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Il factoring è il contratto con il quale una parte, detta factor, acquista, per un certo periodo di tempo e a titolo oneroso, i crediti non ancora esigibili che un imprenditore (in genere imprese venditrici di beni) vanta nei confronti della propria clientela.
Il nome di questo particolare tipo di contratto, come si evince, è di origine anglosassone.
Già solo questo dato lascia intendere che si tratta di un modello contrattuale piuttosto recente.
Viene infatti utilizzato dagli operatori economici per il finanziamento alle imprese in relazione a particolare esigenze non codificate dal legislatore. Basti pensare, infatti, che il factoring stesso non trova una compiuta disciplina nell’ordinamento giuridico italiano.
Se vuoi sapere di più sulla disciplina e gli elementi caratteristici del factoring, ti consiglio di andare avanti con la lettura di questa guida.
Tratteremo infatti il factoring nei suoi aspetti più particolari.
1. Factoring: nozione e natura
Il factoring, come accennato, consiste nell’acquisto da parte del factor dei crediti non ancora esigibili.
Si tratta di crediti che le imprese, solitamente venditrici di beni, vantano nei confronti della clientela.
Parliamo di un acquisto che avviene in forza di una convenzione per la quale l’imprenditore creditore si obbliga a cedere al factor tutti suoi crediti, presenti e futuri, derivati o derivanti dall’esercizio dell’impresa.
Il factor cessionario acquista i crediti di norma pro soluto, salvo patto contrario.
A tal proposito, dunque, si può ricavare la funzione del factor.
Quest’ultimo, dunque, svolge una funzione di gestione in senso proprio.
Infatti è colui che amministra i crediti curandone la riscossione anche ricorrendo alla esecuzione forzata; svolge inoltre una funzione di finanziamento in quanto anticipa all’impresa l’importo dei crediti acquistati, finanziando l’impresa stessa attraverso un’atipica operazione di sconto.
Svolge infine una funzione di assicurazione in quanto di regola il factor acquista il credito pro soluto assumendo il rischio della insolvenza del debitore.
In cambio l’imprenditore versa al factor un aggio, semplificando al massimo la sua contabilità interna.
Relativamente alla sua natura, invece, il factoring è un contratto atipico.
In quanto tale non è espressamente previsto e disciplinato dal nostro Codice civile, come potrebbe essere, ad esempio, il contratto di compravendita.
Segue, dunque, le norme generali previste dal Codice Civile in tema di contratti.
L’elemento costante nel contratto di factoring è la gestione della totalità dei crediti di un’impresa, attuata mediante lo strumento della cessione dei crediti, in unione, di solito, con un’operazione di finanziamento all’impresa.
Tale finanziamento, infatti, si caratterizza quale elemento funzionale caratterizzante.
Come accennato in precedenza, però, talora si rende necessaria anche un’operazione di assicurazione, ossia, come accennato prima, quando il factor assume il rischio dell’insolvenza del debitore.
Cessione dei crediti a titolo oneroso
Per semplificare, allora, possiamo dire che la prestazione principale richiesta al factor rimane, in ogni caso, la cessione dei crediti.
Naturalmente il factoring presenta un più ampio contenuto in senso economico e in senso giuridico.
Se si tratta di factoring senza rivalsa, al momento dell’incasso o al momento successivo pattuito, il factor corrisponde al cedente il prezzo pattuito, diminuito degli anticipi e dei cosiddetti interessi, nonché della commissione. L’eventuale anticipo costituisce un pagamento parziale anticipato del prezzo.
Se si tratta di factoring con rivalsa, in caso di incasso si ripete lo schema precedente. In caso di mancato incasso, la rivalsa ha ad oggetto quanto il cedente ha percepito.
A questo punto, può essere utile enunciare immediatamente una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione.
In particolare, la Corte di Cassazione (sentenza n. 19716/2015) ha affermato che il contratto di factoring, ove postuli una cessione dei crediti a titolo oneroso in favore del factor, attribuisce a quest’ultimo la titolarità dei crediti medesimi.
Dunque attribuisce al factor la legittimazione alla loro riscossione in nome e per conto proprio, e non in qualità di semplice mandatario del cedente.
Per cui, il pagamento eseguito dal debitore ceduto si configura quale adempimento di un debito non del cedente verso il factor, ma proprio del debitore ceduto verso quest’ultimo, per cui, seppur eseguito dopo il fallimento del cedente, non comporta alcuna sottrazione di risorse alla massa e non è sanzionato con l’inefficacia prevista dall’art. 44 L.fall.
Modificazioni oggettive del rapporto obbligatorio
Inoltre la Suprema Corte (sentenza n. 24657/2016) ha chiarito che in tema di contratto atipico di factoring, la cessione dei crediti che lo caratterizza non produce modificazioni oggettive del rapporto obbligatorio.
Dunque, non può pregiudicare la posizione del debitore ceduto in quanto avviene senza o addirittura contro la sua volontà.
Ne consegue che il debitore ceduto può opporre al factor cessionario le eccezioni concernenti l’esistenza e la validità del negozio da cui deriva il credito trasferito ed anche le eccezioni riguardanti l’esatto adempimento del negozio.
Le eccezioni che investono fatti estintivi o modificativi del credito ceduto sono opponibili al factor cessionario solo se anteriori alla notizia della cessione comunicata al debitore ceduto e non ove successivi.
Infatti, una volta acquisita la notizia della cessione, il debitore ceduto non può modificare la propria posizione nei confronti del cessionario mediante negozi giuridici posti in essere con il creditore originario.
Lo stesso debitore ceduto può opporre in compensazione al cessionario un proprio credito nei confronti del cedente sorto in epoca successiva alla notifica dell’atto di cessione.
Ciò è possibile se nella cessione di crediti futuri l’effetto traslativo si verifica nel momento in cui questi vengono ad esistenza e non invece anteriormente, all’epoca di stipulazione del contratto (sentenza Cassazione n. 19341/2017).
Legittimazione processuale
Infine, dal punto di vista della legittimazione processuale, la Cassazione precisa che nell’ipotesi in cui il credito oggetto di cessione derivi dalla compravendita di un bene mobile, la legittimazione passiva in ordine alla domanda di riduzione del prezzo, conseguente all’esistenza di vizi della cosa venduta, spetta alla società venditrice e non al factor.
Ciò è possibile se quest’ultimo non è cessionario del contratto di compravendita ma soltanto del credito relativo al corrispettivo che il compratore (debitore ceduto) potrebbe solo opporre al factor (sentenza n. 2869/2015).
2. Factoring: disciplina
Il factoring, quindi, è un contratto atipico che trova applicazione in presenza di determinati presupposti:
- Il cedente deve essere un imprenditore;
- Il factor deve essere una società o ente iscritto in un albo tenuto dalla Banca d’Italia (una banca o un intermediario finanziario);
- I crediti che vengono ceduti devono riguardare i contratti stipulati dal cedente nell’esercizio dell’impresa.
La disciplina del factoring deve essere inquadrata, per quanto riguarda le categorie di soggetti abilitati a porre in essere l’attività di acquisto di crediti in oggetto, con riferimento al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), e in particolare al titolo V che disciplina i soggetti operanti nel settore finanziario.
La disciplina contenuta nel suddetto titolo riguarda infatti alcune categorie di soggetti, diversi dalle banche, operanti nel settore finanziario. Le norme del titolo V (artt. 106 e seguenti) sanciscono, tra l’altro, l’esclusività dell’esercizio dell’attività finanziaria svolta nei confronti del pubblico rispetto all’attività di carattere non finanziario.
Sotto il profilo oggettivo, l’operazione di factoring generalmente ha ad oggetto la cessione sia di crediti esistenti sia di crediti che sorgeranno nel periodo di durata del contratto.
La cessione può essere conclusa con un unico atto dispositivo in base al quale vengono trasferiti al factor i crediti già esistenti.
I crediti futuri si trasferiscono automaticamente al factor cessionario man mano che verranno ad esistenza.
La disciplina della cessione dei crediti futuri deve essere collegata anche ai principi generali in tema di contratto in base ai quali l’oggetto della cessione deve essere determinato o determinabile.
Per la cessione in massa dei crediti futuri, la nuova disciplina introdotta dalla legge 52/1991 (art. 3) prevede la possibilità di cedere crediti che sorgeranno da contratti da stipularsi in un periodo di tempo non superiore a 24 mesi.
La condizione richiesta è che vengano indicati i debitori ceduti.
Differenze con la cessione di crediti
La legge da ultimo citata ha introdotto significative innovazioni rispetto alla disciplina civilistica in tema di cessione di crediti.
In particolare, per quanto concerne il regime di opponibilità della cessione, la nuova legge ha introdotto un mezzo per rendere la cessione opponibile ai terzi, diverso dalla notifica a ciascun debitore ceduto.
In base all’art. 5 della legge 52/1991 la cessione è infatti opponibile a condizione che il pagamento del corrispettivo (totale o parziale) sia munito di data certa, nei confronti di:
- gli aventi causa del cedente il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi anteriormente alla data del pagamento;
- del creditore del cedente che abbia pignorato il credito dopo la data del pagamento;
- del fallimento del cedente dichiarato dopo la data del pagamento.
L’art. 5 della legge 52/1991 viene così a colmare una lacuna che aveva creato notevoli difficoltà di ordine pratico in operazioni in cui la cessione avesse a oggetto un rilevante numero di rapporti.
Factoring: in conclusione
In sostanza, dunque, come avrai potuto notare, la disciplina del factoring non è cosa semplice.
Proprio per questo motivo, al fine di ottenere una migliore e completa consulenza in tema, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.
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