Esercizio del diritto di opzione: conseguenze

Cos’è il diritto di opzione? Come si esercita? Quali sono le conseguenze del diritto di opzione?

All’interno di un rapporto societario è solito l’incremento di capitale, motivo per cui se ti stai ponendo tali interrogativi probabilmente ti trovi davanti a un bivio: esercitare o meno il diritto di opzione.

Al riguardo, tale diritto presenta una serie di peculiarità che andremo a vedere di seguito, prima però sarà necessario soffermarci sul concetto stesso di opzione.

Solo successivamente ci soffermeremo sulle diverse sfaccettature dell’istituto dell’esercizio del diritto di opzione.

1. Il concetto di opzione

La prima questione su cui dobbiamo necessariamente soffermarci è il concetto di opzione.

Al riguardo, da un punto di vista giuridico, il significato della locuzione in questione è assai ampio.

Ciò posto, in via generale, con esso si vuole indicare il diritto di scelta spettante a un solo soggetto nell’ambito di un rapporto giuridico.

Diritto di scelta che può determinare in modo significativo una particolare situazione giuridica, andando a incidere nella sua costituzione, modificazione o estinzione.

In ottica privatistica, l’opzione ha un ruolo fondamentale all’interno di un contratto, potendo attribuire, a una delle parti, il diritto di scelta circa l’addivenire o meno alla stipulazione di un contratto.

Circostanza, tra l’altro, alla quale dover affiancare l’annesso impegno dell’altro contraente a mantenere ferma la propria dichiarazione in funzione del vincolo contrattuale.

Al riguardo, avendo introdotto la questione, possiamo dire che tali attribuzioni possono derivare da specifica clausola contrattuale o da un apposito accordo bilaterale, salvo ipotesi di attribuzione legale.

In altri termini, l’opzione può presentarsi da un lato quale accordo o patto bilaterale di natura negoziale (opzione contrattuale) e dall’altro lato quale attribuzione prevista dalla legge (opzione legale).

Ciò posto, il diritto di opzione ricopre un ruolo cardine nell’ottica degli assetti societari e nel rapporto tra i diversi soci, nonché nella loro partecipazione sociale.

2. Il diritto di opzione: definizione

Ora che abbiamo compreso che per opzione si intende, in linea generale, un diritto di scelta.

Atteso il suo ruolo all’interno di un rapporto contrattuale, possiamo a questo punto, addentrarci maggiormente nella materia, soffermandoci sul diritto di opzione.

Preliminarmente, possiamo dire che il diritto di opzione si presenta all’interno degli assetti societari per quanto concerne il rapporto tra i soci.

Detto ciò, possiamo definirlo quale diritto degli attuali soci ad essere preferiti a terzi nell’ambito della sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale a pagamento, come meglio definito dall’art. 2441 c.c. di cui parleremo.

Tale diritto ricopre, dunque, la funzione di mantenere inalterata la partecipazione di ciascun socio all’interno della società.

Partecipazione che viene ad esternarsi per mezzo del diritto di voto, il quale incide direttamente sulla funzione amministrativa della società, andando a interessare la formazione della volontà sociale.

Contestualmente, una seconda funzione ricoperta dal diritto di opzione appare essere di natura patrimoniale.

Essa attiene al mantenimento, in modo inalterato, del reale valore della partecipazione azionaria nel rispetto delle riserve accumulate.

Al riguardo, infatti, il valore della partecipazione azionaria di ciascun socio tenderebbe a diminuire in caso di sottoscrizione di azioni da parte di terzi (specie se a un prezzo inferiore rispetto al valore effettivo di quelle già emesse e in circolazione).

2.1. La natura giuridica del diritto di opzione: art. 2441 c.c.

A questo punto, al fine di addentrarci maggiormente nella materia, possiamo soffermarci sulla sua natura giuridica, osservando quanto espresso nell’art. 2441 c.c. rubricato, per l’appunto, “Diritto di opzione”.

Esso infatti si inquadra quale diritto, da parte dei soci attuali, di sottoscrivere, in proporzione al numero delle azioni possedute, le azioni emesse in sede di aumento di capitale sociale a pagamento.

Per mezzo dell’esercizio di un diritto di scelta, ciascun socio, può agire al fine di mantenere inalterata la proporzione nella partecipazione al capitale e al patrimonio sociale, non alterando altresì la formazione della volontà sociale.

2.2. Oggetto del diritto di opzione

Il diritto di opzione presenta le caratteristiche dell’opzione (di cui abbiamo parlando anticipatamente), da dover adattare però al particolare all’ambito societario. 

Quando un socio esercita il diritto di opzione, infatti, questi attua un diritto potestativo nei confronti della società.

Oggetto di opzione sono le azioni di nuova emissione.

Soggetti legittimati all’esercizio di tale diritto sono i soci di ogni categoria.

A proposito dei soci di categoria, dobbiamo precisare che in caso di aumento di capitale oneroso, la società può emettere anche azioni di diverse categorie rispetto a quelle in circolazione. 

3. Come esercito il diritto di opzione?

Ora che abbiamo chiarito cosa sia il diritto di opzione, dobbiamo rispondere a un ulteriore interrogativo, attinente per l’appunto alle sue modalità di esercizio.

Al riguardo, può certamente aiutarci il citato art. 2441 c.c. al suo comma 2, il quale si interessa di disciplinare l’offerta di opzione.

Essa deve essere depositata presso l’ufficio del Registro delle Imprese e contestualmente resa nota mediante un avviso.

Avviso da pubblicare sul sito internet della società o, nel caso non fosse possibile tale ipotesi, da depositare presso la sede legale della società.

Le modalità di deposito devono risultare idonee a garantire:

  • sicurezza del sito della società;
  • autenticità dei documenti;
  • certezza della data di pubblicazione o del deposito presso la sede della società.

Per quanto concerne i termini per l’esercizio del diritto di opzione, possiamo altresì precisare che gli stessi non possono essere inferiori a 15 giorni dalla data di pubblicazione dell’offerta.

Pubblicazione che, congiuntamente con la fissazione del termine, si prevede nell’interesse dei soci.

Questi possono sempre rinunciare tanto al termine quanto all’adempimento delle diverse formalità, purché la predetta rinuncia risulti unanime.

4. Cosa accade alle azioni non optate?

Ulteriore questione attiene alle azioni non optate, di cui si interessa il successivo comma 3 del citato art. 2441, per mezzo dell’introduzione della prelazione.

Precisamente, il legislatore ha voluto prevedere un diritto di prelazione (tipico nella vendita di immobili), per l’eventuale acquisto di tutte le azioni non optate, in capo ai soci interessati che ne facciano specifica richiesta (proporzionalmente alla partecipazione sociale).

La norma dispone, dunque, un diritto di prelazione, autonomo e distinto rispetto all’opzione, da poter esercitare per tutte quelle azioni risultanti non optate.

Al riguardo, in tali casi, si prevede in capo all’amministratore (o agli amministratori ove vi fosse un numero maggiore di uno) l’onere di allocarle nel mercato, purché avvenga nel rispetto della normativa di settore.

Precisamente, ad esempio, ove dovessimo trovarci davanti a una società non quotata in borsa, per le azioni non optate il diritto di prelazione spetterà agli stessi soci che hanno esercitato il diritto di opzione.

In caso di società quotate, invece, sarà necessario immettere sul mercato azionario i diritti di opzione rimanenti, il cui ricavato dall’acquisto, andrà ad incrementare il patrimonio sociale.

Da ultimo, in caso di mancato esercizio di opzione e di mancato acquisto sul mercato, le azioni di nuova emissione potranno essere allocate liberamente.

5. Il diritto di opzione può escludersi?

Altra questione che spesso può sorgere nell’ambito del diritto di opzione attiene alla sua possibile esclusione.

Al riguardo, in alcuni casi l’interrogativo in questione ha risposta positiva.

Infatti, il diritto di opzione non risulta esercitabile per le azioni di nuova emissione che necessitano di conferimenti in natura (nel rispetto di quanto sancito nella eventuale deliberazione di aumento del capitale).

Inoltre, per le società quotate in mercati regolamentati, il diritto di opzione può essere escluso anche dallo statuto.

In tal caso l’esclusione può ammettersi, nei limiti del 10% del capitale sociale preesistente. Purché il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni.

Ciò deve essere altresì confermato da specifica relazione redatta da una revisione o da una società di revisione legale. 

Altra ipotesi di esclusione può incorrere in quei casi in cui sia la stessa società a esigerlo.

6. Le conseguenze del diritto di opzione

Arriviamo così all’ultima questione, sotto alcuni aspetti, anche la più rilevante, attinente alle conseguenze dell’esercizio del diritto di azione.

Al riguardo, in linea di massima l’esercizio del predetto diritto si presenta quale opportunità per gli azionisti di una società di vedere aumentare la propria partecipazione, incrementando la propria esposizione.

Ciò determina una serie di conseguenze che possono essere lette tanto in modo positivo quanto negativo.

L’esercizio del diritto di opzione, infatti, tutela sotto alcuni aspetti l’azionista andando a proteggere il proprio investimento da eventuali diluizioni determinabili con l’emissione di nuove azioni.

Diluizione che potrebbe verificarsi, ad esempio, con la libera vendita sul mercato delle azioni emesse, a causa del plausibile incremento di offerta.

D’altro canto, però, l’esercizio del diritto di opzione potrebbe anche rappresentare un rischio, in tutte le circostanze in cui la crescita aziendale appare rallentata.

Gli azionisti infatti, in tal caso, potrebbero tradurre in un “alert” tale scelta societaria.

Così facendo, potrebbero prediligere una vendita delle stesse e l’annessa riduzione del prezzo, con un’incidenza negativa sul valore di mercato della società.

7. La giurisprudenza rilevante in materia di diritto di opzione

Cass. civ. Sez. III Ord., 30/10/2018, n. 27444.

In materia societaria, la vendita di una quota di partecipazione con opzione di riacquisto per un corrispettivo da quantificarsi secondo l’andamento della società al momento dell’adesione alla dichiarazione di offerta di riacquisto, diversamente dalla vendita con patto di riscatto, integra un contratto aleatorio in cui l’alea, che può colpire entrambe le parti, è insita nella variazione che il valore della partecipazione può subire entro il termine pattuito per l’esercizio del diritto di opzione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto non integrante violazione dell’art. 1500, comma 2, c.c. il contratto con il quale un socio di una società fallita aveva ceduto la propria quota con opzione di riacquisto della partecipazione alla società tornata “in bonis”, da esercitarsi entro un certo termine e per un prezzo, determinabile entro un minimo ed un massimo, da quantificarsi secondo l’andamento della società al momento dell’adesione alla dichiarazione di offerta di riacquisto).

Cass. civ. Sez. I Ord., 14/02/2018, n. 3656.

In tema di intestazione fiduciaria delle partecipazioni sociali, il fiduciante, il quale lamenti che la definitiva uscita della società del fiduciario, a seguito del mancato esercizio del diritto di opzione, sia dipesa dalla falsità della situazione patrimoniale, redatta dagli amministratori e sottoposta all’assemblea per l’abbattimento e la ricostituzione del capitale sociale ex art. 2447 c.c., è legittimato ad esperire l’azione individuale del terzo di cui all’art. 2395 c.c., per il risarcimento del danno a lui direttamente cagionato dalla lesione al diritto al ritrasferimento della partecipazione sociale.

Cass. civ. Sez. I Ord., 27/02/2013, n. 4946.

L’annullabilità di una delibera di aumento del capitale sociale, laddove non ne sia stata disposta la sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 2378, terzo comma, cod. civ., non incide – ancorché ne possa derivare una modifica della composizione della maggioranza allorquando non sia stata seguita dall’integrale esercizio del diritto di opzione da parte dei vecchi soci – sulla validità delle successive deliberazioni adottate con la nuova maggioranza, poiché l’omessa adozione del provvedimento di sospensione rende legittimi gli atti esecutivi della prima deliberazione, resistendo, peraltro, tale legittimità anche al sopravvenire del suo annullamento, la cui efficacia, sebbene in linea di principio retroattiva, è pur sempre regolata dalla legge ed operante nei soli limiti da essa sanciti, tanto rivelandosi affatto coerente con le esigenze di certezza e stabilità sottese alla disciplina delle società commerciali.

Cass. civ. Sez. I Sent., 20/02/2013, n. 4184.

L’esercizio del diritto di opzione che il socio, in ipotesi di aumento di capitale, può vantare nei confronti della società, le cui azioni o quote egli ha titolo per sottoscrivere, pur suscettibile di riflettersi, in concreto, sull’interesse degli altri soci nella misura in cui ne possa risultare modificato il rapporto proporzionale di partecipazione al capitale della società, non consente a questi ultimi, quali titolari di un siffatto interesse (di mero fatto), di assumere la veste di contraddittori necessari nel giudizio volto a farlo valere, il quale investe unicamente il rapporto intercorrente tra colui che si pretende titolare del diritto di opzione e la società, sulle cui azioni o quote l’opzione è destinata ad esercitarsi, e non si atteggia quindi come controversia tra soci.

Cass. civ. Sez. I Sent., 12/07/2007, n. 15614.

È valida la delibera, che a seguito di riduzione integrale del capitale sociale per perdite, decida l’azzeramento ed il contemporaneo aumento, anche ad una cifra superiore al minimo, del capitale sociale, mediante la sottoscrizione immediata e per intero del socio presente, purchè sia consentito, ai soci assenti o impossibilitati alla sottoscrizione immediata, l’esercizio del diritto di opzione nel termine di trenta giorni stabilito nell’art. 2441 secondo comma cod. civ. previgente per l’acquisto delle partecipazioni sottoscritte in misura eccedente la quota di spettanza dell’originario sottoscrittore, dal momento che l’esercizio postumo del diritto di opzione opera come condizione risolutiva e rimuove “pro quota” e retroattivamente gli effetti dell’originaria sottoscrizione.

Cass. civ. Sez. I Sent., 11/05/2007, n. 10879.

La rinuncia o il mancato esercizio del diritto di opzione relativo all’aumento di capitale di una società non è suscettibile di revoca, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., al fine di consentire al creditore di sostituirsi al debitore nell’esercizio dell’opzione stessa, perché effetto della revoca è la declaratoria di inefficacia dell’atto revocato e il conseguente assoggettamento del bene oggetto della rinuncia all’azione esecutiva. La revoca è tuttavia consentita quando l’opzione costituisce un bene in sé, dotato di autonomo valore di mercato, e in questo caso l’azione esecutiva dovrà svolgersi nel rispetto della disciplina dettata dall’art. 2480 c.c. (ora art. 2471, a seguito della riforma del diritto societario introdotta dal D.Lgs. n. 6 del 2003). Di conseguenza, nell’ambito della disciplina della società a responsabilità limitatala la revoca è subordinata alla dimostrazione che il diritto di opzione sia suscettibile di alienazione secondo la legge di circolazione delle quote stabilita dallo statuto sociale.

Cass. civ. Sez. I, 03/11/2006, n. 23599.

In tema di aumento del capitale sociale nelle società a responsabilità limitata (nella disciplina anteriore alle innovazioni introdotte dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), nonostante il silenzio dell’art. 2495 cod. civ. in ordine al termine minimo da riconoscere al socio per l’esercizio del diritto di opzione e l’omissione, in esso, di ogni richiamo al secondo comma dell’art. 2441 cod. civ. (che, per le società per azioni, stabilisce il termine minimo in trenta giorni dalla pubblicazione dell’offerta), il termine per l’esercizio del suddetto diritto non può essere tanto ristretto da rendere eccessivamente difficile ai soci la possibilità di fatto di avvalersene. Pertanto, ove la delibera assembleare di aumento del capitale sociale preveda, accanto a un termine per l’esercizio del diritto di opzione stabilito in una data fissa, un’autorizzazione agli amministratori ad interpellare i soci assenti, priva tuttavia di un’espressa specificazione sia in ordine al termine entro il quale effettuare detta comunicazione, sia in relazione alla data finale per l’esercizio, da parte di costoro, del diritto di sottoscrizione, correttamente il giudice del merito – allorché motivatamente ritenga sussistente un’oscurità nel tenore complessivo della volontà assembleare in base al solo operare del criterio letterale – ricorre al canone ermeneutico della buona fede, interpretando la delibera nel senso della previsione di un termine per l’esercizio del diritto di opzione eguale per tutti i soci (e pari allo spazio temporale che separa la data della delibera da quella di scadenza per l’esercizio del diritto di opzione), decorrente, per i soci assenti, dal giorno della comunicazione; e ciò, onde evitare che, per coloro i quali non presero parte all’assemblea, la congruità dello “spatium deliberandi” (e, con essa, la possibilità concreta di avvalersi del termine per l’esercizio dell’opzione) sia rimessa alla tempestività della comunicazione in loro favore effettuata dagli amministratori.

8. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso

Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione all’esercizio del diritto di opzione è articolata, perché occorre valutare molti elementi e ponderare diverse opzioni per addivenire ad una scelta adeguata.

Proprio per questo motivo, al fine di proteggere e difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.

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