Fiscalità internazionale: definizione e scopo

Il concetto di “fiscalità internazionale” probabilmente ti risulterà estraneo. Con ciò ci si riferisce alle norme giuridiche che stabiliscono regole volte a regolare l’imposizione dei redditi prodotti a livello transnazionale e a ridurre o eliminare la doppia imposizione.

La doppia imposizione che deriva dalla situazione di conflitto dovuta al fatto che gli Stati, in genere, applicano la tassazione a livello mondiale sul reddito prodotto da parte dei propri residenti ma anche sul reddito di fonte interna percepito dai soggetti non residenti.

Nel momento in cui si apre un’attività in un Paese, e si continua a svolgerla in quello stesso Paese, il problema della fiscalità internazionale non si fa sentire più di tanto.

Ma quando si hanno più sedi, oppure si decide di spostarne una, la storia cambia molto.

Per questo è molto importante sapere qual è il criterio con cui la propria attività commerciale viene tassata o come i propri redditi internazionali devono essere tassati, se si rischia una doppia imposizione e come fare per ovviare al problema.

Laddove fossi interessato, ti invitiamo nella prosecuzione della lettura. Con il presente articolo intendiamo offrirti una completa illustrazione del concetto di fiscalità internazionale e degli strumenti a tua disposizione per tutelarti, individuando vantaggi e strategie a cui potrai accedere.

Per ulteriori approfondimenti leggi anche:

1. Cos’è la fiscalità internazionale?

La fiscalità internazionale presenta tutta una serie di norme che hanno due scopi fondamentali. 

Il primo è quello di stabilire in quale modo tassare le attività commerciali e gli investimenti internazionali.

Il secondo è quello di eliminare le distorsioni fiscali.

La fiscalità internazionale fornisce tutti gli strumenti necessari per gestire il potere impositivo dei diversi Stati sulle attività commerciali che si trovano dislocate nei rispettivi territori.

Come puoi ben immaginare, ogni Stato esercita il suo potere all’interno di un territorio ben definito e così fanno anche tutti gli altri.

Come mai allora sorge il problema della fiscalità internazionale? Perché le imprese si stanno espandendo sempre di più fino a sconfinare in territori stranieri.

Inoltre, devi considerare anche un altro aspetto. Esistono dei criteri internazionali secondo cui uno Stato, oltre ad esercitare il potere sul proprio territorio, può anche uscire dai confini nazionali. Affinché questo possa realizzarsi, chiaramente, sono necessarie delle condizioni ben precise e deve esserci un collegamento tra lo Stato che esercita il potere e l’attività da tassare.

I redditi delle imprese non vengono tassati tutti allo stesso modo. Esistono tassazioni basate su criteri di natura personale, come il domicilio o la residenza, e altri basati su criteri di natura reale, come la fonte del reddito.

Proprio per questo motivo, capita che a volte le tassazioni si sovrappongano determinando una doppia imposizione, la quale diventa particolarmente onerosa per l’impresa in questione che vede tassato due volte lo stesso reddito.

2. Lo scopo della fiscalità internazionale

Nessuno vorrebbe veder svanire in tasse la maggior parte del proprio guadagno e per questo sono state studiate delle norme per regolamentare i diversi poteri interessati.

Questo è il primo scopo della fiscalità internazionale, ossia evitare che lo stesso reddito venga tassato da più Stati.

Tuttavia, devi considerare anche il rovescio della medaglia.

Così come si cerca di evitare la doppia imposizione, allo stesso modo le norme si occupano di ovviare alla totale mancanza di tassazione.

In sintesi, qual è l’obiettivo della fiscalità internazionale?

È quello di garantire lo sviluppo di un mercato globale libero, dove le imprese possano prosperare e dove non vi sia una concorrenza fiscale negativa.

Ora vediamo quali sono i principali criteri di tassazione

3. La tassazione nello Stato di residenza

Lo stato di residenza rientra all’interno dei criteri di natura personale che abbiamo citato poco fa. È il primo fattore che regola il potere impositivo degli Stati.

Secondo questo principio, uno Stato può tassare tutti i redditi prodotti da società o persone fisiche che abbiano residenza fiscale all’interno del territorio sul quale esercita la sua potestà.

Qui sorge il primo problema. La residenza fiscale viene regolata diversamente da ogni Stato. Per questo motivo, un soggetto può paradossalmente avere residenza fiscale in due Stati così come non averla in nessuno.

Come puoi ben capire, dal punto di vista della tassazione ci troviamo di fronte ad un problema non irrilevante.

Soprattutto perché tante aziende sfruttano queste discordanze legislative per mettere in campo delle azioni di elusione fiscale.

In questo caso, la soluzione arriva dalle Convenzioni e tra poco vedremo cosa stabiliscono.

4. La tassazione nello Stato della fonte

Il principio della tassazione alla fonte si dimentica totalmente della residenza per concentrarsi su un altro aspetto, ossia dove vengono prodotti i redditi.

Gli Stati hanno normative interne che gli consentono di tassare redditi provenienti dal proprio territorio anche se chi li produce ha residenza in un territorio differente.

Per quanto riguarda la tassazione alla fonte, questa può essere assoluta o limitata. Questo significa che può essere tassato tutto il reddito oppure può essere applicata solamente una ritenuta alla fonte.

Tuttavia, come puoi vedere, se uno Stato applica la tassazione sul principio della residenza e un altro sul principio della fonte, un’impresa può trovarsi doppiamente tassata.

5. Le Convenzioni contro la doppia imposizione e altri metodi per eliminare la doppia imposizione

Le Convenzioni contro le doppie imposizioni risolvono queste problematiche. Sono stipulate dagli Stati sulla base del Modello OCSE e della legislazione interna di ognuno.

Cosa fanno per eliminare i casi di doppia imposizione? Utilizzando uno dei seguenti metodi:

  • Il metodo della esenzione: lo Stato di residenza riconosce l’esenzione sui redditi esteri, tassati solamente dallo Stato della fonte;
  • Il metodo del credito: Stato di residenza tassa integralmente il reddito, ma riconosce un credito per le imposte pagate nello Stato della fonte.

All’interno dell’ambito di fiscalità internazionale, inoltre, sono sorte delle pianificazioni fiscali che cercano di ridurre il problema della doppia imposizione fiscale.

5.1. Metodo dell’esenzione

La fiscalità internazionale, dunque, pone il principale problema della doppia imposizione, che può essere risolto mediante semplici strumenti.

In questo caso, lo Stato di residenza riconosce l’esenzione sui redditi prodotti all’estero, a patto che lo Stato della fonte provveda alla tassazione.

Il metodo dell’esenzione può essere applicato in modo completo oppure in misura progressiva.

Questa seconda possibilità si verifica quando il reddito estero che è stato esentato dall’imposizione concorre con i redditi nazionali imponibili per la determinazione di un’aliquota progressiva da applicare ai redditi nazionali per mano dello Stato della residenza.

5.2. Metodo del credito

In caso di doppia imposizione, sempre concernente alla fiscalità internazionale, è possibile ricorrere anche al metodo del credito.

Lo Stato della residenza riconosce un credito sull’imposta pagata nello Stato della fonte che verrà successivamente dedotto dall’imposta domestica dovuta in riferimento ai redditi esteri.

Può accadere che i redditi esteri risultino superiori rispetto all’imposta che il soggetto deve versare per gli stessi redditi. Nella maggior parte delle Convenzioni si stabilisce che il credito per le imposte estere non può superare l’importo dell’imposta domestica.

Se l’imposta pagata all’estero supera il limite del credito, la parte eccedente può essere portata avanti per essere compensata tramite le imposte dovute nello Stato della residenza per gli anni a seguire. 

5.3. Metodo deduttivo

Il metodo deduttivo è un metodo unilaterale per prevenire la doppia imposizione internazionale. In questo caso, tramite accordo convenzionale, lo Stato della residenza concede una diminuzione del reddito imponibile al del soggetto che ha percepito redditi esteri.

5.4. Metodo della riduzione

In questo quarto caso, uno degli Stati opera la riduzione di una percentuale delle imposte dovute dalle persone fisiche determinate sui redditi derivanti da immobili detenuti all’estero e redditi di lavoro dipendente già assoggettati ad imposte all’estero.

6. La pianificazione fiscale internazionale

Le aziende coordinano le proprie attività economiche estere grazie alla pianificazione fiscale internazionale. Si tratta di strumenti che minimizzano il carico fiscale complessivo e riducono il rischio di contestazioni tributarie da parte delle Autorità che si occupano dell’ambito fiscale nei diversi Paesi.

In sostanza, l’obiettivo della pianificazione fiscale è quello di individuare le condizioni e gli strumenti che consentano alle multinazionali un carico impositivo più ridotto e di evitare problemi di doppia imposizione.

Gli strumenti sono divisi in 3 categorie:

  • La localizzazione dell’attività: l’impresa svolge la propria attività nello Stato estero che prevede il trattamento fiscale più agevolato sui redditi;
  • La distribuzione dei redditi: un’impresa che lavora in più Stati diversi concentra la base imponibile in quelli dove la fiscalità è agevolata, mentre sposta i costi aziendali in Paesi con alta pressione fiscale, riducendo l’aliquota d’imposta che paga sui redditi mondiali;
  • L’abuso dei trattati e lo sfruttamento delle asimmetrie fiscali: l’impresa sfrutta ciò che stabiliscono le Convenzioni contro le doppie imposizioni per i soggetti residenti.

Com’è la situazione attuale a livello mondiale? Le imprese non avrebbero più interesse a delocalizzare le proprie attività solamente se i Paesi si mettessero d’accordo per creare un livello di tassazione omogeneo. Ma siamo ancora lontani da questo traguardo.

7. Strumenti di pianificazione fiscale

Dopo un’analisi preventiva della fiscalità internazionale, possiamo individuare brevemente quali sono gli strumenti di pianificazione fiscale. A tal proposito potrai ricorrere ad una delle seguenti prassi, sviluppate in considerazione delle citate caratteristiche della fiscalità internazionale:

  • localizzazione dell’attività e residenza fiscale: il primo parametro da tener in considerazione è lo Stato dove l’impresa o la persona fisica hanno la propria residenza fiscale. Tale scelta risulta determinante nel successivo regime fiscale del contribuente. Come ben sappiamo numerosi Paese europei (e non solo) prevedono una disciplina tributaria piuttosto favorevole, proprio volta ad incentivare la stabilizzazione di nuove imprese sul territorio nazionale;
  • distribuzione dei redditi: laddove l’impresa o la persona fisica operi in più Stati, allora si potrà decidere di collocare la base imponibile ove è prevista fiscalità agevolata e a spostare i costi aziendali nei Paesi con alta pressione fiscale, il tutto sempre coerentemente con l’effettiva realtà aziendale o la posizione concreta dell’individuo;
  • sfruttamento delle asimmetrie fiscali: in questo caso possono essere previste delle imprese intermedie. In tal modo si sfrutta il divieto di doppia tassazione, spesso contemplata da trattati e Convenzioni, quindi l’impresa avvantaggia della diversa tassazione che i due Paesi (quello dove ha sede l’intermedia e quello dove si localizza la casa madre) prevedono per certi redditi.

8. Avvocato tributarista internazionale

La gestione finanziaria e l’organizzazione di una strategia tributaria sono momenti fondamentali anche nella vita di un’impresa o di una persona fisica che opera a livello internazionale. Soprattutto gli organismi di gradi dimensioni frequentemente ricorrono a consulenti esterni, in particolare esperti legali in diritto tributario alle dipendenze di noti Studi Legali.

Proprio per questa ragione che affidarsi ad un professionista nell’attività di pianificazione fiscale e per prevenire le eventuali conseguenze pregiudizievoli della fiscalità internazionale, potrai ricorrere ad un avvocato tributarista internazionale.

La scelta dell’avvocato tributarista internazionale deve esser effettuata sulla base di una serie di criteri, all’esito di un’attenta valutazione. Proprio per tale ragione che dovrai procedere, in una prima fase, allo scrutinio del curriculum, in cui andrai ad analizzare la formazione del legale nel settore tributario.

Dovrai tener presente che gli i migliori avvocati tributaristi di ultima generazione specializzati in fiscalità internazionale di rilievo in Italia sono quelli che si sono formati all’estero nelle migliori università al mondo.

9. Il contrasto all’elusione fiscale internazionale

La fiscalità internazionale pone un’ulteriore problematica, quale il fenomeno del contrasto all’elusione fiscale internazionale. La crescente mobilità dei contribuenti e l’elevato numero di operazioni transfrontaliere compiute è stata foriera di non poche ripercussioni

Se da un lato ha causato le non poche conseguenze in tema di doppia imposizione internazionale, da altro invece ha ingenerato il rischio dell’elusione fiscale.

La Guardia di Finanza effettua ogni anno controlli mirati a prevenire e contrastare l’evasione fiscale internazionale. Si tratta di meccanismi volti a trasferire redditi imponibili aggirando le disposizioni di legge da paesi a fiscalità più elevata verso paesi a fiscalità privilegiata.

Nell’ambito di un’efficace lotta all’elusione e all’evasione fiscale internazionale, la cooperazione tra gli Stati riveste un rilievo primario.

La principale forma di collaborazione è sicuramente riconducibile all’attività di scambio di informazioni utili ai fini fiscali. Lo scambio d’informazioni tra Stati può avvenire seguendo una delle sottostanti modalità:

  • In forma automatica, tramite il quale si genera un flusso di informazioni costanti;
  • In forma spontanea, la quale si realizza mediante comunicazioni tra autorità nazionali a carattere stabile e non occasionale;
  • Su richiesta. Consiste in un’attivazione informativa su richiesta di una autorità di uno Stato nei confronti di altra autorità di diverso Stato, altrettanto interessato. La seconda di queste PA trasmette all’autorità richiedente le informazioni necessarie, di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di un’indagine amministrativa.

La disciplina europea

Tra gli strumenti impiegati dall’Unione per contrastare il fenomeno della evasione fiscale internazionale vi è lo scambio automatico delle informazioni di rilevanza fiscale.

Questo si realizza attraverso molteplici meccanismi, di comunicazione diretta o automatica tra le pubbliche amministrazioni.

L’UE ha attualmente predisposto lo scambio automatico delle seguenti informazioni:

  • redditi di lavoro (dal 1° gennaio 2014);
  • compensi degli amministratori (dal 1° gennaio 2014);
  • assicurazioni sulla vita, escluse quelle già previste da altri strumenti di scambio di informazioni (dal 1° gennaio 2014);
  • pensioni (dal 1° gennaio 2014);
  • proprietà e altri redditi immobiliari (dal 1° gennaio 2014);
  • disponibilità sui conti bancari (dal 1° gennaio 2016).

Rapporto BEPS: elusione ed evasione

Nel 2013 l’OCSE ha presentato il rapporto Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting contenente un piano di 15 azioni tese al contrasto delle strategie di fiscalità internazionali di erosione della base imponibile attraverso la traslazione dei profitti.

Con ciò ci si riferisce più semplicemente al piano volto ad introdurre una serie di strategie per far fronte al fenomeno dell’elusione e dell’evasione. Tale operazione è culminata nel 2015 con la pubblicazione del del Rapporto finale BEPS.

Il documento ha introdotto una serie di misure minime che gli Stati OCSE devono introdurre al fine di contenere l’evasione e l’elusione.

I punti focali del piano, così elaborato, sono molteplici. Le norme minime vincolanti concernono lo scambio di rulings fiscali e dati specifici di paesi da parte delle multinazionali (country-by-country report), le esigenze in materia di patent boxes, una clausola anti-abuso nelle convenzioni di doppia imposizione e l’accesso al regolamento delle controversie di doppia imposizione per le imprese.

Le azioni dell’OCSE sono State recepite dall’Unione europea con le rispettive Direttive, implementate dai singoli Stati membri.

14. Come lo smart working incide sulla fiscalità internazionale

Recentemente è stata posta all’Agenzia delle entrate un’interessante questione circa il rapporto tra smart working e tassazione del reddito prodotto.

La questione posta all’Agenzia delle entrate, mediante risposta ad un interpello n. 590/E/2021, ha avuto ad oggetto l’applicazione della disciplina di cui all’art. 51 co 8-bis del TUIR, relativa alla c.d. retribuzioni convenzionali.

Nel caso in analisi, la società istante, residente in Italia e appartenente ad un gruppo tedesco, aveva distaccato all’estero presso la consociata tedesca, priva di una stabile organizzazione in Italia, una propria dipendente, la quale continuava a lavorare per alcuni periodi in Italia, in modalità smart working.

Ebbene, in tal caso, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che, qualora la contribuente avesse lavorato in Italia in modalità smart working per un periodo prolungato, tale da non essere presente in Germania per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi, le c.d. retribuzioni convenzionali non potevano trovare applicazione al caso di specie.

Quindi, il principale impedimento all’applicazione di tale regime tributaria, risiedeva nel fatto che l’interessata, lavoratrice in Germania, aveva fatto ritorno alla propria abitazione in Italia, durante i mesi dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

Infatti, il criterio generalmente applicato è individuato dall’OCSE il quale impone l’adempimento all’onere tributario nel luogo dove il lavoratore dipendente è fisicamente presente quando esercita le attività per cui è remunerato

Ebbene, il criterio della presenza fisica del lavoratore in un determinato Paese deve tenersi presente anche nell’applicazione delle c.d. retribuzioni convenzionali, sulla base dei seguenti requisiti:

  • il lavoratore, operante all’estero, sia inquadrato in una delle categorie per le quali il decreto del citato Ministero fissa la retribuzione convenzionale;
  • l’attività lavorativa sia svolta all’estero con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità;
  • l’attività lavorativa svolta all’estero costituisca l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e, pertanto, l’esecuzione della prestazione lavorativa sia integralmente svolta all’estero;
  • il lavoratore nell’arco di dodici mesi soggiorni nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni.

Per cui l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che, nella fattispecie in esame, il requisito del soggiorno nel Paese estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi, necessario ai fini dell’applicabilità della retribuzione convenzionale prevista dall’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR, non si ritiene rispettato qualora nel predetto arco temporale la dipendente distaccata in Germania svolga la prestazione lavorativa nel nostro Paese in modalità di lavoro agile, soggiornando, pertanto, all’estero per un periodo non superiore a 183 giorni.

Infatti, lo svolgimento in Italia dell’attività lavorativa in smart working comporta la presenza fisica della dipendente nel nostro Paese e, conseguentemente, il mancato rispetto della condizione richiesta dal Legislatore nell’ipotesi in cui nell’arco di 12 mesi soggiorni in Italia per un periodo pari o superiore 183 giorni.

15. Fiscalità internazionale e imprese multinazionali

Gli istituti della fiscalità internazionale vengono sovente strumentalizzati dalle imprese multinazionali per sottrarsi al potere impositivo degli Stati. Abbiamo già citato i fenomeni di evasione che i Governi si impegnano a prevenire ed estirpare.

Adottando strategia di pianificazione tributaria, infatti, le imprese internazionali sono in grado di abbattere il carico impositivo dell’attività che svolgono. Da un punto di vista globale, sono in grado di operare su più territori al fine di consentire un facile flusso di capitali.

Velocizzando i movimenti di capitale è altresì possibile sfuggire alle regole di ciascuno Stato in cui operano.

Tale strategia, volta a ridurre i legami con un singolo territorio, si snellisce la struttura delle multinazionali.

Ciò si riflette anche nella gestione del lavoro e dei dipendenti. Il lavoro diventa sempre più flessibile ed ai lavoratori, a causa dell’implementazione dei meccanismi di automazione materiali e digitali, viene richiesto di compiere attività sempre meno qualificanti.

A tale fenomeno si affianca anche quello della delocalizzazione dei beni. E’ piuttosto comune la scelta di produrre i propri beni e servizi all’estero, riducendo al minimo la sua presenza in Italia e, quindi, diminuendo anche l’onere fiscale assolto nel nostro Paese.

Proprio per suddetto approccio che le multinazionali hanno rispetto all’esercizio dell’attività di impresa, che si è sviluppato il c.d. fenomeno della Fiscalità liquida. Con ciò si fa riferimento ad un sistema di norme che governano il sistema fiscale internazionale che muta continuamente nel tempo e nello spazio, adattandosi alle esigenze che di volta in volta si presentano.

A ciò si aggiunge anche una flessibilizzazione della giurisprudenza di merito, che tende a risolvere i conflitti che si pongono con minor formalismo e in deroga al principio di legalità. Il “comune sentire” diventa parametro valutativo mediante il quale assumere le decisioni.

Lotta all’evasione e all’elusione: una scelta di equilibrio

Il fenomeno in questione ha condotto gli Stati a sviluppare delle politiche idonee a prevenire l’evasione e l’elusione fiscale, conseguente la veloce circolazione dei capitali delle imprese.

Tuttavia, a tal proposito, sono sorti non pochi interrogativi su quelli che possono essere le eventuali ripercussione in tema di politica economica.  Dichiarare lotta all’evasione e all’elusione fiscale internazionale senza offrire alle imprese multinazionali e ai contribuenti facoltosi una certa convenienza ad investire nel proprio territorio, potrebbe infatti pregiudicare lo sviluppo economico di uno Stato.

In particolare per l’Italia, infatti, potrebbe avere rilevanti ripercussioni, in considerazione della necessità di attirare costantemente capitali stranieri, per imprimere impulso all’economia.

Le alternative che si propongono al nostro Paese sono, dunque, due.

Da un lato potrebbe improntare la propria politica all’agevolazione delle imprese che investono in Italia, sia sotto il profilo fiscale sia in termini di riduzione della burocrazia e di maggiore certezza del diritto tributario.

In tal modo, sarà in grado di attrarre nuove ricchezze e permettere la produzione di maggiori redditi da tassare, sebbene tenendo cura del fatto che, a fronte dei benefici fruiti dalle imprese, queste non pongano in essere strategie di elusione e di evasione fiscale internazionale.

Uno strumento piuttosto utile in tal senso riduzione del livello nominale di tassazione sui redditi delle società, andando, quindi, a ridurre le aliquote imponibili sulle imprese investitrici.

Da altro, potrebbe, invece, decidere di inaugurare la lotta all’evasione e l’elusione, non riducendo l’aliquota fiscale per la tassazione delle società. Tuttavia, ciò condurrebbe all’inevitabile conseguenza di indurre le imprese alla fuga dal nostro territorio, determinando un impoverimento del Paese e delle finanze statali.

16. Conclusioni

Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione alla fiscalità internazionale è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.

Proprio per questo motivo, al fine di proteggere e difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.

Un Professionista di ObiettivoProfitto.it saprà aiutarti nel migliore dei modi.

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