Impugnare una cartella di pagamento: come farlo?

Ricevere una cartella di pagamento da parte dell’Ente riscossore non è una bella notizia. Tuttavia, è bene sapere che è possibile impugnarla, nei modi e nei termini pervisti dalla legge, al fine di evitare che il Fisco possa pignorare i propri beni. 

Ovviamente per poter stabilire come fare per opporsi alla cartella di pagamento è necessario leggerne il contenuto poiché essa può essere viziata sia nella forma che nel contenuto, ovvero nel merito. 

Pertanto, se il contenuto della cartella di pagamento ricevuta dovesse apparire erroneo o comunque non corretto, il contribuente ha il pieno diritto di opporsi ed impugnarla

Tuttavia, prima di capire come fare per poter impugnare una cartella di pagamento è fondamentale capire cos’è quando essa può essere considerata illegittima, quali sono i termini di impugnazione nonché i possibili benefici derivanti dall’accoglimento dell’opposizione. 

Procediamo per gradi senza anticipare ciò che verrà trattato nel prosieguo del presente articolo. 

Per ulteriori approfondimenti leggi:

1. Cos’è una cartella di pagamento?

La cartella di pagamento è lo strumento mediante il quale lo Stato, attraverso l’Amministrazione finanziaria, attua la riscossione delle entrate pubbliche per le quali è stata effettuata la c.d. iscrizione a ruolo delle somme. Il ruolo, in poche parole, è un atto dell’Amministrazione Pubblica messo a conoscenza dei contribuenti mediante la cartella di pagamento appunto. 

La cartella di pagamento viene materialmente redatta dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione la quale si occupa, tra l’altro, dell’iscrizione a ruolo delle somme non versateda parte del contribuente nei termini previsti dalla legge, oppure, della liquidazione in automatico delle dichiarazioni del contribuente etc. 

Tralasciando le varie funzioni svolge dall’Agenzia delle Entrate, e focalizzandoci sulla cartella di pagamento, quest’ultima può rappresentare il primo atto impositivo notificato al contribuente quando la Legge non impone altri atti notificare precedentemente. 

Occorre altresì precisare che, accanto alla cartella di pagamento, per talune tipologie di entrate è necessaria anche la notifica dell’avviso di accertamento esecutivo (si pensi ad esempio all’IVA o alle imposte sui redditi in generale, all’IRAP etc.).  

Per quanto concerne, invece, il contenuto della cartella di pagamento, essa deve contenere i seguenti elementi: 

  1. il tipo di imposta non pagata;
  2. l’anno cui si riferisce l’omissione di pagamento;
  3. l’Ente titolare del credito;
  4. la data di iscrizione a ruolo del tributo, ossia l’atto con cui il creditore formalizza il proprio credito incaricando l’agente della riscossione per il recupero;
  5. l’importo che deve essere pagato comprensivo di interessi, sanzioni e aggio;
  6. il nome del contribuente debitore;
  7. le modalità e i termini per fare ricorso contro la cartella stessa

1.1. Perché è necessario che tu sappia cos’è la cartella di pagamento

Perché, innanzitutto, è necessario avere ben chiaro che la cartella di pagamento non è un semplice sollecito di pagamento, come può essere una diffida inviata da un avvocato.

La cartella di pagamento è l’avvertimento ultimo per pagare il debito o per presentare opposizione entro il termine indicato.

Giuridicamente parlando, infatti, si dice che la cartella ha la natura dell’atto di precetto, l’avvertimento ultimo, e del titolo esecutivo.

In altre parole, alla scadenza del termine indicato, la cartella diventa titolo esecutivo e l’Agente della Riscossione può procedere direttamente con il pignoramento, senza ritenersi necessario l’intervento del giudice per ottenere l’accertamento dell’imposta dovuta e la condanna al pagamento dell’importo.

Fatta questa premessa, sorge spontaneo l’interrogativo circa i termini per impugnare la cartella di pagamento e le cause dell’impugnazione.

2.  Cos’è l’iscrizione a ruolo 

Visto il breve cenno fatto all’iscrizione a ruolo, è doveroso chiarire di cosa si tratta. In estrema sintesi, dietro a tale termine, si nasconde semplicemente un “elenco” dove l’ente impositore aggiorna in modo periodico, ai fini della riscossione, e che contiene tutti i nomi dei soggetti debitori e le relative somme che devono versare nelle casse dello Stato. 

Pertanto, una volta che il contribuente e le somme che quest’ultimo deve versare vengono iscritti a ruolo, il suddetto elenco viene trasmesso dall’ente impositore all’Agenzia delle Entrate  affiché quest’ultima provveda ad avviare l’iter necessario, ovvero, alla predisposizione della notifica delle cartelle, alla riscossione delle somme, o, come rimedio estremo, all’avvio della procedura di esecuzione forzata finalizzata a trasformare i beni del debitore in denaro da versare nelle casse dell’Erario. 

3.  La verifica della regolarità della cartella di pagamento

Prima di capire quali sono i termini entro i quali è possibile impugnare una cartella di pagamento e le relative procedure, è necessario capire come fare per verificare la regolarità della stessa. Occorre altresì sottolineare fin da subito che le cartelle di pagamento, per poter essere “regolari”, devono essere notificate entro e non oltre determinati termini che, per la riscossione di imposte dirette ed IVA, variano a seconda dei tipi di controllo. 

Sul punto, più precisamente, l’Agenzia delle Entrate sul proprio sito ufficiale ha specificato che per le imposte dovute a seguito di controlli automatici delle dichiarazioni (ai sensi dell’art. 36 del D.p.r. n. 600 del 1973 e del D.p.r. 633 del 1972) il termine per la notifica della cartella di pagamento è fissato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione (ovvero a quello di scadenza del versamento dell’unica o dell’ultima rata se il termine di versamento delle somme scade oltre il 31 dicembre). 

Per quanto concerne la liquidazione delle indennità di fine rapporto e sulle prestazioni in forma capitale, il termine sarà al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione.

Per quanto concerne le somme che risultano dovute a seguito di un controllo c.d. formaledelle dichiarazioni ai sensi dell’art. 36 ter del D.p.r. 600 del 1973, il termine della notifica della cartella di pagamento è fissato al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione.

Premesso ciò, è necessario tenere a mente che nell’ipotesi di presentazione di una dichiarazione integrativa, i termini per la notifica della cartella di pagamento decorrono dalla data di presentazione delle dichiarazioni oggetto di integrazione per gli elementi di interesse. 

Dopo aver controllato la tempestività o meno della notifica della cartella di pagamento, il contribuente potrà ottenere ulteriori informazioni e chiarimenti rivolgendosi direttamente all’Agenzia delle Entrate o all’ente creditore a seconda della tipologia di richiesta. 

Ove il debito del contribuente sia sorto direttamente nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, e dunque in questo caso l’Agenzia ricopre sia il ruolo di ente creditore che di riscossore, è possibile rivolgersi ad un qualsiasi ufficio dell’Agenzia presente sul territorio nazionale o direttamente al Centro di assistenza multicanale disponibile al numero verde. 

Viceversa, se la cartella di pagamento dovesse essere il frutto di un controllo c.d. formale delle dichiarazioni, o dovesse essere emessa in seguito ad un accertamento, il contribuente dovrà rivolgersi direttamente all’ufficio dell’ente creditore che ha emesso il ruolo. 

In tali circostanze, l’Agenzia delle Entrate svolge il ruolo di mero riscossore, e non fornisce, dunque, informazioni nel merito della cartella di pagamento e nemmeno potrebbe farlo poiché non è in grado di conoscere il motivo per cui è stata addebitata la somma oggetto della richiesta. 

4.  Quali sono i possibili vizi della cartella di pagamento 

Come sopra anticipato, quando si contesta una cartella di pagamento lo si può fare sia perché la stessa ha dei vizi di forma sia perché la stessa presenta vizi di sostanza. In sintesi, i vizi di forma attengono alla compilazione della cartella di pagamento e possono comportare la nullità dell’atto solo se risultano essere particolarmente gravi. I vizi di sostanza, invece, attengono alla legittimità della pretesa. 

4.1. I vizi di sostanza 

vizi di sostanza della cartella di pagamento contro cui è possibile proporre ricorso riguardano, in genere, la mancata notifica dell’atto di accertamento (ovvero la multa, l’avviso di pignoramento etc.). In assenza della notifica dell’atto di accertamento, il contribuente non ha potuto difendersi, ergo, il legislatore gli concede la possibilità di tutelarsi impugnando la cartella di pagamento. 

Altro tipico vizio sostanziale della cartella di pagamento si verifica quando quest’ultima viene emessa nonostante il contribuente abbia estinto il debito con il pagamento. Oppure, altro vizio di sostanza, è la prescrizione del credito vantato dall’Amministrazione. La prescrizione, infatti, può maturare sia prima che intervenga la cartella di pagamento, ma anche successivamente alla sua notificazione. In poche parole, la notifica della cartella di pagamento fa si interrompere il termine di prescrizione ma lo stesso inizia comunque a decorrere nuovamente da capo. 

A questo punto però potrebbe sorgere spontanea la domanda: quando si prescrivono i tributi? Ebbene, la prescrizione ordinaria è di dieci anni e riguarda tutti i tributi dovuti allo Stato ovvero l’Iva, Irpef, Canone Rai, imposta di registro, di successione etc. Anche se, in realtà, esistono anche talune sentenze che accorda la prescrizione di cinque anni per l’Iva e Irpef. 

La prescrizione, invece, è quinquennale per tutti i tributi dovuti alle Regioni e agli enti locali, Imu, Tari etc, nonché per i contributi dovuti all’INPS e all’INAIL e per le multe stradali. Invece la prescrizione è di tre anni per il bollo delle auto. Infine, occorre precisare che la prescrizione è sempre ordinaria (quindi decennale) se il credito fatto valere dall’Amministrazione è basato su una sentenza

4.2. I vizi di forma 

Decisamente più lunga è la lista dei vizi che attengono alla forma della cartella di pagamento. In genere è illegittima la cartella di pagamento che non rispecchi in toto lo schema ministeriale. Ad esempio, una cartella di pagamento che non indichi in modo corretto l’imposta a cui si riferisce o la sentenza di condanna del contribuente, è illegittima

Ancora, la cartella di pagamento deve indicare il responsabile del procedimento amministrativo, pertanto, ove questo dato dovesse mancare, la cartella sarebbe senz’altro impugnabile. 

Molto importante è anche la specificazione (chiara e trasparente) dei criteri di calcolo degli interessi che devono essere analiticamente riportati uno per uno in modo che il destinatario della cartella di pagamento, il contribuente appunto, possa verificare che gli stessi siano stati calcolati in modo corretto. 

Spesso viene ricondotto nel novero dei vizi di forma anche il vizio che inerisce la notifica dell’atto di accertamento contro cui eventualmente opporsi. In caso di mancata notifica dell’atto di accertamento, infatti, sarà possibile fare opposizione alla cartella di pagamento con le modalità che verranno analizzate in prosieguo. 

Ovviamente i vizi che attengono alla notifica non riguardano solamente la mancata notifica dell’atto di accertamento, gli stessi possono concretizzarsi, ad esempio, nella mancata spedizione della cartella oppure dall’errore del postino che, anziché consegnarla al destinatario la consegna a terzi. Ebbene in questi casi è assolutamente possibile impugnare la cartella di pagamento notificata in modo errato. 

5.  Impugnazione dell’estratto di ruolo e della cartella di pagamento 

Prima di analizzare l’iter per l’impugnazione delle cartelle di pagamento viziate è necessario capire se sia possibile impugnare anche l’estratto di ruolo oppure no. Nel corso della conversione in Legge del D.l. 146 del 2021 recante Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”, il Senato ha approvato una importante modifica del testo normativo. 

In poche parole, è stata prevista in modo espressa la non impugnabilità dell’estratto di ruolo e sono stati introdotti anche interessanti limiti in ordine all’impugnabilità del ruolo. Insomma, a dirimere le controversie dottrinali e non solo è stato lo stesso legislatore, il quale ha previsto la non impugnabilità dell’estratto di ruolo. 

Sicché, in ossequio al nuovo quinto comma dell’art. 12 del D.p.r. 602 del 1973, l’estratto di ruolo è espressamente non impugnabile mentre il ruolo, ed ovviamente la cartella di pagamento, sono suscettibili di essere impugnati. Per quanto concerne il ruolo, questo può essere impugnato dal contribuente solo se dimostri in giudizio che dall’iscrizione possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione ad una procedura di appalto ex art. 80 comma 4 del D.lgs. 18 aprile del 2016 n. 50 oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute da soggetti pubblici, o infine, per la perdita di un beneficio nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. 

Il novellato comma cinque sopra citato, tra l’altro, risulta essere pienamente in linea con l’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992  il quale non annovera, tra gli atti suscettibili di essere impugnati, l’estratto di ruolo ed è coerente anche con la giurisprudenza del Giudice di legittimità. Sul tema, infatti, si segnala l’ordinanza della Cassazione n. 20784 del 2017 nella quale i giudici ermellini precisano che il “ruolo” è un atto amministrativo impositivo (fiscale, contributivo o di riscossione di altre entrate allorché sia previsto come strumento di riscossione coattiva delle stesse) proprio ed esclusivo dell’ufficio competente (cioè dell’ente creditore impositore), quindi “atto” che, siccome espressamente previsto e regolamentato da norme legislative primarie, deve ritenersi tipico sia quanto alla forma che quanto al contenuto sostanziale”.

Mentre l’estratto di ruolo non è specificamente previsto da nessuna disposizione di legge vigente”, ma “viene formato (quindi consegnato) soltanto su richiesta del debitore. Sul tema si segnala anche una interessante sentenza del Consiglio di Stato, 4, n. 4209 del 2014). 

Infine, anche in ossequio alla giurisprudenza della Corte di cassazione, è chiara la differenzac he intercorre tra ruolo ed estratto di ruolo. Il primo, in sintesi, è un atto impositivo espressamente previsto dalla Legge anche in ordine alla sua impugnabilità, è un provvedimento dell’ente impositore (si tratta, dunque, di un atto potestativo vero e proprio contenente una pretesa economica). 

L’estratto di ruolo, invece, è (come è sempre stato in realtà) un mero documento informatico contenente gli elementi della cartella. Si tratta, dunque, di elementi di un atto impositivo (ovvero la cartella di pagamento) autonomamente impugnabile. Infine, la cartella di pagamento è formata dal concessionario della riscossione e non contiene (né tantomeno potrebbe) nessuna pretesa impositiva, diretta o indiretta, sul tema si segnala una importante sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 19704 del 2015. 

6. I termini per impugnare una cartella di pagamento

Il contribuente deve contestare la cartella di pagamento prima che diventi definitiva, entro determinati termini e innanzi alla rispettiva Autorità competente.

I termini di impugnazione variano a seconda dell’oggetto della cartella di pagamento:

  • 60 giorni se la cartella ha ad oggetto un’imposta (es. tasse e tributi): l’Autorità giudicante competente è la Corte di giustizia tributaria di primo grado, previo esperimento della mediazione tributaria per debiti fino a 50.000,00 euro;

Se la cartella di pagamento ha per oggetto crediti di natura contributiva o assistenziale, il termine per poter presentare opposizione (stavolta dinanzi al Tribunale- Sezione Lavoro) è di: 

  • 40 giorni, decorrenti dalla notifica della cartella di pagamento, ove l’impugnazione attenga a vizi di carattere sostanziale (ovvero vizi di merito) e più in generale tutti i vizi che attengono all’esistenza del credito o all’entità dello stesso; 
  • 20 giorni, decorrenti dalla notifica della cartella di pagamento ove l’impugnazione attenga a vizi di carattere formale, ovvero, come sopra anticipato, vizi che attengono alla forma dell’atto ed alla relativa notifica;

Laddove, avverso la cartella di pagamento, il contribuente intende dolersi sia di vizi sostanziali che formali, in assenza di una normativa puntuale a riguardo, è quantomeno opportuno, a fini tuzioristici, presentare il termine di opposizione entro e non oltre il termine più breve, ovvero, 20 giorni decorrenti dalla notifica della cartella. 

  • 30 giorni se la cartella ha ad oggetto una contravvenzione per violazione al codice della strada (es. multa stradale): l’Autorità competente è il Giudice di Pace.         

Con riferimento all’impugnazione avente per oggetto cartelle di pagamento concernenti somme relative alla violazione del Codice della strada, si segnala una nota sentenza della Cassazione la quale si è espressa sul tema con l’autorevolezza delle Sezioni Unite con la sent. n.22089 del 2017 e con la quale ha precisato che l’opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria comminata per violazione del codice della strada, va proposta ai sensi dell’art. 7 del D.lgs. 1 settembre 2011, n. 150 e non nelle forme della opposizione alla esecuzione ex art. 615 c.p.c, qualora la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata in ragione della nullità o dell’omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione del codice della strada. 

Il termine per la proponibilità del ricorso, a pena di inammissibilità, è quello di 30 giornidecorrente dalla data di notificazione della cartella di pagamento.

7. Come impugnare una cartella di pagamento?

Giunti a questo punto è necessario analizzare quali sono gli strumenti previsti dal legislatore per poter contestare la cartella di pagamento ricevuta. Ebbene, ad oggi sono tre le vie percorribili per il consumatore:

  • Annullamento in autotutela: il contribuente comunica, tramite modulo apposito o per via telematica, a mezzo raccomandata a/r o pec, all’Agente della Riscossione e all’ente creditore i motivi per cui ritiene che la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti sia illegittima.
    In altre parole, il contribuente segnala all’amministrazione l’errore in cui essa è caduta, sollecitandola a riconsiderare la     legittimità della cartella di pagamento ed, eventualmente ad annullarla.
    Il limite di tale istanza è che non sospende i termini per far ricorso al giudice qualora l’amministrazione non risponda o rigetti     l’istanza. Se l’ente annulla, in tutto o in parte, il debito del contribuente invia all’Agenzia delle Entrate il c.d. sgravio, ovvero, l’ordine di annullare il debito. Conseguentemente l’Agenzia procederà a cancellare il tributo dalla cartella di pagamento. Nonostante non ci sia un termine per poter agire in autotutela, è sempre consigliabile agire subito dopo aver ricevuto la cartella di pagamento. 
  • Richiesta di sospensione dell’esecuzione: si tratta di una comunicazione stragiudiziale che il contribuente effettua all’ente creditore allegando tutta la documentazione che comprova il pagamento già effettuato di quanto richiesto nella cartella di pagamento. Per presentare la richiesta di sospensione è possibile avvalersi del canale online predisposto dall’Agenzia delle Entrate inserendo i propri dati anagrafici. In alternativa è possibile prenotare un appuntamento presso gli sportelli dell’Agenzia. Dopo aver ricevuto la richiesta, l’Agenzia provvede alla trasmissione della stessa all’Ente e, in attesa della risposta, sospende la procedura di esecuzione. Occorreattendere 220 giorni, trascorsi i quali, se non pervenga una risposta dall’Ente, il debito viene annullato. 
  • Impugnazione giudiziale: si tratta di un ricorso con cui il debitore impugna, attraverso il proprio difensore di fiducia, la cartella di pagamento innanzi all’Autorità giudiziaria competente, interrompendo così i termini per cui la cartella diventerà un atto esecutivo. È bene precisare che per le impugnazioni di atti di valore non superiore ad euro 50.000,00 (soglia aumentata in virtù della riforma del 2018) il ricorso produce anche gli effetti del reclamo. Trattasi di un aspetto tutt’altro che marginale visto che li reclamo impone un tentativo di mediazione obbligatoria fra le parti prima della costituzione in giudizio dinanzi alla Corte di giustizia tributaria. 

7.1. Quale alternativa prediligere 

L‘autotutela è sicuramente il procedimento più celere ed economico, poiché non necessita dell’intervento di un legale. Tieni ben presente, però, che tale ricorso viene presentato allo stesso organo che ha emesso la cartella di pagamento e, pertanto, si tratta di organo non imparziale. Quindi, considerato tale limite, l’autotutela è consigliabile solo in caso di vizi palesi e incontestabili come per es. il pagamento già avvenuto.

Il ricorso al Giudice competente, invece, è sicuramente un procedimento più lungo e costoso perchè necessita dell’intervento del difensore però, d’altra parte, apre un contraddittorio davanti a un giudice terzo ed imparziale

8. Quando è necessaria la mediazione nel ricorso giudiziale 

Per tutte le controversie il cui valore non eccede euro 50.000,00 mila è previsto dalla legge un ulteriore adempimento per poter agire in giudizio, ovvero, il reclamo-mediazione. In poche parole, come brevemente accennato, il ricorso deve contenere anche un’esplicitarichiesta di annullamento della cartella (o magari la rettifica dell’importo) che viene formulata non già al Giudice bensì a chi ha emesso la cartella. 

Trattasi, dunque, di una richiesta presentata all’Agenzia delle Entrate (magari coinvolgendo anche l’ente che è titolare del credito) per i motivi contenuti nell’atto di ricorso giudiziale. 

Pertanto, in tali casi, è necessario attendere 90 giorni prima id poter iscrivere il ricorso presso la Corte di giustizia tributaria di primo grado (o presso la cancelleria del Tribunale o del Giudice di pace) attendendo la risposta dell’Agenzia.

È possibile, infatti, che l’Amministrazione, valutati i motivi del ricorso e analizzata la cartella di pagamento notificata, decida di accogliere la richiesta del ricorrente contribuente. In tal caso le pretese del contribuente saranno soddisfatte non sarà più necessario incardinare il giudizio. Trattasi, dunque, di uno strumento che ha finalitàdeflattive del contenzioso e finalizzato a garantire una (possibile) tutela più celere ai contribuenti. 

8.1. Come sospendere subito l’efficacia della cartella di pagamento 

La cartella di pagamento ha efficacia esecutiva immediata, ovvero, appena notificata al contribuente essa è giù esecutiva. Ciò significa che, ove non adempiuta nei termini in essa indicati, può legittimare il creditore a porre in essere atti esecutivi (come ad esempio il pignoramento dei beni del debitore, il fermo amministrativo etc.). 

Anche ove si proponga il ricorso avverso la suddetta cartella non cambia praticamente nulla, l’efficacia della cartella, infatti, non è inibita dall’azione processuale proposta dal contribuente. Tuttavia, è possibile, già nell’atto introduttivo del giudizio, chiedere la sospensione della cartella di pagamento. 

Tale sospensione può essere richiesta non solo al Giudice ma anche, come sopra precisato, in via amministrativa mediante le procedure sopra illustrate. Ritornando alla sospensione giudiziale, invece, sarà il Giudice del merito a dover decidere in primis sulla richiesta di sospensione. In genere la richiesta di sospensione dell’efficacia della cartella di pagamentoviene accolta quando le ragioni del ricorso appaiono fondate (fumus boni iuris) ed il contribuente ricorrente dimostra l’esistenza di un danno grave ed irreparabile che gli deriverebbe proprio dall’esecuzione della cartella di pagamento notificatagli (periculum in mora)

Con riferimento al termine di accoglimento o rigetto della richiesta, la domanda di sospensione deve essere decisa entro 180 giorni dalla Corte di giustizia tributaria e può essere sia accolta totalmente o in parte e può essere altresì subordinata alla prestazione di una garanzia sotto forma di cauzione. 

L’ordinanza che concede o nega la sospensione dell’efficacia della cartella di pagamento provvede anche sulle spese della relativa fase processuale e non è impugnabile. Relativamente alla condanna alle spese di tale fase del processo, invece, la parte potrà presentare impugnazione dinanzi al Giudice superiore. 

9. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso

Come avrai notato, una volta ricevuta una cartella di pagamento, è importante procedere alla sua impugnazione, onde evitarne la definitività. Il procedimento di impugnazione della cartella di pagamento presenta aspetti delicati che devono essere necessariamente valutati con l’aiuto di un professionista.

Per questo motivo, ti consigliamo di rivolgerti ad un professionista che possa prendere in esame tutte le prove e aiutarti a preparare il ricorso.

Se desideri ricevere assistenza in materia di Pianificazione e Difesa del tuo Patrimonio contatta i professionisti di ObiettivoProfitto compilando il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.

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