Eredità senza testamento: a chi va il patrimonio?

La successione ereditaria si fonda sul fatto che il patrimonio sopravvive alla morte del titolare ed è quindi necessario trasmetterlo in capo ad altre persone, gli eredi.

La nascita di questo istituto si deve ad una esigenza sociale di far continuare la vita economica anche nel momento in cui sopravviene la morte.

Chi possiede un patrimonio può decidere di gestirlo in diversi modi. Per poter avere pieno controllo sugli eredi, la soluzione è quella del testamento.

Ma se una persona decede prima di averlo stipulato oppure non intende crearne uno, cosa succede al patrimonio?

Quando ci si trova di fronte ad un’eredità a cui non è possibile applicare la successione testamentaria, si deve ricorrere alla successione legittima, come stabilito dall’art. 457 c.c.

Si tratta di una successione alternativa o complementare rispetto alla successione testamentaria, che si apre laddove il defunto non abbia integralmente disciplinato gli aspetti successori con riguardo ai propri beni caduti in successione. 

Tale successione trova la propria fonte normativa di riferimento negli artt. 565 e ss. del c.c.

1. Cos’è la successione legittima?

La successione legittima non deve essere confusa con la successione dei legittimari (ovvero la successione necessaria). Si tratta, più precisamente, di una forma di delazione ereditaria che è stata creata dal legislatore per regolamentare la gestione del patrimonio nel momento in cui non siano presenti specifiche volontà del defunto.

Essa si apre, infatti, o in caso di mancanza del testamento o nel caso in cui quest’ultimo non abbia disciplinato in modo compiuto l’intera quota dell’asse ereditario. Oppure ancora, la successione legittima, conosciuta anche come successione ab instestatoha luogo quando il testamento sia stato dichiarato nullo o annullato da parte del Giudice competente.

Come anticipato, in molti tendono ad identificare tale tipologia di successione con quella necessaria, ovvero la successione dei legittimari, ma non è così. Infatti, la successione necessaria attiene solo ed esclusivamente alle particolari tutele previste in favore del coniuge, discendenti o ascendenti, anche in presenza di un testamento. 

Ciò significa, dunque, che anche ove il de cuius abbia redatto un testamento e che con quest’ultimo abbia disposto di tutti i suoi beni, la successione necessaria può aprirsi, proprio per tutelare i soggetti sopra richiamati da disposizioni lesive dei propri diritti. 

Viceversa, successione legittima si apre solo o in mancanza dell’atto di ultima volontà per eccellenza, il testamento appunto, o se quest’ultimo non sia esaustivo poiché non regolamenta taluni beni appartenenti al de cuius. 

2. I presupposti della successione legittima 

Per quanto concerne i presupposti necessari all’apertura della successione legittima, la norma da prendere in considerazione è l’art. 457 c.c. il quale dispone che non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte quella testamentaria.

Dalla lettura della norma è chiaro, dunque, che l’assenza di una scheda testamentaria non è un requisito necessario affinché si apra la successione legittima del de cuius. Quest’ultima, ai sensi e per gli effetti dell’art. 457 c.c., potrà aprirsi anche nel caso in cui il de cuius abbia fatto testamento in vita ma solamente per la parte che nello stesso non trovi una compiuta disciplina. 

Un esempio potrebbe rendere più chiaro il tutto. Si pensi al caso in cui il testatore abbia voluto beneficiare i terzi con il suo testamento solo con disposizioni a titolo particolare(ovvero i legati). Ovviamente il testamento sarà pienamente valido ed efficace, fino a prova contraria, tuttavia, si aprirà la successione legittima che devolverà agli eredi tutto ciò che gli spetta per legge.

3. I gradi di parentela 

Prima di capire chi sono gli eredi legittimi, è bene capire cos’è il grado di parentela e come calcolarlo in modo corretto. Infatti, la disciplina per il calcolo dei gradi di parentela risulta essere di particolare importanza per tutti gli aspetti legati alla successione legittima

La norma di riferimento è l’art. 76 c.c. il quale stabilisce che nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo stipite.

Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendendo all’altro parente, sempre restando escluso lo stipite.

Anche in questo caso alcuni esempi possono rendere più chiaro il calcolo dei gradi di parentela. Si pensi ai nonni, essi sono parenti di secondo grado, poiché c’è un grado per salire ai genitori ed un grado ancora per salire ulteriormente dai genitori ai nonni per due gradi in tutto. Lo stesso dicasi per i fratelli. Per quanto riguarda i cugini, invece, si tratta di parenti di quarto grado: due gradi per salire ai nonni e altri due gradi per discendere fino ai cugini. 

Nel nostro ordinamento giuridico i gradi di parentela rilevano solo fino al sesto grado. Ad esempio, è una parentela rilevante per il nostro ordinamento quella che intercorre con il nipote di un cugino (parentela di sesto grado appunti) e non già la parentela che intercorre con il pronipote di un cugino (settimo grado).

4. Capacità di succedere

Non tutti i soggetti hanno la capacità di succedere ad un altro soggetto. L’art. 462 c.c. stabilisce, infatti, che sono capaci di succedere (ovvero di ricevere per testamento) tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione. 

Ciò significa, dunque, che la capacità di succedere è riconosciuta dalla legge a tutte le persone fisiche, sia nate che concepite. 

Anche colui (o colei) che è stato solamente concepito, infatti, ha il diritto di succedere al de cuius nei limiti di ciò che dispone il secondo comma della norma sopra richiamata. Il legislatore, in poche parole, ha previsto che, salvo prova contraria, si presume concepito al tempo dell’apertura della successione chi è nato entro 300 giorni dalla morte della persona fisica della cui successione si tratta. 

Il terzo comma dell’art. 462 c.c. prevede, altresì, che possono ricevere per testamento addirittura i figli di una persona (determinata) vivente al tempo della morte del testatore, benché non ancora concepiti. 

In realtà quest’ipotesi riguarda non la successione legittima, bensì la successione testamentaria. Ciò significa, dunque, che il nascituro non concepito può si ricevere l’altrui successione ma può farlo solo se il de cuius lo abbia istituito erede o legatario con un testamento.

Il Codice civile non annovera al suo interno una norma simile al 462 c.c. per le persone giuridiche. Questo però non significa che i soggetti di diritto come associazioni, fondazioni, comitati, società non abbiano la capacità di succedere. 

Ci sono alcune norme racchiuse all’interno del codice che presuppongono la suddetta capacità. Si pensi, ad esempio, all’art. 473 c.c. rubricata “eredità devolute a persone giuridiche o ad associazioni, fondazioni ed enti non riconosciuti”. La suddetta norma, infatti, oltre a stabilire l’obbligo di accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario(salvo per le società) conferma la capacità di succedere dei suddetti enti. 

Tuttavia, anche in questo caso, tali enti non possono succedere in mancanza di un testamento valido ed efficace. In altre parole, le persone giuridiche, le associazioni, fondazioni e gli enti non riconosciuti in generale, non sono “eredi legittimi” possono essere solo eredi testamentari.  

5. Rappresentazione e Trasmissione del diritto di accettare l’eredità 

Il chiamato all’eredità, o più precisamente il “delato” (ovvero colui a cui è offerta l’eredità del de cuius) ha il diritto di accettare l’eredità, ma cosa succede in caso di morte del delatooppure nel caso in cui non voglia o non possa accettare l’eredità?

Ebbene, occorre fare una importante distinzione, se il delato dovesse morire (o non voglia accettare l’eredità) prima dell’apertura della successione (dunque prima che muoia il de cuius) allora in questo caso potrebbe operare la rappresentazione.

Se a morire è un discendente o un fratello/sorella del de cuius allora i discendenti di questi possono subentrare nel luogo e nel grado del loro ascendente ed accettare l’eredità. 

Si pensi, ad esempio, a Tizio che ha un figlio di nome Caio, se quest’ultimo dovesse morire prima di Tizio, (il quale non ha redatto testamento) Caietto (figlio di caio e nipote di Tizio) potrà accettare l’eredità di Tizio (alla sua morte) in rappresentanza del padre. 

In questo caso il rappresentante (cioè il discendente) acquista l’eredità in forza di un effetto di legge, il che significa che deve essere degno nei confronti del primo de cuius

Viceversa, nel caso in cui il delato dovesse morire dopo l’apertura della successione ma prima di accettare l’eredità a lui devoluta, allora si applica l’art. 479 c.c. ovvero la trasmissione del diritto di accettare l’eredità in favore degli eredi. 

Anche in questo caso potrebbe tornare utile un esempio, si pensi al de cuius che non ha redatto il testamento in vita,  che ha lasciato come eredi il figlio Tizio e Caio e che quest’ultimo, prima di accettare l’eredità a lui spettante, sia morto. Ebbene, in questo caso l’eredità non spetterà tutta a Tizio perché il diritto di accettare l’eredità che aveva Caio cade nella sua successione e, pertanto, viene acquistato dagli eredi di quest’ultimo, ovvero Caietto, il quale può accettare sia l’eredità del padre che del primo de cuius. 

In questo caso, visto che il trasmissario (cioè l’erede) “trova” il diritto di accettare l’eredità del primo de cuius nell’eredità del delato che è venuto a mancare, allora è necessario accettare sia la prima eredità (cioè quella del primo de cuius) sia la seconda eredità (ovvero quella del trasmittente). 

Ciò non significa che siano necessarie due accettazioni espresse, è sufficiente che il trasmissario accetti l’eredità del primo de cuius in modo da accettare implicitamente anche quella del trasmittente ai sensi dell’art. 476 c.c. 

Conseguentemente, nel caso in cui il trasmissario dovesse rinunziare all’eredità del trasmittente, non potrà in nessun modo accettare l’eredità del primo de cuius 

6. Le quote della successione legittima 

La quota attribuita agli eredi in forza della successione legittima varia a seconda del grado di parentela che intercorre tra il delato (ovvero colui a cui è offerta la quota di eredità) ed il defunto nonché a seconda del concorso o meno con altri delati della medesima categoria ed altri appartenenti a categorie diverse. 

In genere i c.d. “chiamati in subordine” (ovvero coloro che sono esclusi dalla categoria dei successibili più prossimi del de cuius) all’apertura della successione non acquistano alcunché ma solo ed esclusivamente un’aspettativa tutelata dalla legge. 

I chiamati in subordine spesso vengono chiamati anche come semplici “chiamati” o “vocati” e non “delati” proprio in virtù del fatto che a loro non viene offerto niente. 

Con riferimento alle quote spettanti agli eredi legittimi, esse variano, come anticipato, a seconda di chi accetta o meno l’eredità a lui offerta. Nel caso in cui il de cuius lasci il coniuge ed un figlio, ad essi spettano metà del patrimonio ciascuno 

Viceversa, se dovesse lasciare, oltre al coniuge, due o più figli (lo stesso dicasi in caso di presenza di fratelli e sorelle o ascendenti) spetta un terzo del patrimonio al coniuge mentre due terzi ai figli. 

Ove, il de cuius lasci solamente il coniuge senza altri soggetti a lui successibili, l’intero suo patrimonio spetta al coniuge superstite. Lo stesso dicasi per il caso in cui il de cuius lasci solo un figlio e nessun altro. 

Nel caso in cui, invece, i figli del de cuius dovessero essere due o più (e senza coniuge) spetta l’intero patrimonio ai figli in parti uguali tra loro. 

Infine, con riferimento alle ipotesi più residuali, ove il de cuius lasci solo gli ascendenti spetta un mezzo del patrimonio agli ascendenti in linea paterna ed un mezzo agli ascendenti in linea materna. Se invece lascia solamente i fratelli e sorelle, ad essi spetta l’intero patrimonio del de cuius in parti uguali. 

6.1. Chi sono gli eredi del patrimonio senza testamento?

L’art. 565 c.c. stabilisce chi sono i beneficiari di una successione legittima. Più precisamente, i successori che subentrano nel patrimonio senza testamento sono divisi in tre ordini principali: il coniuge, i parenti (ovvero i discendenti, gli ascendenti nonché i fratelli e sorelle), gli altri parenti collaterali entro il sesto grado e lo Stato. Ogni ordine di successori esclude quello precedente fino ad arrivare all’ultimo gradino in cui si trova lo Stato.

Occorre, infine, precisare che tali soggetti non succedono tutti contemporaneamente bensì secondo l’ordine e secondo le regole fissate dall’art. 565 c.c. Inoltre, i fratelli e gli ascendenti possono diventare eredi del de cuius solo se questo non ha figli, ergo, non è mai possibile che si verifichi nell’alveo della successione legittima, una successione sia dei figli che dei fratelli o ascendenti del de cuius. 

6.2. Il coniuge del patrimonio senza testamento

Il coniuge è il primo nella lista dei successori e ottiene il patrimonio sulla base del numero di figli che concorrono con lui.

Prima di analizzare nel dettaglio quali sono le quote che spettano al coniuge in caso di successione legittima, è bene precisare un aspetto. Quando si parla di coniuge, infatti, si fa riferimento anche all’unito civilmente

Infatti, ormai tutte le previsioni contenute in testi normativi (ad esempio leggi, atti aventi forza di legge e regolamenti) atti amministrativi e contratti collettivi, che fanno riferimento al matrimonio, al coniuge o utilizzano termini equivalenti, si applicano anche alle parti di un’unione civile tra persone dello stesso sesso. 

Il coniuge ottiene del patrimonio senza testamento:

  • L’intero ammontare se non ci sono figli;
  • Metà del patrimonio se concorre insieme ad un solo figlio, ex art. 581 c.c.;
  • Un terzo del patrimonio se sono presenti due o più figli;
  • Due terzi se concorre con gli ascendenti legittimi, fratelli e sorelle.

Cosa succede se il coniuge è separato o divorziato?

Nel caso in cui sia separato, se non gli è stata addebitata la separazione, gode degli stessi diritti del coniuge non separato.

Al contrario, se ricade su di esso la colpa della separazione, ha diritto solamente ad un assegno vitalizio se percepiva gli alimenti nel momento in cui è morto il coniuge.

Se invece è divorziato, la situazione cambia completamente. Ha diritto ad un assegno solamente nel caso in cui versi in grave stato di bisogno, diversamente non può concorrere con gli altri eredi alla successione del patrimonio senza testamento.

6.2.1. I diritti successori del convivente 

Quando si parla di convivente è necessario distinguere tra il convivente di fatto e la persona unita civilmente. L’unione civile, in estrema sintesi, si costituisce mediante dichiarazione resa dinanzi all’Ufficiale di stato civile alla presenza di due testimoni. 

Lo status giuridico che deriva dall’unione civile è analogo a quello del matrimonio come anticipato. Sicché in caso di morte di una persona unita civilmente, l’altro convivente ha il diritto ad essere chiamato alla successione nel medesimo modo del coniuge

Cosa completamente diversa avviene in caso di convivenza di fatto, ovvero, in poche parole, la convivenza tra due persone maggiorenni uniti da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolati da alcun rapporto di parentela, adozione, affinità, matrimonio o da unione civile. Tale convivenza può essere “riconosciuta” o meglio, attestata, da una autocertificazione resa dinanzi al Comune di residenza. 

Fatte le debite premesse, occorre ora capire quali sono i diritti successori spettanti al convivente di fatto. Ebbene, la Legge del 20 maggio 2016 n. 76 prevede che il c.d. convivente di fatto superstite ha il diritto di continuare ad abitare all’interno della comune abitazione dopo la morte del convivente, per un periodo di due anni o pari alla convivenza, se superiore, ma comunque non superiore a cinque anni. 

Ciò significa, in poche parole, che, eccetto il diritto sopra menzionato, al convivente di fatto non spetta alcunché alla morte del convivente. Infatti, le persone legate da una convivenza di fatto non diventano reciprocamente eredi, ergo potrebbe essere opportuno redigere apposito testamento

6.3. La successione dei figli e dei nipoti

Se alla morte del padre non è presente il coniuge, l’intera eredità spetta ai figli.

Per quanto riguarda i figli è doverosa una premessa. Sono considerati allo stesso modo:

  • Figli legittimi, quelli che sono nati all’interno del matrimonio;
  • Figli naturali, ossia quelli nati fuori dal matrimonio, verso i quali la filiazione sia stata riconosciuta o dichiarata giudizialmente;
  • Figli legittimati, nel caso in cui i genitori abbiano contratto matrimonio dopo la nascita del figlio;
  • Figli adottivi.

Nel momento in cui siano presenti dei figli, questi ereditano tutti in parti uguali.

Come anticipato, una disciplina particolare è stata prevista per il caso del nascituro già concepito o non concepito ai sensi dell’art. 462 c.c.

6.4. Gli ascendenti, i fratelli e le sorelle nel patrimonio senza testamento

Nel caso in cui non ci siano figli del defunto, si passa alla successione degli ascendenti, di fratelli e di sorelle.

Se il defunto non ha lasciato figli, fratelli o sorelle, sono i genitori i primi a succedere. Diversamente, nel caso in cui non lasci neanche i genitori, succedono gli ascendenti, la linea paterna concorre su metà dell’eredità mentre quella materna sull’altra metà.

Quando il defunto lascia fratelli e sorelle, questi succedono in parti uguali. Se è presente anche il coniuge, ai fratelli è devoluto un terzo dell’eredità.

Per quanto riguarda fratelli e sorelle è necessaria una precisazione. Gli unilaterali, ossia coloro che hanno in comune un solo genitore, hanno diritto a metà della quota riservata ai germani, ossia quelli che hanno in comune sia la madre che il padre.

6.5. I parenti entro il sesto grado

Nel caso in cui manchino tutti le classi precedenti, ad ereditare il patrimonio senza testamento sono i parenti fino al sesto grado.

Tra i parenti di grado più vicino l’eredità si divide in parti uguali, escludendo quindi quelli di grado più lontano.

6.6. Lo Stato nel patrimonio senza testamento

Se non vi siano nemmeno parenti entro il sesto grado, l’art. 586 c.c. stabilisce che l’eredità deve essere devoluta allo Stato.

L’acquisto da parte dello Stato del patrimonio avviene di diritto, senza che sia necessaria accettazione e non è possibile ricorrere alla rinuncia.

Abbiamo detto che l’interesse del legislatore è quello di trovare un titolare per il patrimonio vacante, che amministri i beni continuando i rapporti patrimoniali. Tuttavia, lo Stato non risponde dei debiti ereditari e dei legati che eccedano il valore del patrimonio che ha acquistato.

7. Cosa avviene dopo l’apertura della successione legittima 

Giunti a questo punto occorre analizzare cosa succede dopo l’apertura della successione del de cuius al fine di comprendere quali sono gli adempimenti necessari da fare. Visto e considerato che manca una scheda testamentaria dove il testatore avrebbe potuto mettere nero su bianco la propria volontà, e che non tutti possono sapere se il de cuius abbia avuto o meno diritti reali su beni mobili o immobili, gli eredi hanno l’obbligo di presentare apposita dichiarazione di successione presso l’Agenzia delle Entrate.

Tale dichiarazione deve essere resa entro e non oltre 12 mesi dalla data di apertura della successione, ovvero, in poche parole, dalla morte del de cuius. 

Pertanto, la prima cosa da fare è raccogliere tutta la documentazione necessaria affinché possa essere materialmente presentata la dichiarazione di successione. In genere la stessa va presentata al proprio commercialista di fiducia o altri professionisti (come, ad esempio, un Caf) che la presenterà all’Agenzia delle Entrate. 

Fatto ciò, occorre informarsi ed accertare l’esistenza di tutti i beni, mobili o immobili, che compongono l’asse patrimoniale del de cuius e della relativa ubicazione. 

Altra operazione importantissima che non deve essere sottovalutata è ricostruire l’ordine degli eredi a cui spetta il diritto di accettare l’eredità. In base a tale verifica, come anticipato, è fondamentale accertare il grado di parentela e tenere presente che la successione legittima opera entro e non oltre il sesto grado

Nel caso, piuttosto remoto in realtà, che non dovessero esservi parenti fino al sesto grado, la legge prevede, come anticipato, che i beni caduti in successione vengano devoluti allo Stato

Ancora, prima di recarsi dinanzi al Pubblico Ufficiale per poter accettare l’eredità, è importante verificare se esista o meno un testamento che riporti le volontà del de cuius. La presenza di quest’ultimo, infatti, potrebbe impedire l’apertura della successione legittima.

Altro accertamento importante da fare è capire se il de cuius avesse o meno terreni e se questi rientrino o meno nel novero dei terreni agricoli o edificabili. Tutto quello che occorre fare è richiedere al Comune del luogo in cui è collocato il bene, il Certificato di Destinazione Urbanistica (CDU). 

Dopo aver presentato la dichiarazione di successione presso l’Ufficio del Registro delle imprese, sono previsti 30 giorni di tempo per poter presentare apposita richiesta di volturapresso l’ufficio provinciale competente. Tale atto è fondamentale per poter aggiornare i dati catastali e rendere così edotti i terzi in ordine alla titolarità attuale dei beni. Una volta effettuata la voltura, infatti, i beni immobili figureranno come di proprietà degli eredi. 

8. Accettare o rinunziare all’eredità 

Ogni erede legittimo ha il diritto di accettare o meno l’eredità a lui devoluta dalla legge. Ciò significa, in poche parole, che per poter accettare, così come rinunziare, è necessario un atto di volontà espressa da parte del delato. 

La rinunzia all’eredità può avvenire nelle forme e nei termini previsti dalla legge, dunque, fino a quando non si è perduto il diritto di accettare l’eredità ovvero entro 10 anni dall’apertura della successione. Trascorsi inutilmente quest’arco temporale, il delato non può in nessun modo accettare l’eredità in quanto il suo diritto si è ormai prescritto. 

Per quanto concerne la forma della rinunzia, invece, essa può essere effettuata solo dinanzi a pubblico ufficiale, ovvero dinanzi al Notaio o dinanzi al cancelliere del Tribunale del circondario ove si è aperta la successione. 

Per quanto concerne l’accettazione dell’eredità, invece, essa può avvenire sia in modo espresso con dichiarazione resa innanzi a Notaio o al Cancelliere, tacitamente, oppure con beneficio d’inventario

9. Accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario

L’accettazione con beneficio dell’inventario è disciplinata dagli artt. 484 c.c. la quale, diversamente dall’accettazione tacita o espressa, esclude la confusione del patrimoniodell’erede con quello del de cuius.

In virtù dell’accettazione beneficiata l’erede risponde dei debiti ereditari e dei legati intra vires cum viribus hereditatis, ovvero, nei limiti del valore dei beni costituenti il patrimonio ereditario e con i soli beni ereditari. 

Questa particolare modalità di accettazione dell’eredità è sia facoltativa che obbligatoria, a seconda del soggetto chiamato. Più precisamente, solo i soggetti di cui agli artt. 471, 472 e 473 c.c. sono tenuti obbligatoriamente ad accettare l’eredità con il beneficio dell’inventario. Si tratta dei soggetti minori, interdetti, minore emancipato, inabilitato e per le associazioni, fondazioni e persone giuridiche eccetto le società

10. Accettazione tacita dell’eredità 

Merita di essere analizzata separatamente l’accettazione tacita dell’eredità ai sensi dell’art. 476 c.c. La norma appena citata stabilisce che l’accettazione è tacita quando il soggetto chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare l’eredità e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede. 

In poche parole, colui il quale pone in essere determinati atti, implicitamente dimostra di essere intenzionato ad accettare l’eredità, a prescindere da ciò che dichiara all’esterno. 

Generalmente gli atti in questione sono quelli dispositivi, ovvero quelli che determinano la disposizione di un diritto che appartiene all’asse ereditario. Si pensi, ad esempio, al figlio del de cuius che, dopo la morte del padre, inizia a vendere i beni presenti nella casa di famiglia o decide di impossessarsi dell’oro di famiglia etc. 

Ancora, si ha accettazione tacita anche in altri casi previsti dalla legge, ad esempio nel caso in cui il chiamato nel possesso dei beni non redige l’inventario nei modi e nei termini previsti dall’art. 485 c.c. Lo stesso avviene anche nel caso in cui un chiamato sottragga uno o più beni dall’asse dell’eredità. 

In questi casi gli atti che determinano accettazione tacita non implicano, in realtà, la volontà di accettare l’eredità ma è un effettoquasi punitivo, ricondotto dal legislatore a chi ha un determinato comportamento al fine di tutelare i terzi.

11. La rinunzia che implica accettazione 

Diversamente da come si potrebbe pensare, anche la dichiarazione di rinunzia all’eredità può comportare come effetto l’accettazione della stessa. L’art. 478 c.c. stabilisce, infatti, che la rinunzia ai diritti di successione, qualora sia fatta verso corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, importa accettazione dell’eredità.

Questa norma non deve essere sottovalutata in quanto ha importanti implicazioni. Il rinunziante, infatti, nonostante la dichiarazione resa, diventa a tutti gli effetti un erede, il che significa che risponde di tutti i debiti ereditari così come previsto dalla legge. 

Le ipotesi previste dall’art. 478 c.c. sono essenzialmente due: la rinunzia all’eredità posta in essere verso un corrispettivo  e la rinunzia a titolo gratuito fatta solamente in favore di alcuni chiamati. 

12. Gli effetti della rinunzia sulla successione legittima 

Come anticipato, i chiamati all’eredità hanno il diritto di accettare o di rinunziare. Ma cosa accade quando un chiamato dovesse decidere di non accettare la quota di eredità prevista dalla legge? A fornire una risposta, ancora una volta, è il Codice civile. 

Più precisamente, l’art. 522 c.c. stabilisce che nelle successioni legittime la parte di colui che rinunzia all’eredità si accresce a coloro che avrebbero concorso con il soggetto rinunziante, salvo il diritto di rappresentazione ex artt. 467 e ss. del c.c e salvo il disposto dell’ultimo comma dell’art. 571 c.c. 

Nel caso in cui il soggetto rinunziante sia il solo chiamato, l’eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe ove mancasse il rinunziante. 

Pertanto, nelle successioni legittime, la parte di eredità del soggetto rinunziante viene devoluta come segue: 

  • per rappresentazione: i discendenti subentrano agli ascendenti nel luogo e nel grado del soggetto ascendente in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità o il legato; 
  • in caso di concorso tra i genitori (o ascendenti) e fratelli o sorelle, se entrambi i genitori rinunziano o non possono succedere, la loro quota di eredità si devolve agli ascendenti ulteriori ex art. 571 comma 3 c.c; 
  • per accrescimento: ovvero la quota del soggetto rinunziante si “accresce” a quella degli altri eredi. 

13. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso

Come avrai notato, la disciplina prevista la successione legittima è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi e ponderare diverse opzioni per addivenire ad una scelta adeguata.

Proprio per questo motivo, al fine di proteggere e difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.

Un Professionista di ObiettivoProfitto.it saprà aiutarti nel migliore dei modi.

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