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Che cosa si intendente per espropriazione per pubblica utilità e come difendersi sono sicuramente due questioni di notevole rilevanza per chi ha ricevuto una notifica per il procedimento espropriativo.
Se anche tu ti stai chiedendo cosa ruota intorno a tale istituto, su quali norme poggia il suo fondamento e come si determina il suo indennizzo, sei nel posto giusto.
Prima di soffermarci sulle tutele in quesitone, però, dobbiamo soffermarci sul concetto di espropriazione per pubblica utilità.
Il concetto di espropriazione per pubblica utilità
L’espropriazione per pubblica utilità è una vera e propria espressione del distinguo tra i diritti privati e gli interessi collettivi.
Esso rappresenta il ruolo di apparato servente che ricopre al Pubblica Amministrazione nei confronti dei servizi e degli interessi pubblici.
Precisamente può definirsi un istituto giuridico in virtù del quale è possibile, tramite provvedimento, acquisire la proprietà di un diritto reale su di un bene di terzi per esigenze di interesse pubblico, indipendentemente dalla volontà del proprietario, previo indennizzo.
Si tratta, quindi, di un potere ablatorio in capo alla pubblica amministrazione, per mezzo del quale è possibile legittimare un’azione incidente sugli interessi pubblici a discapito degli interessi privati.
A titolo esemplificativo, la massima rappresentazione di un’espropriazione per pubblica utilità è data dalla necessità di indennizzare coloro che hanno la proprietà di un bene immobile (quale un terreno) ubicato in un’area nella quale è prevista la realizzazione di un’opera pubblica.
Quali sono le sue fonti normative?
L’espropriazione per pubblica utilità trova il suo fondamento nell’art. 42, comma 3, della Costituzione, ai sensi del quale la proprietà privata, nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzo, può essere espropriata per motivi di interesse generale.
La stessa è supportata altresì dall’art. 2 della Costituzione, secondo cui al cittadino è richiesto l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Accanto a una legittimazione di rango primario, anche all’interno del Codice Civile viene ripreso l’istituto.
Nello specifico, l’art. 834 c.c. prevede, al suo comma 1, la possibilità di una privazione totale o parziale dei beni di proprietà privata per cause di pubblico interesse, legalmente dichiarate, previo il pagamento di una giusta indennità.
Il comma 2, invece, dichiara esplicitamente che per quel che attiene alle norme regolatrici dell’espropriazione per pubblica utilità, si rimanda a leggi speciali.
La fonte speciale in questione è rappresentata dal Testo Unico in materia di espropriazione (D.P.R. n. 327/2001 e s.m.i.), chiamato a coordinare la materia espropriativa e urbanistica, con specifiche procedure annesse.
Pertanto, i principi o gli elementi su cui si fonda l’istituto in esame sono rappresentati da:
- principio di legalità (rappresentato dal fatto che la stessa espropriazione per pubblica utilità può ammettersi sono nei casi e nei modi previsti dalla legge)
- previsione di un indennizzo (costituzionalmente previsto dal citato comma 3 dell’art. 42 Cost. per il quale lo Stato è tenuto a indennizzare il legittimo proprietario del bene espropriato).
L’indennizzo in caso di espropriazione di area edificabile
Sicuramente di notevole interesse è l’ipotesi di un’area edificabile espropriata per pubblica utilità, per la quale l’ordinamento ha previsto la possibilità di un indennizzo.
Al riguardo, appare ormai chiaro che l’indennizzo in questione nasce con lo scopo di compensare la perdita del bene.
Partendo da ciò, possiamo brevemente prendere in esame l’art. 37 del Testo Unico sull’espropriazione, il quale, soffermandosi sull’indennità di un’area edificabile, prevede che la stessa venga determinata in misura pari al valore venale del bene.
La stessa norma, inoltre, prevede che in caso di espropriazione finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità sarà oggetto di riduzione del venticinque per cento.
Espropriazione per pubblica utilità: come difendersi
Ora che abbiamo comprese l’istituto in esame, possiamo soffermarci sul nodo centrale della questione, ossia come poterci difendere nel caso in cui ci venga notificato l’avvio del procedimento espropriativo.
Gli istituti sono differenti.
Tra questi vi rientrano la commissione arbitrale, il ricorso alla Corte d’Appello e il ricorso al TAR, tramite cui opporsi all’espropriazione, alla quantificazione dell’indennità o nel merito.
1. La commissione arbitrale. Una tutela proposta dalla Pubblica Amministrazione
La commissione arbitrale viene solitamente coinvolta nei casi in cui l’indennizzo previsto dalla Pubblica Amministrazione non appare soddisfacente per il proprietario.
Nel momento in cui si avvia il procedimento espropriativo, possiamo infatti tutelarci rifiutando l’importo indennitario e richiedendo di rivolgersi al citato organo.
La commissione si comporrà di tre tecnici, di cui uno nominato dal proprietario dell’immobile e due nominati dall’amministrazione.
Lo scopo della commissione arbitrale sarà quello di stabilire quale possa essere il giusto indennizzo in funzione al valore dell’immobile.
La quantificazione determinata dai consulenti tecnici non è vincolante, motivo per cui il proprietario potrà continuare a rifiutare lo specifico importo.
2. Il ricorso in Corte d’Appello per indennizzo insufficiente
Possiamo ricorrere al giudice della Corte d’Appello competente nei casi in cui, una volta avviato il procedimento espropriativo, reputiamo insoddisfacente l’indennità provvisoria proposta.
In casi analoghi, una volta rifiutato di rivolgersi alla commissione arbitrale (la quale comunque deve essere proposta dall’amministrazione espropriante), il proprietario dell’immobile interessato può rivolgersi all’autorità giudiziaria in questione.
Al riguardo, oggetto della controversia potrà essere la determinazione dell’indennità, sulla base di una lesione dei diritti economici dell’espropriato.
Al riguardo dobbiamo sempre ricordarci che, il giudice d’Appello potrà pronunciarsi determinando, con decisione definitiva, l’indennità spettante.
3. Difendersi nel merito all’espropriazione per pubblica utilità: il ricorso al TAR
Accanto ai primi due istituti, dediti a garantire un’eventuale risoluzione di problematiche attinenti all’equo indennizzo, l’ordinamento ha fornito un’ulteriore tutela rappresentata dal ricorso al TAR.
Precisamente, il Tribunale Amministrativo Regionale può essere coinvolto in tutti i casi in cui sussistono motivi di opposizione nel merito, in riferimento alle procedure adottate dall’amministrazione in tutte le fasi dell’espropriazione.
Ci riferiamo quindi a tutti quei casi in cui appaiono dei vizi nella procedura che non solo possono legittimare un’opposizione a quella che, di fatto, si presenta come un’occupazione abusiva, ma possono altresì determinare una pretesa risarcitoria ove il TAR ritenesse fondato il ricorso.
Quali sono i casi di irregolarità ai quali opporsi?
Come preaccennato, è possibile che l’amministrazione espropriante agisca in modo illegittimo.
Ciò solitamente deriva da vizi procedurali, tali da consentire all’espropriato di opporsi e difendersi nel merito, davanti al TAR competente.
Al riguardo, sono diversi i casi di irregolarità, nell’espropriazione per pubblica utilità, che fanno al caso nostro, ai fini di difenderci con opposizione.
Tra questi vi rientrano i seguenti casi:
- gli atti della procedura di espropriazione per pubblica utilità vengono emanati da un’amministrazione incompetente alla realizzazione di specifica opera;
- la mancata emanazione della dichiarazione di pubblica utilità;
- l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità per scadenza del termine quinquennale di validità;
- in caso di mancata designazione di un ufficio preposto all’espropriazione;
- la dichiarazione di pubblica utilità una volta cessato il vincolo espropriativo;
- nei casi di difetto di notifiche.
In conclusione, è possibile difendersi dall’espropriazione per pubblica utilità ma l’opposizione può avvenire solo nei casi di concreta illegittimità dell’atto o per vizi specifici.
In caso contrario, conviene sempre provare a massimizzare l’importo alla base dell’indennizzo, cercando così di far valere i propri diritti economici.
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