Divieto di patto commissorio: come funziona?

Cos’è il patto commissorio? Perché è un accordo vietato? Quali sono i profili di nullità? È nullo l’intero accordo?

Se ti stai ponendo le seguenti domande molto probabilmente ti trovi davanti a una proposta rientrante all’interno della fattispecie vietata che prende il nome di patto commissorio.

Per comprendere il suo funzionamento dobbiamo necessariamente partire da una sua definizione, per poi soffermarci sulla natura giuridica dell’istituto, come meglio vedremo di seguito.

1. Cos’è il patto commissorio?

Con la locuzione “patto commissorio” intendiamo quell’accordo tramite cui il creditore e il debitore stabiliscono che, in caso di inadempimento, la proprietà del bene dato in pegno o ipoteca si trasferisce in capo al creditore.

Al riguardo, l’art. 2744 del Codice Civile, prevedendo una nullità di tale atto, determina il suo divieto.

Ai sensi della citata norma, infatti, è nullo qualsiasi accordo con il quale le parti convengono, in caso di mancato pagamento entro i termini fissati, che il bene oggetto di pegno o ipoteca passi al creditore. Tale patto appare nullo anche se posteriore alla costituzione delle predette garanzie.

Divieto che, si ritrova nell’art. 1963 c.c., rubricato per l’appunto “divieto del patto commissorio”, ai sensi del quale il predetto accordo appare nullo anche nell’ipotesi in cui il creditore voglia appropriarsi dell’immobile oggetto di garanzia.

1.1. La natura giuridica del patto commissorio

Il patto commissorio ha una particolare natura giuridica.

Esso può qualificarsi come un negozio traslativo, subordinato alla condizione sospensiva dell’inadempienza contrattuale.

La sua efficacia si concretizza con il trasferimento del diritto di proprietà del bene impegnato o ipotecato, in capo al creditore nel momento in cui il debitore appaia inadempiente.

Parliamo quindi un accordo di alienazione condizionata all’inadempimento contrattuale, la quale, per l’appunto risulta oggetto di divieto.

Tale istituto non deve confondersi con le alienazioni in garanzia immediatamente efficaci, le quali, secondo la giurisprudenza e una parte della dottrina, appaiono valide.

2. Su cosa si fonda il divieto del patto commissorio?

Atteso cosa intendiamo per patto commissorio e quale sia il fondamento del suo divieto normativo, possiamo soffermarci sulle diverse teorie volte a comprenderne il fondamento.

Al riguardo, parte della dottrina ritiene che tale divieto sia fondato sulla tutela del debitore in stato di bisogno.

Infatti, sulla falsariga di quanto previsto ad esempio per l’usura, le ragioni del divieto devono ricondursi a una tutela degli interessi del soggetto debitore, eventualmente pregiudicabili da uno stato di bisogno iniziale, dal quale il creditore potrebbe trarne un ingiusto vantaggio.

Una seconda linea di pensiero vede il divieto del patto commissorio fondarsi su una tutela dei diritti di prelazione, evitando che un soggetto creditore possa aggredire un bene incidente sulla sfera di un soggetto terzo (titolare del diritto di prelazione).

A questa possiamo altresì affiancare una tesi prevalentemente pubblicistica, secondo cui il predetto divieto deve riferirsi a una tutela del principio di ordine pubblico economico, evitando alterazioni alle forme ordinarie di soddisfacimento del credito.

3. Il patto commissorio e la vendita in garanzia

Il patto commissorio può inquadrarsi anche come una forma di alienazione in garanzia, potendo accedere a un contratto tipico di garanzia reale e, contestualmente, interessando anche un accordo stipulato autonomamente.

Una condotta che, per l’appunto, apparirebbe vietata nel momento in cui la predetta garanzia (e l’annesso effetto di cessione del bene) risultasse sospensivamente condizionata all’inadempimento del debitore.

Al riguardo, la giurisprudenza si è dovuta soffermare sulla distinzione tra la configurazione di un patto commissorio autonomo, il quale, senza alcun collegamento con una garanzia tipica, prevede il trasferimento della proprietà condizionato dall’inadempimento del debitore, e l’alienazione a scopo di garanzia.

Ciò al fine di poter verificare, di caso in caso, se le predette operazioni possano qualificarsi come lecite o rientrino nelle ipotesi illecite in quanto dissimulanti un patto commissorio.

3.1. Differenze con la vendita a scopo di garanzia

Possiamo a questo punto soffermarci sulla differenza tra i due istituti.

Al riguardo, l’elemento distintivo può ricondursi al momento del trasferimento della proprietà del bene, il quale:

  • in caso di patto commissorio, appare sospensivamente condizionato all’inadempimento entro il termine prefissato;
  • nell’alienazione a scopo di garanzia, risulta immediato e, nell’ipotesi di un accordo di retrovendita o riscatto, risolutivamente subordinato al pagamento del debito.

Detto ciò, però, in riferimento alla retrovendita, recente giurisprudenza ha affermato che l’alienazione con tale tipologia di accordo deve considerarsi nulla, anche nell’ipotesi in cui sia previsto l’effettivo trasferimento del bene, se stipulata per una causa di garanzia piuttosto che di scambio, quando la stessa integra l’applicabilità dell’art. 1344 del Codice.

Precisamente, nell’ipotesi di esecuzione di un mutuo, il versamento del denaro da parte dell’acquirente non costituisce pagamento del prezzo, motivo per cui il trasferimento del bene ha il solo scopo di costituire una posizione di garanzia, la quale potrebbe evolversi in caso di inadempimento o meno del debitore.

Tale ipotesi appare caratterizzata dalla sussistenza di una causa di garanzia propria del mutuo con accordo di riscatto (piuttosto, ad esempio, di una causa di scambio, tipica della vendita), motivo per cui, anche se non rientrante direttamente all’interno del patto commissorio, la stessa potrebbe integrare la fattispecie illecita di un contratto in frode alla legge.

4. La nullità del patto commissorio sull’accordo di garanzia

La nullità del patto commissorio, secondo parte della dottrina, può determinare la nullità del contratto di garanzia, nel caso in cui dovesse risultare che i contraenti non lo avrebbero concluso senza la predetta clausola vietata dall’ordimento.

Una tesi che vede incentrarsi prevalentemente sull’applicazione dell’art. 1419, comma 1, c.c., secondo la quale la nullità di singole clausole può determinare la nullità dell’intero rapporto contrattuale ove il contenuto della parte oggetto di nullità determina l’effettivo interesse per i contraenti, tale da non concluderlo in sua assenza. 

D’altra parte, invece, secondo una seconda corrente di pensiero, incentrata sul comma 2 della medesima norma, la nullità totale del contratto verrebbe a evitarsi, per mezzo di una sostituzione automatica del patto commissorio (ossia della clausola nulla).

Precisamente la predetta norma prevede che in caso di clausola nulla la stessa venga sostituita da norma imperativa, al fine di garantire un rispetto del principio di conservazione del contratto (in questo caso operando ex lege).

4.1. La nullità riguarda la clausola commissoria o l’intero contratto?

Giungiamo così a un importante quesito, relativo proprio alla sfera di applicazione della nullità del patto commissorio.

Partendo proprio da quanto sopra detto, possiamo dire fin da ora che, in linea di principio, la nullità del patto commissorio si limita alla clausola vietata e non si estende all’intero contratto, salvo l’eventuale ipotesi di cui all’art. 1419, comma 1, c.c..

Infatti, come già anticipato pocanzi, ai sensi dell’art. 1419, comma 1, c.c. il legislatore ha previsto che le singole clausole contrattuali soggette a nullità determinino un’estensione all’intero contratto solo se lo stesso non verrebbe a concludersi dai contraenti in assenza della parte vietata.

Appare quindi fondamentale valutare se la predetta clausola vada a incidere nel contenuto del contratto al punto da non potersi applicare la sola nullità della stessa.

Al riguardo, dobbiamo tenere presente che la predetta norma determina un’applicazione del principio di conservazione del contratto per mezzo dell’operato delle parti sulla base della loro volontà.

Sull’argomento la Suprema Corte (Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 2314 del 5 febbraio 2016) ha precisato che la nullità di singole clausole contrattuali, o di parti di esse, si può estende all’intero contratto quando il soggetto interessato dimostri che:

  • la porzione colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma;
  • non persegue un risultato distinti;
  • è correlata, in modo imprescindibile con il resto;
  • i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del contenuto oggetto di nullità.

4.2. La nullità parziale legale

A ciò, però, dobbiamo affiancare la seconda ipotesi prevista dal legislatore, ossia la sostituzione di diritto delle clausole nulle con norme imperative.

In questo caso ci troveremo davanti a una conservazione dell’efficacia residua del contratto, indipendentemente dalle considerazioni ipotetiche delle parti e della loro volontà.

Stiamo parlando dell’ipotesi di nullità parziale legale, la quale, derogando il principio della libertà negoziale delle parti, attua un intervento autoritario della norma nei confronti dell’efficacia negoziale.

Pertanto, nell’ipotesi di nullità parziale legale, il legislatore ha voluto prevedere che la legge stessa possa attribuire al negozio una minore efficacia rispetto a quella voluta.

5. Il patto commissorio e il patto di riscatto

Prima abbiamo parlato del rapporto tra il patto commissorio e la vendita in garanzia, precisando come in essa, il momento di trasferimento della proprietà appare risolutivamente subordinato al pagamento del devito in caso di accordo di retrovendita.

Al riguardo, dobbiamo prendere in considerazione una recente pronuncia della Cassazione Civile (Sez. I, ordinanza n. 4514 del 26 febbraio 2018) con la quale è inquadrata la sussistenza del patto commissorio.

Precisamente, anche se la vendita con patto di riscatto o di retrovendita non integra le ipotesi di patto commissorio, essa può comunque configurarsi quale mezzo di elusione del predetto accordo vietato.

Ciò può verificarsi, infatti, ogni qualvolta il versamento del prezzo da parte del compratore non si configuri quale corrispettivo dovuto per l’acquisto della proprietà, bensì come erogazione di un mutuo, rispetto al quale il trasferimento del bene si presenta quale posizione di garanzia provvisoria, suscettibile di un’evoluzione condizionata all’adempimento o meno del debitore.

6. La giurisprudenza rilevante in materia di divieto di patto commissorio

Cass. civ. Sez. II Sent., 17/06/2022, n. 19694.

Il divieto del patto commissorio non è configurabile qualora il trasferimento avvenga allo scopo di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto.

Cass. civ. Sez. II Sent., 17/06/2022, n. 19694.

Va esclusa la violazione del divieto del patto commissorio quando manchi l’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito che viene a contrarre; il divieto di tale patto non è applicabile allorquando la titolarità del bene passi all’acquirente con l’obbligo di ritrasferimento al venditore se costui provvederà all’esatto adempimento.

Cass. civ. Sez. II, 08/10/2021, n. 27362.

Il divieto del patto commissorio e la conseguente sanzione di nullità radicale sono stati estesi a qualsiasi negozio, tipico o atipico, quale che ne sia il contenuto, che sia in concreto impiegato per conseguire il fine, riprovato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore. Pertanto in ogni ipotesi in cui quest’ultimo sia costretto ad accettare il trasferimento di un bene immobile a scopo di garanzia, nell’ipotesi di mancato adempimento di una obbligazione assunta per causa indipendente dalla predetta cessione, è ravvisabile un aggiramento del divieto di cui agli artt. 1963 e 2744 c.c.

Cass. civ. Sez. II Sent., 08/10/2021, n. 27362.

L’intento elusivo del divieto legale del patto commissorio è configurabile allorché sussista, tra le diverse pattuizioni, un nesso di interdipendenza tale da far emergere la loro funzionale preordinazione allo scopo finale di garanzia piuttosto che a quello di scambio, sicché il giudice non deve limitarsi a verificare il solo tenore letterale delle clausole inserite nel contratto, o nei contratti, posti in essere dalle parti, ma è tenuto ad accertare la funzione economica sottesa alla fattispecie negoziale posta in essere, restando a tal fine irrilevanti sia la natura obbligatoria o reale del contratto, o dei contratti, sia il momento temporale in cui l’effetto traslativo sia destinato a verificarsi, sia, infine, quali siano gli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e perfino l’identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, complessi o misti. (Nella specie, i giudici di merito, in violazione del suddetto principio, avevano invece escluso la ricorrenza, in concreto, del patto illecito di garanzia in quanto il contratto di compravendita esaminato era stato concluso da parti diverse dal creditore e solo parzialmente coincidenti con il debitore, oltre ad essere privo di clausole che consentissero la retrocessione del bene compravenduto ai proprietari e di riferimenti all’evento condizionante il ritrasferimento, ossia il pagamento dei debiti del venditore, e ai tempi nei quali il pagamento sarebbe potuto avvenire).

Cass. civ. Sez. III Ord., 22/02/2021, n. 4664.

Il “sale and lease back” configura un contratto d’impresa socialmente tipico che, come tale, è, in linea di massima, astrattamente valido, ferma la necessità di verificare, caso per caso, la presenza di elementi sintomatici atti ad evidenziare che la vendita sia stata posta in essere in funzione di garanzia e sia volta, pertanto, ad aggirare il divieto del patto commissorio. A tal fine, l’operazione contrattuale può definirsi fraudolenta nel caso in cui si accerti, con una indagine che è tipicamente di fatto, sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della correttezza della motivazione, la compresenza delle seguenti circostanze: l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente.

Cass. civ. Sez. II Sent., 27/10/2020, n. 23553.

Il patto commissorio è ravvisabile rispetto a più negozi tra loro collegati, qualora l’assetto di interessi complessivo sia tale da far ritenere che il trasferimento di un bene sia effettivamente volto, più che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia a prescindere, sia dalla natura meramente obbligatoria o traslativa o reale del contratto, sia dal momento temporale in cui l’effetto traslativo è destinato a verificarsi, nonché dagli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e, persino, dalla identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, complessi o misti, sempre che tra le diverse pattuizioni sia ravvisabile un rapporto di interdipendenza e le stesse risultino funzionalmente preordinate allo scopo finale di garanzia.(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ravvisato nei tre contratti – di compravendita, retrovendita e locazione – stipulati tra le parti ed aventi per oggetto tre complessi immobiliari turistici, un’unica operazione commerciale diretta a far conseguire alla parte ricorrente la proprietà dei cespiti ad un prezzo significativamente inferiore al loro valore).

Cass. civ. Sez. II Ord., 28/09/2020, n. 20420.

La cessione di un bene che sia strumentale a fornire la garanzia di un debito anteriore, per l’adempimento del quale venga concessa una proroga, attraverso l’individuazione a tal fine di un nuovo termine, rappresenta un’illecita elusione del divieto del patto commissorio, atteggiandosi a mezzo per conseguire il risultato vietato dall’art. 2744 c.c.

Cass. civ. Sez. III Sent., 17/01/2020, n. 844.

Il divieto del patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c. non opera quando nell’operazione negoziale (nella specie, una vendita immobiliare con funzione di garanzia) sia inserito un patto marciano (in forza del quale, nell’eventualità di inadempimento del debitore, il creditore vende il bene, previa stima, versando al debitore l’eccedenza del prezzo rispetto al credito), trattandosi di clausola lecita, che persegue lo stesso scopo del pegno irregolare ex art. 1851 c.c. ed è ispirata alla medesima “ratio” di evitare approfittamenti del creditore in danno del debitore, purché le parti abbiano previsto, al momento della sua stipulazione, che, nel caso ed all’epoca dell’inadempimento, sia compiuta una stima della cosa, entro tempi certi e modalità definite, che assicuri una valutazione imparziale, ancorata a parametri oggettivi ed automatici oppure affidata ad una persona indipendente ed esperta, la quale a tali parametri debba fare riferimento.

Cass. civ. Sez. II Ord., 03/06/2019, n. 15112.

La vendita con patto di riscatto o di retrovendita, anche quando sia previsto il trasferimento effettivo del bene, è nulla se stipulata per una causa di garanzia (piuttosto che per una causa di scambio) nell’ambito della quale il versamento del danaro, da parte del compratore, non costituisca pagamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo ed il trasferimento del bene serva solo per costituire una posizione di garanzia provvisoria capace di evolversi a seconda che il debitore adempia o non l’obbligo di restituire le somme ricevute, atteso che la predetta vendita, in quanto caratterizzata dalla causa di garanzia propria del mutuo con patto commissorio, piuttosto che dalla causa di scambio propria della vendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio vietato dall’art. 2744 c.c., costituisce un mezzo per eludere tale norma imperativa ed esprime, perciò, una causa illecita che rende applicabile, all’intero contratto, la sanzione dell’art. 1344 c.c.

Cass. civ. Sez. III Ord., 19/02/2019, n. 4729.

Il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c. non si estende a quei negozi che, pur contestuali o contenuti nel medesimo atto, non perseguono – direttamente o indirettamente – la finalità di concorrere a realizzare il risultato vietato dal legislatore, ovvero ne costituiscono un mero presupposto, del tutto autonomo sul piano fattuale e giuridico. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto che la nullità della vendita di un immobile con patto di riscatto, predisposta in funzione di garanzia della restituzione delle somme date a mutuo, si estendesse alla dichiarazione ricognitiva del debito, contenuta nella medesima scrittura privata).

Cass. civ. Sez. II Sent., 18/10/2018, n. 26168.

La rinuncia in sede transattiva avente a oggetto non il contratto illecito, quanto l’azione di nullità volta all’accertamento di tale illiceità, costituisce una rinuncia ai diritti conseguenti alla declaratoria giudiziale della nullità, in contrasto con l’art. 1972, comma 1, c.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha statuito che la rinuncia a un’azione di nullità di un contratto per violazione del patto commissorio traente causa da un contratto di transazione, volto a chiudere la lite pendente, fosse priva di fondamento causale, siccome fondata su una transazione nulla per contrasto con il divieto stabilito dall’art. 1972 c.c.).

Cass. civ. Sez. II Ord., 09/10/2018, n. 24917.

Incorre nella sanzione della nullità per violazione del divieto di patto commissorio posto dall’art. 2744 c.c. la convenzione mediante la quale le parti abbiano inteso costruire, con un determinato bene, una garanzia reale in funzione di un mutuo, istituendo un nesso teologico o strumentale tra la vendita del bene e il mutuo, in vista del perseguimento del risultato finale consistente nel trasferimento della proprietà del bene al creditore-acquirente nel caso di mancato adempimento dell’obbligazione di restituzione del debitore-venditore. Rispetto a ciò, la vendita con patto di riscatto o di retrovendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio, può rappresentare un mezzo per sottrarsi all’applicazione del relativo divieto ogni qualvolta il versamento del prezzo da parte del compratore non si configuri come corrispettivo dovuto per l’acquisto della proprietà, ma come erogazione di un mutuo, rispetto al quale il trasferimento del bene risponda alla sola finalità di costruire una posizione di garanzia provvisoria, capace di evolversi in maniera diversa a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituire le somme ricevute.

Cass. civ. Sez. II Sent., 26/09/2018, n. 22903.

Estendendosi il divieto di patto commissorio, ex art. 2744 c.c., a qualsiasi negozio che venga utilizzato per conseguire il risultato concreto vietato dall’ordinamento, ne consegue che anche la procura a vendere un immobile, conferita dal mutuatario al mutuante contestualmente alla stipulazione del mutuo, è idonea a integrare la violazione della norma suddetta, qualora si accerti che tra il mutuo e la procura sussista un nesso funzionale. Tale valutazione è demandata al giudice di merito che, nel compierla, non deve limitarsi ad un esame formale degli atti posti in essere dalle parti, ma deve considerarne la causa in concreto e, in caso di operazione complessa, valutarli alla luce di un loro potenziale collegamento funzionale, apprezzando ogni circostanza di fatto rilevante e il risultato stesso che l’operazione negoziale era idonea a produrre e, in concreto, ha prodotto.

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 07/08/2018, n. 20634.

In tema di collegamento negoziale cd. funzionale, l’accertamento del giudice di merito ai fini della qualificazione giuridica di tale situazione negoziale deve investire l’esistenza, l’entità, la natura, le modalità e le conseguenze del collegamento realizzato dalle parti mediante l’interpretazione della loro volontà contrattuale e, se condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto, si sottrae al sindacato di legittimità. (Fattispecie riguardante il collegamento tra un finanziamento ed il trasferimento di un’area edificabile, correttamente ritenuto dal giudice di merito non riconducibile allo schema “sale and lease back” poiché dissimulante un mutuo con patto commissorio, atteso che il trasferimento dell’immobile concesso in locazione finanziaria, rimasto in proprietà dell’utilizzatore-promittente venditore per vari anni dopo la stipulazione del contratto, era avvenuto solo in concomitanza con l’inadempimento di questi alla restituzione delle rate del finanziamento).

Cass. civ. Sez. III Ord., 12/07/2018, n. 18327.

Almeno in astratto, lo schema contrattuale del lease back è valido, in quanto contratto d’impresa socialmente tipico, ferma la necessità di verificare, caso per caso, l’assenza di elementi patologici sintomatici di un contratto di finanziamento assistito da una vendita in funzione di garanzia, volto cioè ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio previsto dall’art. 2744 c.c., e pertanto sanzionabile, per illiceità della causa, con la nullità, ai sensi dell’art. 1344 c.c. cit., in relazione all’art. 1418 c.c., comma 2.

Cass. civ. Sez. I Ord., 28/05/2018, n. 13305.

Lo schema contrattuale del “sale and lease back” è, in linea di massima ed almeno in astratto, valido, in quanto contratto d’impresa socialmente tipico, ferma la necessità di verificare, caso per caso, l’assenza di elementi patologici, sintomatici di un contratto di finanziamento assistito da una vendita in funzione di garanzia, volto ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio e, pertanto, sanzionabile, per illiceità della causa, con la nullità, ex art. 1344 c.c., in relazione all’art. 1418, comma 2, c.c. L’accertamento del carattere fittizio di tale contratto, per la presenza di indizi sintomatici di un’anomalia nello schema causale socialmente tipico (quali l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente), costituisce un’indagine di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata.

Cass. civ. Sez. I Ord., 26/02/2018, n. 4514.

La vendita con patto di riscatto o di retrovendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio, può rappresentare un mezzo per sottrarsi all’applicazione del relativo divieto ogni qualvolta il versamento del prezzo da parte del compratore non si configuri come corrispettivo dovuto per l’acquisto della proprietà, ma come erogazione di un mutuo, rispetto al quale il trasferimento del bene risponda alla sola finalità di costituire una posizione di garanzia provvisoria, capace di evolversi in maniera diversa a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituire le somme ricevute. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di merito, che aveva escluso l’esistenza di un patto commissorio, in presenza della vendita di un immobile in seno alla quale l’acquirente si era accollato il mutuo gravante sul venditore, impegnandosi a retrocedere il bene venduto nel caso in cui il detto debito fosse stato estinto).

Sussiste patto successorio – come tale nullo ai sensi dell’art. 458 c.c. – allorquando, dall’accordo negoziale tra due o più parti, risulti che il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte alla propria successione, accettando di sottoporsi ad un vincolo giuridico che lo ha privato dello jus poenitendi. Il divieto per il notaio di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge”, ai sensi dell’art. 28 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, comprende senz’altro gli atti affetti da nullità assoluta, quali quelli che includono patti commissori, espressamente vietati dalla legge. Ne deriva che, essendo evidente ed inequivoco il contrasto dell’atto ricevuto dal notaio con l’art. 458 c.c, nel caso di una convenzione con la quale due coniugi dispongano dei loro beni (o di una parte di essi) in favore dei loro rispettivi figli, per il tempo in cui avranno cessato di vivere, – nella specie stabilendo che l’accordo non potrà essere modificato senza consenso scritto manifestato da entrambi -, limitando la possibilità per le parti di disporre dei loro beni mediante testamento, costituisce illecito disciplinare.

Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 09/10/2017, n. 23617.

Il divieto di patto commissorio, sancito dall’art. 2744 c.c., si estende a qualsiasi negozio, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore; sicché, anche un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un mutuo con patto commissorio, ancorché non sia previsto il passaggio immediato del possesso del bene, qualora la promessa di vendita abbia la funzione di garantire la restituzione, entro un certo termine, della somma precedentemente o coevamente mutuata dal promittente compratore, purché sia dimostrato il nesso di strumentalità tra i due negozi: in detta ipotesi, peraltro, la prova della simulazione relativa del contratto preliminare può essere data, ove diretta a far valere l’illiceità del negozio, anche per testimoni o per presunzioni, in conformità all’art. 1417 c.c..

Cass. civ. Sez. II, 11/09/2017, n. 21042.

Lo schema contrattuale del lease back è valido, in quanto contratto d’impresa socialmente tipico, ferma la necessità di verificare, caso per caso, l’assenza di elementi patologici sintomatici di un contratto di finanziamento assistito da una vendita in funzione di garanzia, volto ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio previsto dall’art. 2744 c.c., e pertanto sanzionabile, per illiceità della causa, con la nullità, ai sensi dell’art. 1344 c.c., in relazione all’art. 1418, comma 2, c.c.

Cass. civ. Sez. II Sent., 11/09/2017, n. 21042.

Lo schema contrattuale del “sale and lease back” è, in linea di massima ed almeno in astratto, valido, in quanto contratto d’impresa socialmente tipico, ferma la necessità di verificare, caso per caso, l’assenza di elementi patologici, sintomatici di un contratto di finanziamento assistito da una vendita in funzione di garanzia, volto ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio e, pertanto, sanzionabile, per illiceità della causa, con la nullità, ex art. 1344 c.c., in relazione all’art. 1418, comma 2, c.c. L’accertamento del carattere fittizio di tale contratto, per la presenza di indizi sintomatici di un’anomalia nello schema causale socialmente tipico (quali l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente), costituisce un’indagine di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata.

Cass. civ. Sez. I, 10/05/2017, n. 11449.

Il contratto di sale and lease back, pur configurando in sé un’operazione negoziale che non può ritenersi necessariamente preordinata alla fraudolenta elusione del divieto stabilito dall’art. 2744 c.c., viola tale divieto qualora, per le circostanze del caso concreto, difficoltà economiche dell’impresa venditrice, che giustificano il sospetto di un approfittamento della sua condizione di debolezza, sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente, l’operazione riveli una finalità in contrasto con esso.

Cass. civ. Sez. II Sent., 21/01/2016, n. 1075.

L’art. 2744 c.c., sancendo il divieto del patto commissorio, postula che il trasferimento della proprietà della cosa sia sospensivamente condizionato al verificarsi dell’evento futuro ed incerto del mancato pagamento del debito, sicché detto patto non è configurabile qualora il trasferimento avvenga, invece, allo scopo di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto congruamente motivata la decisione impugnata che aveva escluso che l’operazione fosse finalizzata ad uno scopo di garanzia in quanto parte del prezzo della compravendita era stato utilizzato per ripianare debiti scaduti verso l’amministratore della società acquirente e nei confronti di terzi, mentre per i debiti non ancora esigibili nei confronti di terze società, la rateizzazione mensile del prezzo residuo poteva considerarsi una delegazione di pagamento di tali preesistenti obbligazioni da parte del “debitor debitoris”).

Cass. civ. Sez. II, 19/11/2015, n. 23670.

Ai fini dell’operatività del divieto del patto commissorio, è essenziale il profilo funzionale dell’operazione, nel senso che l’assetto d’interessi risultante dalle pattuizioni intervenute tra le parti dev’essere tale da far ritenere che il meccanismo negoziale attraverso il quale deve compiersi il trasferimento del bene al creditore sia effettivamente collegato, piuttosto, che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia, restando invece irrilevanti la natura obbligatoria, traslativa o reale del contratto attraverso il quale si realizza il predetto intento.

Cass. civ. Sez. III Sent., 27/10/2015, n. 21775.

In tema di nullità negoziale, non è viziata da ultrapetizione la decisione del giudice che, in caso di domanda di accertamento della simulazione di un contratto di compravendita, abbia dichiarato la nullità (nella specie, per violazione del divieto di patto commissorio) della più ampia operazione negoziale cui tale contratto appartiene (nella specie, riconducibile allo schema del “sale and lease back”), essendo tale decisione giustificata dall’obbligo di rilevare di ufficio ogni possibile causa di nullità, ferma la previa necessaria indicazione alle parti del “thema decidendum”, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.c.

Cass. civ. Sez. I, 28/01/2015, n. 1625.

Il leasing puro si distingue dal leasing anomalo in quanto configgente con il divieto di patto commissorio, sulla base di tre criteri fondamentali: l’esistenza di una situazione debitoria in capo all’impresa utilizzatrice verso la concedente, le difficoltà economiche della prima e la sproporzione tra corrispettivo e valore del bene.

Cass. civ. Sez. I Sent., 28/01/2015, n. 1625.

Il contratto di sale and lease back è nullo, per illiceità della causa in concreto, ove violi il divieto di patto commissorio, salvo che le parti, con apposita clausola (cd. patto marciano), abbiano preventivamente convenuto che al termine del rapporto – effettuata la stima del bene con tempi certi e modalità definite, tali da assicurare una valutazione imparziale ancorata a parametri oggettivi ed autonomi ad opera di un terzo – il creditore debba, per acquisire il bene, pagare l’importo eccedente l’entità del suo credito, sì da ristabilire l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni e da evitare che il debitore subisca una lesione dal trasferimento del bene in garanzia. Resta peraltro ammissibile la previsione di differenti modalità di stima del bene, per come emerse nella pratica degli affari, purché dalla struttura del patto marciano in ogni caso risulti, anticipatamente, che il debitore perderà la proprietà del bene ad un giusto prezzo, determinato al momento dell’inadempimento, con restituzione della differenza rispetto al maggior valore, mentre non costituisce requisito necessario che il trasferimento della proprietà sia subordinato al suddetto pagamento, potendosi articolare la clausola marciana nel senso di ancorare il passaggio della proprietà sia al solo inadempimento, sia alla corresponsione della differenza di valore.

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 09/09/2014, n. 18920.

Il contratto di “sale and lease back”, cd. locazione finanziaria di ritorno, è un contratto di impresa socialmente tipico, mediante il quale un imprenditore vende alla società finanziaria un bene di sua proprietà che poi quest’ultima gli concederà in leasing, avendo la possibilità di riacquistarne la proprietà in seguito all’esercizio del diritto di opzione. La causa concreta del contratto in questione è lo scopo di finanziamento e risulta lecita, in virtù del divieto di patto commissorio, ex art. 2744 c.c., a condizione che sussista un giusto equilibrio fra il valore del bene venduto, il prezzo versato, il canone ed il prezzo dell’opzione. Tale contratto è, dunque, fraudolento se vi è l’esistenza di una preesistente situazione di credito-debito fra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione fra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato all’acquirente. (Nella fattispecie, si è evidenziato come di tali principi non si era tenuto conto nel decreto impugnato che aveva ritenuto illecita l’operazione di sale and lease-back, senza tuttavia esaminare i dati sintomatici ed indicativi sopra menzionati al fine di ricostruire la causa del contratto e delinearla, conseguentemente, come lecita o fraudolenta).

Cass. civ. Sez. III Sent., 08/07/2014, n. 15486.

Il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 cod. civ. si estende a qualsiasi negozio che venga utilizzato per conseguire il risultato concreto vietato dall’ordinamento. Ne consegue che anche la procura a vendere un immobile, conferita dal mutuatario al mutuante contestualmente alla stipulazione del mutuo, è idonea ad integrare la violazione della norma suddetta, qualora si accerti che tra il mutuo e la procura sussista un nesso funzionale, non assumendo rilievo, in senso contrario, la circostanza che il bene venduto venga intestato ad un prossimo congiunto del creditore (nella specie, la di lui figlia), perché in tal caso lo strettissimo vincolo di parentela consente di ritenere che l’operazione sia stata posta in essere proprio per eludere il divieto “ex lege”.

Cass. civ. Sez. I Sent., 17/04/2014, n. 8957.

La vendita con patto di riscatto o di retrovendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio, può rappresentare un mezzo per sottrarsi all’applicazione del relativo divieto ogni qualvolta il versamento del prezzo da parte del compratore non si configuri come corrispettivo dovuto per l’acquisto della proprietà, ma come erogazione di un mutuo, rispetto al quale il trasferimento del bene risponda alla sola finalità di costituire una posizione di garanzia provvisoria, capace di evolversi in maniera diversa a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituire le somme ricevute.

Cass. civ. Sez. II Sent., 21/05/2013, n. 12462.

Un contratto preliminare di compravendita può incorrere nel divieto del patto commissorio, sanzionato dall’art. 2744 cod. civ., ove risulti l’intento primario delle parti di costituire con il bene promesso in vendita una garanzia reale in funzione dell’adempimento delle obbligazioni contratte dal promittente venditore con altro negozio, in maniera da stabilire un collegamento strumentale fra i due negozi, mediante predisposizione di un meccanismo (quale la previsione di una condizione) diretto a far sì che l’effetto irrevocabile del trasferimento si realizzi solo a seguito dell’inadempimento del debitore, promittente alienante, rimanendo altrimenti il bene nella titolarità di quest’ultimo, atteso che in tal modo il preliminare viene impiegato non per finalità di scambio, ma in funzione di garanzia, per conseguire l’illecita coartazione del debitore rispetto alla volontà del creditore promissario acquirente, costituendo, allora, il mezzo per raggiungere il risultato vietato dalla legge.

Cass. civ. Sez. II Sent., 09/05/2013, n. 10986.

La vendita con patto di riscatto o di retrovendita stipulata fra il debitore ed il creditore, ove determini la definitiva acquisizione della proprietà del bene in mancanza di pagamento del debito garantito, è nulla per frode alla legge, in quanto diretta ad eludere il divieto del patto commissorio. Principale elemento sintomatico della frode è costituito dalla sproporzione tra l’entità del debito e il valore dato in garanzia, in quanto il legislatore, nel formulare un giudizio di disvalore nei riguardi del patto commissorio, ha presunto, alla stregua dell'”id quod plerumque accidit”, che in siffatta convenzione il creditore pretenda una garanzia eccedente il credito, sicché, ove questa sproporzione manchi – come nel pegno irregolare, nel riporto finanziario e nel cosiddetto patto marciano (ove al termine del rapporto si procede alla stima del bene e il creditore, per acquisirlo, è tenuto al pagamento dell’importo eccedente l’entità del credito) – l’illiceità della causa è esclusa.

Cass. civ. Sez. II Sent., 20/02/2013, n. 4262.

In materia di nullità per violazione del divieto del patto commissorio, non è possibile in astratto identificare una categoria di negozi soggetti a tale nullità, occorrendo invece riconoscere che qualsiasi negozio può integrare tale violazione nell’ipotesi in cui venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento giuridico, di far ottenere al creditore la proprietà del bene dell’altra parte nel caso in cui questa non adempia la propria obbligazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che non aveva ravvisato il patto commissorio in una vendita fiduciaria di un immobile – finalizzata a far ottenere un mutuo al fiduciario per il soddisfacimento di un suo credito nei confronti del fiduciante – caratterizzata dall’effetto reale del trasferimento di proprietà al fiduciario e da un effetto obbligatorio, il ritrasferimento dell’immobile, non condizionato ad un adempimento del fiduciante).

Cass. civ. Sez. II, 03/02/2012, n. 1675.

La convenzione intercorsa tra due parti, avente ad oggetto un primo contratto di vendita di un immobile di proprietà, con versamento di una parte del prezzo pattuito in denaro e di altra parte mediante accollo di mutui ipotecari contratti dal venditore, un contestuale contratto di locazione, per mezzo del quale l’acquirente loca lo stesso immobile al venditore, ed una successiva scrittura privata avente ad oggetto un patto di opzione con riconoscimento in favore dell’alienante della facoltà di riacquistare la proprietà dell’immobile oggetto di alienazione dietro versamento di un prezzo di poco superiore a quello pattuito per la vendita, non integra gli estremi del patto commissorio vietato ai sensi dell’art. 2744 c.c. Nella descritta ipotesi, invero, non è ravvisabile il presupposto fondamentale della fattispecie contemplata dalla richiamata norma, ovvero la esistenza di una situazione di debito del venditore nei confronti dell’acquirente, preesistente o coeva alla vendita, in quanto elemento imprescindibile affinché la vendita realizzi una forma di garanzia impropria, sanzionata con la nullità per violazione del divieto del patto commissorio posto dall’art. 2744 c.c.

Cass. civ. Sez. II Sent., 05/03/2010, n. 5426.

In tema di patto commissorio, l’automatismo del vietato trasferimento di proprietà del bene costituisce un connotato della figura tipica di cui alla previsione dell’art. 2744 cod. civ., mentre nelle ipotesi in cui non vi sia stata la concessione di pegno o ipoteca e l’illegittima finalità venga realizzata indirettamente in virtù di strumenti negoziali preordinati a tale particolare scopo, il requisito dell’anzidetto automatismo non può ritenersi esigibile, giacché la sanzione della nullità deriva dall’applicazione dell’art. 1344 cod. civ., per snaturamento della causa tipica del negozio, piegata all’elusione della norma imperativa di cui al citato art. 2744 cod. civ. In siffatti casi la coartazione del debitore, preventivamente assoggettatosi alla discrezione del creditore, è “in re ipsa”, non disponendo il medesimo (come nella specie, in cui era stata conferita procura irrevocabile a vendere il bene senza necessità di ulteriori “consensi, approvazioni o ratifiche”) di alcuna possibilità di evitare la perdita del bene costituito in sostanziale garanzia.

Cass. civ. Sez. II Sent., 05/03/2010, n. 5426.

Il divieto del patto commissorio di cui all’art. 2744 cod. civ. si estende a qualunque negozio attraverso il quale le parti intendono realizzare il fine vietato dal legislatore ed opera, quindi, anche nell’ipotesi di patto commissorio occulto avente ad oggetto immobili di proprietà di terzi, i quali assumono la figura di venditori a garanzia del debito altrui.

Cass. civ. Sez. V, 25/02/2010, n. 4600.

In tema di imposta sui redditi, è legittimo l’assoggettamento ad imposizione, previa riqualificazione del rapporto contrattuale come vendita, dei maggiori ricavi derivanti dal trasferimento di beni, dati in garanzia reale dal contribuente in relazione ad un contratto di mutuo, e poi non richiesti in restituzione al mutuante, non ostandovi il divieto del patto commissorio, il quale è istituito a presidio di un interesse generale ed opera, con la conseguente sanzione della nullità, nella fase di costituzione e di attuazione del mutuo, non trovando invece applicazione in relazione ad accordi intervenuti tra le parti dopo la scadenza dell’obbligo di restituire al mutuante le somme ricevute in prestito, fase in cui il debitore è libero di disporre dei propri beni, così come è libero, in generale, di cederli ai creditori a soddisfazione delle loro ragioni.

Cass. civ. Sez. II, 18/01/2010, n. 649.

Il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c. si estende a qualsiasi negozio, ancorché lecito e quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito, deve ulteriormente precisarsi che costituisce apprezzamento insindacabile del giudice del merito, quando sia esente da errori di diritto, quello diretto ad accertare se l’intervenuto accordo contrattuale integri un patto commissorio.

Cass. civ. Sez. II Sent., 07/09/2009, n. 19288.

Il contratto di compravendita caratterizzato dalla causa di garanzia propria del mutuo con patto commissorio, piuttosto che dalla causa di scambio specifica della vendita, anche quando sia previsto il trasferimento effettivo del bene, nonostante non sia tale da integrare direttamente un patto commissorio, vietato ex art. 2744 c.c., costituisce un mezzo diretto ad eludere il disposto recato dalla citata norma imperativa, tale che, esprimendo una causa illecita, determina l’applicabilità all’intero contratto della sanzione di cui all’art. 1344 c.c. In ipotesi siffatte, invero, il versamento del denaro da parte del compratore costituisce non già pagamento del prezzo, bensì esecuzione di un mutuo, ed il trasferimento del bene è unicamente diretto a costituire una posizione di garanzia provvisoria capace di evolversi a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituzione posto a suo carico. Ciò rilevato, nel caso concreto la Corte di merito ha correttamente ritenuto che la stipulata compravendita immobiliare non era tale da integrare un divieto di patto commissorio, stante l’avvenuto accertamento, con motivazione logica e congrua, della inesistenza alla base del trasferimento, di uno scopo di garanzia, nonché l’assoluta mancanza di un rapporto di debito-credito tra le parti del contratto.

Cass. civ. Sez. II Sent., 12/01/2009, n. 437.

Il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 cod. civ. ed espressamente previsto, quanto al contratto di anticresi, dall’art. 1963 cod. civ., si estende a qualsiasi negozio, ancorché astrattamente di per sé lecito, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, di assoggettare il debitore all’illecita coercizione del creditore, sottostando alla volontà del medesimo di conseguire il trasferimento della proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ravvisato una violazione del patto commissorio nel fatto che i contraenti avevano previsto, in caso di mancata restituzione della somma mutuata, che il creditore avrebbe potuto, esercitando una sorta di diritto potestativo, pretendere il trasferimento, sia pure a titolo oneroso, del bene oggetto dell’anticresi).

Cass. civ. Sez. II Sent., 11/06/2007, n. 13621.

Qualora la vendita con patto di riscatto, pur se ad effetti apparentemente immediati, sia stipulata a scopo di garanzia con il fine specifico di attribuire il bene al creditore soltanto nel caso di inadempimento del debitore, il contratto, eludendo il divieto del patto commissorio sancito dall’art. 2744 cod. civ., è, ai sensi dell’art. 1344 cod. civ., affetto da nullità per causa illecita. (Nella specie, è stato escluso che la vendita fosse stata stipulata a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni del venditore, sul rilievo che non era stato pattuito il patto “de retrovendendo”).

Cass. civ. Sez. II, 08/02/2007, n. 2725.

Una vendita stipulata con patto di riscatto o di retrovendita è nulla se il versamento del denaro da parte del compratore non costituisca il pagamento del prezzo, ma l’adempimento di un mutuo, ed il trasferimento del bene serva solo a porre in essere una transitoria situazione di garanzia, destinata a venir meno, con effetti diversi a seconda che il debitore adempia o non l’obbligo di restituire le somme ricevute, atteso che una siffatta vendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio, costituisce un mezzo per eludere il divieto posto dall’articolo 2744 cod. civ., e la sua causa illecita ne determina l’invalidità ai sensi degli articoli 1343 e 1418 cod. civ.

Cass. civ. Sez. II, 28/06/2006, n. 14903.

Gli artt. 1963 e 2744 cod. civ., che sanciscono il divieto del patto commissorio, postulano che il trasferimento della proprietà della cosa sia condizionato sospensivamente al verificarsi dell’evento futuro ed incerto del mancato pagamento del debito, sicché, qualora il trasferimento o la promessa di trasferimento vengano, invece, pattuiti di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto e di liberare, quindi, il debitore dalle conseguenze connesse alla sua pregressa inadempienza, non sono configurabili le condizioni richieste dalle citate norme per l’operatività’ del divieto da esse previsto. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva negato la sussistenza del patto commissorio perché parte del corrispettivo della vendita era stato utilizzato immediatamente per estinguere un mutuo stipulato tra le parti, sicché la vendita non aveva lo scopo di garantire la restituzione del mutuo stesso, ma, eventualmente, di fornire la provvista per estinguere il debito scaduto).

Cass. civ. Sez. III, 14/03/2006, n. 5438.

Il contratto di “sale and lease back” – in forza del quale un’impresa vende un bene strumentale ad una società finanziaria, la quale ne paga il prezzo e contestualmente lo concede in locazione finanziaria alla stessa impresa venditrice, verso il pagamento di un canone e con possibilità di riacquisto del bene al termine del contratto per un prezzo normalmente molto inferiore al suo valore – configura un contratto d’impresa socialmente tipico che, come tale, è, in linea di massima, astrattamente valido, ferma la necessità di verificare, caso per caso, la presenza di elementi sintomatici atti ad evidenziare che la vendita è stata posta in essere in funzione di garanzia ed è volta, pertanto, ad aggirare il divieto del patto commissorio. A tal fine, l’operazione contrattuale può definirsi fraudolenta nel caso in cui si accerti, con una indagine che è tipicamente di fatto, sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della correttezza della motivazione, la compresenza delle seguenti circostanze: l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente.

Cass. civ. Sez. III, 02/02/2006, n. 2285.

Il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 cod. civ. si estende a qualsiasi negozio, ancorchè lecito e quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito impugnata, siccome adeguatamente motivata, con la quale – escludendosi che l’art. 2744 cod. civ. costituisca una norma “eccezionale” di stretta interpretazione, applicabile unicamente nell’eventualità che il patto sia aggiunto al pegno, all’ipoteca o all’anticresi – era stata ritenuta sussistente la violazione del divieto del patto commissorio con riguardo ad un contratto intercorso tra due società da qualificarsi “sale and lease back”, considerandosi irrilevante la circostanza che la vendita di un macchinario non era stata contestuale alla locazione, poichè, in concreto, non era intercorso un tempo “considerevole” e che, comunque, ai fini di cui all’art. 2744 cod. civ., non era da apprezzarsi come rilevante la presenza o l’assenza di contestualità tra i due contratti, essendo necessaria la ravvisabilità di un nesso funzionale che rendesse manifesto l’intento negoziale complessivo delle parti).

Cass. civ. Sez. III, 15/03/2005, n. 5635.

È nulla, per violazione del divieto del patto commissorio, la convenzione mediante la quale le parti abbiano inteso costituire, con un determinato bene, una garanzia reale in funzione di un mutuo, istituendo un nesso teleologico o strumentale tra la vendita del bene ed il mutuo, in vista del perseguimento di un risultato finale consistente nel trasferimento della proprietà del bene al creditore acquirente in caso di mancato adempimento dell’obbligazione di restituzione da parte del debitore-venditore. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla Corte di Cassazione, aveva escluso la violazione del divieto di patto commissorio sul presupposto che, in mancanza della prova della avvenuta erogazione di un mutuo, era venuta meno in radice la configurabilità di un nesso tra tale negozio e la vendita).

Cass. civ. Sez. III Sent., 06/10/2004, n. 19950.

Gli artt. 1963 e 2744 cod. civ., che sanciscono il divieto del patto commissorio, postulano che il trasferimento – ovvero il procedimento indiretto della promessa di trasferimento al creditore, cui l’indicato divieto è estensibile per identità di “ratio” – della proprietà della cosa che ha formato oggetto di ipoteca, di pegno o di anticresi, sia condizionato sospensivamente al verificarsi dell’evento futuro ed incerto del mancato pagamento del debito, sicché, qualora il trasferimento o la promessa di trasferimento vengano, invece, pattuiti puramente e semplicemente allo scopo non già di garantire l’adempimento di un’altra obbligazione con riguardo all’eventualità, non ancora verificatasi, che essa rimanga inadempiuta, ma di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto e di liberare, quindi, il debitore dalle conseguenze connesse alla sua pregressa inadempienza, non sono configurabili le condizioni richieste dalle citate norme per l’operatività del divieto da esse previsto. (Nella specie la S.C. ha cassato per difetto di motivazione la sentenza di merito che aveva affermato la sussistenza del patto commissorio senza indagare la condotta delle parti in occasione della stipula dei contratti e successivamente alla stessa).

Cass. civ. Sez. III, 24/05/2004, n. 10000.

La costituzione di un pegno irregolare rende inoperante il divieto di patto commissorio di cui all’art. 2744 c.c., atteso che, a mente del disposto del precedente art. 1851, ed in coerenza con l’intento del legislatore di evitare indebite locupletazioni, deve ritenersi consentito al creditore, nell’ipotesi di inadempimento della controparte, di fare definitivamente propria la (sola) somma corrispondente al credito garantito e, quindi, di compensarlo con il suo debito di restituzione del “tantundem”, nel legittimo esercizio del proprio diritto di prelazione e senza richiesta di assegnazione al giudice dell’esecuzione.

7. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso

Come avrai notato, la disciplina del divieto di patto commissorio è articolata, perché occorre valutare molti elementi e ponderare diverse opzioni per addivenire ad una scelta adeguata.

Proprio per questo motivo, al fine di proteggere e difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.

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