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La nullità è un rimedio contrattuale per i vizi originari del contratto. L’ordinamento impiega questo strumento, non solo per tutelare l’interesse delle parti, ma anche un interesse metaindividuale e generale. in ciò si distingue dall’annullabilità. Quindi un contratto nullo è inefficace sin dall’origine, proprio perché l’ordinamento non consente che questo sia produttivo di effetti e possa incidere sulla sfera giuridica altrui.
Il Codice Civile conosce tre tipologie di nullità: strutturale, virtuale e testuale. Questo rimedio è stato particolarmente impiegato negli ultimi anni per diverse finalità. Talvolta, lo stesso legislatore la utilizza in forme speciali per conseguire alcuni scopi, come accade nel caso della nullità di protezione, posta a presidio dell‘interesse del consumatore, e la nullità urbanista, che funge da monito per l’acquirente di immobili.
Laddove fossi interessato al presente argomento, ti invitiamo a proseguire nella lettura. Cercheremo di descriverti brevemente la disciplina codicistica e non solo della nullità.
1. Che cos’è la nullità?
La nullità del contratto è un rimedio posto a tutela di un interesse generale dell’ordinamento. Si distingue dall’annullabilità, la quale, invece, è posta a presidio dell’interesse particolare delle parti.
Proprio in ragione di tale funzione, l’art. 1421 c.c. prevede che essa possa esse fatta valere da chiunque abbia interesse, consentendo anche al giudice di rilevarla e dichiararla d’ufficio.
Inoltre, la sentenza che accerta la nullità ha efficacia meramente dichiarativa, essendo il contratto invalido sin dalla sua conclusione. La predetta natura, infine, esclude che il negozio si stabilizzi, in conseguenza della prescrizione o della convalida.
L’art. 1418 c.c., il quale disciplina il rimedio in esame, prevede tre tipologie di nullità.
Si definisce testuale, quando il legislatore commina la nullità ove sia violata una norma di legge.
La nullità è, poi, strutturale laddove manchi o sia viziato uno degli elementi essenziali dell’atto come individuati all’art. 1425 c.c., oppure non sussistano i requisiti dell’oggetto, ossia determinatezza, determinabilità o possibilità.
Infine, la terza ipotesi di nullità è quella virtuale, infatti all’art. 1418 c.c. si afferma che il contratto è sempre nullo quando è contrario a norma imperativa, salvo che sia diversamente disposto.
La distinzione, invero, è in prevalenza descrittiva. Talora può, infatti, accadere che esse tendano a sovrapporsi, giacché il medesimo vizio può integre più tipologie di nullità.
2. La nullità virtuale: la norma imperativa
Rispetto alle tre categorie, maggiori profili problematici sono sorti in tema di nullità virtuale.
Una prima questione attiene alla definizione stessa di norma imperativa. Secondo orientamento tradizionale, la norma è tale quando posta a presidio di un interesse generale ed è inderogabile.
Invero, è stato sovente sostenuto che sia necessario un terzo carattere, ossia la norma non deve regolare materie settoriali. A tal proposito, si richiama l‘indirizzo interpretativo che escludeva la natura di norme imperative alle disposizioni tributarie, in quanto norme settoriali.
Tale posizione sembra esser stata recepita anche dal legislatore, infatti lo Statuto del contribuente prevede afferma, il c.d. principio di non interferenza, in virtù del quale la violazione delle norme tributarie non comporta come conseguenza il rimedio civilistico della nullità.
Tale assunto, d’altro canto, si espone all’obiezione di restringere eccessivamente il campo di operatività della nullità virtuale.
La secondo questione interpretativa sviluppatasi attiene all’inciso “salvo che la legge disponga diversamente”, di cui all’art. 1418, comma 1, c.c.. E’ sorta, quindi, l’esigenza di stabile quando sussistono eccezioni alla nullità virtuale, nonostante la violazione della norma imperativa.
La locuzione è interpretata nel senso che è esclusa la nullità quando la legge stessa prevede altro rimedio incompatibile, come l’annullabilità, oppure quando è previsto un rimedio extra civilistico, sufficiente a garantire il raggiungimento dello scopo, a cui la norma è preposta.
Trova, ivi, applicazione il principio del minimo mezzo, in virtù del quale il contratto resta valido ove il rimedio della nullità sia superfluo o per fino pregiudizievole per una delle parti.
In via esemplificativa, si richiama nuovamente la giurisprudenza sulla violazione di norma tributaria.
In tal caso, l’interesse principale è al recupero del gettito evaso. Non solo la sanzione amministrativa, conseguente la violazione, risulta a ciò finalizzata, ma si osserva anche che la nullità del contratto appare lesiva dell’interesse pubblicistico, in quanto caduca la fonte stessa del reddito oggetto di imposta.
2.1. Il contratto contrario a norma imperativa
La terza questione interpretativa sulla nullità virtuale è volta a stabilire quando il contratto può dirsi contrario a norma imperativa.
Sul punto si richiama la nota giurisprudenza sugli intermediari finanziari (Sentenza “Rordorf” con cui si identificano due sentenze gemelle nn. 26724 e 26725 delle Sezioni Unite del 2007).
In tal sede, l’interprete ha chiarito che la nullità segue alla violazione del contratto stesso di una norma imperativa. Si introduce la distinzione tra regole di validità e di comportamento.
Le prime costituiscono disposizioni che disciplinano l’atto negoziale stesso. Le seconde, invece, sono regole che attengono alla fase precontrattuale, che regolano il comportamento delle parti.
Ad avviso dell’interprete, solo la violazione delle regole di validità del contratto stesso comporta la nullità. Mentre, ove sia il comportamento delle parti a contrastare con norma imperativa, segue solo il risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale, da contratto valido ma svantaggioso.
La questione, esaminata in giurisprudenza, concerneva la violazione di norme che imponevano obblighi di informazioni, generalmente considerate norme di comportamento. Invero, nell’ambito di un contratto asimmetrico talora è prevista nullità testuale, tuttavia, come sostenuto dalla Cassazione, ove nulla sia disposto, opera predetto criterio distintivo.
Tale orientamento è stato confermato anche in altri contesti.
Sul punto, si richiama la giurisprudenza in tema di autorizzazioni e iscrizioni ad albo professionale. In questo caso, si è osservato che le norme che prescrivono predetti requisiti, introducono presupposti oggettivi e soggettivi per la conclusione del contratto. Dunque, costituiscono regole di validità, benché appaiano, prima facie, quali regole di comportamento delle parti.
2.2. Reato contratto e reato in contratto
La distinzione ha trovato applicazione anche in tema di contratti conclusi in conseguenza di un reato, mediante la dicotomia reati contratto e in contratto.
Nel primo caso, è il negozio stesso a violare la norma incriminatrice, poiché la sua stessa conclusione integra reato. A questa categoria appartiene il contratto che integra l’accordo corruttivo, Nel secondo, il reato si sostanzia nella condotta delle parti prodromica all’atto negoziale. E’ l’ipotesi del contratto concluso a seguito della fattispecie di truffa, ossia quando determinato da una comportamento fraudolento di uno dei contraenti.
Proprio con riferimento ai reati in contratto, si evidenziano alcuni interventi giurisprudenziali, che introducono una prima deroga al regime enunciato, con l’intento di perseguire specifiche finalità.
Un primo orientamento, antecedente alla sentenza sugli intermediari finanziari, prevedeva la comminatoria della nullità del contratto concluso a seguito del reato di circonvenzione di incapace. In questo caso, benché il reato in esame sia un’ipotesi speciale di truffa, la giurisprudenza ha inteso tutelare l’interesse del soggetto debole.
La stessa giurisprudenza sugli intermediari ha evidenziato l’esigenza di riformulare predetto indirizzo. In primo luogo in virtù del criterio distintivo enunciato, il reato di circonvenzione attiene ad un comportamento della parte, non è il negozio a violare la norme imperativa. Inoltre, si obietta anche che all’art. 428 c.c. si prevede l’annullabilità, rispetto al contratto concluso con incapace.
Un secondo orientamento, invece, altrettanto commina la nullità del contratto, ove sia estorto mediante violenza e minaccia. Nonostante, qui venga in evidenza una condotta illecita di una delle parti, si ammette, però, la nullità, giacché volta a tutelare beni costituzionalmente protetti della persona, quale la libertà personale e l’integrità fisica.
Tramite questi due indirizzi, si evince il formarsi di una tendenza giurisprudenziale volta a ricorrere al rimedio di cui all’art. 1418 c.c. come strumento di tutela interessi metaindividuali, dell’ordinamento, introducendo così un criterio ulteriore ed alternativo alla dicotomia norme di validità e norme di comportamento.
3. Nullità particolari
L’ordinamento contempla poi specifiche ipotesi di nullità, con caratteristiche peculiari rispetto a quella che abbiamo esaminato nei paragrafi precedenti. Tra queste ricordiamo alcune fattispecie particolari, soprattutto di interesse per chi acquista beni sia di consumo che immobili.
3.1. Nullità urbanistica
L’art. 46 TU edilizia prevede che: ” Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù”.
La c.d. menzione urbanistica, cioè la menzione del titolo sulla cui base l’immobile è stato costruito, se è indicata comporta una nullità peculiare. L’omissione è sanabile mediante appunto una sorta di menzione successiva, che peraltro può provenire anche dall’acquirente, non solo dall’alienante. L’unico limite alla possibilità di sanatoria è che il titolo non esista. La giurisprudenza peraltro ha chiarito che questa è una nullità formale, non sostanziale, nel senso che il legislatore non colpisce la vendita dell’immobile abusivo.
La vendita dell’immobile abusivo non ha di per sé ad un oggetto illecito. Quindi l’immobile abusivo non è incommerciabile, sarebbe illecito il contratto che ha per oggetto la costruzione di un immobile abusivo. Una volta che l’immobile abusivo è stato costruito, il trasferimento della proprietà è lecito.
Dunque, l’immobile abusivo può circolare. Il legislatore, anche per scoraggiare l’abusivismo edilizio, prevede però questa particolare forma di nullità legata alla mancata allegazione del titolo.
3.1.1. Titolo falso e titolo non corrispondente all’immobile
Laddove il titolo sia indicato, ma non corrisponda all’immobile, ossia la circostanza che l’immobile sia in tutto o in parte difforme, non rileva e non incide sulla validità. Il requisito formale è rispettato e, come ho detto, l’irregolarità urbanistica anche totale non è causa di nullità, perché non ridonda in illiceità.
Ovviamente il titolo che indico deve riferirsi all’immobile, quindi se io indico un titolo inventato, che si riferisce ad un altro immobile è come non averlo indicato, è un titolo falso. Quindi è come se non si fosse una indicazione.
Questo consente di distinguere l’immobile realizzato senza titolo, cioè non lo ho proprio il titolo e quindi radicalmente abusivo, dall’immobile realizzato sulla base di un titolo, ma in difformità totale o parziale rispetto ad esso.
Quindi in entrambi i casi noi abbiamo un oggetto lecito, solo che nel primo caso c’è una nullità formale insuperabile, perché se il titolo non c’è non lo posso indicare; nel secondo caso, invece, c’è una nullità formale che posso superare indicando il titolo, anche se poi l’immobile è radicalmente abusivo.
3.2. Nullità di protezione
Nonostante, la nullità possa sempre dirsi a tutela di un interesse generale, come più volte sostenuto talora, il rimedio è impiegato dal legislatore stesso per proteggere anche interessi di parte.
Suddetta circostanza si concretizza con riferimento alle c.d. nullità di protezione. La principale, conosciuta dall’ordinamento, è disciplinata in materia consumistica.
E’ una nullità che opera nell’interesse del consumatore, il quale risulta esser contraente debole nell’ambito del contratto concluso con il professionista, a causa dell’asimmetria informativa che caratterizza la sua posizione, concernente l’equilibrio normativo del negozio.
In tal senso, il consumatore non sarebbe in grado di individuare eventuali abusi perpetrati dal professionista, mediante disposizioni e clausole negoziali. E’ talvolta definita come superannullabilità, proprio in ragione di predetta funzione.
Tuttavia, essa si distingue dall’annullabilità in senso stretto, in quanto si connota comunque per l’esistenza di un interesse generale protetto. L’eventuale abuso delle asimmetrie informative nei rapporti tra professionista e consumatore può esser lesiva per il sistema concorrenziale, quindi per il buon andamento del mercato e la stabilità dei traffici economici.
E’, dunque, una nullità strumentale ad un interesse finale, indisponibile e di ordine pubblico, per il tramite della tutela di un interesse particolare.
La nullità di protezione, a causa delle predette peculiari caratteristiche, è rimessa nella disponibilità dello stesso consumatore. Ciò si riverbera anche sul relativo regime processuale.
3.2.1. Rilevabilità e dichiarazione d’ufficio
A differenza della nullità ordinaria, la quale è rilevabile e dichiarabile d’ufficio dal giudice, l’istituto in esame può esser solo rilevato. Il giudice sottopone l’invalidità al consumatore, che può decidere di avvalersene.
In sede giudiziaria, infatti, il contraente debole ritorna dominus all’interno del rapporto contrattuale. Grazie alla presenza del rappresentante legale, è possibile superare l’asimmetria informativa. In questo contesto, il consumatore può, dunque, valutare se la nullità sia conforme al proprio interesse.
Il regime in questione, invero, non connota solo la nullità del secondo contratto. Essa opera ogniqualvolta il rimedio sia posto a presidio di un interesse di parte, anche ove non è definita espressamente nullità di protezione dal legislatore.
4. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione alla nullità del contratto è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.
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