Istanza di autotutela: come funziona

Ti è stato notificato un atto viziato dall’Agenzia delle Entrate e vuoi segnalarne le irregolarità? Come ottenere l’annullamento di un avviso di accertamento palesemente viziato?

Se ti stai ponendo queste domande probabilmente hai necessità di maggiori informazioni circa il tuo diritto di chiedere all’Amministrazione Finanziaria una correzione dei propri atti.

Ti invito a proseguire la lettura di quest’articolo per scoprire il funzionamento di questo importante strumento di tutela che hai a disposizione.

A fronte degli incisivi poteri di cui è titolare l’Agenzia delle Entrate, il legislatore garantisce diverse modalità attraverso cui il contribuente può proteggersi.

Infatti, a seconda del potere esercitato dal Fisco e delle conseguenze che ne derivano, sono molteplici gli strumenti di tutela a cui può accedere.

Tra questi si inserisce un particolare diritto del contribuente che prende il nome di autotutela.

In buona sostanza, con il suo esercizio il contribuente può chiedere all’Ufficio di correggere un atto viziato da palesi irregolarità.

In realtà sebbene l’autotutela rappresenti il diritto del contribuente di chiedere la correzione e/o l’annullamento di un atto viziato, questa ha una duplice natura. Infatti, a seconda del soggetto a cui si riferisce può qualificarsi come diritto o come potere.

In riferimento alla figura della Pubblica Amministrazione l’autotutela consiste con esercizio di potere. Questo accade perché con il suo esercizio l’Ufficio ha la possibilità di correggere i propri errori autonomamente, senza il coinvolgimento dell’organo giudicante.

D’altro canto però, come accennato, il ricorso a questo strumento è molto vantaggioso anche per lo stesso contribuente.

Infatti, questo ha la possibilità di veder annullati degli atti viziati semplicemente con il deposito di un’istanza. Non si rende necessaria l’impugnazione dell’atto di fronte alla Corte di Giustizia Tributaria.

Vediamo insieme in che cosa consiste e quando può essere utile per il contribuente ricorrervi.

1. Autotutela come diritto del contribuente

Anche se viene riconosciuto come un potere di autocorrezione in capo al Fisco, in realtà l’autotutela può essere un utile strumento di difesa anche nei confronti del contribuente.

Infatti anzitutto questo ha la possibilità, in prima persona, di far valere le irregolarità dovute ad errori commessi dal Fisco.  

Laddove gli venga notificato un atto impositivo viziato, anziché sostenere i costi necessari per la presentazione di un ricorso di fronte alla Corte di Giustizia Tributaria competente, può chiederne una correzione all’Ufficio.

Inoltre, in secondo luogo, può far sì che vengano corretti anche gli errori che lui stesso ha commesso nella dichiarazione.

Infatti, può essere che nella sua compilazione il contribuente abbia compiuto dei meri errori materiali. Per evitare che ne derivino conseguenze eccessivamente gravose, può farlo presente tempestivamente all’Ufficio ricorrendo all’autotutela.

Il ricorso a questo strumento, però, non è sempre consentito. Infatti questo assume rilevanza solo in presenza di atti con specifici vizi o irregolarità. Questi sono:

  • Errori materiali compiuti dal contribuente, di facile individuazione;
  • L’esistenza di una doppia imposizione. In questo caso il Fisco ha erroneamente conteggiato alcuni elementi della base imponibile, tassandoli due volte;
  • Errori di persona o di calcolo delle imposte;
  • Mancata valutazione dei pagamenti regolarmente eseguiti dal contribuente;
  • Il diniego ingiustificato di agevolazioni, in presenza dei requisiti;
  • Non considerazione di documentazione sanante le irregolarità della dichiarazione;

Vediamo come deve procedere il contribuente, in presenza di una di queste condizioni.

1.1. La segnalazione telefonica

Il contribuente può segnalare la presenza di alcuni particolari vizi nell’atto notificatogli, con una comunicazione telefonica.

Ai sensi della Circolare Ministeriale 11 luglio 2000 n. 143/E e della Circolare AE 6 dicembre 2001 n. 103/E, i call center dell’Agenzia delle Entrate sono da contattarsi al numero telefonico: 848.800.444. Gli operatori sono autorizzati ad annullare o a rettificare le comunicazioni inviate a seguito dell’automatico controllo formale sulle liquidazioni.

I vizi rilevanti ai fini di una segnalazione telefonica, infatti, sono quelli facilmente riconoscibili. Nello specifico:

  • Eccedenza d’imposta non confermata dal sistema informatico;
  • Correzione degli importi detraibili e deducibili;
  • Acquisizione di documentazione probatoria;
  • Avvenuti versamenti;

Al di fuori di queste ipotesi, o comunque nel caso in cui si voglia fare una segnalazione formale, il contribuente può presentare c.d. istanza di autotutela.

1.2. L’istanza di autotutela

Per far valere vizi ed evidenti irregolarità presenti nell’atto notificato, il contribuente può presentare fisicamente istanza di autotutela presso l’Ufficio che ha emesso l’atto o indirizzarla tramite l’invio di una raccomandata A.R.

La domanda può essere presentata in carta semplice, oppure con il ricorso ad un apposito modello messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

Con la presentazione dell’istanza il contribuente chiede all’Ufficio di riesaminare l’atto notificatogli perché deve essere corretto o annullato.

1.2.1. Le richieste del contribuente

Nello specifico il contribuente può chiederne:

  • l’annullamento: laddove vi siano dei vizi che compromettono la sua validità. L’annullamento dell’atto comporta il venir meno di tutte le pretese del Fisco nei suoi confronti.
  • la revoca: quando vengono a meno i presupposti su cui l’atto si fonda; sia in riferimento a presupposti di fatto, che di diritto. Per esempio quando viene notificato l’avviso di accertamento agli eredi di un soggetto, ma questi hanno rinunciato all’eredità.
  • La sospensione: in genere si chiede quando tra il contribuente e il Fisco è già in corso un contenzioso. Il contribuente può infatti chiedere la sospensione del nuovo atto in attesa della decisione del giudice; oppure ne chiede la sospensione perché ha intenzione di proporre nuovo ricorso. L’amministrazione Finanziaria può decidere di sospendere gli effetti dell’atto oppure notificarne uno nuovo, senza alcuna sospensione. A questo punto il contribuente può presentare ricorso, allegando il diniego del Fisco. 

Il deposito dell’istanza implica l’avvio di un procedimento che si aprirà con la preventiva valutazione della stessa da parte dell’Ufficio.

Questa potrà avere esito positivo, e quindi essere poi oggetto di correzione o annullamento; oppure potrà avere esito negativo, con un rigetto e conferma dell’atto notificato.

Non è previsto espressamente alcun obbligo giuridico dell’Ufficio di provvedere o comunque di informare il contribuente circa l’avvio dell’autotutela.

Tuttavia per motivi di correttezza, trasparenza e opportunità, quali principi fondanti l’attività della Pubblica Amministrazione, gli Uffici sono esortati a mantenere contatti con il contribuente.

Questo significa che sono invitati a comunicare al contribuente l’esito dell’esame dell’istanza e, nel caso in cui sia negativo, ad esprimerne succintamente le ragioni.

2. Rifiuto

Può essere che, nonostante il deposito dell’istanza da parte del contribuente, l’Amministrazione Finanziaria non riconosca l’autotutela. In questo caso opporrà rifiuto alla richiesta del contribuente.

Proprio perché non esiste un obbligo giuridico di risposta, può essere che il rifiuto venga a prodursi con il meccanismo del silenzio-assenso.

Infatti l’Ufficio può negare l’autotutela comunicandone al contribuente il diniego ed esponendone le minime ragioni fondanti, oppure può non rispondere.

E’ molto importante prestare attenzione alla mancata risposta dell’Amministrazione poiché la presentazione dell’istanza non sospende i termini per la presentazione del ricorso.

Questo significa che, dopo aver ricevuto l’atto impositivo, si hanno 60 giorni di tempo per impugnarlo; laddove il contribuente resti inerte in attesa di una risposta dell’Ufficio che non arriva, l’atto rischia di diventare definitivo se si assiste allo spirare del termine.

Infatti non è ben chiaro se, a seguito del rifiuto di autotutela, sia possibile procedere alla sua impugnazione. Diverse sono le decisioni della giurisprudenza in merito, spesso anche contrastanti.

Per questo è preferibile affidarsi ad un professionista che sia in grado di monitorare le tempistiche utili per l’impugnazione dell’atto al fine di ottenere la migliore difesa.

3. Accoglimento

Laddove invece l’esito della procedura sia positivo, il Fisco provvederà a comunicarlo al contribuente.

L’effetto dell’accoglimento dell’istanza consiste con la correzione dell’atto o con il suo annullamento.

L’annullamento dell’atto implica un’automatica nullità di tutti gli atti ad esso consequenziali. Per esempio, all’annullamento dell’avviso di accertamento consegue l’automatica nullità della preventiva cartella di pagamento.

Inoltre, laddove il contribuente abbia versato delle somme in base all’atto poi annullato, si configura il pieno diritto alla restituzione. Infatti esiste un c.d. obbligo restitutorio in capo all’Ufficio.

La restituzione di quanto indebitamente versato avverrà con l’avvio della procedura di rimborso.

3.1. Accoglimento parziale

Può essere che il Fisco riconosca la presenza di alcuni errori nell’atto impositivo, ma che comunque lo ritenga valido.

Infatti laddove i vizi non incidano sulla validità dell’atto, ad. esempio in presenza di un mero errore matematico, l’Ufficio procede ad una c.d. autotutela parziale.

Questa consiste con una semplice rettifica (o parziale annullamento) di un atto che continua a mantenere la sua validità e, quindi, i suoi effetti.

Anche in questo caso si producono dei vantaggi nei confronti del contribuente. Infatti la tendenza del legislatore è quella di garantire benefici in capo a chi decida di collaborare con l’Ufficio, anche segnalando la presenza di errori compiuti da questo.

Nel caso di autotutela parziale il contribuente ha diritto di accedere agli istituti di definizione agevolata delle sanzioni, sempre che rinunci alla presentazione del ricorso.

4. Autotutela come potere

L’esercizio di autotutela si qualifica anche come espressione di potere attribuito all’ Amministrazione Finanziaria. Infatti implica la possibilità di quest’ultima di intervenire, autonomamente o su istanza del contribuente, per correggere dei provvedimenti emessi in precedenza.

Con il suo esercizio gli errori dell’Ufficio non vengono sottoposti all’attenzione del giudice, qualificandosi quindi come autodifesa. Questa consente al Fisco di garantire il corretto svolgimento delle proprie funzioni.

Può essere definito come un potere derivante da quello attribuito genericamente alla Pubblica Amministrazione.

 Infatti è proprio dal generale potere di autotutela riconosciuto in capo ai funzionari della P.A. che deriva l’autotutela tributaria nella sua specifica declinazione. Questa è stata riconosciuta espressamente in capo all’Amministrazione Finanziaria con l’art. 2-quater del D.L. 564/1994, e successivamente specificata con il DM Attuativo n. 37/1997.

4.1. Effetti del potere di autotutela

Anche questo potere del Fisco è particolarmente stringente. Il suo esercizio può produrre importanti conseguenze nei confronti di un atto illegittimo o infondato. Infatti come abbiamo visto, a seguito di autotutela può prodursene:

  • L’annullamento;
  • La revoca;
  • La sospensione dei suoi effetti;
  • La rinuncia; in questo caso il Fisco rinuncia alla riscossione in considerazione della somma irrisoria che il contribuente deve versare. Infatti in presenza di un importo molto basso, l’Ufficio rischierebbe di dover sostenere ingenti spese giudiziarie, nel caso in cui il contribuente decidesse di procedere ad impugnazione. Da una valutazione in termini di costi l’Agenzia decide di rinunciare al credito.

Si precisa che, se per il contribuente l’autotutela è qualificabile in c.d. bonam partem e quindi è volta ad una rettifica in positivo della dichiarazione, per l’Ufficio questo potere è esercitabile anche in malam partem.

Ciò significa che, salvo casi eccezionali, può modificare atti precedentemente notificati integrandoli con nuovi accertamenti.

 Di fronte a quest’esercizio di potere, il contribuente ha comunque la possibilità di utilizzare gli ordinari mezzi di tutela. Per esempio impugnando l’atto ricevuto o tentando una conciliazione con il Fisco attraverso il c.d. accertamento con adesione.

5. Vantaggi dell’autotutela

Con l’istanza di autotutela il contribuente ha la possibilità di ottenere l’annullamento di un atto impositivo, senza dover ricorrere al giudice. Questa può essere presentata solo in presenza di specifiche circostanze e richiede che il contribuente la indirizzi all’Ufficio che ha pronunciato l’atto.

Con l’istanza è possibile chiedere anche la sospensione degli effetti dell’atto notificato, laddove sia già in corso un contenzioso con l’Amministrazione Finanziaria.

E’ importante che il contribuente sia a conoscenza del preciso funzionamento del procedimento che ne segue e, soprattutto, che non è obbligatoria una risposta dell’Ufficio. Infatti, con il deposito dell’istanza di autotutela, continuano a decorrere i termini per l’impugnazione. Allo spirare di questi, l’atto diverrà definitivo e non sarà più possibile modificarlo.

Il ricorso al meccanismo di autotutela, in realtà, produce vantaggi anche allo stesso Fisco. Infatti questo è messo nella posizione di correggere autonomamente i propri errori senza essere giudicato dalla Corte di Giustizia Tributaria.

Il legislatore incentiva il ricorso ai procedimenti che portino a delle soluzioni in via amministrativa e quindi in conciliazione con il Fisco. E’ proprio per questo che sono previsti dei benefici per i contribuenti che si dimostrino disponibili ad una collaborazione.

Infatti anche nel caso in esame, e anche laddove vi sia un accoglimento parziale della domanda, sono previsti dei vantaggi nei confronti del contribuente che anziché agire in giudizio chieda una correzione in via di autotutela.

La proposizione di un’istanza di questo genere potrebbe essere la soluzione ottimale per risolvere i tuoi problemi con l’Agenzia delle Entrate.

6. La giurisprudenza rilevante in materia di autotutela in materia tributaria

Cass. civ. Sez. V Ord., 24/08/2022, n. 25212.

Il vigente ordinamento giuridico non prevede espressamente l’obbligo dell’amministrazione finanziaria o dei concessionari della riscossione di emanare il provvedimento di autotutela, richiesto dal Garante del Contribuente, o di adeguarsi alle decisioni assunte dal Garante del Contribuente, per cui gli atti del Garante del Contribuente non sono vincolanti e perciò non producono nemmeno effetti lesivi, ma costituiscono soltanto atti di sollecito, dai quali tutt’al più può derivare soltanto un obbligo di rispondere all’istanza di autotutela e/o di riesaminare la pratica, presentata dal contribuente. In definitiva, non è riconosciuto al del Garante del Contribuente alcun potere di amministrazione attiva: non può, quindi, esercitare poteri autoritativi o sanzionatori nei confronti degli uffici dell’amministrazione finanziaria né, a seguito dell’attivazione del procedimento di autotutela, può sostituirsi all’ufficio nel riesame dell’atto eventualmente illegittimo. In ogni caso, si deve escludere l’impugnabilità dinanzi al giudice tributario, da parte del contribuente, del rifiuto dell’Ufficio, a seguito della richiesta del garante del contribuente, di annullare in via di autotutela un atto impositivo.

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 04/11/2021, n. 31574.

In tema di contenzioso tributario, il diniego, espresso o tacito, opposto dall’amministrazione finanziaria all’istanza di variazione della rendita catastale non è qualificabile come diniego di autotutela, ma integra un atto relativo alle operazioni catastali di attribuzione di rendita ed è, quindi, impugnabile dinanzi al giudice tributario ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 546 del 1992.

Cass. civ. Sez. V Ord., 25/09/2020, n. 20200.

In tema di contenzioso tributario, non è consentito al contribuente proporre ripetute istanze di annullamento in autotutela avverso accertamenti tributari definitivi e decidere quale diniego opposto dall’Ufficio impugnare in sede giurisdizionale, potendo ricorrere solamente avverso il diniego, espresso o tacito, a seguito della formazione del silenzio rifiuto, relativo alla prima istanza proposta, e soltanto invocando ragioni di interesse generale all’annullamento dell’accertamento definitivo, che si assume siano state trascurate dall’Amministrazione finanziaria.

Cass. civ. Sez. V Ord., 17/01/2020, n. 940.

L’istanza di revisione della tariffa della tassa di smaltimento rifiuti solidi urbani costituisce una sorta di richiesta di autotutela il cui potere, in linea generale, soggiace alla più ampia valutazione discrezionale dell’Amministrazione e non si esercita in base ad un’istanza di parte, avente al più portata meramente sollecitatoria, come tale, inidonea ad imporre alcun obbligo giuridico di provvedere, in assenza di esigenze di rilevante interesse generale, non trattandosi di uno strumento di tutela di diritti individuali.

Cass. civ. Sez. V Ord., 14/11/2019, n. 29650.

In tema di accertamento fiscale, la mera presentazione di una istanza in autotutela da parte del contribuente, laddove non seguita da una comunicazione di rideterminazione delle somme dovute, non esime quest’ultimo dall’onere di pagare entro il termine di legge, decorrente dalla comunicazione di irregolarità, al fine di usufruire della riduzione della sanzione, attesa l’autonomia del procedimento di riscossione coattiva da quello introdotto dalla richiesta di provvedere in autotutela. La mancata risposta dell’Amministrazione all’istanza presentata in autotutela, conseguentemente, non incide sui termini di legge per il pagamento degli importi richiesti, né costituisce violazione del principio di collaborazione e buona fede sancito dall’art. 10 della L. 27 luglio 2000, n. 212.

Cass. civ. Sez. V Sent., 11/07/2019, n. 18604.

In tema di contenzioso tributario, poiché il rigetto dell’interpello ex art. 37 bis, comma 8, d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile “ratione temporis”) è atto definitivo in sede amministrativa, autonomamente impugnabile, sono inammissibili l’istanza di revisione di detto rigetto e l’impugnazione del relativo diniego, costituendo l’istanza una mera sollecitazione del potere di autotutela, il cui esercizio è discrezionale e funzionale alla soddisfazione di esigenze di rilevante interesse generale.

Cass. civ. Sez. V Ord., 05/04/2019, n. 9623.

La definitività dell’atto impositivo in conseguenza della omessa, tempestiva impugnazione nel termine di decadenza, non consente la successiva deduzione di questioni inerenti alla fondatezza della pretesa tributaria in sede di impugnazione del provvedimento negativo adottato dall’ente impositore sull’istanza proposta dal contribuente in via di autotutela. I provvedimenti assunti in tale sede sono, invero, impugnabili esclusivamente sotto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio dell’autotutela, avente fondamento su valutazioni ampiamente discrezionali e non integrante uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente.

Cass. civ. Sez. V Sent., 30/10/2018, n. 27543.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’integrazione o la modifica “in diminuzione” di un precedente avviso, non integrando una nuova pretesa tributaria, bensì una mera riduzione di quella originaria, operata in autotutela, non necessita di adempimenti formali né di una specifica motivazione, a differenza della modifica “in aumento” che, determinando una pretesa “nuova”, deve necessariamente formalizzarsi nell’adozione di un avviso di accertamento, integrativo o sostitutivo di quello preesistente, il quale, a garanzia del contribuente, esige specifica motivazione, con l’indicazione dei nuovi elementi di fatto di cui è sopravvenuta la conoscenza, così come prescritto a pena di nullità dall’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che aveva qualificato la rettifica “in diminuzione” degli atti di accertamento dell’Agenzia delle Entrate come una mera proposta di conciliazione e non come atto di autotutela, senza tenere conto della parziale rinuncia, implicita nell’adozione del provvedimento, alla pretese di cui agli originari avvisi di accertamento ed alle domande giudiziali, e del conseguente restringimento della materia del contendere).

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 19/02/2016, n. 3318.

In tema d’imposta di registro, dalla richiesta di pronunzia di cessazione della materia del contendere da parte della Amministrazione finanziaria a seguito di annullamento in via di autotutela dell’atto impositivo non può essere desunto il venir meno dell’interesse alla pretesa tributaria ove ricorra un nuovo avviso di liquidazione in aumento sostitutivo dell’atto annullato regolarmente comunicato al contribuente.

Cass. civ. Sez. VI – 5 Sent., 11/12/2014, n. 26087.

In materia di contenzioso tributario, la mancata, tempestiva, impugnazione del diniego dell’istanza di rimborso di imposta determina l’intangibilità del relativo rapporto, posto che in campo tributario il diritto soggettivo del contribuente al rimborso è fronteggiato non da un potere discrezionale ma dall’obbligo dell’Amministrazione tributaria, ex art. 53 Cost., di ristabilire la giusta imposizione nel rispetto della capacità contributiva, sicché la riproposizione della medesima istanza, ormai rivolta contro un provvedimento ormai definitivo, corrisponde ad una richiesta di esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria, il quale presuppone l’esistenza di un interesse di rilevanza generale alla rimozione.

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 02/12/2014, n. 25524.

Il contribuente che richiede all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, non può limitarsi ad eccepire eventuali vizi dell’atto medesimo, la cui deduzione è definitivamente preclusa, ma deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto. Ne consegue che contro il diniego dell’Amministrazione di procedere all’esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per allegare eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria. (Nell’enunciare il principio, la S.C. ha rigettato il ricorso, escludendo un obbligo di adozione del provvedimento in autotutela, a fronte di censure attinenti esclusivamente alla legittimità dell’atto impositivo ormai divenuto definitivo).

Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 13/11/2012, n. 19740.

Avverso il provvedimento di diniego relativo a un atto impositivo divenuto definitivo non è esperibile un’autonoma e ulteriore tutela giurisdizionale; può solo esercitarsi un sindacato sulla legittimità del rifiuto e non sulla fondatezza della pretesa tributaria ormai cristallizzata.

Cass. civ. Sez. V Sent., 12/09/2012, n. 15220.

In tema di contenzioso tributario, il termine per proporre ricorso giurisdizionale avverso l’atto di diniego di rimborso, fissato a pena di decadenza dall’art. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non è sospeso dalla presentazione di istanza di autotutela all’Amministrazione finanziaria, attese l’autonomia del procedimento concluso dal diniego di rimborso da quello introdotto dalla richiesta di provvedere in autotutela, e, quindi, l’esclusione di qualsiasi interferenza del secondo sull’acquisto della definitività dell’atto assunto a conclusione del primo.

Cass. civ. Sez. V Sent., 25/07/2012, n. 13087.

L’art. 29, comma 2 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 (“legge comunitaria” per il 1990) – il quale stabilisce che la domanda di rimborso di diritti o imposte riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie deve essere comunicata, a pena di inammissibilità, anche all’ufficio tributario che ha ricevuto la dichiarazione dei redditi dell’esercizio di competenza – pone un onere a carico del contribuente, che, essendo volto a consentire l’informazione sul preteso rimborso all’Agenzia delle entrate per i riflessi sui redditi dichiarati dell’esercizio di competenza, si aggiunge a quello del rispetto del termine di decadenza, e si applica allo stesso modo a tutte le azioni previste dalla disposizione (e, quindi, sia alle azioni di ripetizione di tributi basate sul diritto comunitario, sia a quelle basate sul solo diritto nazionale). L’esigenza di rendere concretamente operante il coordinamento tra i due diversi Uffici coinvolti importa che l’obbligatoria comunicazione all’Agenzia delle entrate debba essere fatta dal contribuente contestualmente, o, al più tardi, prima del provvedimento di diniego e, se non ancora intervenuto, non oltre il biennio decadenziale, restando inoltre escluso che possa rilevare una comunicazione postuma per conseguire dal Fisco un provvedimento in via di autotutela, attesa la discrezionalità da cui l’attività di autotutela è connotata e la mancanza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto stesso. (Principio affermato con riferimento ad una domanda di rimborso dell’imposta sul consumo degli olii lubrificanti, censurata dalla Corte giustizia con la sentenza del 25 settembre 2003 C-437/01 per violazione delle direttive europee 92/81 e 92/12)

Cass. civ. Sez. V Sent., 12/05/2011, n. 10431.

In tema di contenzioso tributario, la semplice dichiarazione di desistenza dalla controversia, presentata dall’Amministrazione finanziaria nell’ambito del giudizio avente ad oggetto l’impugnazione del silenzio rifiuto avverso una richiesta di rimborso, non ha come effetto quello di sostituirsi ad una pronuncia di condanna al richiesto rimborso, non potendo valere come una sorta di virtuale atto di autotutela dell’Amministrazione medesima, in quanto, per rimuovere gli effetti di un silenzio-rifiuto, occorre un provvedimento espresso di riconoscimento dell’obbligazione tributaria o l’adempimento della stessa. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che correttamente il giudice del rinvio, a seguito di annullamento, da parte della Cassazione, della sentenza di secondo grado, non aveva dichiarato cessata la materia del contendere, in presenza di una dichiarazione di desistenza dell’Agenzia delle Entrate depositata all’atto di costituzione nel giudizio di appello contro una sentenza che aveva condannato all’integrale rimborso dell’imposta).

Cass. civ. Sez. V Sent., 21/04/2011, n. 9174.

In tema di contenzioso tributario, qualora dopo la notificazione dell’impugnazione dell’avviso di mora da parte del contribuente, l’Ufficio fiscale, riconoscendo non dovuta la pretesa, annulli l’iscrizione a ruolo richiedendo, senza esito, al concessionario per la riscossione di annullare il conseguente avviso di mora impugnato, è corretta la condanna dell’Ufficio stesso e del concessionario in solido al pagamento delle spese processuali, in quanto le condotte di entrambi, per quanto diverse e riferibili a soggetti distinti, hanno cagionato un danno al contribuente, provocando la necessità del processo, senza che rilevi, ai fini di un diverso riporto delle spese processuali, quanto al concessionario, l’aver ritardato od omesso l’autoannullamento degli avvisi di mora e, quanto all’Ufficio impositore, l’aver esercitato il potere di autotutela.

Cass. civ. Sez. Unite Sent., 16/02/2009, n. 3698.

In tema di contenzioso tributario, l’atto con il quale l’Amministrazione manifesti il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo divenuto definitivo, non rientra nella previsione di cui all’ art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e non è quindi impugnabile, sia per la discrezionalità da cui l’attività di autotutela è connotata in questo caso, sia perché, altrimenti, si darebbe ingresso ad una inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo

Cass. civ. Sez. V, 09/09/2008, n. 22680.

Stante il principio di tipicità degli atti di accertamento, per il quale, fatta eccezione per i provvedimenti adottati in via di discrezionale autotutela o su richiesta di rimborso, non sono previsti provvedimenti in relazione ai quali l’Amministrazione sia tenuta a ricercare di sua iniziativa circostanze idonee a comportare la riduzione del debito d’imposta del contribuente.

Cass. civ. Sez. V, 06/09/2006, n. 19187.

Il processo tributario, anche nel caso in cui abbia ad oggetto una domanda di rimborso, costituisce sempre un giudizio d’impugnazione di un atto autoritativo emesso dall’Amministrazione finanziaria, per cui è l’atto impugnato (o il silenzio serbato dall’Ufficio sull’istanza del contribuente, che ha gli stessi effetti di un atto negativo espresso) ad esprimere la posizione processuale dell’Amministrazione nel giudizio, posizione che non può essere modificata se non attraverso un idoneo atto di autotutela: pertanto, ove l’onere della prova dei fatti costitutivi della pretesa fatta valere in giudizio non incomba all’Amministrazione finanziaria, quest’ultima non ha l’onere di contestare espressamente i fatti affermati dal contribuente (fattispecie di azione di rimborso basata su un’ipotesi di agevolazione fiscale).

Cass. civ. Sez. V, 20/02/2006, n. 3608.

In materia tributaria, l’istanza del contribuente di adozione, da parte dell’amministrazione finanziaria, di un provvedimento di autotutela sulla base di eventi sopravvenuti – vale a dire di leggi successive – all’atto impositivo (nella specie, il condono e la modifica del sistema sanzionatorio) è cosa diversa dalla domanda di annullamento dell’atto stesso per suoi vizi originari. Da ciò consegue che il ricorso proposto al giudice tributario avverso il diniego (parziale, nella specie) di autotutela non si risolve in una (inammissibile) impugnazione di atti impositivi in ordine ai quali siano già decorsi i termini per esperire la tutela giurisdizionale.

7. Consulenza e assistenza legale tributaria per il tuo caso

Come avrai notato, la disciplina prevista per l’istituto dell’autotutela nel diritto tributario è abbastanza particolare, perché occorre valutare molti elementi e ponderare diverse opzioni per addivenire ad una scelta adeguata.

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