritti onorifici e per la querela di falso e l’esecuzione forzata. 

Al Tribunale sono poi state trasferite alcune competenze del pretore, dopo la soppressione delle preture. Ha competenza sulle cause di lavoro e previdenza, oltre che le controversie che hanno ad oggetto contratti di locazione o comodato su immobili. 

6. Come funziona il decreto ingiuntivo?

Procediamo ora alla descrizione del procedimento per decreto ingiuntivo per il recupero del credito, che come dicevamo prevede due fasi, quella monitoria, ossia sommaria e celere, in assenza di contraddittorio, e la fase eventuale di cognizione piena mediante opposizione al decreto ingiuntivo. 

La prima mossa spetta al creditore. Per dare inizio alla procedura deve depositare il ricorso con cui si domanda il decreto ingiuntivo insieme alla prova scritta a testimonianza del suo credito.

Il ricorso per decreto ingiuntivo deve contenere degli specifici elementi, individuati dal legislatore.

In particolare, esso si evince dal combinato disposto degli artt. 125 e 638 c.p.c.,. Deve quindi contenere:

  • l’ufficio giudiziario ossia il giudice competente;
  • le parti, con indicazione delle generalità di creditore e debitore, ossia nome e cognome, indirizzo, codice fiscale;
  • individuazione dell’avvocato del ricorrente oppure, quando è ammessa la costituzione di persona, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito,
  • l’oggetto, ossia il diritto di credito che viene fatto valere;
  • le ragioni della domanda, che in genere è l’inadempimento del debitore;
  • le prove che si producono, che come abbiamo affermato nei paragrafi precedenti, deve trattarsi di una prova scritta documentale, come la fattura o la cambiale su cui si fonda la pretesa;
  • la richiesta della provvisoria esecuzione ai sensi dell’art. 642 c.p.c., ove ne ricorrano i presupposti per farne richiesta;
  • le conclusioni, cioè la richiesta di ingiunzione di pagamento;
  • la procura alle liti;
  • la sottoscrizione, nell’originale quanto nelle copie da notificare, dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore, che indica il proprio codice fiscale, il proprio numero di fax e l’indirizzo PEC.

Dunque, tale ricorso, con il contenuto prescritto, deve essere poi depositato in cancelleria. Ovviamente andranno depositati anche i documenti allegati. Non possono esser ritirati fino al termine della procedura monitoria, ossia nel termine stabilito nel decreto, che non è inferiore, in genere, ai 40 giorni. 

6.1. Come avviene il deposito?

Nel paragrafo precedente abbiamo indicato gli elementi che devono essere contenuti nel ricorso. Questo deve essere depositato presso la cancelleria del giudice competente. Per quanto riguarda la modalità di deposito esso varia a seconda del giudice competente. In particolare: 

  • presso il Tribunale è obbligatorio il deposito telematico;
  • presso il Giudice di Pace è ancora in vigore il deposito cartaceo.

Con il deposito del ricorso devono essere depositati anche i seguenti atti:

  • la nota di iscrizione a ruolo;
  • il ricorso per decreto ingiuntivo;
  • la procura alle liti;
  • le prove;
  • il contributo unificato e l’anticipazione forfettaria (vedasi il paragrafo sui costi);
  • la nota spese dell’avvocato.

6.2. Come si effettua il deposito telematico?

Come evidenziato nel precedente paragrafo, il ricorso  presso il Tribunale, dal 30 giugno 2014, deve essere obbligatoriamente depositato in via telematica. Eventualmente il giudice o il Presidente del Tribunale può autorizzare al deposito secondo le modalità tradizionali.

Ciò in genere accade quando i sistemi informatici di dominio giustizia non risultino attivi e funzionanti. Laddove sussiste un’urgenza del deposito, si procede in via cartacea, come disposto all’art. 16 bis c. 4 d. legge 179/2012. 

Differentemente succede per il deposito dell’opposizione, per il quale è sempre ammesso il deposito cartaceo, oltre che mediante sistema telematico secondo le regole tecniche del Processo telematico. 

Il ricorso deve essere redatto con dei programmi di videoscrittura, come ad esempio in word, ma deve poi essere convertito in pdf. Al documento deve anche essere apposta la firma digitale per autenticarlo. 

Deve, inoltre, esser specificato se si tratta di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. Inoltre deve anche esser chiaramente indicata la somma di cui si ingiunge il pagamento, mettendola in evidenza anche con specifici caratteri o il grassetto, in modo da renderla facilmente individuabile. 

Ovviamente a tal fine dovrà essere impiegato uno specifico programma per la creazione della busta telematica. Devono essere compilati i vari campi, flaggata l’opzione di provvisoria esecuzione. 

Deve inoltre essere indicata, nella c.d. busta telematica, l’indirizzo Pec del tribunale e anche:

  • la procura alle liti;
  • altri allegati semplici, ad esempio la ricevuta del contributo unificato o la nota spese; 

Tutti i files in questione, devono essere compattati in un unico file, che costituisce la predetta “busta telematica.

Tale file, o meglio la busta telematica, necessariamente non deve superare i 30 mb. Laddove sia superato il limite, si procede ad inviare più buste telematiche, provvedendo a numerarle adeguatamente. Dovrà poi essere inviata alla cancelleria mediante PEC

Per quanto riguarda i pagamenti, che devono essere adempiuti, possono essere effettuati anch’essi telematicamente o mediante modello F23. E’ possibile procedere alla scansione del contributo unificato, in tal modo acquistando materialmente la marca bollo.

Tale contributo deve anche essere consegnato successivamente (e fisicamente) in cancelleria.

6.2. Quali sono i vantaggi del deposito telematico?

Anche il provvedimento poi sarà emesso dal giudice mediante un software, che è messo a disposizione dal Ministero della Giustizia. Quindi, l’intera procedura è telematica. 

In tal modo, come evidente, l’iter che già è piuttosto celere, viene ulteriormente velocizzato per il tramite delle nuove tecnologie. Anche per l’avvocato e il cliente c’è un’indubbia convenienza, anche perché si può procedere alla compilazione in modo piuttosto semplice, apponendo la firma digitale. 

Anche per il tribunale risulta un sistema preferibile, perché consente di emettere il provvedimento in tempi più che dimezzati, ciò produce anche un effetto deflattivo del contenzioso, riducendo il carico pendente nei tribunali. 

Dunque, sia la Giustizia che il creditore ottengono indubbi vantaggi dal procedimento telematico. In punto di spese, vi è un evidente riduzioni dei costi  e delle spese amministrative. In questo modo si riducono al minimo anche gli adempimenti burocratici per lo svolgimento della procedura. 

7. Decreto ingiuntivo e provvisoria esecutività

Come abbiamo accennato nei precedenti paragrafi, il decreto ingiuntivo può essere provvisoriamente esecutivo, su richiesta dal debitore. In tal modo si produrrà una drastica riduzione dei termini. 

Tale effetto si produce ogniqualvolta il decreto ingiunge al debitore di provvedere al pagamento della somma immediatamente. Infatti si prevede il termine, in genere non superiore a 40 giorni dalla notifica, entro il quale si deve procedere all’adempimento. 

Anche se provvisoriamente esecutivo, il creditore richiedente il decreto ingiuntivo deve altresì provvedere a notificare l’atto di precetto. Tale operazione deve essere adempiuta, individuando il termine di 10 gg, che consentono al debitore di agire in opposizione o di provvedere all’adempimento, nel rispetto di predetto arco temporale. 

Il decreto dotato di provvisoria esecutività può essere emesso solo se ricorrono specifici requisiti previsti dalla legge all’art. 642 c.p.c.. La norma infatti dispone che affinché l’atto produca l’effetto deve essere emesso al ricorrere delle seguenti condizioni:

  • in caso di credito fondato su assegno bancario o circolare, su atto da pubblico ufficiale autorizzato o da notaio;
  • di comprovata ammissione di debito sottoscritta, per l’appunto, dal debitore;
  • in presenza di gravi pregiudizi;
  • se è la legge stessa a prevederlo, come per la materia di crediti condominiali.
  • Il giudice deve autorizzare la provvisoria esecuzione del decreto.

Solo al ricorrere di predette caratteristiche, il decreto sarà esecutivo, in quanto sussiste un pericolo di grave pregiudizio laddove si adempia con ritardo. Inoltre, tale provvisoria esecutorietà può discendere dalla prova certa del diritto, quando sono allegati documenti sottoscritti dal debitore che ne affermano l’esistenza. Il giudice può comunque autorizzare la provvisoria esecuzione, ove sia versata una cauzione. 

Sia ove  il decreto ingiuntivo sia ordinario oppure sia decreto con provvisoria esecuzione, l’ingiunto può sempre intervenire con opposizione.

7.1. Casi in cui il decreto ingiuntivo sia esecutivo per legge

Il decreto ingiuntivo può essere anche provvisoriamente esecutivo in assenza di predette condizioni, laddove si rientri in una delle ipotesi espressamente previste dalla legge. Il legislatore ha introdotto infatti specifiche disposizioni in cui il decreto ingiuntivo è immediatamente esecutivo.

Possiamo richiamare alcune disposizioni; cioè se il decreto è emesso:

  • per il pagamento dei canoni di locazione dovuti in caso di morosità (art. 664 c. 3 c.p.c.);
  • per il pagamento delle spese condominiali su istanza dell’amministratore di condominio sulla base dello stato di ripartizione approvato dall’assemblea (art. 63 c. 1 disp. att. c.c.);
  • dal presidente del tribunale su istanza di chiunque vi abbia interesse per il mantenimento della prole (art. 316 bis c. 2,3 c.c.);
  • richiesto dagli enti previdenziali per il recupero dei contributi e accessori per le forme obbligatorie di previdenza e assistenza (art. 1 c. 13, d. legge 688/1985);
  • per il pagamento del prezzo non corrisposto nel contratto di subfornitura (art. 3 c. 4 legge 192/1998).

8. La decisione del giudice sul decreto ingiuntivo 

Il giudice deve decidere sul ricorso presentato entro 30 giorni dal deposito. Il giudice può assumere tre tipologie di decisioni. 

In primo luogo, il giudice potrebbe ritenere insufficiente gli elementi probatori allegati con il ricorso. In questo caso può disporre un’integrazione probatoria (art. 640 c. 1 c.p.c.). 

Dopo il deposito, il giudice procede alla verifica della prova e stabilisce se è sufficiente a dimostrare il diritto di credito vantato dal creditore.

Quindi, se la richiesta non è sufficientemente motivata, il giudice invita la parte a fornire ulteriori prove. In genere, egli procede anche ad indirizzare sugli elementi di cui ha bisogno nell’atto che notifica all’avvocato. 

Viene anche fissato un termine entro il quale deve essere adempiuto predetto onere.  

Se il creditore ricorrente non provvede o non ritira il ricorso, il giudice è tenuto a rigettare la domanda con decreto motivato. 

In alternativa, il giudice potrebbe decidere per il rigetto immediato del ricorso. Tale decisione è assunta laddove difettino i presupposti per l’emissione del decreto. In questo caso necessariamente egli procede al rigetto, tale evenienza si concretizza, ad esempio, ove non sia provato il credito o non si provveda all’integrazione probatoria. 

Ovviamente il creditore può comunque ripresentare il ricorso, ma non potrà impugna il provvedimento di rigetto emesso dal giudice. 

Infine, la terza tipologia di provvedimento che può esser assunta è l’accoglimento del ricorso. Se il giudice reputa fondata la richiesta, egli la accoglie e procede ad emettere il decreto ingiuntivo. 

Il decreto deve contenere degli elementi specifici:

  • l’ingiunzione di adempiere al diritto di credito, quindi di pagare o consegnare quanto richiesto dal ricorrente;
  • la liquidazione delle competenze dell’avvocato comprensive degli esborsi (contributo unificato e anticipazione forfettaria), con l’ingiunzione di pagamento (art. 641 c. 3 c.p.c.).
  • il termine entro cui l’ingiunto può proporre opposizione. Tale termine è in genere di 40 giorni, laddove non si adempia o sia proposta opposizione, il decreto diventa esecutivo trascorso il predetto termine. 

Il termine in questione, invero, può anche essere oggetto di modifica. Infatti, laddove ricorra una giusta motivazione, questo può essere ridotto a 10 giorno oppure aumentato a 60 giorni. 

In specie,  un caso peculiare, in cui potrebbe risultare necessario procedere ad aumentare il termine laddove l’atto debba essere notificato ad un cittadino non residente in uno degli Stati dell’Unione europea. In questo caso il termine è di 50 giorno, riducibile a 20 giorni.

Mentre, laddove l’intimato sia residente nei confini dell’Unione, il termine è di 60 giorni, riducibile a 30 giorni e comunque mai superiore a 120 giorni. 

Se il decreto è dotato di immediata esecutività, il giudice intima il debitore di pagare, non sono ammesse dilazioni, salvo il diritto di proporre opposizione. 

9. Notifica del decreto ingiuntivo

Nel momento in cui il debitore riceve la notifica del decreto ingiuntivo, ha quei famosi 40 giorni di tempo per adempiere la propria obbligazione, oggetto del decreto stesso.

Come abbiamo evidenziato in più occasioni, il decreto ingiuntivo è emesso in assenza di contraddittorio tra le parti. Significa che il giudice emette il decreto senza “ascoltare” le ragioni del debitore, ma unicamente quelle del creditore.

Proprio per tale ragione, è necessario procedere a notificare al debitore il provvedimento. Solo in questo momento, infatti, il debitore entra a conoscenza dell’emissione di un decreto nei suoi confronti. Quindi tale atto di notificazione risulta essenziale per recuperare il deficit di contraddittorio. 

All’ingiunto sarà notificato sia il ricorso che il decreto, in copia autentica. Gli originali dei predetti atti, tuttavia, restano disponibili per la visione in cancelleria. Dopo tale atto, il decreto resta valido per un periodo di 10 anni.

 Il procedimento di notifica varia a seconda della natura esecutiva o meno del provvedimento.

9.1. Decreto ingiuntivo non provvisoriamente esecutivo

Laddove il provvedimento non sia provvisoriamente esecutivo, si deve procedere alla notifica entro 60 giorni dal deposito in cancelleria dell’atto. Il termine è di 90 giorni, laddove si debba procedere a notificare l’atto a un soggetto residente fuori dall’Italia. Predetto termine ha carattere perentorio. 

Laddove non sia notificato, il decreto diventa inefficace, ma la domanda può esser nuovamente ripresentata. 

La notifica interrompe anche il termine di prescrizione del diritto di credito. 

In caso di mancata notifica del decreto, la parte può richiedere al giudice la dichiarazione di inefficacia. Il termine per tale istanza è di 60 giorni dalla emissione del provvedimento stesso. Il giudice competente è il medesimo che ha emesso il decreto. In questo caso, il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti, tramite decreto. Si procede alla notifica del presente atto alla controparte, la quale deve esser effettuata:

  • nel domicilio eletto dal creditore, se avviene entro l’anno dalla pronuncia,
  • personalmente alla parte se è fatta posteriormente.

In tale sede, il giudice provvede a sentire le parti e procede a: 

  • dichiara l’inefficacia del decreto ingiuntivo a tutti gli effetti. In predetta ipotesi adotta un’ ordinanza che non può esser oggetto di impugnazione;
  • rigetta l’istanza. La parte può provvedere a richiedere nuovamente l’inefficacia, secondo il rito ordinario. 
  • L’inefficacia, in caso di decreto notificato tardivamente, può esser richiesta solo in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, a norma dell’art. 645 c.p.c.. 

Mentre, se la notifica presenta dei vizi, questi pure sono fatti valere in sede di opposizione. Ricordiamo che è ammissibile anche l’opposizione tardiva, ai sensi del 650 c.p.c.. In particolare, se l’esecuzione ha avuto inizio in base al decreto ingiuntivo, la cui notifica presenta dei vizi, allora è possibile procedere a opposizione tardiva. 

9.1.1. Cosa succede dopo la notifica?

A questo punto si aprono 3 strade diverse:

  • Il debitore paga: in questo caso il debito si estingue e vengono pagate anche le spese legali;
  • Il debitore non paga: scaduti i 40 giorni il decreto ingiuntivo diventa definitivo e acquista potere esecutivo, autorizzando il pignoramento dei beni del debitore insolvente;
  • L’ultima ipotesi è quella nella quale il debitore si oppone: qui si apre un vero e proprio processo ordinario che si svolge nel contraddittorio delle parti. La decisione definitiva spetta al giudice che può accogliere totalmente l’opposizione, facendo perdere efficacia al decreto ingiuntivo, oppure può accogliere parzialmente l’opposizione, interessando una somma o quantità ridotta, o può rigettare semplicemente l’opposizione, rendendo esecutivo il decreto ingiuntivo.

9.2. Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo

Come evidenziato, la procedura è parzialmente differente, laddove il decreto sia provvisoriamente esecutivo. In questo caso, si applica la seguente disciplina.

In primo luogo, si prevede che la notifica debba esser effettuata entro 60 giorni dal deposito in cancelleria dell’atto. Il termine si estende a 90 giorni, laddove debba esser effettuata ad un soggetto che non risiede in Italia. 

Laddove la notifica non sia compiuta, il provvedimento è inefficace. Il creditore può comunque procedere a presentare una nuova richiesta. 

Fin qui, come potrai constatare la disciplina è del tutto simile a quella contemplata in caso di decreto ingiuntivo non provvisoriamente esecutivo. La principale differenza attiene al fatto che il decreto è già titolo esecutivo. Quindi non è necessario attendere i 40 giorni prima di dare esecuzione, né verificare che il debitore non abbia presentato opposizione. 

In questo caso, è automaticamente apposta la formula esecutiva. 

9.2.1. Cosa succede dopo la notifica in caso di decreto provvisoriamente esecutivo?

Dopo che sia stato notificato il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, il creditore può:

  • disporre del titolo esecutivo e proceder ad iscrizione dell’ipoteca giudiziale, casi sensi dell’at. 655 c.p.c.;
  • procedere a notificare immediatamente, insieme al decreto munito di formula esecutiva, anche l’atto di precetto;
  • trascorso il termine di 10 giorni, ove il debitore non adempia spontaneamente, il creditore può dare inizio alla procedura di esecuzione forzata.  

10. Opposizione al decreto ingiuntivo 

Esaminata nel dettaglio la fase monitoria, possiamo brevemente soffermarci sull’opposizione al decreto ingiuntivo. Come già evidenziato in precedenza, questa è disciplinata all’art. 645 c.p.c. La norma prevede questa parentesi a cognizione piena, rimessa alla valutazione discrezionale del debitore che si vede notificato il decreto. E’ uno strumento, in buona sostanza, con cui si impugna il provvedimento.

L’opposizione è regolata dalle norme sul giudizio ordinario. Quindi, trovano applicazione i principi generali, in particolare è recuperato a pieno il deficit di contraddittorio che caratterizza la fase sommaria. 

Ovviamente, quando è proposta opposizione, il decreto perde il suo carattere di definitività. Tale procedura si apre mediante atto di citazione. Il termine per proporre opposizione è di 40 giorni, ossia il termine che viene concesso dalla notifica del decreto, entro il quale il debitore può adempiere spontaneamente o fare opposizione. 

Il giudice competente per questa fase è allocato presso lo stesso ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento. 

Tale impugnazione deve poi essere notificata al ricorrente, presso la residenza o il domicilio eletto dallo stesso. Mentre, se la costituzione non è avvenuta di persona, si notifica la citazione al procuratore. 

L’istanza di opposizione deve, inoltre, essere adeguatamente motivata. Il debitore deve esporre in modo chiaro e puntuale le ragioni per le quali agisce, sostenendo l’inesistenza del diritto di credito. 

Per quanto attiene poi all’onere della prova, il legislatore ha previsto una normativa peculiare sul punto. In questa sede, infatti, colui che presenta opposizione, che è formalmente attore, è però nella sostanza il convenuto, in quanto è debitore. Ciò comporta una formale inversione dell’onere della prova, giacché il diritto di credito comunque dovrà esser provato dal creditore, che è convenuto in senso formale, ma attore in senso sostanziale. 

10.1. La disciplina del procedimento di opposizione

Come abbiamo evidenziato poc’anzi, il procedimento di opposizione si conduce secondo le regole del procedimento ordinario di cognizione, quindi a cognizione piena e non sommaria, in contraddittorio tra le parti. 

Tuttavia, tale procedimento presenta diverse caratteristiche peculiari che possiamo brevemente riassumere come segue. 

In primo luogo, abbiamo già evidenziato che in questo procedimento l’attore formale è nella sostanza convenuto, in quanto è il debitore. Ciò come evidenziato, comporta un’inversione dell’onere della prova. 

10.1.1. Termini per proporre opposizione

L’opposizione deve essere proposta entro:

  • 40 giorni decorrenti dalla notifica del decreto;
  • 50 giorni se l’intimato risiede in un paese dell’Unione europea;
  • 60 giorni se l’intimato risiede in un paese al di fuori dell’Unione europea, il termine non può essere inferiore a 30 né superiore a 120 (art. 641 c. 2 c.p.c.);
  • tra i 10 e i 60 giorni quando concorrono giusti motivi.

10.1.2. Fasi del procedimento

Deve essere, inoltre, condotta una fase istruttoria, soprattutto laddove l’istanza di opposizione non sia fondata su prova scritta. Anche in fase di opposizione, il giudice può decidere di attribuire provvisoria esecutività al decreto, mediante ordinanza che non può essere oggetto di impugnazione. 

Il procedimento si instaura tramite atto di citazione. Gli elementi del predetto atto sono individuati  in base alle norme sulla comparsa di risposta. Sul punto quindi si rinvia agli artt. 163 e 163-bis del codice di procedura civile. 

Quindi nel predetto atto dovranno esser indicati i seguenti elementi: 

  • l’indicazione del tribunale a cui si propone la domanda;
  • i dati identificativi delle parti (attore e convenuto);
  • la data della prima udienza di comparizione e l’invito al convenuto a costituirsi tempestivamente;
  • i riferimenti al procuratore e alla relativa procura.

Mentre, gli ulteriori elementi sono individuati anche dall’art. 167 c.p.c.. 

10.2. Puntualizzazione sulla competenza 

Come abbiamo evidenziato già, competente sull’opposizione è lo stesso ufficio giudiziario presso il quale è stato emesso il provvedimento oggetto di impugnazione. 

Inoltre, si prevede che, laddove sia proposta domanda riconvenzionale, se questa eccede il valore della competenza, ciò comunque non sposta la controversia innanzi ad altro giudice. 

In breve sintesi, l’opposizione a decreto ingiuntivo è un procedimento a cognizione piena, rimessa all’impulso della parte, che deve adeguatamente motivare le ragioni dell’opposizione. 

Eventuali vizi potranno comunque esser fatti valere in questa sede, anche ammettendo l’opposizione tardiva. 

10.3. Opposizione tardiva

Nel paragrafo precedente abbiamo citato la c.d. opposizione tardiva. Questa è tale se proposta oltre i termini che abbiamo individuato. Tuttavia, sarà possibile procedere oltre i termini solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, in particolare all’art. 650 c.p.c. si fa riferimento a specifici eventi quali:

  • irregolarità della notificazione,
  • caso fortuito,
  • forza maggiore.
  • In ogni caso, l’opposizione tardiva è inammissibile decorsi 10 giorni dal primo atto di esecuzione (ossia il pignoramento).

11. Esecuzione del decreto ingiuntivo

La procedura di esecuzione del decreto ingiuntivo muta a seconda che venga in evidenza un decreto non provvisoriamente esecutivo o un decreto provvisoriamente esecutivo. In questo secondo caso, infatti, il decreto è immediatamente titolo esecutivo. Ma vediamo brevemente come operare l’esecuzione del decreto.

11.1. Decreto non provvisoriamente esecutivo 

Come dicevamo poc’anzi, la disciplina dell’esecuzione in caso di decreto non provvisoriamente esecutivo diverge da quella adottata per il provvedimento provvisoriamente esecutivo. Infatti, il decreto ingiuntivo non provvisoriamente esecutivo deve essere notificato, da questo momento decorrono i 40 giorni, termine entro il quale il debitore può:

  • adempiere al diritto di credito;
  • proporre opposizione (art. 645 c.p.c.);
  • laddove non provveda né ad adempiere né a presentare opposizione, il provvedimento diventa esecutivo.

Esso quindi funge da  titolo esecutivo, che è un elemento indispensabile al fine di ottenere l’esecuzione forzata. 

Al decreto è apposta la c.d. formula esecutiva, solo in tal caso esso potrà fungere da titolo al fine di procedere ad aggredire i beni del debitore. La formula, come prevista dalla legge, presuppone che sia inserita prima un’intestazione, “Repubblica Italiana – In nome della legge”. Poi è inserita dal cancelliere, sia sull’originale che sulla copia autentica, la seguente dicitura: «Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti».

Il decreto con tale formula e il precetto vengono notificati al creditore. Questo ha un termine di 10 giorni per adempiere. Laddove non adempia il creditore può procedere al pignoramento dei beni del debitore. 

11.2. Decreto provvisoriamente esecutivo

La disciplina dell’esecuzione è in parte differente laddove il decreto sia provvisoriamente esecutivo, ossia quando già è titolo esecutivo. In questo caso, il creditore già ha a disposizione l’atto dotato di formala esecutiva. Quindi potrà procedere immediatamente alla notifica del decreto e del precetto. Trascorsi 10 giorni, egli procederà all’esecuzione forzata e così procedere al pignoramento.

Quindi in questo caso non deve attendere il termine di 40 giorni, necessaria a rendere definitivo il provvedimento e procedere poi alla notifica. 

Quindi, in sintesi, in caso di provvisoria esecutività, il creditore già dispone di un titolo valido per procedere ad iscrivere lipoteca giudiziaria.

Provvede all’immediata notifica del decreto munito di formula esecutiva al debitore. Trascorsi 10 giorni, previsti per l’adempimento, entro i 90 dalla notifica, può procedere all’esecuzione forzata. 

Ovviamente, al debitore non sono preclusi gli strumenti di tutela normalmente riservategli dall’ordinamento. Quindi egli potrà:

  • proporre opposizione al decreto ingiuntivo (art. 645 c.p.c.),in questa sede può far valere l’assenza dei presupposti per il decreto ingiuntivo o la provvisoria esecutività o anche i vizi della notificazione;
  • presentare opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.), laddove ritenga che il creditore non possa procedere a porre in essere l’esecuzione;
  • presentare opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.),laddove intenda far valere dei vizi formali del provvedimento di cui è munito il creditore per l’esecuzione. 

12. Il pignoramento 

Il pignoramento è la fase principale dell’esecuzione forzata, a cui dà avvio. Questa è una delle conseguenze maggiormente gravose per il debitore, alla quale si giunge al termine della procedura per decreto ingiuntivo. 

L’atto di pignoramento, dunque, deve essere notificato obbligatoriamente nel momento in cui si dà inizio alla procedura di espropriazione forzata. Lo stesso creditore è tenuto a dare impulso a tale procedura, al fine di ottenere l’adempimento alla prestazione che gli è dovuta. 

E’ un procedimento esecutivo, che consente di soddisfare il diritto di credito, tramite il quale si consente di sottrarre al debitore alcuni beni, procedere alla vendita o assegnazione, al fine di ottenere liquidità da attribuire al creditore. 

Mediante il  pignoramento si procede a vincolare alcuni beni del debitore. Questo, infatti, non potrà procedere ad alienarli o a disporne.  Il principale effetto è quello di rendere inefficaci eventuali atti compiuti. Produce un’inefficacia relativa, ciò significa che l’atto resta valido tra le parti, ma non produce effetti nei confronti del creditore. 

13. I costi del decreto di ingiunzione

Il costo per sostenere un processo dipende dal contributo unificato. Nel caso del procedimento che riguarda il decreto ingiuntivo, il suo costo viene stabilito dal contributo unificato dimezzato, ossia ridotto del 50%.

Inoltre, il valore delle cause viene stabilito sulla base di scaglioni. Facciamo un esempio per capire meglio di cosa si tratta: se la causa ha un valore fino a 1.100,00 euro, il contributo è di 43 euro. Nel caso del procedimento per decreto ingiuntivo il contributo diventa di 21,50 euro, in quanto è dimezzato. Di seguito ogni scaglione con l’indicazione del contributo per le cause tra:

  • inferiori a 1.100, euro il contributo dimezzato è pari a 21,50 euro;
  • 1.100 e 5.200 euro il contributo dimezzato è pari a 49 euro;
  • 5.200 e 26.000 euro il contributo dimezzato è pari a 118,50 euro;
  • 26.000 e 52.000 euro il contributo dimezzato è pari a 259 euro;
  • 52.000 e 260.000 euro il contributo dimezzato è pari a 379,50 euro;
  • 260.000 e 520.000 euro il contributo dimezzato è pari a 607 euro;
  • con importo superiore a 520.000 euro il contributo dimezzato è pari a 843 euro

In realtà, ci sono tantissimi costi aggiuntivi nella procedura quali l’imposta di bollo e l’imposta di registro, le spese per le copie, per le notifiche, per la ricerca dei beni da pignorare, per l’iscrizione a ipoteca, per la tipologia di espropriazione e l’onorario dell’avvocato.

Quindi per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale è necessario procedere al pagamento di alcune imposte:

  • l’imposta di registro pari allo 0.50% dell’importo dell’ipoteca;
  • l’imposta di bollo pari a 59 euro;
  • e l’imposta ipotecaria pari al 2% del valore dell’ipoteca (si parte da un minimo di 200 euro);
  • la tassa di trascrizione pari a 35 euro;
  • onorario del professionista che si occupa dell’iscrizione.

Per quanto riguarda l’onorario del legale che ti può assistere in questo procedimento richiederà un compenso, viene in genere determinato in base al tariffario nazionale. Esso varia in considerazione anche del valore della controversia. Ad esempio per un credito di 5 mila euro, il compenso si aggirerà sui 450 euro, ma può arrivare anche ai 4 mila euro per controversie di alto valore, ove il credito si attesti introno ai 500 mila euro. 

14. La giurisprudenza prevalente in tema di decreto ingiuntivo

Cass. civ. Sez. II Ord., 26/09/2022, n. 28001.

In tema di riscossione degli oneri condominiali, non costituisce motivo di revoca dell’ingiunzione, ottenuta sulla base della delibera di approvazione di una spesa, la mancata approvazione del relativo stato di riparto, atteso che le spese deliberate dall’assemblea si ripartiscono tra i condomini secondo le tabelle millesimali, ai sensi dell’art. 1123 c.c., cosicché ricorrono le condizioni di liquidità ed esigibilità del credito che consentono al condominio di richiederne il pagamento con procedura monitoria nei confronti del singolo condomino.

Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, 17 maggio 2022, cause riunite C 639/19, SPV Project 1503, e C-831/19, Banco di Desio e della Brianza

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’ articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore non sia stato oggetto di opposizione proposta dal debitore, il giudice dell’esecuzione non possa – per il motivo che l’autorità di cosa giudicata di tale decreto ingiuntivo copre implicitamente la validità delle clausole del contratto che ne è alla base, escludendo qualsiasi esame della loro validità – successivamente controllare l’eventuale carattere abusivo di tali clausole. La circostanza che, alla data in cui il decreto ingiuntivo è divenuto definitivo, il debitore ignorava di poter essere qualificato come «consumatore» ai sensi di tale direttiva è irrilevante a tale riguardo.

Cass. civ. Sez. II Ord., 10/05/2022, n. 14705.

Poiché l’opposizione al precetto costituisce giudizio di cognizione, tutte le vicende relative al credito portato in esecuzione, ancorché successive alla data di notificazione del predetto atto, devono essere considerate dal giudice dell’opposizione, il quale è tenuto a procedere ad una verifica dell’esistenza del credito stesso, e del suo esatto ammontare, con riferimento alla data della decisione del predetto giudizio di opposizione. Ne consegue che il creditore opposto, ove non abbia specificato nel precetto la fonte del suo credito, è legittimato a fornire detta specificazione nel corso del giudizio di opposizione al precetto, documentando l’esistenza e l’importo attuale del credito stesso.

Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 30/03/2022, n. 10230.

Il decreto ingiuntivo contenente l’accoglimento del ricorso monitorio “come da domanda” può rappresentare idoneo titolo esecutivo anche per il credito relativo agli interessi a condizione che, attraverso una interpretazione complessiva del provvedimento e del ricorso per ingiunzione, sia possibile individuare una specifica richiesta di liquidazione degli interessi e che la determinazione di questi possa desumersi dalla domanda complessivamente formulata.

Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 36496 del 24 novembre 2021.

Qualora il creditore, munito di decreto ingiuntivo, provveda a rituale notificazione del medesimo, ancorché dopo il decorso del termine d’efficacia fissato dall’art 644 c.p.c. (anche in ipotesi di precedente infruttuoso tentativo di notificazione in detto termine), le ragioni del debitore, comprese quelle relative all’inefficacia del titolo prevista dalla citata norma, possono essere fatte valere solo con l’ordinaria opposizione da esperirsi nel termine di legge, e non anche attraverso gli strumenti previsti dagli artt. 188 disp. att. c.p.c. (ricorso per la declaratoria d’inefficacia del decreto) e 650 c.p.c. (opposizione tardiva), i quali presuppongono, rispettivamente, la mancanza o la giuridica inesistenza della notificazione del decreto, e il difetto di tempestiva conoscenza del decreto stesso per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. Ne discende che, ove il decreto sia stato notificato (ancorché tardivamente), il ricorso proposto dal debitore ai sensi dell’art. 188 disp. att. c.p.c. per la declaratoria di inefficacia del decreto stesso è inammissibile, sicché l’ordinanza resa dal tribunale, con cui venga erroneamente pronunciata la nullità del decreto, attenendo a valutazioni da rendersi nel procedimento da adottare (ossia, l’opposizione di cui all’art. 645 c.p.c.), ha natura di sentenza, impugnabile mediante l’appello e non già, come nella specie, col ricorso per cassazione.

Cass. civ. Sez. II Ord., 06/10/2021, n. 27089.

Salvo il giudicato interno, l’eccezione di frazionamento del credito sollevata dalla parte non soggiace a preclusioni, in quanto, attenendo alla proponibilità della domanda, è rilevabile anche di ufficio dal giudice, il quale, ove provveda in tal senso, è tenuto ad assegnare al creditore un termine a difesa, al fine di consentirgli di provare l’esistenza di un interesse alla tutela processuale. (In contrasto con tale principio, il giudice di pace, nella causa di opposizione a due decreti ingiuntivi azionati da un avvocato, aveva invece omesso di concedere all’opposto un termine per replicare all’eccezione di frazionamento del credito sollevata con memoria dall’opponente).

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 08/09/2021, n. 24191.

Il decreto ingiuntivo che sia stato opposto dai debitore poi fallito e opponibile alla massa fallimentare, a condizione che sia stata pronunciata sentenza di rigetto dell’opposizione, ovvero ordinanza di estinzione, divenute non più impugnabili – per decorso del relativo termine – prima della dichiarazione di fallimento, restando irrilevante che con i detti provvedimenti sia stata dichiarata l’esecutorietà del decreto monitorio, ex art. 653 c.p.c., ovvero che sia stato pronunciato, prima dell’apertura del concorso tra i creditori, il decreto di esecutività di cui all’art. 654 c.p.c.

Cass. civ. Sez. II Ord., 31/08/2020, n. 18129.

Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per contributi condominiali ha ad oggetto l’intera situazione giuridica controversa, sicché è al momento della decisione che occorre avere riguardo per la verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione e dei presupposti di fatto e di diritto per l’accoglimento della domanda di condanna del debitore; ne consegue che l’annullamento della delibera di riparto, su cui era radicato il decreto ingiuntivo, non preclude al giudice dell’opposizione di pronunciare sul merito della pretesa, emettendo una sentenza favorevole ove l’amministratore dimostri che il credito azionato sussiste, è esigibile ed il condominio ne è titolare, ai sensi degli artt. 1123 e ss. c.c.

Cass. civ. Sez. I Ord., 16/07/2020, n. 15224.

L”opposizione al decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione teso all’accertamento dell’esistenza del diritto di credito azionato dal creditore con il ricorso – sicché la sentenza che decide il giudizio deve accogliere la domanda del creditore istante, rigettando conseguentemente l’opposizione, quante volte abbia a riscontrare che i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non sussistenti al momento della proposizione del ricorso o della emissione del decreto, sussistono tuttavia in quello successivo della decisione. Ne consegue che l’opponente è privo di interesse a dolersi del fatto che la sentenza impugnata, nel rigettare l’opposizione, non abbia tenuto conto che difettava una delle condizioni originarie di ammissibilità del decreto ingiuntivo, quando tale condizione, in realtà, sia maturata immediatamente dopo e comunque prima della definizione del giudizio di opposizione. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione mediante il quale l’originario opponente si limitava a contestare la sussistenza dei caratteri della liquidità ed esigibilità del credito all’epoca della proposizione della domanda monitoria).

Cassazione civile, Sez. VI-2, ordinanza n. 10648 del 5 giugno 2020.

La decisione adottata all’esito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, emesso per crediti derivanti da prestazioni giudiziali resa da un avvocato, non è appellabile, ma ricorribile per cassazione, qualora il relativo giudizio, sebbene introdotto con atto di citazione e deciso in forma di sentenza, si sia in concreto svolto secondo quanto stabilito dall’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, per effetto del mutamento del rito da ordinario a sommario, seguito dalla trasmissione della causa al Presidente del Tribunale e dalla nomina del giudice relatore che, all’esito dell’istruttoria, abbia rimesso le parti al collegio.

Cass. civ. Sez. III Sent., 28/01/2020, n. 1928.

Il precetto fondato su decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per mancata opposizione non deve essere preceduto da un’ulteriore notifica del provvedimento monitorio, ma deve fare menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e dell’apposizione della formula esecutiva (ex art. 654, comma 2, c.p.c.), nonché della data di notifica dell’ingiunzione (ex art. 480, comma 2, c.p.c.). I suddetti elementi formali sono prescritti, a pena di nullità dell’atto di precetto, allo scopo di consentire all’intimato l’individuazione inequivoca dell’obbligazione da adempiere e del titolo esecutivo azionato, sicché la loro omissione (nella specie, l’indicazione della data di notificazione del decreto ingiuntivo) non comporta l’invalidità dell’intimazione qualora sia stato comunque raggiunto lo scopo dell’atto e, cioè, il debitore sia stato messo in condizione di conoscere con esattezza chi sia il creditore, quale sia il credito di cui si chiede conto e quale il titolo che lo sorregge.

Cassazione civile, Sez. VI, ordinanza n. 15579 del 10 giugno 2019.

In sede di opposizione a decreto ingiuntivo, il provvedimento recante la dichiarazione di incompetenza del giudice che ha emanato il decreto monitorio non è una decisione soltanto sulla competenza, ma presenta un duplice contenuto, di accoglimento in rito dell’opposizione e di caducazione, per nullità, del decreto, con la conseguenza che ad esso non si applica la previsione della forma conclusiva dell’ordinanza, di cui all’art. 279, comma 1, c.p.c., come modificato dall’art. 46 della l. n. 69 del 2009.

Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 7674 del 19 marzo 2019.

In tema di pagamento di compensi di avvocato, il foro speciale di cui all’art. 637, comma 3, c.p.c. trova applicazione solo se la domanda monitoria abbia ad oggetto l’onorario per prestazioni professionali rese dall’avvocato direttamente al cliente rappresentato e difeso in giudizio e non anche ove si riferisca al credito al compenso maturato dal medesimo professionista nei confronti di un diverso collega che lo abbia incaricato, in forza di un ordinario contratto di mandato, sia pure a beneficio di un terzo, dello svolgimento di singoli atti processuali nell’interesse del proprio assistito.

Cassazione civile, Sez. VI, ordinanza n. 33150 del 21 dicembre 2018.

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo instaurato da uno dei coobbligati, l’eccezione di incompetenza territoriale del giudice adito, fondata sulla previsione pattizia di un foro esclusivo, sollevata dal medesimo, deve essere dichiarata inammissibile laddove questi non abbia contestato l’incompetenza anche in base ai criteri degli artt. 18 e 19 c.p.c., in quanto richiamati dall’art. 33 c.p.c. ai fini della modificazione della competenza per ragione di connessione.

Cass. civ. Sez. II Ord., 07/05/2018, n. 10864.

I fatti addotti da una parte possono considerarsi pacifici, rimanendo così essa esonerata dalla relativa prova, soltanto quando siano stati esplicitamente ammessi dall’altra parte, ovvero questa, pur senza contestarli, abbia impostato la propria difesa su elementi e argomenti incompatibili con il loro disconoscimento. (Nella specie, la S.C., in controversia regolata dall’art. 115 c.p.c. nella formulazione antecedente alla novella di cui alla l. n. 69 del 2009, ha ritenuto idonea e sufficiente la contestazione del credito operata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo).

Cass. civ. Sez. I Ord., 25/10/2017, n. 25317.

Il decreto ingiuntivo non opposto acquista efficacia di giudicato tanto in ordine all’oggetto che ai soggetti del rapporto giuridico con riguardo alle sole questioni dedotte ed a quelle che costituiscono i necessari e inscindibili antecedenti o presupposti logico-giuridici della pronunzia d’ingiunzione, restando, invece, esclusa la pretesa afferente ad un diverso ed autonomo rapporto contrattuale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la pronuncia di merito che aveva ritenuto preclusa dal giudicato l’azione risarcitoria del cliente per violazioni di un contratto uniforme di strumenti derivati imputabili alla banca, ancorché il monitorio passato in giudicato concernesse il credito vantato da quest’ultima in relazione ad un distinto negozio di conto corrente).

Cass. civ. Sez. II Sent., 28/04/2017, n. 10621.

L’obbligo del condomino di pagare al condominio, per la sua quota, le spese per la manutenzione e l’esercizio dei servizi comuni dell’edificio deriva dalla gestione stessa e quindi preesiste all’approvazione da parte dell’assemblea dello stato di ripartizione, che non ha valore costitutivo, ma solo dichiarativo del relativo credito del condominio. Il verbale di assemblea condominiale, contenente l’indicazione delle spese occorrenti per la conservazione o l’uso delle parti comuni, ovvero, la delibera di approvazione del “preventivo” di spese straordinarie, costituisce prova scritta idonea per ottenere decreto ingiuntivo pur in mancanza dello stato di ripartizione delle medesime, necessario al solo fine di ottenere la clausola di provvisoria esecuzione del provvedimento ai sensi dell’art. 63 disp. Att.c.c.

Cass. civ. Sez. II Sent., 07/11/2016, n. 22574.

L’attore che, a tutela di un credito nascente da un unico rapporto obbligatorio (nella specie per il pagamento di compensi professionali), agisce, dapprima, con ricorso monitorio, per la somma già documentalmente provata, e, poi, in via ordinaria, per il residuo, non viola il divieto di frazionamento di quel credito in plurime domande giudiziali, e non incorre, pertanto, in abuso del processo, – quale sviamento dell’atto processuale dal suo scopo tipico, in favore di uno diverso ed estraneo al primo – stante il diritto del creditore a ricorrere ad una tutela accelerata, mediante decreto ingiuntivo, per la parte di credito assistita dai requisiti per la relativa emanazione.

Cass. civ. Sez. II Sent., 18/05/2015, n. 10177.

L’attore che, a tutela di un unico credito dovuto in forza di un unico rapporto obbligatorio, agisca con ricorso monitorio per la somma provata documentalmente e con il procedimento sommario di cognizione per la parte residua, non incorre in un abuso dello strumento processuale per il frazionamento del credito in quanto tale comportamento non si pone in contrasto né con il principio di correttezza e buona fede, né con il principio del giusto processo, dovendosi riconoscere il diritto del creditore a una tutela accelerata mediante decreto ingiuntivo per i crediti provati con documentazione sottoscritta dal debitore.

Cass. civ. Sez. I Sent., 10/10/2013, n. 23083.

Il creditore munito di titolo esecutivo stragiudiziale e che abbia iscritto ipoteca volontaria a garanzia del proprio diritto non perde l’interesse ad agire in via monitoria, sia perché l’ipoteca giudiziale iscritta a seguito dell’emissione del decreto ingiuntivo potrebbe riguardare anche ulteriori beni del debitore, diversi da quelli su cui è stata originariamente iscritta l’ipoteca volontari ed acquisiti successivamente, sia perché la stabilità tipica dell’accertamento giudiziale assicura alla successiva esecuzione coattiva basi più solide, restringendo i margini di errore e di possibile opposizione da parte del debitore.

Cass. civ. Sez. I Sent., 19/09/2013, n. 21466.

L’accertata nullità delle clausole che prevedono, relativamente agli interessi dovuti dal correntista, tassi superiori a quelli legali e la capitalizzazione trimestrale impone la rideterminazione del saldo finale mediante la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dall’apertura del medesimo, che la banca, quale attore in senso sostanziale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ha l’onere di produrre, non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio.

Cass. civ. Sez. II Sent., 27/03/2013, n. 7786.

In tema di procedimento d’ingiunzione, i requisiti di forma-contenuto ex art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., da cui dipende la validità del ricorso, sono quelli necessari a dedurre il credito nell’ambito di una chiara “causa petendi”, riconducibile alle condizioni di ammissibilità dettate dall’art. 633 cod. proc. civ., sicché, ove il ricorrente intenda domandare il pagamento di un credito complessivo, derivante dalla somma di più rapporti omogenei intercorsi fra le stesse parti, non è necessario che il ricorso contenga una narrazione specifica relativa a ciascun rapporto e dia conto delle varie componenti dei distinti obblighi azionati, in quanto queste riguardano l’allegazione dei fatti secondari che, per la loro funzione di prova dei fatti principali, possono essere indicati pure successivamente, entro i termini di decadenza stabiliti per la trattazione probatoria. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, la quale aveva dichiarato nullo, per vizio inerente all’ “editio actionis”, il decreto ingiuntivo ottenuto da un avvocato per prestazioni professionali rese in distinte cause in adempimento di una pluralità di incarichi, sulla base di ricorso accompagnato da un’unica parcella, che non specificava le singole voci ed attività riferibili ai rispettivi procedimenti).

Cass. civ. Sez. I Sent., 08/03/2012, n. 3649.

L’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza delle pretese fatte valere dall’ingiungente opposto e delle eccezioni e difese dell’opponente e non già stabilire se l’ingiunzione sia stata o no legittimamente emessa, salvo che ai fini esecutivi o per le spese della fase monitoria; pertanto, la eventuale insussistenza delle condizioni per l’emissione del decreto ingiuntivo (tranne che per ragioni di competenza) non può essere d’ostacolo al giudizio di merito che s’instaura con l’opposizione. Ne consegue che l’accertata nullità delle clausole concernenti la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal correntista non travolge l’intero credito azionato dalla banca in via monitoria, bensì la sola parte di esso riguardante gli interessi così calcolati, imponendo al giudice di provvedere ad un nuovo calcolo degli interessi dovuti.

Cass. civ. Sez. I Sent., 02/12/2011, n. 25857.

Nel procedimento a cognizione piena introdotto con l’opposizione a decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 645 cod. proc. civ., il certificato di saldaconto (a differenza di quanto previsto per la fase monitoria dall’art. 50 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) ha valore indiziario e può assolvere l’onere della prova dell’ammontare del credito in forza della clausola, contenuta nel contratto di conto corrente, con la quale il cliente riconosca che i libri e le altre scritture contabili della banca facciano piena prova nei suoi confronti, trattandosi di clausola immune da nullità, agli effetti dell’art. 2698 cod. civ., in quanto non integrante una non consentita inversione dell’onere probatorio su diritti di cui le parti non possano disporre, né un aggravamento eccessivo dell’esercizio del diritto.

Cass. civ. Sez. I Sent., 28/10/2011, n. 22531.

La produzione in giudizio dei titoli cambiari originali costituisce requisito indefettibile per l’esercizio sia dell’azione cartolare, sia dell’azione causale, costituendo la produzione degli originali requisito per l’esame nel merito della domanda. L’omesso deposito dell’originale non impedisce l’emissione del decreto ingiuntivo, potendo la parte assolvere detto onere sino al momento della precisazione delle conclusioni in primo e secondo grado; nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è, invece, irrilevante l’avvenuta produzione, già in sede monitoria, delle fotocopie dei titoli, sia pure non contestate nella loro conformità all’originale, in quanto, nell’azione causale, solo con la produzione in giudizio dei titoli il debitore, pagando, è tutelato dal pericolo che il titolo possa essere ulteriormente usato nei suoi confronti con l’azione cambiaria.

Cass. civ. Sez. III Sent., 30/08/2011, n. 17802.

Quando il decreto ingiuntivo venga notificato a soggetto diverso dal debitore effettivo, ovvero quando si versi in situazione di omonimia o di particolare ambiguità in ordine all’identità del debitore ingiunto, la mancata proposizione dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 645 cod. proc. civ., da parte del soggetto “terzo” rispetto alle parti reali del rapporto obbligatorio, non preclude la possibilità di proporre opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. con la quale si intenda contestare non il fatto costitutivo del credito, ma la qualità di parte del destinatario della notificazione del decreto ingiuntivo ovvero la coincidenza tra il soggetto nei cui confronti il creditore ha ottenuto l’ingiunzione di pagamento e quella nei cui confronti ha effettuato la notificazione.

Cass. civ. Sez. I Sent., 16/12/2010, n. 25516.

Sussiste violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. allorché il giudice, a fronte della domanda di nullità, proposta dal fideiussore opponente, di una clausola del contratto di fideiussione e di inefficacia dello stesso, abbia, invece, rilevato d’ufficio la mancanza di prova circa la forma scritta del contratto di conto corrente concluso dal debitore principale e la conseguente nullità del medesimo, ai sensi dell’art. 1421 cod. civ., posto che, essendo onere del convenuto (nel caso di decreto ingiuntivo, dell’opponente) quello di prendere posizione sui fatti posti a fondamento della domanda, dal mancato assolvimento di tale onere discende che i fatti non contestati devono ritenersi non controversi e non richiedenti specifiche dimostrazioni.

Cass. civ. Sez. III Sent., 08/07/2010, n. 16155.

Nel giudizio di opposizione a ingiunzione, mentre integra una consentita “emendatio libelli” la richiesta degli interessi (legali o convenzionali) dovuti per l’inadempimento dell’obbligazione o il maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, cod. civ. invocato secondo parametri fissi, integra invece una domanda riconvenzionale la richiesta di tale maggior danno rapportata alle particolari condizioni in cui si è trovato il creditore durante la mora, introducendosi in tal caso non già un mero ampliamento quantitativo del “petitum”, ma un fatto costitutivo del credito per danni reclamato radicalmente differente rispetto a quello azionato, nonché sottoponendosi al giudice un nuovo tema di indagine avente ad oggetto la verifica delle condizioni soggettive del creditore durante la mora.

Cass. civ. Sez. I, 03/07/2009, n. 15677.

In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed anche nel caso in cui sia dedotto (come nella specie, in via di eccezione) l’inesatto adempimento dell’obbligazione, al creditore istante sarà sufficiente allegare tale inesattezza (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto, adempimento. (Principio affermato dalla S.C. in tema di cessione di crediti fatta a scopo di garanzia e “pro solvendo”, relativamente alla diligenza del cessionario quanto alla loro riscossione, con la precisazione che grava su tale soggetto l’onere di provare di aver assunto senza ritardo le iniziative dirette ad ottenere l’adempimento del debitore ceduto, potendosi limitare il cedente, opponente a decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti dal cessionario, all’allegazione dell’inadempimento della controparte).

Cass. civ. Sez. III Sent., 27/01/2009, n. 1954.

Non sussiste il vizio di “extrapetizione” (art. 112 cod. proc. civ.) se il giudice dell’ opposizione a decreto ingiuntivo – giudizio di cognizione proposto non solo per accertare l’esistenza delle condizioni per l’emissione dell’ ingiunzione, ma anche per esaminare la fondatezza della domanda del creditore in base a tutti gli elementi, offerti dal medesimo e contrastati dall’ingiunto – revoca il provvedimento monitorio ed emette una sentenza di condanna di questi per somma anche minore rispetto a quella ingiunta, dovendosi ritenere che nella originaria domanda di pagamento di un credito, contenuta nel ricorso per ingiunzione, e nella domanda di rigetto dell’opposizione (o dell’appello dell’opponente) sia ricompresa quella subordinata di accoglimento della pretesa per un importo minore.

Cass. civ. Sez. III Sent., 03/07/2008, n. 18205.

Il decreto ingiuntivo divenuto inoppugnabile, che sia stato ottenuto dal creditore per una frazione soltanto del suo credito, non produce alcun effetto di giudicato (né interno, trattandosi di diverso processo, né esterno od implicito, vertendosi non in tema di rapporto presupposto bensì di “altra porzione” del medesimo rapporto obbligatorio) nel successivo giudizio avente ad oggetto la restante parte del credito (e ciò a prescindere dalla qualificazione in termini di legittimità o meno della condotta consistente nell’azionare separatamente più frazioni del medesimo credito). Ne consegue che al debitore convenuto nel giudizio ordinario non è inibito eccepire la falsità della propria sottoscrizione sui documenti comprovanti il credito azionato, a nulla rilevando che sulla base dei medesimi documenti sia stato precedentemente emesso un decreto ingiuntivo divenuto irrevocabile.

Cass. civ. Sez. II Sent., 11/05/2007, n. 10860.

In materia di corrispettivo dovuto per l’appalto privato, laddove il committente contesti l’entità del dovuto, la fattura emessa dall’appaltatore è utilizzabile come prova scritta ai soli fini della concessione del decreto ingiuntivo, ma non costituisce idonea prova dell’ammontare del credito nell’ordinario giudizio di cognizione che si apre con l’opposizione trattandosi di documento di natura fiscale proveniente dalla stessa parte, nè costituisce idonea prova del credito dell’appaltatore la contabilità redatta dal direttore dei lavori, a meno che non risulti che essa sia stata portata a conoscenza del committente e che questi l’abbia accettata senza riserve, pur senza aver manifestato la sua accettazione con formule sacramentali, oppure che il direttore dei lavori per conto del committente abbia redatto la relativa contabilità come rappresentante del suo cliente e non come soggetto legato a costui da un contratto di prestazione d’opera professionale, che gli fa assumere la rappresentanza del committente limitatamente alla materia tecnica.

Cass. civ. Sez. III, 14/02/2007, n. 3257.

In tema di garanzia personale, la cosiddetta assicurazione fideiussoria (o cauzione fideiussoria o assicurazione cauzionale), è una figura intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione ed è caratterizzata dall’assunzione dell’impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazioni, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo in caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal terzo. Poichè le norme contenenti la disciplina legale tipica della fideiussione sono applicabili se non sono espressamente derogate dalle parti, portata derogatoria deve riconoscersi alla clausola con cui le parti abbiano previsto la possibilità per il creditore garantito di esigere dal garante il pagamento immediato del credito “a semplice richiesta” o “senza eccezioni”, in quanto preclude al garante l’opponibilità al beneficiario delle eccezioni altrimenti spettanti al debitore principale ai sensi dell’articolo 1945 cod. civ.. Una clausola siffatta risulta invero incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza la fideiussione e vale, per converso, a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia del tipo suindicato. (Nella specie, era stata rigettata la opposizione della compagnia di assicurazioni al decreto ingiuntivo di pagamento in favore del comune appaltante della polizza fideiussoria rilasciata per garantirlo degli obblighi della società appaltatrice, e la S.C. ha confermato la sentenza della corte di merito secondo cui la clausola che prevedeva il pagamento delle somme garantite a semplice richiesta dell’ente entro il termine di 30 giorni era incompatibile con il riconoscimento alla compagnia di assicurazioni della facoltà di opporre all’ente medesimo le eccezioni relative al rapporto principale, al debitore di quello spettanti, neppure se differite – secondo il meccanismo del “solve et repete” – ad un momento successivo).

Cass. civ. Sez. I, 13/09/2006, n. 19657.

In tema di diritto d’autore, gli attestati di credito emessi dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE) costituiscono prova scritta rilevante ai fini del ricorso al procedimento di ingiunzione, senza che vi osti la circostanza della mancanza di un riferimento ad una appostazione nella contabilità della medesima SIAE, essendo sufficiente, affinché sussista la condizione di ammissibilità del procedimento per decreto ingiuntivo, che l’attestato richiami il periodo o i periodi ai quali le singole utilizzazioni si riferiscono.

Cass. civ. Sez. I, 06/04/2006, n. 8038.

La mera circostanza che il titolo dedotto a prova del credito sia privo di efficacia cambiaria non vale ad escludere che esso possa essere fatto valere come chirografo, contenente una promessa di pagamento riconducibile alla previsione dell’art. 1988 cod. civ., e che quindi, come tale, quel titolo sia idoneo ad integrare la prova scritta del credito derivante dal rapporto sottostante tra il traente e il prenditore del titolo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva accolto l’opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di un credito fondato su cambiali, sul presupposto che i titoli erano privi di efficacia cambiaria, in quanto emessi oltre cinque anni prima del ricorso).

Cass. civ. Sez. III, 12/01/2006, n. 419.

L’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, in cui il giudice deve, non già stabilire se l’ingiunzione fu emessa legittimamente in relazione alle condizioni previste dalla legge per l’emanazione del provvedimento monitorio, ma accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione e, se il credito risulti fondato, deve accogliere la domanda indipendentemente dalla circostanza della regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori alla stregua dei quali l’ingiunzione fu emessa, rimanendo irrilevanti, ai fini di tale accertamento, eventuali vizi della procedura monitoria che non importino l’insussistenza del diritto fatto valere con tale procedura. Invece, l’insussistenza delle condizioni che legittimano l’emanazione del procedimento monitorio può spiegare rilevanza soltanto sul regolamento delle spese della fase monitoria.

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