Opposizione al decreto ingiuntivo: come farla

Mi è stato notificato un decreto ingiuntivo, come mi devo comportare? Quali sono i termini per l’opposizione a decreto ingiuntivo? Come avviene? Posso oppormi fuori termine?

Che tu sia un imprenditore o un consumatore, se ti trovi qui probabilmente ti è stato notificato un decreto ingiuntivo e vuoi conoscere quali siano le tutele del caso.

Ai fini di una piena comprensione della materia, però, occorre partire da una breve disamina dell’intero istituto giuridico e delle norme attinenti al decreto ingiuntivo.

L’ordinamento italiano qualifica il decreto ingiuntivo, o per meglio dire il ricorso al decreto ingiuntivo (di cui si interessano gli artt. 633 e seguenti del c.p.c.), quale procedimento speciale tramite cui consentire, al creditore, di ottenere un ordine di pagamento direttamente davanti al giudice, senza l’iniziale presenza del debitore.

La procedura del decreto ingiuntivo si connota per due fasi: una prima fase necessaria, costituita dalla fase monitoria a cognizione sommaria. In tal sede, il giudice provvede a decidere sulla base delle prove introdotte dal ricorrente. Non si provvederà ad ascoltare il debitore, quindi non è integrato il contraddittorio. La ratio è quella di garantire che il procedimento sia il più celere possibile.

Al termine di tale fase, può essere instaurato il giudizio a cognizione piena, in via eventuale, mediante opposizione al decreto ingiuntivo. Ma come si realizza?

Laddove fosse interessato, ti invitiamo nella prosecuzione della lettura. Con il presente articolo intendiamo offriti alcune nozioni fondamentali, indispensabili, per procedere a porre in essere il ricorso per opposizione al decreto ingiuntivo.

1. Decreto ingiuntivo: nozione

L’ordinamento italiano qualifica il decreto ingiuntivo, o per meglio dire il ricorso al decreto ingiuntivo (di cui si interessano gli artt. 633 e seguenti del c.p.c.), quale procedimento speciale tramite cui consentire, al creditore, di ottenere un ordine di pagamento direttamente davanti al giudice, senza l’iniziale presenza del debitore.

Si tratta quindi di un procedimento sommario decisorio avente la caratteristica di poter dar luogo a un provvedimento a seguito di sommaria cognizione del giudice.

Ciò non implica che i principi del giusto processo civile non vengano rispettati.

Motivo per cui, nella prima fase, il giudice è comunque tenuto a verificare attentamente l’istanza del creditore proponente e di tutte le prove dallo stesso fornite.

Se l’istanza presenta tutte le condizioni di ammissibilità (sancite dallo stesso art. 633 c.p.c.) e la specifica documentazione richiesta al fine di adempiere all’onere probatorio, il giudice, entro 30 giorni dal deposito del ricorso, può emettere decreto motivato con il quale disporre al destinatario l’adempimento della specifica obbligazione.

Proprio per la sua peculiarità, quindi, un giudice può emettere decreto ingiuntivo solo se il richiedente sia in grado di fornire prove documentali del credito.

In ogni caso l’iter previsto per l’ottenimento del decreto è abbastanza semplice. 

Molto brevemente, una volta presentato il ricorso davanti al Giudice competente, questi sarà chiamato a valutarne l’ammissibilità e in caso positivo emetterà il decreto.

Con quest’ultimo si potrà ingiungere al debitore il pagamento entro 40 giorni dal ricevimento della notifica, salvo provvisoria esecuzione.

Vediamo nel dettaglio la disciplina del procedimento per ingiunzione.

2. Qual è la funzione del procedimento per ingiunzione?

Prima di discorrere dell’opposizione al decreto ingiuntivo, analizziamo brevemente la disciplina del procedimento per ingiunzione.

La funzione principale del procedimento per ingiunzione è quella di consentire che la formazione anticipata di una pronuncia di condanna finalizzata a consentire, in breve tempo, l’esecuzione forzata. Ovviamente, il procedimento, benché a cognizione sommaria, per velocizzare i tempi, deve comunque garantire i principi fondamentali del processo civile. In primo luogo deve essere garantito il contraddittorio e il diritto di difesa, principi che nel nostro ordinamento hanno rango costituzionale.

Da ciò si comprendono anche le ragioni alla base della disciplina del procedimento in esame. Questo infatti costa di due fasi. La prima fase è necessaria a cognizione sommaria, che caratterizza per un accertamento rapidissimo condotto sulle sole prove, che devono presentare connotati di particolare attendibilità. Le prove in questione sono offerte esclusivamente dallo stesso ricorrente.

La fase in esame si conclude con il decreto ingiuntivo, senza che sia integrato il contraddittorio con colui che è indicato come debitore. Tale provvedimento è titolo esecutivo, laddove non sia presentata opposizione.

La seconda fase, appunto, è l’opposizione. Ha carattere eventuale ed è a cognizione piena, dunque in contraddittorio tra le parti e si conclude con sentenza.

2.1. Condizioni di ammissibilità

Il procedimento per ingiunzione si connota per alcune condizioni di ammissibilità. In particolare, esse riguardano:

  • i caratteri del diritto: ai sensi dell’art. 633 c.p.c. deve trattarsi necessariamente di un diritto di credito, il quale deve avere ad oggetto una somma di denaro liquida, ossia determinata nel suo importo o di pronta e facile determinazione. In alternativa, il diritto può avere ad oggetto una quantità di cose fungibili o la consegna di una cosa mobile determinata;
  • la natura della prova: sempre l’art. 633 c.p.c.è prescritto che il diritto di credito sia provato per iscritto, dunque è ammessa un’unica prova ed è riconosciuta quella particolare attendibilità che consente di ritenere verosimile l’esistenza del diritto medesimo. La nozione di prova scritta rilevante in questo caso è più ampia di quella prevista per il procedimento ordinario. Rientrano tra le prove ammesse: le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata, i telegrammi, gli estratti autentici delle scritture contabili, limitatamente ai crediti relativi a somministrazioni di merci e di denaro, nonché per la prestazione di servizi fatte da imprenditori che esercitano attività commerciale e da lavoratori autonomi. Per i crediti aventi ad oggetto onorari o rimborsi a favore di avvocati o di chi ha prestato la propria opera nel corso del processo, nonché per i crediti aventi ad oggetto onorari di notai o di altri esercenti una professione per la quale esiste una tariffa legalmente approvata, si richiede soltanto la parcella sottoscritta dal creditore corredata dal parere delle competente associazione di categoria.

2.2. La fase sommaria

La fase sommaria, anche detta fase monitoria, è introdotta con ricorso. Questo deve essere depositato in cancellerie con la relativa documentazione, che prova per iscritto il credito. La competenza spetta al giudice di pace o al tribunale, competente in base alla domanda ove proposta in via ordinaria, in composizione monocratica.

La procedura, come già evidenziato, è in assenza di contraddittorio. Dunque, il giudice decide la domanda senza aver ascoltato il debitore. Il giudice in tal sede può:

  • emettere decreti motivato di rigetto, che può essere pronunciato o perché la domanda non è accoglibile o perché non è sufficientemente giustificata sotto il profilo probatorio. In questa seconda ipotesi il giudice dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente. A quest’ultimo è fatto invito di provvedere alla prova, ove il ricorrente non risponda viene messa pronuncia negativa;
  • emettere il decreto motivato di accoglimento, ossia il c.d. decreto ingiuntivo. Questo è pronunciato entro 30 giorni dal deposito del ricorso in calce allo stesso.

Mediante il decreto, il giudice ingiunge all’altra parte di pagare la somma o consegnare la cosa o la qualità di cose chieste. Nel termine di 40 giorni dalla notifica deve essere effettuato il pagamento. Entro il medesimo termine può essere anche presentata opposizione al decreto ingiuntivo.

2.3. Provvisoria esecuzione: cos’è e quando un giudice può emetterla?

Il provvedimento con il quale si ingiunge al debitore può essere caratterizzato da una sua provvisoria esecutività, consistente in una drastica riduzione dei termini.

La provvisoria esecuzione, infatti, sussiste quando il provvedimento obbliga il debitore al pagamento immediato, già alla sua notifica, facendo così decadere l’ordinario termine di 40 giorni.

Detto ciò, dobbiamo ricordare che il creditore che richiede un decreto ingiuntivo con provvisoria esecutività deve comunque notificare, contestualmente o immediatamente dopo il decreto ingiuntivo, l’atto di precetto. Un passaggio che permette al debitore di poter intervenire entro 10 giorni e quindi, di riflesso, di provvedere all’adempimento entro tale arco temporale.

Compreso cosa si intenda per provvisoria esecuzione, dobbiamo soffermarci obbligatoriamente sull’art. 642 c.c. il quale prevede che il detto decreto possa essere emesso solo in specifiche condizioni:

  • in caso di credito fondato su assegna bancario o circolare, su atto da pubblico ufficiale autorizzato o da notaio;
  • di comprovata ammissione di debito sottoscritta, per l’appunto, dal debitore;
  • in presenza di gravi pregiudizi;
  • se è la legge stessa a prevederlo, come per la materia di crediti condominiali.

Il giudice deve autorizzare la provvisoria esecuzione del decreto.

Ove, il diritto di credito non presenti predette caratteristiche, ma sussiste un pericolo di grave pregiudizio nel ritardo oppure il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore comprovante il diritto, il giudice può comunque autorizzare la provvisoria esecuzione, eventualmente imponendo una cauzione.

Ciò nonostante, che si tratti di ordinario decreto ingiuntivo o di decreto con provvisoria esecuzione, l’ingiunto può sempre intervenire con opposizione.

2.4. Onere notifica

Al termine della procedura su menzionata, una copia autentica del ricorso e del decreto deve essere notificata a cura del ricorrente al debitore. La notificazione del ricorso e del decreto è un onere che deve essere assolto nel termine di 60 giorni dalla pronuncia. Ove non si provveda in tal senso, il decreto perde efficacia, anche se la domanda può essere riproposta.

3. Opposizione al decreto ingiuntivo. Quando posso oppormi?

Possiamo a questo punto soffermarci sul cuore dell’argomento, ossia l’opposizione al decreto ingiuntivo, di cui si interessa l’art. 645 c.p.c, che lo considera lo strumento tramite cui l’ingiunto può impugnare il decreto emesso nei suoi confronti.

Con l’opposizione al decreto ingiuntivo si conclude l’iter speciale che ha caratterizzato la prima fase e si passa a un giudizio ordinario, con l’instaurazione di un contraddittorio e una decisione fondata su un giudizio a cognizione piena.

Elemento rilevante dell’opposizione, pertanto, è il passaggio da una cognizione sommaria a una cognizione piena.

Ciò implica che nel momento in cui l’ingiunto propone opposizione, viene meno l’acquisizione della definitività del decreto e, al fine avere una definizione della pretesa azione avviata dal creditore, sarà necessario attendere una pronuncia dell’organo competente.

Di norma l’opposizione si apre con atto di citazione notificato al creditore. Il termini per l’opposizione sono fissati in 40 giorni dalla notifica del decreto e l’impugnazione avviene con atto di citazione davanti al medesimo ufficio giudiziario che lo ha emesso.

L’opposizione deve essere notificata al ricorrente presso la sua residenza o nel luogo in cui ha eletto domicilio. Ove la costituzione non fosse avvenuta di persona, la citazione deve essere notificata presso il procuratore.

Indipendentemente da ciò, dobbiamo ricordarci che l’opposizione al decreto ingiuntivo deve essere motivata e deve contenere in modo chiaro le ragioni per le quali si ritenga insussistente la pretesa di pagamento.

La competenza spetta all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. Il giudizio di opposizione ha carattere meramente eventuale. Esso is volge secondo le regole comuni del procedimento ordinario. Esso, quindi, si conclude con una sentenza soggetta agli ordinari mezzi di gravame.

Una delle peculiarità del giudizio di opposizione attiene all’onere della prova. In questa sede, infatti, l’opponente pur essendo formalmente attore, è sostanzialmente convenuto, per modo che l’onere di provare l’esistenza del credito spetta, secondo le regole generali, all’opposto, convenuto in senso formale, ma attore in senso sostanziale.

3.1. Quali sono le caratteristiche del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo?

Come si è potuto comprendere, l’opposizione al decreto ingiuntivo determina l’instaurazione di un giudizio ordinario.

Quest’ultimo presenta diverse caratteristiche le quali possono essere sintetizzate nei punti che seguono:

  • nel giudizio di opposizione l’opponente è l’attore e l’opposto, ricorrente, è il convenuto;
  • nonostante ciò, da un punto di vista sostanziale, l’onere della prova risulta in capo al ricorrente opposto, che dovrà dimostrare di avere diritto al credito vantato;
  • se l’opposizione non risulta fondata su prova scritta o dovesse necessariamente richiedere una lunga fase istruttoria, il Giudice può provvedere, in prima udienza, l’esecuzione provvisoria del decreto, con ordinanza non impugnabile.

3.2. L’atto di citazione

L’atto di citazione , mediante il quale si instaura il ricorso per opposizione, è disciplinato secondo le disposizioni previste dal codice di procedura civile in generale sull’atto della comparsa di risposta, oltre che alle specifiche disposizioni in tema. Quindi, si rinvia agli artt. 163 e 163-bis del codice di procedura civile. In specie modo, devono essere necessariamente indicati nell’atto in esame i seguenti elementi:

  • l’indicazione del tribunale a cui si propone la domanda;
  • i dati identificativi delle parti (attore e convenuto);
  • la data della prima udienza di comparizione e l’invito al convenuto a costituirsi tempestivamente;
  • i riferimenti al procuratore e alla relativa procura.

Per quanto riguarda invece gli ulteriori elementi che devono essere indicati si rinvia all’articolo 167 del codice di procedura civile. L’atto di citazione, come evidenziato, è equiparabile ad una comparsa di risposta:

“Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare le proprie generalità e il codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni .A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione. Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269”.

3.3. Termine di costituzione delle parti

Con riguardo ai termini di costituzione delle parti, questo ha risentito dell’intervento delle Sezioni unite della Cassazione, sent. n. 19246 del 2010. In tal sede la corte ha sostenuto che i giudici di legittimità avevano sostenuto che le cause di opposizione a decreto ingiuntivo dovessero esser sempre iscritte nel termine di cinque giorni dalla notifica dell’opposizione, con conseguente diminuzione dei termini di costituzione e comparizione.

A seguito di questo intervento giurisprudenziale, anche il legislatore ha provveduto con la l. n. 218 del 2011, che ha abrogato l’ultima parte dell’art. 645 c.p.c.. In tal sede, è stato previsto che i termini di costituzione nel giudizio di opposizione devono ritenersi dimezzati solo nel caso in cui l’opponente assegni all’opposto un termine a comparire inferiore a quello ordinario di cui all’art. 163 bis c.p.c..

3.4. Chi è il giudice competente in caso di opposizione?

Un’ulteriore caratteristica su cui doverci soffermare è la competenza.

Al riguardo, si prevede che l’opposizione venga azionata davanti al medesimo Giudice che ha emesso il decreto anche in caso di domanda riconvenzionale dal valore eccedente la sua competenza, al quale spetterà poi devolvere il giudizio sulla riconvenzionale all’organo competente.

In conclusione, dunque, l’opposizione al decreto ingiuntivo, che instaura un giudizio a cognizione piena, può avere impulso dall’ingiunto ogni qualvolta sussistano fondati motivi e, ove vi fossero vizi di notificazione, lo stesso potrà ammettersi anche tardivamente.

3.5. Esecuzione tardiva in sede di opposizione

Una domanda che spesso ci si pone è la possibilità di impugnare il provvedimento, a seguito di opposizione, con il quale è stata concessa l’esecuzione provvisoria.

Al riguardo, è agevole rispondere all’interrogativo riprendendo la giurisprudenza del caso, ad oggi consolidata, secondo la quale, se viene concessa o negata l’esecuzione provvisoria del provvedimento monitorio, sul quale pende l’opposizione al decreto ingiuntivo, non è possibile ricorrere per Cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.

Tale principio è stata recentemente confermato dalla VI sezione Civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 24658 del 3.10.2019, con la quale è stato precisato che il provvedimento non presenta il carattere della definitività motivo per cui appare preclusa la possibilità di ricorrere alla Suprema Corte.

Al riguardo, infatti, l’ordinanza con la quale si dispone l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo appare priva del carattere della definitività, anche nell’eventuale caso in cui il Giudice sia chiamato a valutare questioni di merito circa il fumus del credito. Ciò perché gli effetti di tale provvedimento sono destinati ad esauristi con la successiva e definitiva pronuncia sull’opposizione.

Sul punto ha fatto chiarezza il legislatore. Oltre ai casi già previsti che abbiamo enunciato di esecuzione tardiva, dove il giudice può e deve autorizzare l’esecuzione provvisoria immediata del decreto, al momento della pronuncia, vi sono anche delle ipotesi in cui il giudice ha la facoltà di concedere l’esecuzione provvisoria in sede di opposizione. In questo caso, il giudice decide in prima udienza con ordinanza.

Si procede in tal senso se: l’opposizione non sia fondata su prova scritta o di pronta soluzione, oppure nell’ipotesi in cui la parte che la chiede offre cauzione per l’ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni.

Inoltre, il giudice deve concedere l’esecuzione provvisoria parziale del decreto opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l’opposizione sia proposta per vizi procedurali. Tale potere dovere è ad oggi espressamente contemplato all’art. 648 c.p.c., come recentemente modificato dal legislatore.

Inoltre, in pendenza del giudizio di opposizione e sempre con ordinanza non impugnabile, il giudice, se ricorrono gravi motivi, può anche sospendere la provvisoria esecuzione, su richiesta dall’opponente.

3.6. È possibile l’opposizione tardiva?

Ulteriore interrogativo su cui soffermarsi è relativo all’eventuale opposizione tardiva, o per meglio dire, se è ammissibile l’opposizione tardiva.

Al riguardo si può agevolmente affermare che l’opposizione, dopo il termine di 40 giorni, è ammessa.

Precisamente, infatti, l’ordinamento italiano ha previsto un’eccezione al termine ordinario, nel caso in cui il debitore riesca a dimostrare di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o di forza maggiore.

Questo significa che il soggetto debitore che è venuto a coscienza della procedura esecutiva tardivamente (ad esempio per notifica in diverso indirizzo) può comunque opporsi al decreto nelle modalità su indicate, anche se fuori termine.

Nel rispetto del principio del giusto processo e del diritto di contraddittorio del presunto debitore che, in tale situazione, rischierebbe di vedere minata la propria posizione.

Ovviamente l’ordinamento, che ha voluto così tutelare l’ingiunto, ha previsto un termine massimo di 10 giorni dal primo atto esecutivo, ossia dall’inizio del pignoramento. Ciò per dare seguito alla procedura per il recupero coattivo e non dilungare troppo i tempi, considerando che con il primo atto si determina la conoscenza legale del decreto.

In altre parole, il termine ordinario di 40 giorni può essere dilungato in caso di opposizione tardiva.

A sua volta, però, quest’ultima non può avvenire oltre il termine di 10 giorni dal momento dell’inizio del pignoramento.

3.7. Modalità di conclusione del procedimento di opposizione

Il procedimento di opposizione, oltre alla naturale conclusione, può anche estinguersi o concludersi con conciliazione.

Nel caso di estinzione del giudizio di opposizione, ai sensi degli artt. 306 ss c.p.c., si verificano conseguenze analoghe all’estinzione del procedimento di impugnazione. Il decreto ingiuntivo diventa definitivo e assume efficacia del giudicato.

Quando non si verificano queste due ipotesi, il giudizio di opposizione esita verso la sua conclusione naturale, che è quella della sentenza. Questa può essere di:

  • di rigetto, per ragioni di rito o per ragioni di merito. Il rigetto dell’opposizione comporta la conferma del decreto ingiuntivo che, se non ne è già munito, acquista efficacia esecutiva. In seguito al passaggio in giudicato della sentenza di rigetto, il decreto ingiuntivo diviene definitivo e assume, a sua volta, efficacia di cosa giudicata;
  • accoglimento parziale, nell’ipotesi in cui il credito azionato sussista solo in parte. In tal caso, la pronuncia comporta la revoca del decreto ingiuntivo, in quanto ai sensi dell’art. 653, secondo comma, c.p.c.: “il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza”, che sostituisce il decreto;
  • accoglimento totale, per ragioni di rito o per ragioni di merito. In questo caso, esso comporta la revoca del decreto ingiuntivo, che perde ogni efficacia compresa quella esecutiva eventualmente concessa.

3.8. Errata introduzione del giudizio

Recentemente la giurisprudenza si è interrogata circa le conseguenze dell’erronea instaurazione del giudizio (Corte di Cassazione a Sezioni Unite sent. 927 del 2022). A tal proposito si è interrogata sull’applicazione dell’art. 4 co 1 del D.Lgs 150 del 2011 il quale prevede che:

“quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dal presente decreto, il giudice dispone il mutamento del rito con ordinanza”.

La disposizione, quindi, sembra chiara nell’affermare che essa trova applicazione solo ai procedimenti richiamati dal predetto decreto. Già in precedenza la giurisprudenza della Corte di Cassazione aveva affermato, nella sentenza n. 13072 del 25/5/2018, “ D. Lgs n. 150 del 2011, art. 4, disciplina esclusivamente il mutamento del rito in caso di controversia promossa in forme diverse da quelle previste nel medesimo decreto, e non costituisce una norma generale abrogativa e sostitutiva delle norme specifiche di cui agli artt. 426 e 427 cpc, che rimangono le norme generali di coordinamento tra rito ordinario e rito lavoristico/locatizio”.

Ciò implica l’adozione della previsione di cui all’art. 426 c.c., che prevede il c.d. principio di conversione ed efficacia dell’atto di citazione. Quest’ultimo infatti opera alla stregua di un ricorso, purché sia depositato in cancelleria nei termini previsti dalla legge.

4. La rilevante giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di opposizione a decreto ingiuntivo

Cass. civ. Sez. I Sent., 24/03/2022, n. 9633.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o un’eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo e dovendosi riconoscere all’opposto, quale attore in senso sostanziale, di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all’attore formale e sostanziale dall’art. 183 c.p.c..

Cass. civ. Sez. Unite Ord., 28/06/2022, n. 20633.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, quando all’esito del regolamento preventivo di giurisdizione sia stato dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice nazionale, si determina una improseguibilità del giudizio di merito, in quanto il giudice italiano, pure avendo avuto il potere di adottare il provvedimento poi opposto, non ha più quello di decidere la relativa controversia, se non limitandosi a dichiarare la nullità del ridetto decreto monitorio.

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 14/01/2022, n. 1121.

La sentenza con cui il giudice, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, dichiara l’incompetenza territoriale non comporta anche la declinatoria della competenza funzionale a decidere sull’opposizione ma contiene necessariamente, ancorché implicita, la declaratoria di invalidità e di revoca del decreto stesso, sicché quello che trasmigra innanzi al giudice “ad quem” non è più una causa di opposizione a decreto ingiuntivo, bensì un ordinario giudizio di cognizione concernente l’accertamento del credito dedotto nel ricorso monitorio. In tale giudizio riassunto è, pertanto, ammissibile l’istanza di autorizzazione alla chiamata del terzo, seppur non avanzata in precedenza, potendo la riassunzione cumulare in sé anche la funzione introduttiva di un nuovo giudizio e non traducendosi ciò in una violazione del contraddittorio, in quanto il chiamato non resta assoggettato alle preclusioni e alle decadenze eventualmente già maturate nella precedente fase del giudizio.

Cass. civ. Sez. Unite Sent., 13/01/2022, n. 927.

L’opposizione prevista dall’art. 645 c.p.c. non è una “actio nullitatis” o un’azione di impugnativa nei confronti dell’emessa ingiunzione, ma un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore – anche se eventuale – del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo.

Nell’ipotesi in cui la sentenza impugnata, nel definire il giudizio, abbia dichiarato inammissibile per tardività l’opposizione a decreto ingiuntivo, i motivi di appello – che a norma dell’art. 342 c.p.c. devono indicare la parte del provvedimento impugnato e le circostanze da cui deriva la violazione della legge e la loro rilevanza i fini della decisione appellata – non possono concernere anche il merito della domanda, che non ha neppure formato oggetto della pronuncia, in quanto, in tale evenienza, l’impugnazione della statuizione sulla questione pregiudiziale inerente alla inammissibilità dell’opposizione costituisce comunque manifestazione di volontà di proseguire nel giudizio, con implicita riproposizione della domanda principale, dovendo perciò il giudice di appello, che ritenga ammissibile l’opposizione, pronunciarsi nel merito delle questioni dedotte in primo grado, non rientrando tale ipotesi tra i casi previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, la competenza funzionale del giudice che ha emesso il provvedimento è inderogabile ed immodificabile, anche per ragioni di connessione. Ne deriva che il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, in caso sia proposta domanda riconvenzionale di competenza della sezione specializzata delle imprese di altro tribunale, è tenuto a separare le due cause, rimettendo quella relativa a quest’ultima domanda dinanzi al tribunale competente, ferma restando nel prosieguo l’eventuale applicazione delle disposizioni in tema di sospensione dei processi.

Cass. civ. Sez. III Sent., 14/03/2022, n. 8110.

Il fallimento del debitore, intervenuto nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non determina l’inefficacia assoluta di quest’ultimo ma la sua mera inopponibilità alla massa, con la conseguenza che, una volta tornato “in bonis” il debitore, i relativi effetti tornano a dispiegarsi, divenendo definitivi qualora il processo di opposizione (interrotto a seguito dell’apertura della procedura concorsuale) non sia stato tempestivamente riassunto dall’opponente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, a seguito della mancata riassunzione del giudizio di opposizione instaurato dal debitore successivamente fallito, aveva ritenuto che il decreto ingiuntivo rappresentasse titolo esecutivo idoneo a fondare l’intervento dei creditori nella procedura esecutiva immobiliare instaurata dopo la chiusura del fallimento, secondo la prelazione derivante dall’ipoteca originariamente iscritta).

Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 18/02/2022, n. 5340.

Ove pendano in gradi diversi due cause in rapporto di continenza, perché aventi ad oggetto domande, interdipendenti o contrapposte, relative ad un unico rapporto negoziale, non è possibile rimettere, ai sensi dell’art. 39, comma 2, c.p.c., la causa successivamente proposta dinanzi al giudice preventivamente adito, ma l’esigenza di coordinamento, sottesa alla disciplina della continenza, va assicurata sospendendo, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., il processo che avrebbe dovuto subire l’attrazione dell’altro, in attesa della sua definizione con sentenza passata in giudicato. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto corretta la sospensione, ex art. 295 c.p.c., del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il pagamento del medesimo credito, oggetto di altra causa, già pendente in un diverso grado e dinanzi ad un diverso ufficio giudiziario, legata da nesso di continenza).

Cass. civ. Sez. Unite Sent., 26/01/2011, n. 1764.

Allorché la domanda di arricchimento senza causa, proposta per la prima volta dal creditore opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, emesso con riguardo alla sua domanda di adempimento, sia stata respinta dal giudice del merito, senza che la relativa statuizione sia stata impugnata con ricorso incidentale da parte del preteso arricchito, unico soggetto interessato alla sua eventuale censurabilità, si forma il giudicato implicito sulla questione pregiudiziale relativa alla proponibilità della domanda ex art. 2041 cod. civ., in quanto la mancata impugnazione costituisce sintomo di un comportamento incompatibile con la volontà di far valere in sede di impugnazione la questione pregiudiziale (che dà luogo ad un capo autonomo della sentenza e non costituisce un mero passaggio interno della decisione di merito, come si desume dall’art. 279, secondo comma, n. 2 e 4, cod. proc. civ.), in tal modo verificandosi il fenomeno dell’acquiescenza per incompatibilità, con le conseguenti preclusioni sancite dagli artt. 324 e 329, comma 2, cod. proc. civ., in coerenza con i principi dell’economia processuale e della durata ragionevole del processo, di cui all’art. 111 Cost.

Cass. civ. Sez. I, 01/03/2007, n. 4853.

Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti di un correntista, la nullità della clausola del contratto di conto corrente bancario che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente sul saldo passivo, in quanto stipulata in violazione dell’art. 1283 cod. civ., è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 cod. civ., anche in sede di gravame, qualora vi sia contestazione, ancorchè per ragioni diverse, sul titolo posto a fondamento della domanda degli interessi anatocistici, rientrando nei compiti del giudice l’indagine in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione; in tale giudizio, infatti, il creditore assume la veste sostanziale di attore, sicché, laddove l’opponente abbia contestato l’ammontare degli interessi dovuti, il giudice, nel determinare tali interessi, dovendo utilizzare il titolo contrattuale posto a fondamento della pretesa, è tenuto a rilevare d’ufficio la nullità dalla quale il negozio sia affetto.

Cass. civ. Sez. Unite Sent., 11/01/2011, n. 390.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo per onorari ed altre spettanze dovuti dal cliente al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, al fine di individuare il regime impugnatorio del provvedimento – sentenza oppure ordinanza ex art. 30 della legge 13 giugno 1942, n. 794 – che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento. (Nella specie, le S.U. hanno cassato la sentenza della Corte territoriale che aveva dichiarato inammissibile il gravame avverso la sentenza emessa dal giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, per somme relative a prestazioni giudiziali civili, reputando che si trattasse, nella sostanza, di ordinanza inappellabile ai sensi dell’art. 30 della legge n. 794 del 1942, nonostante detta sentenza fosse stata emanata all’esito di un procedimento svoltosi completamente nelle forme di un ordinario procedimento civile contenzioso).

Cass. civ. Sez. II Sent., 30/11/2011, n. 25598.

Nel vigore del regime delle preclusioni di cui al nuovo testo degli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., introdotto dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, la questione della novità della domanda risulta del tutto sottratta alla disponibilità delle parti, e pertanto pienamente ed esclusivamente ricondotta al rilievo officioso del giudice, essendo l’intera trattazione improntata al perseguimento delle esigenze di concentrazione e speditezza che non tollerano – in quanto espressione di un interesse pubblico – l’ampliamento successivo del “thema decidendi”, anche se su di esso si venga a registrare il consenso del convenuto. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’enunciato principio, cassando senza rinvio la sentenza impugnata, ha dichiarato inammissibile la domanda di pagamento delle opere extra contratto proposta dall’opposto con la comparsa di costituzione in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo al pagamento del corrispettivo di un appalto per l’esecuzione di lavori edili, negando ogni rilievo all’avvenuta accettazione del contraddittorio di controparte).

Cass. civ. Sez. I Sent., 26/01/2016, n. 1372.

La sentenza con cui il giudice, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, dichiara l’incompetenza territoriale non comporta anche la declinatoria della competenza funzionale a decidere sull’opposizione ma contiene necessariamente, ancorché implicita, la declaratoria di invalidità e di revoca del decreto stesso, sicché quello che trasmigra innanzi al giudice “ad quem” deve considerarsi non più, propriamente, una causa di opposizione a decreto ingiuntivo (che più non esiste), bensì un ordinario giudizio di cognizione concernente l’accertamento del credito dedotto nel ricorso monitorio. Tale pronuncia, peraltro, decidendo solo in ordine alla competenza ed alle spese, deve essere impugnata esclusivamente con il regolamento di competenza di cui all’art. 42 c.p.c., anche se emessa in grado di appello.

Cass. civ. Sez. Unite Sent., 27/07/2011, n. 16390.

Presupposto del processo di esecuzione civile è l’esistenza di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile, senza che possano venire in considerazione profili cognitori per l’accertamento dell’esistenza di un’obbligazione, con la conseguenza che in punto di giurisdizione non si può profilare altro giudice competente sulla materia. Ne consegue che, in caso di decreto ingiuntivo emesso nei confronti di un’Ambasciata straniera in relazione a crediti di lavoro, la questione di giurisdizione può essere validamente eccepita o rilevata solo in sede di opposizione a decreto ingiuntivo e non anche nell’opposizione al precetto, nell’ambito della quale assumono rilievo soltanto le questioni attinenti al diritto della creditrice di procedere all’esecuzione forzata sulla base di un titolo formalmente valido ed in assenza di cause sopravvenute di inefficacia. (Nella specie, la corte territoriale, a fronte di una duplice opposizione, al decreto ingiuntivo e al precetto, aveva omesso di valutare la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo dichiarata dal giudice di primo grado per tardività dell’opposizione ed aveva esaminato – scavalcando l’ordine logico-giuridico delle questioni – direttamente l’eccezione di giurisdizione; le S.U., nel confermare l’inammissibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo, con conseguente preclusione della questione di giurisdizione, ha cassato la decisione rimettendo le parti innanzi al giudice del rinvio per l’esame delle sole questioni oggetto dell’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ.).

Cass. civ. Sez. I Sent., 18/07/2013, n. 17603.

La documentazione prodotta con il ricorso per ingiunzione è destinata, per effetto dell’opposizione al decreto e della trasformazione in giudizio di cognizione ordinaria, ad entrare nel fascicolo del ricorrente, restando a carico della parte opposta l’onere di costituirsi in giudizio depositando il fascicolo contenente i documenti offerti in comunicazione. Ne consegue che, in difetto di tale produzione, questi ultimi non entrano a fare parte del fascicolo d’ufficio e il giudice non può tenerne conto.

Cass. civ. Sez. III Ord., 22/11/2018, n. 30183.

La contemporanea pendenza, relativamente al medesimo credito, di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo e di altro di opposizione a precetto intimato sulla base di quel medesimo titolo, non comporta modificazioni della competenza, che, rispettivamente, appartiene, secondo criteri inderogabili, in base all’art. 645 c.p.c., al giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo opposto e, in base agli artt. 27, comma 1, e 615, comma 1, c.p.c. al giudice del luogo dell’esecuzione competente per materia e per valore. Ne deriva che il “simultaneus processus” di opposizione a decreto ingiuntivo e di opposizione a precetto è possibile, se il giudice che ha emesso l’ingiunzione coincida con quello del luogo dell’esecuzione competente per materia e per valore.

Cass. civ. Sez. Unite Sent., 18/09/2020, n. 19596.

Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo.

Cass. civ. Sez. I, 28/10/2005, n. 21080.

Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti di un correntista, la nullità delle clausole che prevedono un tasso d’interesse usurario e la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito, in quanto correlata alla violazione di norme imperative, può essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio, e quindi anche in appello, senza che ciò si traduca in una violazione dei principi della domanda e del contraddittorio, i quali escludono che, qualora la parte abbia chiesto l’accertamento dell’invalidità di un atto a sè pregiudizievole, la pronuncia del giudice possa fondarsi su ragioni d’invalidità diverse da quelle enunciate dall’interessato o tardivamente indicate, ed esigono che entrambe le parti abbiano avuto la possibilità di trattare la questione, secondo i principi del “giusto processo”. In tale giudizio, infatti, assumendo l’opponente la posizione sostanziale di convenuto, la deduzione della predetta nullità, rilevabile anche d’ufficio, non integra gli estremi di un’eccezione in senso stretto, ma costituisce una mera difesa, inidonea a condizionare i poteri decisori del giudice, che può essere avanzata anche in appello, nonchè formulata in comparsa conclusionale, qualora sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio, potendo essere contrastata dalla controparte con la memoria di replica.

Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 12/10/2020, n. 21975.

In tema di procedimenti davanti al giudice di pace, la sentenza che, a definizione del giudizio di opposizione, accolga l’eccezione di incompetenza territoriale del giudice adito in sede monitoria e, conseguentemente, revochi il decreto ingiuntivo opposto, pur non integrando una decisione nel merito della vertenza, contenendo solo statuizioni in rito, non può essere impugnata con il regolamento di competenza, espressamente escluso dall’art. 46 c.p.c., ma è soggetta ad appello, secondo quanto previsto dall’art. 339 c.p.c.

Cass. civ. Sez. I Sent., 30/10/2013, n. 24483.

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti di un correntista, la nullità delle clausole del contratto di conto corrente bancario che rinviano alle condizioni usualmente praticate per la determinazione del tasso d’interesse o che prevedeono un tasso d’interesse usurario è rilevabile anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 cod. civ., qualora vi sia contestazione, anche per ragioni diverse, sul titolo posto a fondamento della richiesta di interessi, senza che ciò si traduca in una violazione dei principi della domanda e del contraddittorio, i quali escludono che, in presenza di un’azione diretta a far valere l’invalidità di un contratto, il giudice possa rilevare d’ufficio la nullità per cause diverse da quelle dedotte dall’attore.

Cass. civ. Sez. III Sent., 04/10/2013, n. 22754.

Nell’ordinario giudizio di cognizione, che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, l’opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione, potendo a tale principio derogarsi solo quando, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, la parte opposta si venga a trovare a sua volta in una posizione processuale di convenuto cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione di una “reconventio reconventionis”, che però, per non essere tardiva, può essere introdotta solo nella domanda di risposta e non nel corso del giudizio di primo grado.

Cass. civ. Sez. III Sent., 16/11/2007, n. 23813.

Poichè l’opposizione a decreto ingiuntivo è devoluta dall’articolo 645 cod. proc. civ., in via funzionale e inderogabile, alla cognizione del giudice che ha adottato il decreto, l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace, davanti al quale ai sensi dell’articolo 316 cod. proc. civ. la domanda si propone con citazione a comparire a udienza fissa, in materia esorbitante dalla sua competenza (nella specie locatizia, per il pagamento degli oneri accessori dell’immobile locato) deve essere proposta, per la dichiarazione della nullità del provvedimento monitorio, innanzi allo stesso giudice di pace con citazione e non mediante ricorso, previsto, in via generale, per la particolare materia trattata (art. 447 bis cod. proc. civ.), la cui eventuale conversione in citazione, peraltro, è ammissibile, purchè siano rispettati i termini per la notifica stabiliti dall’articolo 641 cod. proc. civ. (notificazione del ricorso stesso alla controparte nel termine di giorni quaranta).

Cass. civ. Sez. III Ord., 22/12/2021, n. 41230.

La dichiarazione di incompetenza del giudice che ha emanato il decreto ingiuntivo, pronunciata in sede di opposizione allo stesso, contiene, ancorché implicita, la declaratoria di invalidità del decreto medesimo, sicché la tempestiva riassunzione dinanzi al giudice competente non concerne la causa di opposizione, appartenente alla competenza funzionale e inderogabile del giudice che ha emesso l’ingiunzione e da questo definita con la sentenza dichiarativa di incompetenza, ma la causa relativa alla pretesa azionata dal creditore, quale causa soggetta alla decisione secondo le regole della cognizione ordinaria piena; ne consegue che, in seguito alla declaratoria di incompetenza del giudice adìto in sede monitoria, caducato il decreto ingiuntivo, non viene meno la prospettiva della prosecuzione, dinanzi al giudice indicato come competente, ai sensi dell’art.50 c.p.c., del giudizio di merito, che è destinato a proseguire nelle forme del procedimento ordinario.

Cass. civ. Sez. I Sent., 23/09/2016, n. 18693.

In caso di rigetto della domanda di arricchimento senza causa, proposta per la prima volta dal creditore opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, emesso con riguardo alla sua domanda di adempimento, senza che la relativa statuizione sia stata impugnata con ricorso incidentale da parte del preteso arricchito, unico soggetto interessato alla sua eventuale censurabilità, si forma il giudicato implicito sulla questione pregiudiziale relativa alla proponibilità della domanda ex art. 2041 c.c., costituendo la mancata impugnazione sintomo di un comportamento incompatibile con la volontà di far valere in sede di impugnazione la questione pregiudiziale (che dà luogo ad un capo autonomo della sentenza e non costituisce un mero passaggio interno della decisione di merito, come si desume dall’art. 279, comma 2, n. 2 e 4, c.p.c.), verificandosi il fenomeno dell’acquiescenza per incompatibilità, con le conseguenti preclusioni sancite dagli artt. 324 e 329, comma 2, c.p.c., in coerenza con i principi dell’economia processuale e della durata ragionevole del processo, di cui all’art. 111 Cost.

Cass. civ. Sez. III Sent., 09/07/2020, n. 14604.

In tema di esecuzione di obblighi di fare e di non fare, l’impugnazione, da parte del creditore procedente, dell’ordinanza di liquidazione delle spese a carico del debitore esecutato, pronunciata in caso di estinzione atipica del procedimento esecutivo, va proposta non già nelle forme dell’opposizione al decreto ingiuntivo, bensì con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., che costituisce il rimedio tipico per contestare i provvedimenti del giudice dell’esecuzione regolanti l’andamento del relativo processo.

Cass. civ. Sez. I, 06/04/2006, n. 8038.

Nei pur ristretti limiti di sindacabilità delle decisioni rese secondo equità dal giudice di pace, é ammissibile il motivo di ricorso per cassazione con cui si lamenti, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, l’errato accoglimento di un’eccezione di nullità del provvedimento opposto per difetto della prova scritta, trattandosi di eccezione concernente la violazione di una norma processuale.

La mera circostanza che il titolo dedotto a prova del credito sia privo di efficacia cambiaria non vale ad escludere che esso possa essere fatto valere come chirografo, contenente una promessa di pagamento riconducibile alla previsione dell’art. 1988 cod. civ., e che quindi, come tale, quel titolo sia idoneo ad integrare la prova scritta del credito derivante dal rapporto sottostante tra il traente e il prenditore del titolo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva accolto l’opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di un credito fondato su cambiali, sul presupposto che i titoli erano privi di efficacia cambiaria, in quanto emessi oltre cinque anni prima del ricorso).

Cass. civ. Sez. II Sent., 30/12/2021, n. 42040.

Il principio, secondo cui è inammissibile, per difetto di interesse, l’appello principale con cui si denuncino vizi processuali senza censurare la decisione sul merito della controversia, non opera quando la questione preliminare di rito proposta attenga alla improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo per tardiva costituzione dell’opponente, atteso che tale accertamento non incide soltanto, in via diretta, sul giudizio di opposizione, comportandone la declaratoria di improcedibilità, ma anche, in via riflessa, sul diritto di credito fatto valere col provvedimento monitorio, determinando la sua definitività e, di conseguenza, l’incontestabilità della pretesa creditoria dell’opposto, sicché quest’ultimo ha interesse ad ottenere una pronuncia sul punto, ancorché svincolata dalla decisione sul merito della controversia, non potendo il giudice del gravame, una volta ritenuta fondata l’eccezione, accedere all’esame del merito.

Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 30/07/2020, n. 16340.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo per crediti condominiali, in caso di cassazione con rinvio al giudice di appello, è onere del condominio appellante produrre o ripristinare in appello, se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali si basa il gravame, o comunque attivarsi perché tali documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello, senza che gli stessi (nella specie, quelli relativi alla fase monitoria) possano, per altro, qualificarsi come nuovi agli effetti dell’art. 345 c.p.c.

Cass. civ. Sez. III, 18/04/2006, n. 8955.

La documentazione posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo è destinata, per effetto dell’opposizione al decreto e della trasformazione in giudizio di cognizione ordinaria, ad entrare nel fascicolo del ricorrente, restando a carico della parte l’onere di costituirsi in giudizio depositando il fascicolo contenente i documenti offerti in comunicazione. Ne consegue che in difetto di tale produzione, essa non entra a fare parte del fascicolo d’ufficio e il giudice non può tenerne conto. L’omessa produzione in primo grado non preclude alla parte opposta rimasta contumace in primo grado in un giudizio regolato dall’art. 345 cod. proc. civ. nel testo previgente alla sostituzione operata dalla legge n. 353 del 1990, di produrre i documenti in appello, senza che sia necessario proporre appello incidentale ove il giudizio di primo grado sia stato definito con la conferma della pretesa posta a base dell’ingiunzione.

Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 12/04/2013, n. 8950.

È inammissibile l’istanza di regolamento di competenza con la quale l’opposto deduca che il giudice, anziché ordinare la cancellazione dal ruolo della causa di opposizione a decreto ingiuntivo, per avere egli aderito all’eccezione di incompetenza territoriale proposta dall’opponente, abbia accolto con sentenza l’eccezione medesima, condannandolo alle spese del giudizio, giacché l’indicata questione non riguarda la competenza, ovvero l’attribuzione della controversia alla “potestas decidendi” dell’uno o dell’altro giudice.

Cass. civ. Sez. II Sent., 14/05/2014, n. 10610.

Nell’opposizione a decreto ingiuntivo innanzi al giudice di pace, l’opponente che intenda chiamare un terzo in causa, avendo posizione di convenuto, deve farne richiesta nell’atto di opposizione, a pena di decadenza, non potendo formulare l’istanza direttamente in prima udienza.

Cass. civ. Sez. II Sent., 26/11/2020, n. 26993.

Nell’opposizione a decreto ingiuntivo, il fallimento del creditore opposto, nei cui confronti sia stata proposta dall’opponente domanda riconvenzionale, non determina l’improcedibilità dell’opposizione e la rimessione dell’intera controversia al giudice fallimentare, rimanendo il Tribunale ordinario competente per l’opposizione mentre al Tribunale fallimentare, previa separazione dei giudizi, deve essere rimessa esclusivamente la domanda riconvenzionale, in ordine alla quale soltanto sussiste, dunque, la competenza funzionale ed inderogabile di tale organo giudiziale.

Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 23/02/2021, n. 4779.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l’eccezione di incompetenza per territorio deve essere sollevata, ai sensi dell’art. 38 c.p.c., nell’atto di opposizione, che deve intendersi come prima difesa utile poiché tiene luogo della comparsa di risposta nella procedura ordinaria.

Cass. civ. Sez. II Ord., 26/08/2019, n. 21706.

L’opponente a decreto ingiuntivo che intenda chiamare in causa un terzo non può direttamente citarlo per la prima udienza ma deve chiedere al giudice, nell’atto di opposizione, di essere a ciò autorizzato in quanto, per effetto dell’opposizione, non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l’opponente quella di convenuto; peraltro, il provvedimento con il quale il giudice autorizza o nega la chiamata in causa di un terzo ad istanza di parte, ove non si verta in ipotesi di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., coinvolge valutazioni assolutamente discrezionali che, come tali, non possono formare oggetto di appello né di ricorso per cassazione.

Cass. civ. Sez. Unite Ord., 18/09/2017, n. 21550.

In presenza di una clausola compromissoria di arbitrato estero avente ad oggetto tutte le controversie nascenti dal contratto ad esclusione dei procedimenti sommari o conservativi, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non potendo essere ricompreso in tali procedimenti, rimane soggetto ad arbitrato.

Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 07/07/2020, n. 14096.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, ove l’eccezione di incompetenza territoriale sia sollevata dall’opponente persona fisica in controversia in materia di obbligazioni, la contestazione della sussistenza del foro del giudice adito rende necessaria l’indicazione di quello competente con riferimento, oltre che ai fori speciali concorrenti di cui all’art. 20 c.p.c., anche ai fori generali previsti dal precedente art. 18, con riguardo, quindi, sia alla residenza sia al domicilio, poiché quest’ultimo è criterio di collegamento autonomo rispetto a quello della residenza. Peraltro, l’opponente, rivestendo la posizione sostanziale di convenuto, non è esentato dal suddetto onere neppure in caso di indicazione, nel ricorso per decreto ingiuntivo, della sua residenza ovvero del suo domicilio in un luogo non riconducibile alla giurisdizione territoriale del giudice, sia perché, nella prima ipotesi, l’individuazione della residenza non può lasciare presumere la coincidenza con essa del domicilio (atteso che l’art. 163, n 2, c.p.c. prevede l’indicazione alternativa dell’una e dell’altro) sia perché, in entrambe le circostanze, il secondo comma, secondo inciso, dell’art. 38 c.p.c. esclude ogni operatività del principio di ammissione, onerando comunque il convenuto eccipiente di una specifica contestazione, là dove gli impone di indicare il giudice competente e, nell’eventualità di concorrenza di fori, di contestare e menzionare tutti i fori possibilmente concorrenti.

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 08/08/2017, n. 19738.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, la competenza funzionale del giudice che ha emesso il provvedimento è inderogabile ed immodificabile, anche per ragioni di connessione. Ne deriva che il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, in caso sia proposta domanda riconvenzionale di competenza della sezione specializzata delle imprese di altro tribunale, è tenuto a separare le due cause, rimettendo quella relativa a quest’ultima domanda dinanzi al tribunale competente, ferma restando nel prosieguo l’eventuale applicazione delle disposizioni in tema di sospensione dei processi.

Cass. civ. Sez. III Sent., 25/05/2007, n. 12251.

Nel giudizio di opposizione a precetto basato su decreto ingiuntivo non opposto, vale la regola per cui, quando l’esecuzione è minacciata sulla base di un titolo di formazione giudiziale, debbono essere fatte valere mediante opposizione al decreto le ragioni di nullità del decreto stesso, mentre debbono essere fatte valere con opposizione a precetto le ragioni che si traducono nella stessa mancanza del titolo esecutivo o in altri vizi del procedimento esecutivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva respinto l’opposizione a precetto proposta dal debitore deducendo che il decreto era stato chiesto da procuratore privo dello jus postulandi e che nel fascicolo d’appello non era stata prodotta la copia del decreto ingiuntivo opposto).

Cass. civ. Sez. I Sent., 16/11/2015, n. 23394.

Nel caso in cui il debitore sia dichiarato fallito nelle more dell’opposizione da lui proposta contro il decreto ingiuntivo e venga conseguentemente dichiarata l’interruzione del processo, il creditore opposto ha interesse alla riassunzione allo scopo di farne dichiarare l’estinzione, onde munire il decreto di efficacia esecutiva e renderlo opponibile al debitore una volta tornato “in bonis”.

Cass. civ. Sez. Unite Sent., 22/02/2010, n. 4071.

In tema di effetti del giudizio di rinvio sul giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, qualora alla pronunzia sul decreto sia seguita l’opposizione con il suo accoglimento (totale o parziale), e successivamente la sentenza di merito sia stata a sua volta cassata con rinvio, nel caso in cui il processo non sia stato riassunto nel termine prescritto non trova applicazione il disposto dell’art. 653 cod. proc. civ., secondo cui a seguito dell’estinzione del processo di opposizione il decreto che non ne sia munito acquista efficacia esecutiva, ma il disposto dell’art. 393 cod. proc. civ., alla stregua del quale alla mancata riassunzione consegue l’estinzione dell’intero procedimento e, quindi, anche l’inefficacia del decreto ingiuntivo opposto. Tuttavia, nel diverso caso in cui l’estinzione del giudizio di rinvio sia successiva ad una pronuncia di cassazione di una decisione di rigetto, in primo grado o in appello, dell’opposizione proposta avverso un decreto ingiuntivo, a tale estinzione consegue il passaggio in giudicato del decreto opposto, secondo quanto prevede il citato art. 653, comma primo, cod. proc. civ., che, limitatamente a questa ipotesi, prevale sul menzionato art. 393.

Cass. civ. Sez. Unite Ord., 14/05/2007, n. 10941.

Il provvedimento di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, ai sensi dell’art. 648 cod. proc. civ., non ha carattere definitivo e decisorio ed è inidoneo a contenere una statuizione sulla giurisdizione su cui possa formarsi il giudicato; esso, pertanto non preclude la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione.

Il regolamento preventivo di giurisdizione è ammissibile anche in pendenza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, poiché l’adozione del provvedimento monitorio non costituisce decisione nel merito ai sensi dell’art. 41 c.p.c. 

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 14/12/2007, n. 26372.

La scelta da parte del creditore del rito ordinario e delle forme del procedimento monitorio per la proposizione della domanda comporta che l’eventuale opposizione al decreto ingiuntivo vada a sua volta proposta nella medesima forma ordinaria, indipendentemente dalle eccezioni sollevate dall’opponente, le quali andranno delibate ai soli e diversi fini dell’ammissibilità e fondatezza dell’avversa domanda. (Fattispecie in tema di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto da lavoratore parasubordinato, spiegata con atto di citazione).

Cass. civ. Sez. I Sent., 25/11/2010, n. 23974.

E rilevabile d’ufficio, anche in sede di gravame, la nullità, ai sensi dell’art. 1283 cod. civ., della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente sul saldo passivo di conto corrente bancario, quando il giudice debba utilizzare il titolo contrattuale posto a fondamento della pretesa, come nel giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo che la banca abbia ottenuto.

Cass. civ. Sez. III Sent., 02/04/2009, n. 8028.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo da decidere secondo equità dinanzi al giudice di pace, qualora l’opponente, nel sollevare eccezione di compensazione, opponga un credito eccedente la competenza per valore del giudice medesimo introducendo, così, una controversia che non può essere decisa secondo equità, la connessione tra le cause comporta che l’intero giudizio deve essere deciso secondo diritto. Ne consegue che la sentenza del giudice di pace che, funzionalmente competente a decidere sull’opposizione al decreto ingiuntivo, abbia deciso su entrambe le domande, pur essendo incompetente a decidere sulla causa connessa, è impugnabile con l’appello e non con il ricorso per cassazione, che, se proposto, va dichiarato inammissibile

Cass. civ. Sez. III Sent., 03/12/2015, n. 24629.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione verte sulla parte opponente poiché l’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010 deve essere interpretato in conformità alla sua “ratio” e, quindi, al principio della ragionevole durata del processo, sulla quale può incidere negativamente il giudizio di merito che l’opponente ha interesse ad introdurre.

Cass. civ. Sez. III Sent., 31/03/2007, n. 8059.

La sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo che contenga la condanna alle spese del giudizio di opposizione costituisce titolo esecutivo che consente al creditore di procedere ad esecuzione forzata quanto alle spese relative al giudizio di opposizione, atteso che la medesima non è equiparabile ad una sentenza di rigetto della domanda e che, ai sensi dell’art. 282 cod. proc. civ. – come modificato dall’art. 33 della legge n. 353 del 1990 – sono provvisoriamente esecutivi tutti i capi della sentenza che contengono una condanna, ivi compreso quello relativo alle spese di giudizio.

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 13/11/2019, n. 29432.

Non è configurabile un rapporto di litispendenza tra l’opposizione a decreto ingiuntivo e l’opposizione a precetto intimato in virtù dello stesso titolo, atteso che con la prima si contesta, in sede di giudizio di cognizione, la sussistenza del credito azionato in via monitoria, mentre con la seconda è negato il diritto della controparte a procedere ad esecuzione forzata, sicché non ricorre identità né del “petitum” e neppure della “causa petendi”.

Cass. civ. Sez. III Sent., 20/01/2015, n. 818.

Nel giudizio di cognizione introdotto dall’opposizione a decreto ingiuntivo, chiesto ed ottenuto sulla base di titoli cambiari e facendo riferimento ad un determinato rapporto causale, l’opposto non può invocare, a fondamento della propria pretesa, l’esistenza di un rapporto causale diverso ed ulteriore rispetto a quello descritto nel ricorso monitorio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo concesso per un credito nascente da forniture di merce – nonostante il debitore avesse dato prova del pagamento integrale del prezzo -, poiché l’importo delle cambiali prodotte in sede monitoria eccedeva il controvalore della merce oggetto di vendita, così accogliendo l’assunto dell’opposto circa l’esistenza di finanziamenti dal medesimo erogati all’opponente in costanza del rapporto negoziale di fornitura).

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 04/07/2011, n. 14578.

Ai fini della sospensione necessaria del processo, nel quale sia stato prodotto il medesimo documento, impugnato con querela di falso in via principale in altro giudizio, occorre stabilire se l’eventuale dichiarazione di falsità del documento costituisca non già soltanto uno dei tanti elementi di valutazione, dei quali il giudice della causa asseritamente pregiudicata deve tenere conto nella formazione del proprio convincimento (ciò che implicherebbe, tutt’al più, un rapporto di pregiudizialità logica, ma non giuridica), bensì se tale dichiarazione costituisca il passaggio necessario della decisione in ordine ad un elemento costitutivo della pretesa dell’attore o di un’eccezione decisiva del convenuto in tale causa. (Nella specie, la querela di falso era stata presentata da una sola delle parti ingiunte nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo nel quale il documento era stato prodotto; la S.C. ha escluso il rapporto di dipendenza necessaria dell’una decisione rispetto all’altra).

Cass. civ. Sez. I Sent., 13/10/2020, n. 22047.

In caso di interruzione per intervenuto fallimento dell’opponente del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, quest’ultimo rimane inopponibile alla massa, mentre è interesse e onere del debitore fallito riassumere il processo nei confronti del creditore opposto, onde evitare che il provvedimento monitorio consegua la definitiva esecutorietà per mancata o intempestiva riassunzione, divenendo opponibile nei suoi confronti una volta tornato “in bonis”. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d’appello di conferma della pronuncia di primo grado, che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione a decreto ingiuntivo riassunta dal debitore dichiarato fallito).

Cass. civ. Sez. III Ord., 09/03/2006, n. 5094 .

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto di cui agli articoli 645, secondo comma, 647 e 165, primo comma, cod. proc. civ. e 71, disp. att. cod. proc. civ., in riferimento agli articoli 3, 24 e 111, primo e secondo comma, Cost., nella parte in cui si prevede che il termine per la costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo decorre dalla data di notificazione dell’atto anziché da quella della consegna di esso all’ufficiale giudiziario, apparendo tale previsione non logicamente coerente con l’interpretazione, fornita da Corte cost. n. 477 del 2002, del combinato disposto di cui agli artt. 149 cod. proc. civ. e 4, terzo comma, legge n. 890 del 1982 (secondo cui la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto anziché a quella antecedente della relativa consegna all’ufficiale giudiziario), e apparendo invece più logico far decorrere il termine dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario – evento controllabile dal giudice a differenza della data di conoscenza o conoscibilità dell’avvenuta notifica – e postergare ad un momento successivo l’assolvimento dell’obbligo di documentare l’avvenuta notificazione dell’atto al destinatario. (Solleva questione legittimità costituzionale, App. Milano, 28 Marzo 2003)

Cass. civ. Sez. III Ord., 30/11/2005, n. 26076.

L’istituto della continenza ricorre non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti e titolo e da una differenza soltanto quantitativa dell’oggetto, ma anche quando, fra esse, sussista un rapporto giuridico che, oltre ad essere pregiudiziale rispetto a quello investito dall’altra, lo contenga in senso logico e giuridico, condizionandolo quanto ad esistenza ed effetti, come nel caso in cui la “causa petendi” dell’una comprenda quella dell’altra o quando si tratti di controversie aventi ad oggetto domande contrapposte o alternative che si colleghino ad un medesimo rapporto negoziale. (Nella specie la S.C. ha ravvisato la continenza, annullando un provvedimento di sospensione ex art. 295 cod. proc civ., tra due cause, con identità di soggetti, attinenti il medesimo rapporto negoziale, delle quali una aveva ad oggetto il risarcimento dei danni subiti dall’acquirente in seguito alla risoluzione del contratto dopo la denunzia di vizi nelle forniture pattuite e l’altra l’esecuzione del contratto medesimo richiesta dal venditore mediante ingiunzione nelle more del primo giudizio).

Cass. civ. Sez. VI – Lavoro Ord., 24/07/2015, n. 15618.

In caso di riunione, per ragioni di continenza o connessione, dell’opposizione a decreto ingiuntivo con altro processo instaurato innanzi ad un diverso ufficio a seguito di procedimento cautelare “ante causam” (nella specie, un sequestro cautelare), la competenza territoriale sulle cause riunite spetta al giudice del giudizio introdotto con il ricorso monitorio, trattandosi di competenza funzionale ed inderogabile, senza che rilevi l’assenza di eccezioni di parte nel giudizio cautelare, che, in quanto tale, non è soggetto alle preclusioni ex art. 38 c.p.c.

Cass. civ. Sez. I Ord., 03/09/2009, n. 19119.

La sussistenza delle condizioni che legittimano la dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 647 cod. proc. civ., è sindacabile esclusivamente nel giudizio di opposizione, promosso ai sensi dell’art. 645 o dell’art. 650 cod. proc. civ., ovvero nel giudizio di opposizione all’esecuzione intrapresa in base al decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo, non essendo previsto alcun mezzo d’impugnazione avverso il relativo decreto, e non essendo proponibile il ricorso per cassazione. La revoca di tale provvedimento, pronunciata con decreto da parte dello stesso giudice che lo ha emesso, costituisce pertanto un provvedimento abnorme, in quanto non contemplato dall’ordinamento, ed è impugnabile con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost.

Cass. civ. Sez. I Sent., 12/02/2013, n. 3401.

In tema di formazione dello stato passivo, ed alla stregua di quanto sancito dagli artt. 52 e 95 legge fall., ove sopravvenuta la dichiarazione di fallimento del debitore ingiunto nelle more del giudizio, da lui proposto, di opposizione a decreto ingiuntivo, detto decreto, in quanto privo della indispensabile natura di “sentenza impugnabile” esplicitamente richiesta dall’art. 95, terzo comma, legge fall., norma di carattere eccezionale ed insuscettibile di applicazione analogica, deve considerarsi inopponibile al fallimento, per cui il creditore opposto deve partecipare al concorso con gli altri creditori previa domanda di ammissione al passivo. Una siffatta disciplina, peraltro, non è in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., attesa la evidente diversità tra decreto ingiuntivo opposto e sentenza impugnabile, poiché solo nella seconda l’accertamento è avvenuto nel contraddittorio delle parti; inoltre, la soggezione al concorso formale non comprime la possibilità di difesa del creditore opposto, mentre l’eccezione in favore del creditore che abbia ottenuto una sentenza impugnabile si giustifica con esigenze di economia processuale, ferma restando, comunque, la soggezione al concorso sostanziale.

Cass. civ. Sez. III Sent., 08/01/2010, n. 75.

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, la richiesta ulteriore di pagamento degli interessi convenzionali relativi al credito dedotto in sede monitoria (nella specie, per canoni locatizi) formulata dall’opposto in comparsa di risposta non implica modifica della domanda originaria, così come non integra (a maggior ragione) gli estremi di una domanda riconvenzionale, costituendo una mera “emendatio libelli”, siccome comportante un mero ampliamento del “petitum” al fine di renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere.

Cass. civ. Sez. III Sent., 03/10/2007, n. 20759.

Qualora alla data di notificazione di un decreto ingiuntivo sia pendente, davanti ad altro giudice, una diversa domanda la cui “causa petendi” sia (in tutto o in parte) identica a quella della domanda proposta nel procedimento monitorio, e nel cui “petitum” sia contenuto quello della domanda monitoria, il giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo è tenuto, con pronuncia esaustiva della sua competenza funzionale, a dichiarare la propria incompetenza, la nullità del decreto ingiuntivo e a rimettere la causa al primo giudice. (La S.C. ha affermato questo principio in una fattispecie in cui era stato incardinato fra le stesse parti prima un giudizio di opposizione al precetto fondato su vaglia cambiari e, successivamente, un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, davanti a diverso giudice, sulla base dei medesimi titoli di credito).

Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 03/11/2016, n. 22297.

È inammissibile il regolamento di competenza con il quale si deduca che il giudice, nel dichiarare la propria incompetenza, abbia omesso di revocare il decreto ingiuntivo opposto, sia perché la pronuncia di incompetenza contiene necessariamente, ancorché implicita, la declaratoria di invalidità del decreto stesso, con conseguente carenza di interesse alla formulazione di una tale doglianza, sia in quanto quest’ultima non ricade tra quelle previste dall’art. 42 cod. proc. civ., non integrando una questione di competenza.

Cass. civ. Sez. II Sent., 12/05/2016, n. 9772.

Il provvedimento dichiarativo dell’improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo per difetto di costituzione dell’opponente ha valore sostanziale di sentenza, sicché è impugnabile con l’appello e non mediante ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 17/11/2017, n. 27357.

Ai fini della sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., sussiste rapporto di pregiudizialità tra il giudizio, promosso dal cliente di un istituto di credito per ottenere il rendiconto e la restituzione di somme addebitate in conto corrente, e l’opposizione, proposta dal medesimo cliente, al decreto ingiuntivo, emesso su richiesta dello stesso istituto di credito, per ottenere il pagamento del saldo del conto, mentre il rapporto di pregiudizialità non può essere configurato rispetto all’opposizione, proposta dai fideiussori del cliente, destinatari anch’essi del menzionato decreto ingiuntivo in quanto tenuti in solido con l’obbligato principale, non essendovi rischio di contrasto tra giudicati, atteso che anche all’obbligazione solidale fideiussoria si applica il disposto dell’art. 1306 c.c., secondo cui non ha effetto contro gli altri debitori la sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido, e considerato che l’obbligazione principale e quella fideiussoria, benché fra loro collegate, mantengono una loro individualità non soltanto soggettiva, data l’estraneità del fideiussore al rapporto richiamato dalla garanzia, ma anche oggettiva, posto che la disciplina dell’obbligazione garantita non influisce su quella della fideiussione.

Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 22/05/2017, n. 12773.

Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto la restituzione di somme versate a seguito di una sentenza di condanna in primo grado, poi riformata in appello, non può essere sospeso ex art. 337, comma 2, c.p.c., in attesa della decisione sul ricorso per cassazione proposto avverso la stessa sentenza di riforma, atteso che tra i due procedimenti non ricorre un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tale da giustificare la sospensione dell’opposizione suddetta, e costituente presupposto comune alle ipotesi di sospensione sia necessaria, ex art. 295 c.p.c., che facoltativa, ex art. 337, comma 2, c.p.c., in quest’ultima occorrendo, peraltro, anche una valutazione del giudice della causa dipendente sulla controvertibilità effettiva della decisione impugnata.

Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 23/10/2015, n. 21672.

In tema di procedimento per decreto ingiuntivo, qualora il provvedimento monitorio sia stato emesso nei confronti di distinti soggetti, l’atto di citazione in opposizione è l’unico strumento con cui gli ingiunti possono sollevare qualsiasi eccezione di incompetenza del giudice che ha emesso il decreto, sicché, ove ciascuno di essi proponga separato atto di opposizione ex art. 645 c.p.c. notificandolo anche agli altri, senza però sollevare eccezione di incompetenza del giudice del monitorio, tale eccezione resta preclusa per ogni specie di competenza e non può essere svolta nella successiva comparsa di costituzione depositata in risposta all’opposizione altrui.

Cass. civ. Sez. I Sent., 26/07/2016, n. 15417.

L’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da uno dei condebitori solidali non impone l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri intimati, condebitori in solido, rispetto ai quali il decreto ingiuntivo da essi non impugnato acquista efficacia di giudicato senza che possano più giovarsi della disposizione di cui all’art. 1306 c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dal cliente nei soli confronti dell’associazione professionale e non anche del notaio aderente alla stessa, aveva rilevato il passaggio in giudicato del decreto emesso anche a favore del notaio, negando la sua qualità di litisconsorte necessario)

Cass. civ. Sez. I Ord., 25/10/2018, n. 27124.

La domanda di arricchimento senza causa è inammissibile, ove proposta dall’opposto nel giudizio incardinato ai sensi dell’art. 645 c.p.c. avverso il decreto ingiuntivo dallo stesso conseguito per il pagamento di prestazioni professionali, non potendo egli far valere in tale sede domande nuove, rispetto a quella di adempimento contrattuale posta alla base della richiesta di provvedimento monitorio, salvo quelle conseguenti alla domande ed alle eccezioni in senso stretto proposte dall’opponente, determinanti un ampliamento dell’originario “thema decidendum” fissato dal ricorso ex art. 633 c.p.c. . (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza con la quale la corte d’appello aveva escluso che, nel caso di decreto ingiuntivo ottenuto per il pagamento di prestazioni professionali, la proposizione, da parte dell’opponente, delle sole eccezioni di inesigibilità e prescrizione del credito avessero comportato l’introduzione di nuovi temi di indagine, tali da legittimare la proposizione di una nuova domanda, di arricchimento senza causa, da parte degli opposti).

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 27/11/2015, n. 24319.

Ai fini dell’esclusione di un credito dal passivo fallimentare, la contestazione sollevata dal debitore, poi fallito, con l’opposizione al decreto ingiuntivo, non è imputabile al curatore, rimasto estraneo al relativo giudizio.

Cass. civ. Sez. III Ord., 01/08/2008, n. 20925.

Nel caso di coesistenza del processo esecutivo promosso sulla base di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, del giudizio d’opposizione a decreto ingiuntivo e del giudizio d’opposizione all’esecuzione, qualora il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo disponga la sospensione della sua esecutorietà, si realizza l’ipotesi, prevista dall’art. 623, seconda ipotesi, cod. proc. civ., di sospensione dell’esecuzione disposta dal giudice dinanzi al quale è impugnato il titolo esecutivo, con conseguente impedimento della prosecuzione del processo di esecuzione, il quale non può essere riattivato fino a quando, all’esito del giudizio d’opposizione a decreto ingiuntivo, il titolo non abbia riacquistato con il rigetto dell’opposizione la sua efficacia esecutiva a norma dell’art. 653 cod. proc. civ..

Cass. civ. Sez. I Ord., 06/10/2005, n. 19491.

La decisione di primo grado che, in accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo, dichiari la nullità del decreto opposto, determina la caducazione degli atti esecutivi compiuti sulla base dello stesso, indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza; qualora, pertanto, quest’ultima sia stata impugnata, non è ravvisabile un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tra il giudizio d’impugnazione e quello promosso dall’ingiunto per ottenere la restituzione delle somme pagate in esecuzione del decreto dichiarato nullo, tale da giustificare la sospensione di quest’ultimo giudizio, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ..

Cass. civ. Sez. III, 26/09/2005, n. 18786.

Nell’ordinario giudizio di cognizione introdotto dall’opposizione a decreto ingiuntivo, solo l’opponente, nella sua posizione sostanziale di convenuto, può proporre domande riconvenzionali, e non anche l’opposto, che incorrerebbe nel divieto di proporre domande nuove, salvo il caso in cui, per effetto di una riconvenzionale proposta dall’opponente, la parte opposta venga a trovarsi nella posizione processuale di convenuto. L’inosservanza del divieto, correlata all’obbligo del giudice di non esaminare nel merito tale domanda, è rilevabile anche d’ufficio in sede di legittimità, poichè costituisce una preclusione all’esercizio della giurisdizione, che può essere verificata nel giudizio di cassazione anche d’ufficio, ove sulla questione non si sia formato, pur implicitamente, il giudicato interno.

Cass. civ. Sez. I Sent., 21/12/2007, n. 27088.

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che costituisce un normale giudizio di cognizione, la nullità del titolo negoziale posto a base della pretesa di pagamento è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 cod. civ., in sede di gravame, qualora sia in contestazione l’applicazione o l’esecuzione del contratto, in quanto la parte abbia chiesto l’adempimento delle obbligazioni da esso derivanti; in tale ipotesi, infatti, la validità dell’atto si pone come elemento costitutivo della domanda, che il giudice è tenuto a verificare. (Nella specie si trattava di un compenso per prestazioni professionali rese in favore di un ente locale, in cui veniva in contestazione la nullità per difetto di forma dell’atto; la S.C. ha ritenuto che, dovendo stabilire se il compenso sia dovuto, attraverso l’utilizzazione del titolo negoziale, il giudicante è tenuto a rilevare la nullità per difetto di forma anche d’ufficio, qualora non sia stata denunciata dall’opponente, senza che ciò comporti la violazione dei principi della domanda e della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato).

Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 19/02/2014, n. 3870.

In tema di procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo dinanzi al giudice di pace, poiché la competenza, attribuita dall’articolo 645 cod. proc. civ. all’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, ha carattere funzionale e inderogabile – stante l’assimilabilità del giudizio di opposizione a quello di impugnazione -, nel caso in cui sia proposta dall’opponente domanda riconvenzionale eccedente i limiti di valore della competenza del giudice di pace, questi è tenuto a separare le due cause, trattenendo quella relativa all’opposizione e rimettendo l’altra al tribunale.

Cass. civ. Sez. III Sent., 26/07/2016, n. 15376.

La tempestività dell’opposizione, proposta da uno dei soci di una società di persone avverso un decreto ingiuntivo emesso a carico sia della società che dei singoli soci, deve essere determinata esclusivamente assumendo come “dies a quo” la data della notifica del provvedimento monitorio al socio opponente, a nulla rilevando, ai fini del computo del termine perentorio ex art. 641 c.p.c., la solidarietà passiva con la società e con gli altri soci.

Cass. civ. Sez. I Sent., 05/03/2020, n. 6196.

Nell’ipotesi di dichiarazione di fallimento intervenuta nelle more del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dal debitore ingiunto poi fallito, la domanda è contrassegnata da improcedibilità rilevabile d’ufficio, senza che vada integrato il contraddittorio nei confronti della curatela fallimetare, in quanto il creditore opposto è tenuto a far accertare il proprio credito nell’ambito della verifica del passivo ai sensi degli artt. 92 e s. l.fall., in concorso con gli altri creditori. (In applicazione del principio, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la pronuncia con la quale erano stati condannati al pagamento di somme i soli fideiussori dell’impresa debitrice poi fallita, escludendo che dovesse integrarsi il contraddittorio nei confronti della procedura concorsuale).

Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 13/11/2015, n. 23309.

In pendenza di opposizione a decreto ingiuntivo, l’ordinanza, con la quale venga negata la sospensione dell’esecuzione provvisoria del decreto opposto, ha natura interinale ed è produttiva di effetti destinati ad esaurirsi con la sentenza che pronunzia sull’opposizione, senza interferire sulla definizione della causa, sicché non è impugnabile con regolamento di competenza neppure se la questione sulla competenza sia stata sommariamente delibata allo scopo di decidere sulla sussistenza o meno delle condizioni per la concessione della richiesta sospensione, attesa la natura strumentale e provvisoria del provvedimento, che non comporta alcuna decisione definitiva, neppure implicita, sulla competenza stessa.

Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 27/05/2011, n. 11749.

Nell’opposizione a decreto ingiuntivo, il fallimento del creditore opposto, nei cui confronti sia stata proposta dall’opponente domanda riconvenzionale, non determina l’improcedibilità dell’opposizione e la rimessione dell’intera controversia al giudice fallimentare, rimanendo il Tribunale ordinario competente per l’opposizione mentre al Tribunale fallimentare, previa separazione dei giudizi, deve essere rimessa esclusivamente la domanda riconvenzionale, in ordine alla quale soltanto sussiste, dunque, la competenza funzionale ed inderogabile di tale organo giudiziale. È fatta, comunque, salva la possibilità di sospensione del giudizio di opposizione qualora la definizione della domanda riconvenzionale sia pregiudiziale rispetto all’opposizione.

Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 19/06/2014, n. 13942.

L’ordinanza con la quale, in pendenza di opposizione a decreto ingiuntivo, è concessa o negata l’esecuzione provvisoria del provvedimento monitorio non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. – anche quando il giudice abbia conosciuto delle questioni di merito per valutare la sussistenza del “fumus” -, avendo natura anticipatoria della decisione ma senza carattere di definitività, perché i suoi effetti sono destinati ad esaurirsi con la sentenza che pronuncia sulla opposizione.

Cass. civ. Sez. II, 28/04/2006, n. 9941.

La regola posta dall’art.1453, secondo comma, cod. civ., in forza della quale la parte può sostituire la domanda di adempimento del contratto con quella di risoluzione, trova applicazione anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, comportando la possibilità che il creditore che abbia chiesto in via monitoria la prestazione pattuita domandi, nel successivo giudizio di opposizione, la risoluzione del contratto per inadempimento.

Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 11/03/2011, n. 5915.

La fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto. (Principio enunciato ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ.).

Cass. civ. Sez. I Sent., 07/05/2019, n. 12012.

E’ inammissibile la domanda, proposta dal genitore non affidatario obbligato al versamento di un contributo per il mantenimento del figlio minore, di sottrarre dalle somme dovute gli importi corrisposti, quali assegni familiari, direttamente al coniuge affidatario dal Parlamento europeo, datore di lavoro dell’onerato, qualora gli accordi tra i genitori o le statuizioni del giudice, nei processi di separazione personale e divorzio, non abbiano espressamente tenuto conto dell’ammontare di tali assegni familiari, perché trattasi di questione deducibile e non dedotta negli indicati giudizi.

Cass. civ. Sez. I Sent., 18/02/2011, n. 4043.

In tema di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, qualora il destinatario di un decreto ingiuntivo muoia prima di proporre l’opposizione, proposta poi dal suo erede, quest’ultimo è legittimato a domandare il risarcimento del danno da irragionevole durata di tale giudizio di opposizione solo iure proprio, e non anche “iure successionis”, non potendo rivendicare la successione in un diritto che non è mai sorto.

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