Fondi di investimento nel capitale di rischio: come funzionano?

Negli investimenti in Private Equity, indipendentemente dalla concreta operazione che si vuole compiere, è spesso necessario affidarsi ai c.d. fondi di investimento.

Questi fungono da intermediari tra l’investitore e la società oggetto di investimento; si occupano di gestire le risorse economiche affidategli dai primi, per poi investire nelle seconde.

Come abbiamo già visto in un precedente articolo sui Fondi di investimento, sono molteplici i vantaggi che possono derivare da un investimento intermediato da un fondo professionale.

Tra questi troviamo sicuramente il fatto che sia possibile partecipare a investimenti importanti anche con l’impiego di quantità ridotte di capitale, oltre al fatto che gli stessi vengano completamente gestiti da abili professionisti.

Non tutti i potenziali investitori, infatti, sono dotati delle conoscenze e competenze adatte alla realizzazione di investimenti efficienti, soprattutto in certe tipologie di mercato. Per esempio, gli investimenti da compiersi con l’impiego di capitale di rischio, realizzati in imprese non quotate, sono particolarmente complessi.

A fronte dei diversi fondi comuni che l’investitore ha a disposizione, per la realizzazione di questi investimenti, in genere, vengono impiegati i c.d. fondi chiusi. Questi possono assumere diverse forme e, di conseguenza, operare in modi differenti.

L’obiettivo di questo articolo è proprio quello di far meglio comprendere il meccanismo funzionale alla base dei fondi chiusi impiegati in termini di Private Equity e Venture Capital, oltre che le strutture che questi possono assumere.

E’, infatti, necessario che l’investitore sia ben conscio del meccanismo di investimento a cui sta ricorrendo, oltre che delle conseguenze che ne possono derivare, al fine di ottenere risultati efficienti.

Se sei interessato ad investire in Private Equity, con l’impiego di capitale di rischio, ti invito a proseguire la lettura di quest’articolo!

1. I fondi chiusi e il capitale di rischio

Come accennato, i fondi chiusi sono il principale strumento di investimento in capitale di rischio in Private Equity. Ma che cosa si intende per capitale di rischio?

Si qualifica come capitale di rischio quell’investimento che non è di pronta liquidabilità. In buona sostanza, ci si riferisce a quell’investimento che non porta immediatamente a dei ritorni economici.

Trattasi di partecipazioni azionarie acquisite all’interno di imprese non quotate che, di conseguenza, non hanno immediata liquidità.

Infatti, proprio per questo motivo, l’investitore non può riscattare la propria quota in forma continuativa potendolo fare successivamente, al raggiungimento di scadenze prestabilite.

Tuttavia, è da segnalarsi che gli stessi ritorni economici, che si realizzano in un medio-lungo periodo, sono altrettanto elevati quanto i rischi precedentemente assunti.

Ad ogni modo, gli investitori che si rivolgono a questo tipo di fondo sono soggetti in grado di assumersi grandi rischi.

Le caratteristiche dei fondi di investimento chiusi

Oltre a distinguersi dai fondi aperti per il riscatto dell’investitore che si verifica nel medio-lungo periodo, i fondi chiusi hanno una serie di proprie caratteristiche. Tra queste individuiamo le seguenti:

a. Orizzonte temporale decennale, a sua volta suddivisibile in due c.d. sottoperiodi:

  • Investment period che varia dai 3 ai 7 anni ed è la fase in cui è possibile fare investimenti;
  • divestment period che dura dalla fine dell’investment period fino alla scadenza, ed è la fase di rimborso delle quote ai sottoscrittori. Laddove il disinvestimento non sia stato completato, la durata del fondo può essere prorogata di due o tre anni per il c.d. grace period;

b. Ciclo di liquidità che implica il versamento del capitale da parte degli investitori, non interamente nel suo complesso ma in diverse rate in base alle specifiche richieste. Queste variano a seconda delle c.d. draw down o opportunità di investimento.

2. La struttura dei fondi chiusi

I fondi chiusi utilizzati nelle operazioni di Venture Capital e Private Equity possono seguire due distinte strutture o schemi giuridici.

a. Modello contrattuale o società di gestione: il fondo di investimento è dotato di proprio patrimonio che rimane distinto dal patrimonio dei suoi investitori;

b. Modello statutario: al capitale del fondo partecipano anche gli investitori, in qualità di titolari di azioni con limitati poteri di governance.

La struttura più comune di modello statutario implica il ricorso alla c.d. limited partnership che si basa su un accordo tra i gestori (c.d. general partners) e gli azionisti (c.d. limited partners). Trattasi di accordo di carattere fiduciario in cui può essere che vi sia coincidenza tra i ruoli di azionista, gestore e amministratore.

Gli investitori mantengono una responsabilità limitata all’ammontare della propria partecipazione; il gestore deve invece occuparsi della gestione del fondo stesso.

Ad ogni modo, la scelta della struttura da impiegarsi si compie attraverso un bilanciamento di interessi del gestore e dell’investitore. Gli aspetti da bilanciare sono molteplici:

  • Gestione di costi e benefici;
  • Ottimizzazione dell’efficienza fiscale;
  • Regolamentazione dei poteri di controllo e responsabilità.

L’advisor dei fondi chiusi

Il gestore può rivolgersi ad un advisor conferendogli un mandato per supportare l’attività di investimento nel caso in cui sia necessario utilizzare delle specifiche competenze che il gestore stesso non possiede.

L’advisor continua a seguire l’impresa anche dopo che ha svolto il suo compito tecnico. Tra questi si inserisce lo svolgimento di due diligence delle possibili società oggetto di investimento, oltre che le analisi tecniche per individuare la corretta strategia di disinvestimento.

L’advisor dovrà ovviamente ricevere una remunerazione che dovrà essere specificata nel regolamento di gestione.

3. Il regolamento di gestione dei fondi di investimento

Trattasi della disciplina regolamentare del fondo chiuso nei suoi rapporti sia con gli investitori che con gli advisors.

Anzitutto assumono fondamentale importanza i c.d. terms and conditions quali condizioni contrattuali che sono oggetto di negoziazione durante la fase di raccolta di investitori (c.d. fundraising). Tuttavia è da tener presente che, di norma, al mutare del contesto di mercato vengano a crearsi dei nuovi equilibri che, per forza di cose, portano ad una modifica delle condizioni contrattuali precedentemente previste.

Tra queste si inserisce il c.d. carried interest o performance fee con cui si riconosce al gestore una percentuale della plusvalenza realizzata. In passato veniva riconosciuto al 20%, mentre oggi si aggira attorno al 6-8% che varia in base all’andamento dei mercati.

In genere è liquidato al gestore dopo che gli investitori hanno ricevuto l’intero ammontare del loro investimento.

Oggetto di negoziazione non è solo l’aspetto quantitativo circa il carried interest ma anche la dimensione temporale. Infatti, è importante individuare il corretto arco temporale di remunerazione del gestore; se per esempio si scelgono tempi troppo brevi può essere che il gestore sia incentivato ad abbandonare il fondo, una volta ottenuta la sua quota.

Il rischio del down side

Per incentivare i gestori ad impegnarsi al meglio nella realizzazione degli investimenti è bene che vi sia una condivisione non solo dei profitti ma anche dei rischi di investimento.

Per far ciò è necessario allineare gli interessi degli investitori e dei gestori. Di norma questo avviene impedendo ai gestori di promuovere altri fondi prima di avervi investito una quota fissa pari al 60-70%.

4. L’informativa e i diritti di governance nei fondi di investimento

Altro aspetto essenziale nel rapporto tra un fondo chiuso e i suoi investitori è la trasparenza.

La struttura organizzativa del fondo deve essere tale da garantire uno scambio costante di informazioni con gli investitori.

Questo scambio avviene attraverso il c.d. reporting che deve essere costante, in tutte le fasi dell’investimento.

I contenuti di informativa dovrebbero riguardare:

  • una sintesi dei principi economici e patrimoniali impiegati;
  • un riassunto delle scelte compiute;
  • un confronto con le concorrenti;
  • un’analisi circa l’andamento di mercato.

Gli investitori devono poter essere parte attiva del fondo, anche dal punto di vista della governance.

Infatti a questi sono riconosciuti i diritti di governance quale, ad esempio la partecipazione ad un Advisory Committee. Quest’ultimo è un comitato in cui i membri sono portatori di diversi interessi di investimento.

5. Regime fiscale dei fondi e dei partecipanti nelle operazioni di Private Equity

Tra gli elementi da considerare prima di ricorrere ad operazioni complesse come quelle di Private Equity si inseriscono certamente anche gli aspetti fiscali.

Infatti, a seconda dell’operazione realizzata, sono molteplici i risvolti impositivi che potrebbero prodursi sia in capo all’investitore persona-fisica, che in generale in capo ai fondi di investimento.

Gli aspetti fiscali, peraltro, non variano solo in base al genere di operazione che si vuole compiere, ma anche a seconda dei soggetti coinvolti. Infatti, sono diversi gli investitori professionali a cui è possibile ricorrere, ognuno dei quali ha proprie peculiarità.

La materia fiscale in Private Equity è molto articolata proprio in considerazione delle sue molteplici sfaccettature, oltre ad essere in costante aggiornamento. Come è accaduto, per esempio, con la previsione di novità fiscali nei confronti dei c.d. fondi mobiliari chiusi, oltre che in capo ai suoi partecipanti.

Per questo è sempre consigliabile rivolgersi ad un professionista; saprà guidarti e aiutarti a scegliere gli investimenti più proficui, anche in considerazione degli aspetti fiscali.

Se sei interessato ad investire in un fondo comune di investimento, per esempio per realizzare un’operazione di Private Equity, ti invito a proseguire la lettura di quest’articolo!

Scopriremo insieme a quale regime impositivo dovrai andare incontro e quali adempimenti dovrai seguire per non incorrere in irregolarità sanzionabili dalla Pubblica Amministrazione.

5.1. La tassazione dei fondi OICR

Nel nostro ordinamento, il regime fiscale dei fondi comuni di investimento mobiliari è stato oggetto di diverse previsioni normative.

Infatti ad oggi è prevista la tassazione ai sensi dell’art. 73 TUIR, da applicarsi nei confronti di tutti gli OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio).  

In particolare, ci si riferisce ai fondi che realizzano investimenti in crediti e beni il cui valore è chiaramente determinabile, almeno con cadenza semestrale.

L’art. 73, comma 5-quinques, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi sancisce che siano esenti da imposte tutti i redditi prodotti dai summenzionati fondi, laddove il fondo stesso sia soggetto a forme di vigilanza.

In particolare, dal 2012 è prevista un’unica aliquota pari al 20% per la tassazione dei redditi di capitale e la tassazione alla fonte è limitata ad alcuni proventi normativamente indicati. La ratio è quella di evitare la doppia imposizione, poiché gli stessi partecipanti al fondo già vengono tassati sui proventi del fondo stesso.

Per la stessa ragione gli OICR sono stati classificati quali soggetti passivi IRES a cui sono applicabili tutte le convenzioni appositamente prescritte per evitare, appunto, le doppie imposizioni.

5.2. La modifica del regime impositivo in capo ai partecipanti

Gli aspetti fiscali in riferimento ad un fondo di investimento sono di estrema importanza per colui che vi investe.

Infatti, come concretamente accaduto con i fondi chiusi mobiliari, potrebbe accadere che il regime impositivo venga spostato dal fondo ai suoi partecipanti.

In particolare, se fino a giugno 2011 era prevista la c.d. imposta sostitutiva pari al 12,50% sul risultato della gestione del fondo, in capo al fondo stesso, dal mese successivo il regime fiscale ha subito una modifica.

Nello specifico, dal luglio 2011 al dicembre 2011, il regime impositivo prevedeva un’aliquota del 12,50% sui risultati del fondo, ma veniva imposta al momento della percezione del guadagno direttamente in capo al singolo partecipante.

Dal 2012 si è prescritta un’unica aliquota pari al 20% in capo a tutti i redditi di capitale e nel 2014, con il D.L. 66/14 l’aliquota sui proventi conseguiti da luglio 2014 aumentava sino al 26%.

Invece, per i guadagni riferibili a redditi percepiti entro il 30 giugno 2014 rimane stabile un’aliquota pari al 20%.

5.3. Il regime fiscale dei partecipanti al fondo

Per comprendere con maggiore chiarezza il regime impositivo applicabile ai partecipanti ai fondi, è necessario distinguere questi ultimi in investitori fiscalmente residenti in Italia e investitori fiscalmente residenti all’estero.

5.3.1. Investitori fiscalmente residenti in Italia

Gli investitori fiscalmente residenti in Italia sono soggetti ad una ritenuta pari al 26% ai sensi dell’art. 26-quinquies l. 600/73, sui proventi derivanti dall’attività del fondo.

Trattasi di ritenuta da applicarsi sia in capo ai proventi distribuiti nel corso della partecipazione al fondo, che in capo al c.d. valore di riscatto. Questo è definito come la differenza tra il valore derivante dalla cessione della partecipazione e il costo della sottoscrizione.

Gli investitori fiscalmente residenti si identificano in:

  • Imprenditori individuali;
  • Società di persone ed enti equiparati;
  • Enti soggetti IRES.

Nello specifico, tutti i proventi derivanti dall’attività del fondo concorreranno alla formazione della base imponibile e saranno poi soggetti a tassazione secondo il regime ordinario.

Una particolarità sta nel fatto che non sono soggetti a ritenuta tutti i proventi che vengono corrisposti nei confronti di:

  • Società di investimento a capitale fisso che investono in beni immobili;
  • Fondi immobiliari italiani costituiti ai sensi dell’art. 37 D.Lgs. n. 58/98;
  • Forme di previdenza complementare soggette al regime di cui all’art. 17 D.Lgs. n. 252/2005.

Inoltre, diverse sono le agevolazioni fiscali per persone fisiche e imprese che investono in Private Equity, anche attraverso i meccanismi di Equity cowdfunding.

5.3.2. Investitori fiscalmente non residenti in Italia

Per alcuni investitori fiscalmente residenti all’estero è previsto un regime di esenzione.

In particolare è prevista l’esenzione per i redditi derivanti da fondi in capo agli investitori fiscalmente residenti all’estero, sempre che si qualifichino come c.d. investitori white list.

Quest’ultima è una lista nella quale vengono inseriti tutti i Paesi con i quali il nostro ordinamento possa avviare un adeguato scambio di informazioni di rilevanza fiscale.

Nello specifico, se l’investitore risiede fiscalmente in un Paese che consente un adeguato scambio di informazioni (inserito nella c.d. white list), è da applicarsi la citata esenzione.

Ad ogni modo, l’esenzione impositiva si applica anche a specifici soggetti residenti all’estero, quali:

  1. Investitori Istituzionali di c.d. white list;
  2. Enti o organismi internazionali specificamente individuati da accordi internazionali;
  3. Banche centrali e organismi che si occupano di riserve ufficiali di stato.

Da ultimo, con la Legge di Bilancio 2021 è stato previsto che la ritenuta non si applica sugli utili corrisposti a organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) di diritto estero (conformi alla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, e a OICR, non conformi alla citata direttiva 2009/65/CE), il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito (ai sensi della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011), istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni

5.3.3. Adempimenti per ottenere l’esenzione

Tuttavia, anche per i soggetti fiscalmente residenti all’estero che abbiano le qualifiche indicate nel paragrafo precedente l’esenzione impositiva non è automatica.

Infatti, pur avendo le qualifiche richieste dal legislatore, per ottenere l’esenzione fiscale dal regime impositivo, è necessario che vengano rispettati anche degli specifici adempimenti formali.

Anzitutto gli investitori dovranno procedere al deposito delle quote presso un intermediario residente in Italia; in secondo luogo, dovranno compilare un’autocertificazione fornendo tutta la documentazione necessaria.

L’autocertificazione avrà validità fino alla revoca e non dovrà essere presentata da coloro che siano enti o organismi internazionali o banche centrali (punti 2 e 3 del paragrafo precedente).

Resta ferma l’applicazione di un’aliquota pari al 26% per coloro che non rientrano nelle summenzionate categorie.

5.4. Considerazioni

Come in ogni investimento, anche in quelli di Private Equity, è fondamentale procedere all’analisi degli aspetti fiscali prima di ricorrervi.

Può accadere infatti che, laddove apparentemente un’operazione si presenti come efficiente, in un secondo momento a seguito dell’analisi fiscale, emergano una serie di aspetti problematici che rendono non conveniente l’operazione.

E’ importante rivolgersi a dei Professionisti che sappiano individuare con facilità il regime fiscale da applicarsi, anche in considerazione delle evoluzioni normative.

Ad ogni modo, si deve anche considerare che, non sempre è necessario rinunciare ad un investimento perché il regime fiscale che ne deriva pare svantaggioso.

Infatti, partendo dal presupposto che ogni caso è da valutarsi singolarmente in base a tutti gli elementi fattuali concretamente presenti, talvolta si può trasformare un’operazione inefficiente in un investimento ottimale.

6. Conclusioni

Tra le diverse tipologie di fondi di investimento, i fondi chiusi si impiegano per operazioni nel mercato di rischio.

Sono mercati di investimento molto utilizzati per le operazioni di Private Equity e Venture Capital.

Pur avendo delle caratteristiche c.d. generali-comuni, è possibile che il fondo si strutturi in modi diversi, anche a seconda dell’obiettivo da raggiungere.

Molto importanti sono gli aspetti di tutela e inclusione degli investitori, all’interno della gestione del fondo chiuso. Per questo assumono fondamentale importanza gli aspetti contrattuali e di regolamentazione interna dei rapporti tra fondo e investitori.

A questi ultimi deve essere sempre garantita una massima trasparenza oltre che un ruolo (anche minimo) all’interno della governance.

Per questo, se sei interessato ad investire in un fondo chiuso, è consigliabile rivolgersi a un Professionista che saprà tutelare la tua posizione.

Ti invito a chiedere una consulenza, in relazione alla tua specifica posizione, compilando l’apposito Modulo presente in questa pagina.

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