Giudizio di ottemperanza: come funziona

Il giudizio di ottemperanza ha come fine quello di garantire l’attuazione delle sentenze, non necessariamente passate in giudicato, degli altri provvedimenti esecutivi emessi dal giudice amministrativo, delle sentenze del giudice ordinario passate in giudicato, o degli atti ad esse equiparate, ovvero, dei lodi arbitrali divenuti inoppugnabili (quando da essi ovviamente discendono obblighi per la pubblica amministrazione). 

In poche parole, l’ottemperanza ha come scopo quello di indurre “coattivamente” la Pubblica Amministrazione ad adempiere ad un provvedimento giurisdizionale. Ma come si può “obbligare” la PA ad adempiere?

Oggi tale effettività è realizzabile proprio attraverso il giudizio di ottemperanza disciplinato all’interno del Codice del Processo Amministrativo (d’ora in poi c.p.a.) che ha introdotto una disciplina organica del giudizio di ottemperanza.

Senza anticipare ciò che verrà trattato più diffusamente nel prosieguo del presente articolo, l’azione di ottemperanza può essere definita come lo strumento offerto ai soggetti privati al fine di ottenere che la PA adotti tutti i comportamenti e gli atti necessari a conformarsi alle decisioni giurisdizionali esecutive (o comunque altri provvedimenti equiparati).

Se vuoi sapere di più su come funziona il giudizio di ottemperanza, ti consiglio di proseguire con la lettura di questa guida.

Tratteremo gli elementi salienti di questo giudizio decisamente importante nel nostro ordinamento.

1. Giudizio di ottemperanza: disciplina generale

In estrema sintesi il giudizio di ottemperanza può essere definito come un rimedio in forma specifica finalizzato all’ottenimento del bene della vita negato dalla P.A. nonostante la sentenza del giudice lo abbia riconosciuto. Pertanto, si tratta di un rimedio oggettivo, ovvero, prescinde da colpa o da dolo dell’Amministrazione. Pertanto, il bene della vita riconosciuto dal giudice con sentenza, deve essere attribuito a prescindere dalla colpa o dal dolo della P.A. inadempiente. 

Il giudice dell’ottemperanza è dotato di un potere che si potrebbe definire misto, ovvero, esecutivo e di cognizione. Il giudice dell’ottemperanza, infatti, ha la possibilità di esercitare una cognizione pienaper verificare la compatibilità dell’azione amministrativa con la decisione. 

Sentenze e provvedimenti oggetto del giudizio di ottemperanza 

Ai sensi dell’art. 112 comma 1 c.p.a. i provvedimenti del giudice amministrativo devono essere eseguiti dalla P.A. e dalle parti. Nel caso in cui l’amministrazione non dovesse provvedervi autonomamente, può essere proposta, come anticipato, l’azione di ottemperanza. 

Il comma 2 dell’art. sopra citato, stabilisce quali sono i provvedimenti che possono essere oggetto del giudizio di ottemperanza, ovvero: 

  • Le sentenze passate in giudicato emesse dal giudice amministrativo; 
  • Le sentenze esecutive, nonché gli altri provvedimenti esecutivi emessi dal giudice amministrativo. Inoltre, quando il legislatore fa riferimento agli “altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo” fa sostanzialmente riferimento ai decreti ingiuntivi di cui all’art. 118 del c.p.a. nonché le ordinanze cautelari di cui all’art. 59 del codice medesimo. Si ritiene altresì che, sempre nell’ambito della dizione sopra citata, deve essere incluso anche il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Più precisamente, è stato affermato che il decreto decisorio che definisce la procedura attivata dalla proposizione del ricorso straordinario, deve essere qualificato come decisione di giustizia avente natura sostanzialmente giurisdizionale. 
  • Le sentenze passate in giudicato nonché gli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario. Anche in questo caso, con riferimento agli “altri provvedimenti equiparati al giudicato”, il legislatore ha voluto far rientrare nell’ambito applicativo della norma il decreto ingiuntivo non opposto, o comunque la cui opposizione non sia stata rigettata, nonché le ordinanze di assegnazione del credito emesse dal giudice dell’esecuzione nell’apposito processo. 
  • Le sentenze passate in giudicato nonché “gli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di “conformarsi” alla decisione assunta. Occorre altresì precisare che le sentenze emesse dalla Corte dei Conti, nonché quelle emesse del giudice tutelare, essendo per esse previsto un apposito rimedio, non sono suscettibili di essere oggetto del giudizio di ottemperanza. Viceversa, non è così per le sentenze emesse dal Tribunale Superiore delle acque pubbliche, visto che in relazione alle stesse mancano norme che contemplino giudizi interni di esecuzione. 
  • lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili. 

2.   Presupposto processuale per il giudizio di ottemperanza

Visto che il giudizio di ottemperanza consiste in un procedimento in virtù del quale è possibile ottenere un pagamento da parte della P.A., l’unico presupposto di natura processuale del giudizio di ottemperanza è l’esistenza di un provvedimento esecutivo del giudice amministrativo o di altro giudice o del collegio arbitrale.

Contrariamente a una tesi diffusa, non costituisce presupposto processuale l’inadempimento dell’amministrazione a fronte di un provvedimento giudiziale, dunque in esecuzione di questo.

Tale elemento è infatti meglio da inquadrare come parte dell’oggetto del giudizio.

Per meglio specificare quanto appena detto, l’inadempimento o in esecuzione si configura allorché il provvedimento giudiziale esecutivo debba essere eseguito dalla P.A. e questa rimanga in tutto o in parte inerte.

Inadempimento si configura anche quando la p.a. dichiari esplicitamente di non voler dare osservanza a quanto deciso.

Naturalmente, dai casi di esecuzione vera e propria vanno tenuti distinti i casi di  esecuzione giustificata, dunque un inadempimento causato da sopravvenienze di fatto e di diritto che impediscono la piena attuazione di un provvedimento giudiziale.

Passando brevemente ai presupposti fondamentali per poter agire in ottemperanza, come anticipato, è necessario (nonostante non sia un presupposto indefettibile) che il provvedimento emesso dal Giudice (o il lodo) non sia stato eseguito dalla P.A., che il provvedimento di cui si chiede l’ottemperanza sia ormai esecutivo e che lo stesso provvedimento non sia “auto applicativo”, ovvero, non esaurisce il proprio contenuto in un effetto meramente demolitorio. 

Infine, con riferimento alla necessaria esecutività del provvedimento di cui si chiede l’ottemperanza, in passato si è discusso in dottrina in ordine alla necessità di tale presupposto. Questo perché secondo la legge sui TAR le sentenze non passate in giudicato, ai sensi dell’art. 33 della legge citata, sono automaticamente esecutive ma non era possibile chiedere l’ottemperanza. 

La questione è stata risolta con la Legge n. 205 del 2000 la quale ha previsto un rimedio ad hoc, ovvero, conferire al Tribunale poteri analoghi al giudice dell’ottemperanza riguardo alle suddette sentenze. Ciò significa che oggigiorno, dal punto di vista della tutela del ricorrente, si ha una situazione essenzialmente analoga alle sentenze passate in giudicato e per le sentenze che non sono passate in giudicato. 

Infine, come terzo requisito necessario, è fondamentale che la pretesa del soggetto ricorrente non sia di per sé soddisfatta dalla mera richiesta della sentenza. 

Infatti, l’utilità del giudizio di ottemperanza è più che palese quando il contenuto della sentenza non è di mero annullamento di un determinato provvedimento (meramente demolitoria) ma prevede anche un comportamento attivo dell’amministrazione (Si pensi ad esempio al pagamento di una determinata somma di denaro). 

3. Competenza e procedimento

Come anticipato, il giudizio di ottemperanza può essere promosso ogni qual volta la sentenza (o il provvedimento in generale) non sia stata eseguita in modo spontaneo dall’amministrazione. 

In genere il giudizio si svolge direttamente dinanzi al giudice amministrativo competente. Tale regola vale sempre nel caso di esecuzione di sentenze del giudice civile o del giudice amministrativo (viceversa, per l’esecuzione delle sentenze emesse dalla Corte dei conti o dalle Commissioni tributarie sono competenti i medesimi giudici che hanno emesso le sentenze stesse). 

Il ricorso per il giudizio di ottemperanza va notificato necessariamente all’amministrazione e a tutte le altre parti del processo di merito (ai sensi dell’art. 114 comma 1 del c.p.a. Inoltre, le parti del giudizio di ottemperanza vanno identificate, ai sensi dell’art. 114 comma 6 del c.p.a., con le parti nei cui confronti sia stata pronunciata la sentenza da eseguire. 

Le regole per l’individuazione del giudice competente per il giudizio di ottemperanza sono contenute nell’art. 113 del c.p.a e possiamo schematizzarle in questo modo.

Il ricorso va proposto al giudice che ha emesso il provvedimento della cui esecuzione si tratta nei casi di sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato e nei casi di altri provvedimenti esecutivi.

Il ricorso si propone al T.A.R. nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento di cui è chiesta l’esecuzione in determinati casi:

  • Nel caso di sentenze passate in giudicato.
  • Per altri provvedimenti del giudice ordinario, lodi arbitrali e sentenze e provvedimenti per i quali non è previsto il rimedio dell’ottemperanza.

L’interesse concreto a ricorrere in sede di ottemperanza va riconosciuto in capo ai soggetti sui quali il provvedimento giudiziale esecutiva spiega i suoi effetti immediati.

Dunque, essi sono individuabili in coloro che hanno partecipato al giudizio all’esito del quale il provvedimento ottemperando è stato pronunciato.

In ogni caso, la legittimazione a chiedere l’attuazione di un provvedimento può ricondursi a ciascuno dei soggetti interessati, anche se estranei al processo.

L’azione di ottemperanza è esperibile contro il termine di prescrizione di 10 anni, ovvero il termine classico di prescrizione dei diritti. 

Sussiste, poi, l’obbligo della previa notifica del ricorso dalle parti in senso formale.

In questo modo è garantito il pieno contraddittorio, come più volte riconosciuto dalla Giurisprudenza (si veda, ad esempio, la sentenza del Consiglio di Stato n. 643/1993).

Il processo di ottemperanza sfocia non già in un’udienza pubblica, ma in una camera di consiglio o adunanza camerale.

Infatti, l’art. 114 c.p.a stabilisce che il giudizio di ottemperanza si svolge in camera di consiglio e non è consentito alle parti di chiedere che il ricorso venga trattato in pubblica udienza. 

Il comma 1 dell’art. sopra menzionato, precisa che l’azione sia proposta, anche senza la diffida, con ricorso notificato direttamente alla P.A. e a tutte le parti del giudizio definito dalla sentenza (o dal lodo arbitrale) da eseguire. Come anticipato, l’azione si prescrive nel termine ordinario di 10 anni. 

Occorre altresì precisare che autorevole dottrina, accompagnata anche da una buona parte della giurisprudenza, ritiene che colui che richiede l’esecuzione di un provvedimento in ottemperanza, è titolare di un vero e proprio diritto soggettivo, il quale determina una novazione della posizione giuridica azionata in giudizio, il che confermerebbe la natura “prescrizionale” del termine citato. 

La legittimazione attiva, nel pieno silenzio della norma, spetta alle parti del giudicato da eseguire nonché ai soggetti estranei al giudizio di cognizione in caso di impugnazione di atti “indivisibili”. 

4. Il risarcimento del danno in sede di ottemperanza 

Nella versione originaria del Codice del processo amministrativo era previsto che fosse possibile chiedere il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 30 del c.p.a. connesso al giudizio di ottemperanza. Tuttavia, in seguito tale riferimento normativo è scomparso dal codice. 

Da ciò deriva che per le domande di risarcimento del danno connesse a quelle proposte in sede di ottemperanza, è necessario avviare un giudizio autonomo, oppure, è possibile proporle unicamente in sede di ottemperanza avanzato in primo grado (in modo così da garantire il doppio grado di giudizio).

Ad oggi, invece, in sede di ottemperanza è possibile presentare la domanda di condanna di pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi eventualmente maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonché l’azione di risarcimento dei danniconcernenti l’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o anche parziale, del giudicato o alla sua violazione o elusione. 

Risulta, dunque, esistente una tutela risarcitoria residuale, anche in un unico grado, per i danni connessi che si sono eventualmente verificati dopo il passaggio in giudicato del provvedimento oggetto del giudizio di ottemperanza

Quali sono i danni concretamente risarcibili? Rientrano sicuramente nel novero dei danni risarcibili in sede di ottemperanza i danni derivanti dalla violazione o dalla elusione del giudicato, i quali rinvengono il loro presupposto in un comportamento che è imputabile all’Amministrazione inadempiente. In aggiunta, il legislatore ha ritenuto possibile estendere il rimedio in esame anche nell’ipotesi in cui il danno, anche in assenza di elusione o di violazione del giudicato, è pur sempre connesso all’impossibilità di ottenere l’esecuzione in forma specifica del provvedimento

In poche parole, in deroga alla disciplina generale dettata in materia di responsabilità civile, è ammessa una forma di responsabilità che prescinde dall’inadempimento imputabile alla parte che è tenuta ad attuare il giudicato

Trattasi, dunque, di una forma di responsabilità che, in caso di impossibilità non imputabile a violazione o elusione del giudicato, presenta i caratteri della responsabilità oggettiva, non essendo ammessa alcuna prova liberatoria sull’assenza di dolo o di colpa dell’amministrazione che non ha dato attuazione al provvedimento. 

5. Definizione del giudizio di ottemperanza

Il giudizio di ottemperanza si estingue in forza dell’integrale esecuzione del provvedimento giudiziale che ne costituisce il presupposto.

Il giudice dell’esecuzione decide con sentenza in forma semplificata, dunque il provvedimento dovrà essere succintamente motivato.

Inoltre la sentenza potrà contenere un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero a un precedente conforme.

Se poi è chiesta l’esecuzione di un’ordinanza cautelare, allora il giudice provvederà con ordinanza.

Nel definire il giudizio di ottemperanza il giudice provvederà anche alle spese di lite.

Inoltre, nulla osta ad affermare che anche in sede di ottemperanza il giudice amministrativo può condannare anche d’ufficio la parte soccombente al pagamento in favore dell’altra parte di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria.

5.1. I poteri decisori del giudice dell’ottemperanza

I poteri decisori del giudice dell’ottemperanza sono indotti dalla natura mista del giudizio che tende all’attuazione del comando giudiziale.

Nella sentenza possono peraltro coesistere elementi di cognizione e dell’esecuzione.

Ad essi si aggiungono i caratteri propri della componente tradizionalmente intesa come ottemperanza.

Infatti il giudice è autorizzato alla produzione di nuovi effetti giuridici anche in via sostituiva rispetto alla PA inadempiente.

Se il giudice accoglie il ricorso, allora ordina l’ottemperanza del provvedimento giurisdizionale originario prescrivendo le relative modalità anche mediante la determinazione del contenuto del futuro provvedimento amministrativo.

Nomina, se occorre, un commissario ad acta.

Fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’amministrazione per ogni violazione o inosservanza successiva.

L’aspetto saliente dell’istituto risiede nel potere di sostituzione del giudice all’amministrazione.

Infatti, al fine di rendere effettiva la tutela del ricorrente, il giudice può giungere fino all’adozione di atti amministrativi che comportino uso di discrezionalità amministrativa.

In verità, per determinate controversie (provvedimenti di conferimenti degli incarichi direttivi e semidirettivi dei magistrati), la L. 11 agosto 2014, n. 114, ha stabilito che il giudice amministrativo, in caso di accoglimento del ricorso, ordina l’ottemperanza in un modo particolare.

Infatti assegna un termine per provvedere al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM).

La norma preserva le funzioni del CSM rispetto a possibili e temute ingerenze del giudice amministrativo.

Il giudice dell’ottemperanza ha poi il potere di fissare, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione, inosservanza, o ritardo. Si tratta della c.d. penalità di mora.

5.2. Il commissario ad acta

Come accennato, il giudice amministrativo può provvedere alla nomina di un commissario ad acta quando occorre.

La nomina del commissario è dunque una semplice facoltà e non un obbligo del giudice a cui attingere in vicende complesse o in atti caratterizzati da ampia discrezionalità.

La scelta della persona del commissario non è ancorata a vincoli precisi; dunque, il legislatore rimette al giudice dell’ottemperanza un ampio spazio valutativo nell’individuare la persona più idonea a ricoprire l’incarico commissariale.

Il commissario ad acta può avvalersi di collaboratori per lo svolgimento dei propri incombenti, riconoscendogli, tra l’altro, una certa autonomia di scelta.

Il suo compito fondamentale è l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi che si rendano necessari per la piena ed esatta realizzazione del provvedimento del giudice.

A tal fine, il commissario segue le direttive del giudice.

Da quanto precisato fino ad ora, è lecito desumere che il commissario ad acta risulta essere un vero e proprio collaboratore (o ausiliario) del giudice e non è un organo di amministrazione straordinaria (così come comprovato dal fatto che viene nominato dal giudice). 

Le parti del giudizio di ottemperanza, se intendono contestare gli atti commissariali, possono farlo davanti al giudice dell’ottemperanza mediante reclamo. Le parti possono proporre tale reclamo anche nel caso di inerzia del commissario.

Da ciò si ricava che all’amministrazione è precluso di rimuovere in via di autotutela i provvedimenti commissariali.

Per le impugnazioni avverso le pronunce del giudizio di ottemperanza valgono le regole del giudizio di impugnazione, con una particolarità.

Le sentenze rese dal Consiglio di Stato in sede di ottemperanza sono soggette a ricorso per Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione.

5.3. Le astreintes 

Una importantissima novità in tema di ottemperanza è l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico di un mezzo di coazione indiretta, molto simile alle astreintes previsti in altri ordinamenti giuridici europei. 

Più precisamente, è stato previsto che, salvo che sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni impeditive, il giudice può fissare, su richiesta della parte interessata, la somma di denaro dovuta dalla parte resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero, per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato. 

Trattasi di una soluzione che si pone perfettamente in linea con ciò che è previsto dall’art. 614 bis comma 1 del c.p.c. così come aggiornato dalla Legge n. 69 del 2009.

In svariati ordinamenti giuridici tale strumento è l’unico mezzo di coazione indiretta nei confronti della Pubblica Amministrazione. Nonostante in Italia ci siano altri strumenti di coazione diretta, può essere utile affiancare a tali strumenti anche la coazione indiretta al fine di stigmatizzare la condotta della P.A. che non adempie ad un provvedimento giudiziale. 

Secondo la giurisprudenza, le astreintes, introdotte con l’art. 114, comma 4, lettera e), del c.p.a. rappresenta una vera e propria misura coercitiva indiretta a carattere patrimoniale finalizzata a neutralizzare la resistenza del soggetto debitore, inducendolo ad adempiere all’obbligazione posta a suo carico dal giudice. 

Occorre però precisare che detta misura ha una finalità non risarcitoria bensì strettamente sanzionatoria in quanto non mira a riparare il pregiudizio cagionato dall’esecuzione della sentenza, bensì ha come scopo quello di sanzionare la disobbedienza alla sentenza del giudice e stimolare così il debitore all’adempimento. In estrema sintesi, si tratta di una pena e non già di un risarcimento. Sul tema si segnala la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, del 20 dicembre del 2011 n. 6688. 

La giurisprudenza ha altresì precisato che l’astreinte può trovare applicazione anche dopo la nomina del cosiddetto commissario ad acta, ma non dopo l’insediamento di quest’ultimo, circostanza, quest’ultima, che determina il definitivo trasferimento del potere, rimanendo così precluso all’amministrazione ogni margine ulteriore di intervento. Sul tema si segnala Cons. St. Ad. Plenaria n. 7 del 2019

5.4. Contributo unificato 

Chi sceglie di presentare il ricorso per il giudizio di ottemperanza è tenuto a fare i conti con talune spese. In primis, è necessario pagare il cosiddetto contributo unificato pari ad euro 300. Ancora, è necessario far fronte anche ad eventuali spese di assistenza legale da parte dell’avvocato specializzato nel settore del diritto amministrativo.

Tuttavia, è bene sapere che le suddette cifre potranno essere successivamente rimborsate dalla P.A. al termine del procedimento intrapreso. 

6. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso

Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione al giudizio di ottemperanza è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.

Proprio per questo motivo, al fine di proteggere e difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.

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