Come gestire la crisi d’impresa: 3 strategie

Perché le imprese entrano in crisi? Quali sono i segnali?

La crisi d’impresa rappresenta un momento di “declino” dell’attività aziendale, dovuta a difficoltà transitorie che se mal curate possono sfociare in una vera e propria insolvenza irreversibile.

La staticità dell’attività, mancanza di lavoro e di incassi, impossibilità di recupero dei crediti con consequenziale incapacità di far fronte ai propri debiti e alle spese necessarie, carenza di liquidità (cd. cash flow), sono tutti segnali di pericolo da non sottovalutare

Lo squilibrio spesso nasce da una “inefficienza”, e cioè assenza o malfunzionamento dei giusti strumenti di programmazione e gestione, o anche per un business plan inefficace.

Come e quando può intervenire l’imprenditore?

La percezione immediata di questi segnali è fondamentale per far sì che possano aumentare le possibilità di conservazione dell’impresa in funzionamento.

Agendo tempestivamente e con i giusti strumenti l’azienda potrà sopravvivere.

Una negligenza dell’imprenditore, soprattutto se protratta nel tempo, inevitabilmente porterà una difficoltà temporanea al suo apice negativo: l’insolvenza irreversibile.

Scopo operativo per superare la crisi di impresa può essere il recupero dell’equilibrio finanziario orientato ad una ristrutturazione oppure la liquidazione del patrimonio d’impresa incapiente, distribuito tra i creditori.

Quali sono le strategie?

Di seguito, si procederà a fornire un quadro generale degli strumenti e delle strategie predisposti attualmente dal nostro ordinamento giuridico.

A seconda della gravità e dell’intervento possibile, può essere utile distinguere tre tipi di strategie:

  1. Strumenti negoziali stragiudiziali finalizzati alla ristrutturazione
  2. Procedure concorsuali orientate al risanamento
  3. Liquidazione del patrimonio d’impresa.

È importante segnalare, al fine di consentire un’informazione completa, che dal 15 agosto 2020, entrerà in vigore il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, riformando in modo organico la disciplina delle procedure concorsuali, con lo scopo di permettere un accertamento anticipato della crisi, attuando quanto possibile per evitare l’insolvenza e salvare la capacità imprenditoriale di coloro che vanno incontro ad un fallimento.

1. Strategie finalizzate alla ristrutturazione: strumenti negoziali stragiudiziali

In un’ottica di difficoltà transitoria e orientata alla continuità aziendale, i tradizionali strumenti previsti dalla Legge Fallimentare sono:

1.1. Piani attestati di risanamento (art. 67 comma 2, lett. d), L. Fallimentare)

Si tratta sostanzialmente di un piano di gestione della crisi rimesso all’autonomia del debitore. Non è subordinato al consenso da parte dei creditori e inoltre il debitore continua ad amministrare la propria impresa.

Ai fini della validità del piano, è richiesta l’attestazione di un professionista indipendente, il quale non dovrà valutarne il contenuto bensì “la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità”.

Sono messi a riparo da azione revocatoria tutti gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse sui beni del debitore che rientrino nel piano attestato di risanamento

In alcuna delle fasi del procedimento è richiesto l’intervento del giudice, infatti non è sottoposto ad omologa del Tribunale.

Con il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza sono di fatto confermate le finalità di questo strumento, prevedendo l’art. 56 delle integrazioni in ordine ai contenuti minimi richiesti.

1.2. Accordo di ristrutturazione del debito (art. 182 bis L. Fallimentare)

Diversamente dal primo, non consiste in un atto unilaterale ma in un accordo vero e proprio con i creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti d’impresa. Il contenuto deve essere idoneo a soddisfare le pretese di tutti i creditori aderenti e in particolare di quelli non aderenti che dovranno essere soddisfatti integralmente.

La veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica e giuridica del piano, l’idoneità dell’accordo e del piano ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei termini, devono essere attestate da un professionista in possesso dei requisiti di indipendenza previsti dalla legge.

Il piano è pubblicato nel registro delle imprese, e da quel momento per 60 giorni è fatto divieto ai creditori di proporre azioni esecutive nei confronti del debitore.

Affinchè sia efficace, l’accordo è sottoposto ad omologa del Tribunale.

1.3. Novità

Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, conferma questa versione “ordinaria” con l’art. 57 e ss, introducendo due nuove varianti:

l’accordo di ristrutturazione agevolato e l’accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa.

a. L’accordo di ristrutturazione agevolato (art. 60), prevede una percentuale di creditori aderenti ridotte al 30% se il debitore:

• non proponga la moratoria dei creditori estranei agli accordi;

• non abbia richiesto (e rinunci a richiedere) le misure protettive temporanee.

b. L’accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa (art. 61 e ss) riprende in parte la disciplina dell’art. 182 bis L.Fallimentare, estendendola anche a creditori non finanziari.  L’accordo produce effetti anche nei confronti dei creditori non aderenti purché appartenenti alla medesima categoria.

1.4. Accordi di ristrutturazione e convenzione di moratoria (182 septies L. Fallimentare)

Si tratta di un accordo tra l’imprenditore e i creditori che siano per lo più banche o intermediari finanziari.

Con questo strumento è possibile estendere alle banche e agli intermediari finanziari non aderenti gli effetti dell’accordo raggiunto, purchè vi sia una maggioranza qualificata del 75% della categoria alla quale il non aderente appartiene.

La convenzione di moratoria può essere inserita in un accordo di ristrutturazione del debito (art. 182 bis) oppure può essere diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti, efficace nei confronti di banche e intermediari finanziari.

Rispetto ai precedenti strumenti, sotto un profilo contenutistico la convenzione di moratoria prevede un contenuto fisso che deve riguardare in modo uniforme tutti i creditori della stessa categoria.

2. Strategie finalizzate alla ristrutturazione: procedure concorsuali

2.1. Concordato preventivo (art.160 -161 L. Fallimentare)

È lo strumento predisposto dalla legge per evitare il fallimento e favorire la prosecuzione dell’attività d’impresa. È rivolto all’imprenditore individuale, società, associazione o diverso ente.

Riconosce un’ampia tutela al debitore, in quanto dall’avvio della procedura è fatto divieto ai creditori di proporre azioni esecutive nei suoi confronti oltre che il mantenimento del controllo, seppur parziale, dell’impresa.

Il concordato può assumere diverse varianti:

  • con continuità aziendale: quando sia lo stesso imprenditore a gestire l’attività attraverso nuove manovre finanziarie tali da soddisfare le pretese creditorie, o anche conferendo l’azienda in una o più società anche se di nuova costituzione
  • Con assunzione in garanzia: mira a preservare la continuità, prevedendo la figura di un terzo soggetto che si assume l’obbligo di adempiere alla proposta concordataria (un esempio ricorrente è l’affitto d’azienda).
  • Liquidatorio: adempimento dei debiti aziendali attraverso la liquidazione del proprio patrimonio aziendale, evitando così il fallimento.

In presenza dei requisiti richiesti dalla legge, l’imprenditore presenta la domanda mediante un ricorso al Tribunale competente, con una serie di documenti specifici sul piano proposto.

Tutto ciò, deve essere corredato da apposita relazione redatta da un professionista indipendente, che ne attesti la veridicità dei dati aziendali oltre che l’idoneità.

Il tribunale ne giudica l’ammissibilità .

È nominato un commissario giudiziale che affiancherà il debitore nella gestione della procedura.

È prevista altresì la figura di un liquidatore, qualora la gestione dell’attività sia affidata ad un terzo soggetto.

Con il Codice della crisi (art. 84 e ss), sono state apportate delle modifiche, con il fine di valorizzare in particolare l’aspetto della continuità aziendale

2.3. Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza

La disciplina prevista è rivolta alle imprese di grandissime dimensioni che svolgono attività commerciale (anche se si tratti di un gruppo di imprese), che versino in uno stato di insolvenza ma che presentino buone prospettive di recupero.

Scopo della strategia è quello di porre in essere attività di prosecuzione o riconversione finalizzate a preservare il patrimonio aziendale oltre ad evitare che la crisi investa anche altri settori collegati.

La procedura ha per lo più natura amministrativa, intervenendo il Ministero dello sviluppo economico.

È prevista una prima fase di osservazione giudiziale e una di tipo esecutivo successiva all’ammissione alla procedura.

2.4. Amministrazione straordinaria speciale

È una ulteriore normativa a favore delle imprese di dimensioni “rilevanti”.

Rivolgendosi al Ministero dello Sviluppo economico è possibile avviare un programma di recupero dell’attività economica o anche di cessione dell’azienda.

L’autorità coinvolta è appunto il Ministero, ed è prevista la nomina di un commissario straordinario che presenti il programma di ristrutturazione.

3. Strategie liquidatorie: procedure concorsuali

3.1. Fallimento (art. 5 e ss L. Fallimentare)

Quando lo stato di crisi di un’impresa raggiunge l’apice dell’insolvenza irreversibile, e cioè vi sia incapacità di soddisfare le proprie obbligazioni, in assenza di prospettive di recupero, l’ultima strada da imboccare per sanare l’esposizione debitoria è il fallimento (o anche detto liquidazione giudiziale).

È un vero e proprio procedimento di natura esecutiva, il cui fine è quello di liquidare il patrimonio d’impresa e ripartirlo tra i creditori, secondo il principio della par condicio dei creditori e il rispetto delle cause di prelazione.

È rivolto agli imprenditori anche piccoli, società, che svolgono attività commerciale, e che posseggano i requisiti dimensionali previsti dall’art. 1 della Legge Fallimentare, che si trovino in stato di insolvenza

Si ritengono esclusi gli imprenditori che non svolgono attività commerciale e gli enti pubblici.

La richiesta di fallimento può essere proposta dal debitore, dal creditore purchè ne provi l’insolvenza o dal Pubblico Ministero.

In presenza di una serie di presupposti previsti dalla legge e accertati dal Tribunale, con sentenza è dichiarato il fallimento. Il debitore è spossessato dei suoi beni che non potrà più amministrare.

Fasi della procedura

  • Nomina degli organi da parte del Tribunale fallimentare:giudice delegato; curatore fallimentare e comitato dei creditori.
  • Accertamento del passivo
  • Accertamento dell’attivo
  • Vendita dei beni del fallito
  • Liquidazione dell’attivo. Fase in cui avviene la ripartizione del ricavato della vendita tra i creditori, secondo l’ordine previsto dalla legge.
  • Chiusura del fallimento. Le cause possono essere: concordato fallimentare; soddisfazione integrale dei creditori; mancanza di domande di insinuazione allo stato passivo, insufficienza dell’attivo.

Il curatore fallimentare è il vero gestore della procedura, in quanto gli competono compiti di amministrazione, liquidazione e conservazione del patrimonio del fallito.

Il comitato dei creditori si limita a valutare ad autorizzare le scelte prese dal curatore.

Quanto al giudice delegato svolge una funzione di mero controllo sullo svolgimento della procedura.

In seguito alla chiusura, i creditori possono proporre azioni individuali nei confronti del fallito (persona fisica) salvo nel caso in cui sia ammesso all’esdebitazione, a cui consegue una dichiarazione di inesigibilità dei debiti residui impagati. È esperibile solo per imprenditori persone fisiche e non da società.

Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, disciplina la liquidazione giudiziale all’art.121.

È stato sostituita la terminologia “fallimento” con “liquidazione giudiziale”, dato il discredito sociale che a ciò conseguiva.

Seppur riformato, non sono stati alterati i caratteri fondamentali e lo scopo della procedura che è sempre finalizzata alla liquidazione del patrimonio dell’imprenditore insolvente per ripartirne il ricavato tra i creditori.

3.2. Liquidazione coatta amministrativa (art. 194 e ss L. Fallimentare)

È una procedura concorsuale prevista per specifiche categorie di imprese ed enti per i quali è previsto un particolare controllo da parte dello Stato a tutela degli interessi generali.

Presenta un procedimento molto simile a quella fallimentare, in quanto è finalizzata alla liquidazione del patrimonio, con eliminazione dell’impresa dal mercato.

Sotto un profilo soggettivo, le imprese che possono accedervi sono: banche, assicurazioni, società cooperative, S.I.M., S.I.C.A.V., casse rurali e consorzi agrari.

Non è disposta dal Tribunale ma da un’autorità amministrativa.

I presupposti sono, oltre che uno stato di insolvenza, anche la violazione di norme o atti amministrativi, il quale dissesto può avere rilevanti conseguenze sociali.

Conclusioni

Per concludere, può essere utile anticipare che il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, oltre a delle parziali modifiche relative alle procedure ancora attuali, ha introdotto diversi meccanismi volti a consentire una emersione anticipata della crisi:  procedura d’allerta, organismo di composizione della crisi , procedimento di composizione assistita della crisi.

È evidente che le strategie finalizzate alla risoluzione della crisi d’impresa possono portare a risultati diversi, soprattutto perché fondate su presupposti differenti.

Valutare l’ipotesi del risanamento piuttosto che la liquidazione del patrimonio richiede un attento esame dei requisiti.

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