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L’esecuzione forzata, che segue l’azione del creditore in caso di inadempimento, vede come uno dei momenti centrali il c.d. pignoramento. Capita spesso che le persone si obblighino nei confronti di altre per ricevere un credito necessario per dei pagamenti ingenti.
Oppure, può accadere anche che sia indispensabile versare una somma di denaro per altri scopi, per i quali il debitore non si sia vincolato volontariamente come, per esempio, il pagamento per un risarcimento danni, a seguito di una sentenza di condanna.
L’assunzione di un debito comporta, infatti, la valutazione delle proprie capacità di solvenza, al fine di prevenire eventuali azioni esecutive, le quali rischiano di essere economicamente più onerose della prestazione, in concreto, dovuta. È importante, allora, valutare se si è effettivamente in grado di ripagare tutto il proprio debito al soggetto che ha concesso il prestito.
Tuttavia, possono verificarsi delle situazioni in conseguenza delle quali non si riesce ad onorare il debito complessivo nelle modalità e nelle tempistiche prestabilite dal contratto. Numerosi sono gli eventi della vita che incidono negativamente, generando una crisi di liquidità, come la perdita del lavoro o improvvise ed urgenti spese, la crisi della nostra impresa.
Quando si contrae un credito, il soggetto esercente deve godere della sicurezza di poter rivedere la cifra che ha fornito in anticipo e, di conseguenza, chiede una garanzia sui beni del debitore.
Se il debitore non è in grado di saldare il suo debito si ritrova coinvolto nel c.d. pignoramento.
Laddove fossi interessato, in quanto esposto ad eventuali azioni esecutive, in specie il pignoramento, ti invitiamo nella prosecuzione della lettura. Con il presente articolo ci proponiamo di offrirti un quadro chiaro ed esaustivo della disciplina in materia.
1. Il processo di esecuzione
Prima di procedere alla disamina del pignoramento, possiamo prima di tutto spiegarti cos’è il processo di esecuzione. Disciplinato dal Libro III del codice del processo civile, esso viene promosso in tutti quei casi in cui il debitore non esegua spontaneamente l’obbligo derivante da un titolo esecutivo, senza che sia necessario procedere ad ulteriori accertamenti giudiziali.
Quindi, l’oggetto di tale azione esecutiva è la realizzazione in concreto della pretesa dedotta in obbligazione, di cui è titolare il creditore.
Il processo di esecuzione forzata non segue un unico modello, sono previste dal codice varie forme, che corrispondono alle diverse esigenze legate alle modalità di attuazione richieste per ogni diritto sostanziale fatto valere. Tuttavia, sono comunque ricorrenti alcuni elementi specifici che sono ricorrenti in ogni processo di esecuzione.
In primo luogo, i soggetti principali dell’attività processuale sono quattro:
- creditore, che è il promotore dell’azione e delle successive operazioni;
- debitore, il quale è colui che subisce il processo e l’azione esecutiva, eventualmente promuove opposizione;
- ufficiale giudiziario, ossia l’organo che provvede all’esecuzione in senso stretto, cioè all’attività che si caratterizza per atti che incidono sulla realtà materiale e corrispondono alle c.d. operazioni;
- il giudice, colui il quale provvede al controllo dell’intero processo, la cui attività è per lo più ordinatoria e assume in genere le forme dell’ordinanza e del decreto.
1.1. Tipi di esecuzione
Come evidenziato nel paragrafo precedente esistono vari tipi di esecuzione. Il modello impiegato non dipende solo dal diverso diritto azionato ma ha anche a che fare con le modalità concrete di attuazione. VI sono, infatti, situazioni in cui i diritti possono esser fatti valere coattivamente nella loro specificità. Ad esempio, ciò accade nel caso in cui il creditore ha diritto alla consegna di una cosa specifica, ai sensi dell’art. 1930 c.c..
In altre situazioni, il diritto non può essere specificamente realizzato, ove sussistano limiti materiali oppure per limiti legati al rispetto della libertà della persona.
In questo ambito, la differenza tra l’eseguibilità in forza specifica o meno si riflette sul piano processuale. In base ad una prima ripartizione, quindi, si parla di esecuzione in forma generica ed esecuzione in forma specifica.
L’esecuzione in forma generica è l’unico procedimento in forma generica ed è diretto a sottrarre al debitore quei beni di valore sufficiente a soddisfare le pretese del creditore, previa trasformazione degli stessi in denaro a mezzo di vendita coattiva.
Al suo interno si divide in:
- espropriazione mobiliare presso il debitore;
- espropriazione mobiliare presso terzi;
- espropriazione immobiliare;
- espropriazione di beni indivisi;
- espropriazione contro il terzo proprietario.
Un’ulteriore tipologia di espropriazione è per la consegna di cose mobili o rilascio di beni immobili. Tale procedura è promossa quando il creditore che vuole ottenere la disponibilità materiale di un determinato bene mobile o immobile.
Inoltre, l’espropriazione si dice forzata degli obblighi di fare o di non fare quando, mediante l’azione, il creditore consegue l’esatta prestazione di fate o l’eliminazione di quanto fatto in violazione di un obbligo di non fare.
2. Espropriazione forzata in generale
L’espropriazione forzata in generale è la procedura all’interno della quale si inserisce l’atto di pignoramento. Essa riguarda il denaro del debitore e i suoi beni di pronta e facile liquidabilità, cioè che possono esser facilmente trasformati in denaro.
La struttura del procedimento si conforma alle modalità attraverso le quali si realizza l’attività di sottrazione dei beni e le successive operazioni di vendita per la trasformazione dei beni in denaro.
La disciplina si articola in diverse fasi:
- pignoramento,
- intervento dei creditori;
- vendita forzata e assegnazione;
- distribuzione della somma ricavata.
2.1. Tipologie di espropriazione
Questa è la struttura base sempre ricorrente in ogni forma di espropriazione. Poi il codice prevede tre discipline alternative che integrano le disposizioni base, che variano a seconda dell’oggetto dell’espropriazione.
Si parla di:
- espropriazione mobiliare presso il debitore, per i crediti di denaro o altri beni mobili, che possono esser facilmente reperiti presso i luoghi messi nella disponibilità del debitore;
- espropriazione mobiliare presso terzi, quando si intende soddisfare i crediti di denaro del debitore con beni del debitore, che tuttavia non sono nella sua disponibilità;
- espropriazione immobiliare, che ha ad oggetto beni immobili.
Il creditore è libero di scegliere il procedimento, non essendo in alcun modo vincolato dalla legge a perseguire uno determinato. Si ricorda, tuttavia, che l’art. 2911 c.c. prevede un limite, impone al creditore che è titolare di una garanzia reale di sottoporre a esecuzione primariamente i beni gravati dal pegno, ipoteca o privilegio speciale.
Il creditore può inoltre impiegare cumulativamente diversi mezzi di espropriazione forzata. Tuttavia, il giudice dell’esecuzione, su opposizione del debitore, può limitare l’attività all’impiego di un unico mezzo di espropriazione.
3. Il pignoramento
Il pignoramento è la fase procedurale che dà avvio al procedimento di esecuzione forzata. Come poc’anzi asserito, esso è una delle conseguenze più gravose per il debitore, che in genere si identifica con il richiedente un finanziamento, laddove si trovi nello stato di non poter adempiere all’obbligazione contratta.
Sebbene il suo impiego sembri piuttosto frequente nell’ambito dei rapporti con gli istituti finanziari, il pignoramento è l’ordinario strumento a cui ricorrere in caso di inadempimento. Infatti, l’art. 491 c.p.c. stabilisce che, salvo per le ipotesi di cui all’art. 502 c.p.c., l’espropriazione forzata si inizia sempre con il pignoramento.
Uno degli esempi più consueti, quindi, è la sottoscrizione di un mutuo. Laddove tu abbia stipulato un contratto con una banca e non hai restituito in tempo tutte le rate che erano state previste, il creditore, in questo caso l’istituto bancario, può decidere di rivalersi sulla tua casa od altri tuoi beni.
In modo piuttosto sintetico, possiamo dire che il pignoramento è, quindi, un atto che viene notificato nella procedura di espropriazione forzata, attuata obbligatoriamente nel momento in cui il debitore diventa insolvente.
Nel richiedere la notifica dell’atto di pignoramento, il creditore stesso manifesta la necessità dell’intervento dell’ufficiale giudiziario, per vedersi restituita la somma prestata ai fini del credito.
Si tratta di un procedimento esecutivo che, prima di tutto, ingiunge al debitore di saldare il proprio debito e, se questo non fosse in grado di onorarlo, l’atto automaticamente sottrarrebbe dal patrimonio del debitore alcuni dei suoi beni, per venderli tramite asta giudiziaria.
Nel momento in cui il debitore non riesce a pagare il suo debito, il creditore può appropriarsi di alcuni dei suoi beni per soddisfare il proprio diritto di veder rientrare la cifra che ha prestato inizialmente.
3.1. Effetti del pignoramento
Il pignoramento assolve alla funzione di vincolare i beni espropriati per evitare che il debitore possa alienarli o comunque disporne. Pertanto, il principale effetto perseguito è quello di rendere inefficaci gli atti di disposizione compiuti dal debitore dopo che siano stati pignorati. Si tratta, quindi, di un’inefficacia relativa, l’eventuale atto di disposizione del debitore rimane valido ma è privo di effetti solo nei confronti del creditore procedente e degli intervenuti.
Tuttavia, sono fatti salvi gli effetti del possesso in buona fede, per i mobili non iscritti in pubblici registri. Mentre rispetto agli atti anteriori al pignoramento stesso, essi in genere prevalgono sul pignoramento. Gli artt. 2914 ss c.c. prevedono una serie di atti capaci di ledere il creditore pignorante e i creditori che intervengono nell’esecuzione, sebbene anteriori al pignoramento, che sono quindi sottratti alla norma generale sugli atti anteriori.
Da un punto di vista soggettivo, il pignoramento è un atto posto in essere dall’ufficiale giudiziario, per il suo compimento è però necessario che il creditore faccia apposita istanza ed esibisca il titolo esecutivo ed il precetto ritualmente notificati.
Il pignoramento, nella sostanza, è un’ingiunzione formale che l’ufficiale giudiziario rivolge al debitore. Si chiede, in tal modo, al debitore di astenersi da qualsiasi altro atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito individuato beni di valore corrispondente.
3.2. Forma e contenuto dell’atto di pignoramento
La disciplina dell’atto di pignoramento subisce delle modifiche a seconda che esso abbia ad oggetto beni mobili e immobili. Nel primo caso la normativa di riferimento è prevista agli artt. 492 c.p.c. e 518 c.p.c., mentre nel secondo la norma è individuabile all’art. 555 c.p.c..
Nel caso del pignoramento mobiliare opera la regola generale del 492 c.p.c. come richiamato dall’art. 518 c.p.c.: “Salve le forme particolari previste nei capi seguenti , il pignoramento consiste in una ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi”.
A tale ingiunzione seguirà poi la ricerca del beni, presso il domicilio o altri luoghi di disponibilità del debitore, da parte dell’ufficiale giudiziario.
Per quanto riguarda, invece, il pignoramento immobiliare, l’art. 555 c.p.c. stabilisce che l’atto dovrà contenere:
- i requisiti di qualsiasi atto di parte previsti dall’art. 125 c.p.c.;
- l’esatta indicazione dei beni e diritti immobiliari che si intende sottoporre ad esecuzione. In particolare dovranno essere indicati gli estremi richiesti dalla legge per l’individuazione dell’immobile ipotecato: natura dell’immobile; destinazione urbanistica: comune di appartenenza; numero di partita catastale o delle mappe censuarie e almeno tre confini;
- infine l’ingiunzione al debitore di cui all’art. 492 primo comma c.p.c., di astenersi dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito indicato i beni oggetto di espropriazione e i relativi frutti.
- deve contenere l’invito a dichiarare la propria residenza o a eleggere il domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. Viene inoltre avvertito che in caso di irreperibilità presso la residenza o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni verranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice. La dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio devono essere effettuate presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione.
- Si ricorda, inoltre, che il debitore deve essere avvertito del fatto che può sostituire i beni pignorati con una somma di denaro pari all’importo debito. Tale operazione può essere effettuata fin quando non sia disposta la vendita e l’assegnazione.
3.3. La notifica degli atti
Prima di arrivare al vivo dell’iter di pignoramento, hanno luogo le notifiche degli atti.
Il primo atto ad essere notificato è quello di precetto, il quale si sostanzia in un atto del creditore diretto nei confronti del debitore che lo intima al pagamento del debito. Diversamente, l’atto di pignoramento è un atto esecutivo dell’ufficiale giudiziario che viene notificato entro i 90 giorni seguenti al precetto.
Quest’ultimo è un’intimazione ad adempiere all’onere derivante dal diritto di credito, come risultante dal titolo, entro un termine determinato dal creditore, ma che, di regola, non deve essere inferiore a 10 giorni.
Decorso suddetto termine dalla notifica dell’atto di precetto, si procede alla trascrizione del predetto, laddove abbia ad oggetto beni immobili.
A tali adempimenti, invero, potrebbe provvedere anche il creditore procedente.
A seguito dell’ultima notificazione, l’ufficiale giudiziario è tenuto a consegnare l’atto di pignoramento e la nota di trascrizione, restituitagli dal Conservatore dei registri immobiliari, al creditore o al suo avvocato.
3.4. Pignoramento: tutte le altre attività
Possiamo poi procedere anche ad esaminare alcune situazioni che possono eventualmente verificarsi in costanza o in relazione al pignoramento. Ad esempio se i beni pignorati appaiono insufficienti, cosa accade?
In questa ipotesi, al fine di soddisfare il creditore, l’ufficiale giudiziario può invitare il debitore ad indicare altri beni utilmente pignorabili, indicando i luoghi in cui essi si trovino o le generalità dei terzi che ne hanno la disponibilità.
L’ufficiale giudiziario sarà poi tenuto a redigere un processo verbale sulle dichiarazioni rese dal debitore. Quest’ultimo dovrà poi provvedere a sottoscriverlo. Se il debitore indica cose mobili, queste sono considerate pignorate dal momento della dichiarazione. A seguito, l’ufficiale provvederà ad accedere ai luoghi in cui si trovano i beni. Se sono indicati crediti o altre cose mobili che sono in possesso di terzi, il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore dal momento della dichiarazione e questi è costituito custode della somma o della cosa quando il terzo, adempia al pagamento o restituisca il bene prima della notifica dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c..
Può anche accadere, invece, che i beni diventino insufficienti dopo che sia intervenuto il creditore. In questo caso, il creditore ha a propria disposizione il rimedio di cui all’art. 499 c.p.c., ossia va a chiedere all’ufficiale giudiziario di procedere ad esercitare uno specifico potere. Egli può indicare agli intervenuti di indicare ulteriori beni pignorabili ed estendere il pignoramento agli stessi.
3.5. Autorizzazione alle ricerche
Uno dei momenti fondamentali del pignoramento è l’autorizzazione alle ricerche. La disciplina in questione è rinvenibile negli artt. 492 e 492 bis c.p.c.. Su istanza del creditore, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, o il domicilio o la dimora o la sede, può autorizzare alle ricerche con modalità telematiche dei beni, successivamente alla verifica dell’esistenza del diritto.
L’art. 492 co. 7 prevede poi che sia ove non siano individuati i beni pignorabili, sia ove siano divenuti insufficienti a soddisfare il creditore, su istanza del creditore procedente, l’ufficiale giudiziario può rivolgersi ai soggetti gestori dell’anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche. Oppure, lo stesso ufficiale giudiziario, con autorizzazione del presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, può accedere direttamente ai dati contenute nelle banche dati pubbliche.
Laddove il debitore sia anche imprenditore, l’ufficiale giudiziario può anche avere accesso alle scritture contabili, con nomina di un professionista per procedere all’esame ed individuare i crediti e i beni pignorabili. A tale procedura si accede mediante istanza del creditore stesso.
3.6. Conversione e riduzione del pignoramento
Dopo l’esecuzione del pignoramento, il debitore può procedere ad esercitare altre due specifiche facoltà, ossia:
- la conversione del pignoramento: disciplinata all’art. 495 c.p.c. individua l’ipotesi mediante la quale il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro di pari valore. Tale somma, invero, dovrà comprendere anche: le spese sostenute per l’esecuzione, l’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, inteso sia come capitale, che interessi e spese;
- la riduzione del pignoramento: tale fattispecie è invece disciplinata all’art. 496 c.p.c.. Essa identifica l’ipotesi in cui il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti. Si procede su istanza del debitore o anche d’ufficio, al giudice, il quale, sentiti i creditori, sia pignorante che intervenuti, può disporre che il pignoramento sia ridotto.
3.7 Intervento dei creditori
Anche nell’ambito del procedimento di pignoramento deve sempre essere garantito il principio di cui all’art. 2741 c.c., ossia della par condicio creditorum. In base a tale assunto, ciascuno dei creditori ha eguale diritto di essere soddisfatto sui beni del debitore.
Sul piano sostanziale, tuttavia, sempre più frequentemente il principio in questione viene sovente derogato. Ricordiamo a tal proposito la proliferazione di patrimoni destinati, che tendono, appunto a circoscrivere la c.d. responsabilità generica del debitore. Una deroga, poi, espressamente prevista dalla legge è individuata anche nelle cause legittime di prelazione, quali privilegi, pegni ed ipoteche. Infatti, questi ultimi possono essere soddisfatti in via prioritaria sui beni oggetto del diritto di prelazione.
Sul piano più propriamente processuale, invece, la regola della par condicio è limitata dalle modalità proprie dell’espropriazione. La distribuzione del denaro derivante dall’attività in esame, a seguito della vendita coattiva, produce effetti in vantaggio del creditore pignorante e degli altri creditori che siano intervenuti nel processo esecutivo.
Una prima forma di intervento nel processo esecutivo è la partecipazione all’atto di pignoramento stesso. In questo caso, più creditori possono, contemporaneamente, o successivamente, partecipare al pignoramento.
Tuttavia, la forma di intervento più frequente è quella che si effettua mediante la partecipazione alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita, di cui tratteremo di seguito. L’art. 499 c.p.c., infatti, prevede che possono intervenire nel processo di espropriazione:
- i creditori muniti di titolo;
- i creditori che avevano eseguito il sequestro sui beni al momento del pignoramento;
- i creditori che, al momento del pignoramento, avevano un diritto di pegno, o altra prelazione risultante da pubblici registri;
- i creditori che, al momento del pignoramento, erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalla scritture contabili.
In questo caso, l’intervento si effettua nell’udienza in cui è disposta la vendita o assegnazione, tramite ricorso. In tale ipotesi, il ricorso si intende tempestivo e il creditore interveniente ha diritto a partecipare al ricavato dell’espropriazione, oltre che a provocare i singoli atti della procedura esecutiva.
Entro 10 gg, i creditori privi di titolo esecutivo devono notificare il ricorso al debitore. In tal modo, egli potrà, in sede di udienza di comparizione, procedere a riconoscere tutti o alcuni diritti di credito. Se il debitore non compare si intendono riconosciuti tutti i diritti di credito.
Se il debitore disconosce alcuni crediti, i creditore in questione hanno diritto all’accertamento della pretesa, se ne fanno istanza e dimostrino di aver proposto l’azione necessaria a munirsi del titolo nei 30 gg successivi all’udienza.
3.8. La vendita o assegnazione
La vendita forzata è una modalità tramite la quale si realizza l’esecuzione forzata o espropriazione forzata, grazie ad essa si liquida un determinato bene materiale, al fine di consentire il soddisfacimento dei creditori. Il pignoramento perde efficacia se nei 45 gg che decorrono dal suo compimento non viene presentata istanza di vendita o assegnazione. Per la presentazione dell’istanza è previsto anche un termine dilatatorio. Infatti, l’istanza può essere proposta dopo che siano decorsi 10 gg dal pignoramento.
La vendita forzata ha come scopo quello di trasformare in denaro i beni assoggettati a pignoramento.
La disciplina in tema di effetti della vendita forzata è prevista all’art. 2919 c.c.:”La vendita forzata trasferisce all’acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subìto l’espropriazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede. Non sono però opponibili all’acquirente i diritti acquistati da terzi sulla cosa, se i diritti stessi non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell’esecuzione”.
Questa procedura determina a favore del terzo acquirente, un acquisto a titolo derivativo. Nonostante sia connotato dall’assenza dell’elemento della volontarietà, dell’accordo quale composizione degli interessi delle parti, questo atto comunque non è causa di un acquisto a titolo originario.
La natura di acquisto a titolo derivato, comunque, non esclude alcuni peculiari effetti. All’aggiudicatario, ad esempio, non sono opponibili i diritti acquistati da terzi sul bene.
La vendita, inoltre, produce il c.d. effetto purgativo, in quanto comporta l’estinzione dei diritti di prelazione, come disposto dall’art. 586 c.c., nonché del diritto di seguito, che gravavano sul bene pignorato.
Differente dalla vendita, è l’assegnazione, che consiste invece nel conferimento diretto del bene pignorato al creditore. Si tratta di una sorta di datio in solutum che si basa sulla relazione tra il valore del bene e l’entità del credito preteso e deve tenere conto anche dell’eventuale intervento degli altri creditori.
Come la vendita, anche l’assegnazione produce un effetto traslativo, in quanto i beni assegnati, come i venduti, passano nella proprietà dell’assegnatario.
3.8.1. Distribuzione della somma ricavata
Il provento dell’assegnazione, vendita, o il ricavo di una multa e del risarcimento di danno da parte dell’aggiudicatario costituiscono la somma da distribuire.
Le regole sulla distribuzione, invero, dipendono anche dalla presenza di un solo creditore o di più creditori. Se il creditore è unico, il giudice sentito il debitore, provvede a favore del creditore a disporre il pagamento di quanto gli spetta. Invece, ove siano più creditori, è necessario prima sentire tutti i creditori, poi si redige un progetto di distribuzione tendendo conto di privilegi e cause di prelazione. Sono inoltre accantonate somme che spetterebbero ai creditori intervenuti, ma privi di titolo esecutivo.
Ove le parti non raggiungano un accordo, provvederà il giudice a disporre il presente programma di distribuzione.
Per quanto riguarda poi i criteri di riparto, si applicano le disposizioni previste dal codice civile. Quindi, si dà priorità alle spese di giustizia, poi devono essere soddisfatti i creditori con diritto di prelazione e poi ai creditori chirografari tempestivi. Da ultimo, sono soddisfatti i chirografari tardivi.
4. Il pignoramento immobiliare
Come è intuibile dal nome, è un pignoramento che va a colpire i beni immobili del debitore, uno o più di uno, sui quali era stata precedentemente istituita un’ipoteca immobiliare.
I beni sui quali viene esercitato il pignoramento sono quelli sui quali il debitore gode del diritto di proprietà, di usufrutto o di superficie. Inoltre, sono interessate anche tutte le pertinenze, come garage e cantine, i mobili con i quali è arredato e i frutti pendenti.
Prima di ricevere l’atto di pignoramento, deve essere notificato l’atto di precetto. Tramite questo, il creditore invita il debitore a pagare il debito che ha ancora pendente e funge da preavviso di un imminente procedimento esecutivo.
Nel caso in cui il debitore non abbia liquidità, l’atto di pignoramento diventa esecutivo e si procede con l’iter del pignoramento.
In questo caso specifico, per recuperare la cifra iniziale prestata dal creditore, l’immobile viene venduto all’asta e il ricavato viene corrisposto al creditore nei limiti dell’ammontare del debito.
Una delle novità in materia riguarda la possibilità al debitore, prima di subire il pignoramento finale, di venire a patti con i creditori proponendo un piano consumatore o un accordo di composizione della crisi.
4.1. Il procedimento
Dopo che sia stato effettuata la notifica del precetto, si adotta la vera e propria procedura di pignoramento. Come suddetto, trascorsi 10 giorni dall’atto di notifica, si procede alla trascrizione e alla relativa consegna al creditore e al suo rappresentante.
A seguito delle modifiche apportate dalla riforma del 2019, si è ammessa la facoltà del giudice di ordinare la liberazione dell’immobile pignorato. Tramite quest’atto si intima al debitore di rilasciare l’immobile, quando:
- è ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti;
- l’immobile non è adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, a causa della condotta dolosa o colposa del debitore o membri del nucleo familiare;
- il debitore viola gli altri obblighi posti a suo carico;
- l’immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare.
Tuttavia, è opportuno ritenere che questa sia un’ipotesi estrema a cui ricorrere solo in queste determinate eccezioni, ove sia palese la necessità di adottare il presente rimedio.
Si accede alla vendita mediante istanza, proposta dal creditore pignorante o dal creditore intervenuto, laddove sia munito di titolo esecutivo.
Questa deve essere presentata decorso del predetto termine di 10 giorni dalla notifica dell’atto in questione, come disciplinato dall’art. 501 c.p.c., e comunque non oltre 45 giorni dal pignoramento stesso, solo in tal modo sarà possibile evitare che esso perda efficacia.
A seguito dell’istanza di vendita ed entro 15 giorni dal deposito della documentazione catastale, il giudice dell’esecuzione nomina un esperto. Questo sarà chiamato a redigere una relazione sulla situazione giuridica del bene, oltre che ad eseguire la stima del suo valore economico.
Il giudice, contestualmente, fissa anche l’udienza per la comparizione delle parti e dei creditori. Al termine della stessa, può decidere di disporre la vendita con ordinanza
4.2. La vendita
Nel pignoramento mobiliare, la vendita non è alternativa all’assegnazione, questa può essere chiesta solo all’esito negativo della vendita con incanto. Decorso il termine di 10 gg dalla notifica del pignoramento, il creditore pignorante e ognuno dei creditori muniti di titolo possono chiedere la vendita dell’immobile.
Il creditore che intende presentare istanza di vendita deve provvedere entro 60 gg dal deposito del ricorso ad allegare l’estratto del catasto, nonché i certificati di iscrizione e trascrizione relativi all’immobile.
A seguito dell’istanza il giudice provvede a nominare l’esperto entro 15 gg dall’istanza. Questo dovrà, in primo luogo giurare e sottoscrivere il verbale di accettazione. Il giudice fissa poi l’udienza di comparizione. L’esperto procede alla valutazione e alla stima dell’immobile.
Il giudice può disporre che la vendita sia effettuata nelle forme dell’incanto o senza incanto. Nel primo caso si procede alla vendita mediante asta giudiziaria, mentre nel secondo sono presentate offerte di acquisto, non in sede di asta. Il giudice può anche disporre la vendita senza incanto, ove si concluda con esito negativo.
5. Il pignoramento mobiliare
Questa tipologia di pignoramento, a differenza della precedente, riguarda i beni contenuti all’interno dell’immobile, quindi beni mobili, che abbiano carattere accessorio o pertinenziale, oltre ad auto e moto, che si trovano presso la proprietà.
Sussiste una differenza sostanziale rispetto al pignoramento immobiliare. Nella tipologia precedente abbiamo detto che, dopo la notifica di precetto, viene notificato anche l’atto di pignoramento.
In questo caso, invece, dopo la notifica del precetto l’ufficiale giudiziario può presentarsi direttamente a casa del debitore per reclamare quanto necessario al fine del pagamento.
5.1. Beni pignorabili e non pignorabili
I beni oggetto di pignoramento sono quelli di maggior valore e che possono essere venduti più facilmente all’asta, tutto entro l’importo del debito e delle spese per la procedura. Quindi, nella ricerca, l’ufficiale giudiziario dovrà preferire i beni che sono di pronta e facile liquidazione.
Non possono essere oggetto di esecuzione forzata:
- i beni strettamente personali: l’anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli e le sedie per mangiare, gli armadi, i cassettoni, il frigorifero, le stufe e i fornelli da cucina, la lavatrice, gli utensili di casa e il mobile che li contiene, con esclusione dei mobili di pregio artistico o di antiquariato;
- le decorazioni al valore, lettere, registri e scritti di famiglia, e manoscritti tranne che facciano parte di una collezione;
- i commestibili e combustibili necessari a far fronte al mantenimento del debitore e della sua famiglia;
- le armi;
- gli animali da compagnia e quelli impiegati a fini terapeutici o di assistenza al debitore;
- le cose sacre e che servono all’esercizio del culto.
Sussistono poi alcune limitazioni con riferimento ad altre tipologie di beni:
- gli attrezzi per la coltivazione del fondo: possono essere pignorati solo se non ci sono altri beni mobili;
- i beni strumentali, ossia quelli necessari all’esercizio della professione o del mestiere o dell’arte del debitore: sono pignorabili nei limiti del loro valore, solo ove il valore derivante dalla liquidazione degli altri beni non appaia sufficiente a soddisfare il credito.
5.2. Il procedimento
A differenza di quanto accade nel pignoramento immobiliare, dove è necessario notificare precetto e atto di pignoramento, per poi procedere alla trascrizione, ivi la procedura è molto semplificata.
E’ sufficiente che il creditore procedente si rivolga all’ufficiale giudiziario territorialmente competente una richiesta di pignoramento, consegnando il titolo esecutivo su cui si fonda il credito ed il precetto debitamente notificato.
Se il titolo esecutivo è valido, l’ufficiale giudiziario deve procedere alla prima fase del procedimento di pignoramento, cioè la ricerca dei beni.
La ricerca dei beni da pignorare è eseguita:
- nella casa del debitore,
- negli altri luoghi a lui appartenenti,
- sulla persona del debitore,
- in luoghi non appartenenti al debitore se ivi si trovino cose determinate di cui il debitore può direttamente disporre e previa autorizzazione del Tribunale del circondario competente per territorio.
L’ufficiale giudiziario sceglie le cose che ritiene di più facile e di pronta liquidazione, dando preferenza al denaro contante, agli oggetti preziosi e titoli di credito.
Al termine della procedura di ricerca, redige il processo verbale sull’attività compiuta, mentre sarà compito del creditore procedere all’iscrizione al ruolo entro 15 giorni dalla consegna del predetto.
6. Il pignoramento presso terzi
Quest’ultima tipologia di pignoramento ha come oggetto dei beni del debitore che però si trovano nella disponibilità di terze parti. In genere, esso riguarda i crediti che il debitore vanta verso i terzi o beni mobili che non sono nella sua disponibilità, ma in possesso di terzi.
In molti casi si tratta di redditi, più che di beni, come ad esempio la pensione o lo stipendio. Non di rado, invece, può sostanziarsi nel pignoramento del conto corrente o del TFR.
Questa è una forma di pignoramento che si connota per la necessaria collaborazione o partecipazione del terzo al porcesso esecutivo. E’ necessario accertare che questo sia effettivamente debitore del debitore o se sia in possesso dei beni, che si intendono pignorare. Esso risponde ad una duplice finalità:
- da un lato impedisce al terzo di pagare il credito o consegnare la cosa al debitore;
- da altro si verifica l’esistenza del credito e la disponibilità del bene.
A dare il via all’iter di pignoramento presso terzi è la notifica dell’atto che va ad avvisare il debitore di astenersi dal sottrarre le somme presenti. L’atto deve contenere:
- ingiunzione al debitore, prevista all’art. 492 c.p.c.;
- indicazione del credito per il quale si procede;
- indicazione delle cose o delle somme dovute e intimazione al terzo di non disporne;
- dichiarazione di residenza o elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente, oltre all’indicazione dell’indirizzo pec;
- citazione del debitore a comparire davanti al giudice, con invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c.. Al terzo è inoltre comunicato che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, questa dovrà esser resa in apposita udienza.
L’atto di pignoramento, in questo caso, è notificato sia al debitore sia al terzo pignorato. La notifica dell’atto ad entrambi serve a rendere consapevole il terzo dell’esistenza della procedura. In tal modo si eviterà che egli disponga della somma pignorata in favore del debitore.
6.1. Crediti impignorabili in caso di pignoramento presso i terzi
Nell’ambito del pignoramento presso i terzi, l’art. 545 c.p.c. prevede che non possono essere pignorati alcuni crediti, distinguendo in due categorie.
Alla prima appartengono i crediti assolutamente impignorabili, come i crediti alimentari, aventi ad oggetto sussidi ai poveri o sussidi per malattia e maternità, funerali, cassa assicurazione, ed enti di assistenza o beneficenza.
Mentre alla seconda appartengono:
“Le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette”.
6.2. La dichiarazione del terzo
Come evidenziato nei precedenti paragrafi, il terzo deve procedere ad una dichiarazione. L’art. 543 c.p.c. afferma che il terzo è tenuto ad inviare una dichiarazione al creditore procedente a mezzo raccomandata o trasmessa mediante pec. In essa è necessario specificare:
- le cose o le somme di denaro del debitore di cui si è in possesso;
- i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato.
Oggi, a differenza di quanto accadeva in costanza della disciplina previgente, non è più necessario un giudizio di cognizione approfondito sulla dichiarazione. Ove il terzo non proceda a rendere la dichiarazione, sarà chiamato in apposita udienza, fissata dal giudice.
In caso di mancata comparizione o mancata dichiarazione, il credito pignorato si intende non contestato ai fini del procedimento in corso.
7. Come il debitore può evitare il pignoramento
Il debitore, per evitare che i suoi beni siano intaccati dal pignoramento, può saldare la cifra che costituisce il suo debito, nonché gli interessi e le spese giudiziarie direttamente all’ufficiale giudiziario. Questo, infine, ha l’incarico di pagare il creditore.
Nel pignoramento di cose, il debitore può consegnare una somma che sia pari alla somma del suo credito e delle spese, maggiorata del 20%.
In determinate circostanze, e in accordo con i creditori, il giudice può anche decidere di ridurre la portata del pignoramento.
7.1. Sospensione e rinegoziazione
La sospensione del mutuo è una soluzione sorta dalla necessità sollevata soprattutto dai clienti delle banche, che richiedono il finanziamento, ove non riescano più a far fronte al pagamento delle rate pattuite.
Perciò, è possibile chiedere all’istituto una sospensione della quota capitale contenuta nelle rate, quindi esclusi gli interessi, per un massimo di 12 mesi. A tale facoltà si può accedere tramite richiesta solo per due volte ma tra una e l’altra devono intercorrere almeno 24 mesi.
Diversamente, la rinegoziazione consiste nella modifica delle condizioni all’interno del contratto di mutuo. Questo sistema consente di pagare una rata mensile più bassa di quelle pagate fino a quel momento. A seguito di nuove trattative con la banca si procede ad allungare il periodo di finanziamento e di restituzione del prestito.
La rinegoziazione è un modo per proteggere i beni immobili dal pignoramento, perché ti consente di avere più tempo per estinguere il tuo debito.
7.2. Opposizioni
A tal proposito, invero, il legislatore ha previsto la possibilità di esperire due tipologie di azioni, volte ad ostacolare la procedura esecutiva. Queste sono le seguenti forme di opposizione:
- opposizione all’esecuzione, ai sensi degli artt. 615 e 616 c.p.c.;
- opposizione agli atti esecutivi ai sensi degli artt. 617 e 618 c.p.c..
L’opposizione all’esecuzione, di cui agli artt. 615 e 616 c.c., è un atto con il quale il debitore contesta l’esistenza del diritto del creditore a procedere all’esecuzione, l’inesistenza o la modificazione del diritto attribuito dal titolo esecutivo, oppure ancora l’ammissibilità della pretesa coattiva.
I soggetti legittimati a proporre opposizione all’esecuzione sono coloro che hanno interesse a contestare il diritto del creditore, con lo scopo di prevenire la procedura di esecuzione forzata.
Quindi sono legittimati sia il debitore esecutato, prima che abbia provveduto all’alienazione del bene pignorato. Infatti, in tal caso egli avrebbe perso l’interesse all’azione.
Altrettanto legittimato è il terzo possessore o detentore del bene, oggetto della procedura.
Mentre ha carattere parzialmente differente l‘opposizione agli atti esecutivi. La disciplina della fattispecie in esame è contenuta agli artt. 617 e 618 c.c..
Qui il debitore o il terzo proprietario o il destinatario di un atto dell’esecuzione, esercita l’azione al fine di far valere i vizi relativi alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto.
Con la stessa azione, inoltre, sono fatti valere anche i vizi degli atti del processo esecutivo. La funzione dell’opposizione agli atti esecutivi è quella di prevenire la conclusione del procedimento espropriativo, con l’intento di escludere l’eventuale liquidazione dei beni.
Possono proporre l’azione tutti coloro che siano eventualmente danneggiati dall’atto esecutivo, quindi:
- debitore;
- proprietario del bene;
- perfino dal creditore.
In breve sintesi, l’opposizione all’esecuzione può essere proposta quando sussistono motivi di carattere sostanziale, che impediscono la conclusione del procedimento espropriativo.
Mentre l’opposizione agli atti esecutivi presuppone dei vizi ed irregolarità formali del procedimento, così come espletato. Sono considerati atti esecutivi tutti quelli prodotti su impulso di parte e del giudice, non solo quindi titolo e precetto.
8. La prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione sul pignoramento
Cass. civ. Sez. III Ord., 07/03/2022, n. 7342.
In tema di pignoramento immobiliare, gli errori o le imprecisioni di identificazione del bene negli atti di provenienza sono di per sé irrilevanti rispetto ai terzi di buon fede che abbiano eseguito il pignoramento dopo aver diligentemente verificato i registri immobiliari, né l’indicazione nel pignoramento o nella sua nota di trascrizione di dati catastali non aggiornati ha alcun effetto invalidante, ove non vi sia comunque incertezza sulla fisica identificazione dei beni ed ove sussista continuità tra i dati catastali precedenti e quelli corretti al momento dell’imposizione del vincolo, sì che l’erroneità di per sé considerata non comporti alcuna confusione sui beni che si intendono pignorare.
Cass. civ. Sez. II Ord., 24/02/2022, n. 6113.
In caso di pignoramenti riuniti in danno dello stesso debitore, il giudice, al fine di attribuire l’obbligo di anticipazione delle spese, ai sensi dell’art. 8, comma 1, d.P.R. n. 115 del 2002, è tenuto a individuare quale dei creditori procedenti abbia concretamente promosso gli atti della procedura esecutiva attraverso la formulazione delle relative istanze e il compimento dei necessari atti, non essendo all’uopo sufficiente che il creditore procedente abbia effettuato il secondo pignoramento successivo e riunito al primo.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 21/11/2019, n. 30500.
In tema di pluralità di pignoramenti sugli stessi beni, la dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva originata da un singolo atto di pignoramento non fa venire meno gli effetti di quelli eventualmente successivi ed autonomi; in ogni caso, la violazione in buona fede, da parte del terzo, degli obblighi di custodia di cui all’art. 546 c.p.c. non fa cessare gli effetti conservativi del pignoramento né pregiudica i diritti del creditore procedente, salvo il diritto del medesimo terzo ad ottenere il risarcimento del danno dal responsabile del suo errore.
Cass. civ. Sez. III Sent., 30/10/2007, n. 22860.
Ai sensi dell’art. 2790 cod. civ. il creditore pignoratizio ha normalmente la custodia del bene pignorato, che si sostanzia nell’obbligo di mantenere la cosa nel medesimo stato e modo di essere in cui si trovava al momento costitutivo dell’obbligo (ovvero all’atto della sua consegna), con la conseguente necessità di adottare tutte le misure al riguardo idonee, in relazione alle circostanze concrete del caso, rispondendo in caso contrario il suddetto creditore della perdita e del deterioramento della cosa stessa secondo le regole generali.
Cass. civ. Sez. III, 22/02/2006, n. 3952.
Con riferimento all’opposizione all’esecuzione proposta dall’esecutato, unitamente alla richiesta di condanna del creditore pignorante al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata, ex art. 96, secondo comma, cod. proc. civ., per eccessività dell’espropriazione, il rapporto tra ammontare dei beni pignorati e necessità del processo esecutivo non può essere aprioristicamente determinato, dal momento che, nel corso del processo, sono consentiti gli interventi dei creditori i quali, se privilegiati, concorrono sul ricavato conservando la loro prelazione e, se chirografari, concorrono a parità degli altri, ove spieghino rituale e tempestivo intervento. Pertanto, il creditore pignorante è legittimato ad espropriare più di quanto sarebbe necessario per soddisfare il suo credito e il giudice cui sia richiesta la riduzione del pignoramento deve tener conto di questa eventualità nell’esercizio del potere discrezionale di cui all’art. 496 cod. proc. civ., senza che possa ritenersi sussistente l’illegittimità del procedimento per il solo fatto del pignoramento di beni immobili in eccesso.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 15/09/2020, n. 19123.
L’errore sugli elementi identificativi dell’immobile pignorato non è causa di nullità dell’atto di pignoramento, salvo che induca incertezza assoluta sul bene gravato.
Cass. civ. Sez. III Ord., 07/06/2022, n. 18331.
In tema di espropriazione presso terzi, il pignoramento di un credito ereditario da parte di un coerede nei confronti di altro coerede comporta che, ove il procedente non abbia espressamente limitato l’oggetto del pignoramento alla sola quota di spettanza del proprio debitore, il terzo pignorato è tenuto a versare l’intero importo del credito, dal momento che, a differenza dei debiti ereditari (che si dividono automaticamente “pro quota” ex art. 752 c.c.), i crediti ereditari ricadono nella comunione e possono, pertanto, essere fatti valere per l’intero da ciascuno dei coeredi, restando affidata la successiva ripartizione fra gli stessi al giudizio di divisione.
Cass. civ. Sez. III Sent., 13/02/2009, n. 3531.
In tema di esecuzione forzata, i creditori muniti di titolo esecutivo hanno la facoltà di scelta tra l’intervento nel processo già instaurato per iniziativa di altro creditore e l’effettuazione di un nuovo pignoramento del medesimo bene; nel secondo caso, il pignoramento autonomamente eseguito ha un effetto indipendente da quello che lo ha preceduto, nonché quello di un intervento nel processo iniziato con il primo pignoramento. Ne consegue, proprio in base al principio di autonomia dei singoli pignoramenti di cui all’art. 493 cod. proc. civ., che se da un lato il titolo esecutivo consente all’intervenuto di sopperire anche all’eventuale inerzia del creditore procedente, dall’altro lato, tuttavia, la caducazione del pignoramento iniziale del creditore procedente, qualora non sia stato “integrato” da pignoramenti successivi, travolge ogni intervento, titolato o meno.
Cass. civ. Sez. III, 28/02/2017, n. 5037.
L’instaurazione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo (oggi la contestazione della dichiarazione del terzo ai sensi dell’art. 549 c.p.c. come sostituito dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228) non costituisce condizione di proponibilità della domanda risarcitoria, potendo tutt’al più la mancata contestazione della dichiarazione del terzo rilevare come fatto colposo del creditore, la cui valutazione ai sensi dell’art. 1227, comma primo o comma secondo, c.c., costituisce oggetto di un accertamento di fatto demandato al giudice di merito. Ne consegue che l’azione di responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. da parte del creditore procedente che assuma di avere subito danni per la dichiarazione falsa o reticente resa dal terzo pignorato nel processo di espropriazione presso terzi può essere esperita con giudizio autonomo e distinto da questo processo.
Cass. civ. Sez. III Ord., 09/05/2022, n. 14542.
In tema di esecuzione forzata immobiliare, sussiste l’interesse del debitore a proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il decreto di trasferimento, al fine di far valere la difformità delle modalità di pagamento del prezzo di aggiudicazione rispetto alle indicazioni contenute nell’avviso di vendita, consentendogli l’annullamento dell’aggiudicazione di evitare l’immediata perdita della proprietà dell’immobile pignorato e di conservare la possibilità di pervenire alla definizione della procedura esecutiva con modalità alternative alla liquidazione dei suoi beni.
Cass. civ. Sez. III Sent., 20/04/2015, n. 7998.
In materia di espropriazione immobiliare, il pignoramento, pur componendosi di due momenti processuali, cui corrispondono i due diversi adempimenti della notifica dell’atto al debitore esecutato e della sua trascrizione nei registri immobiliari, è strutturato come fattispecie a formazione progressiva, nella quale, mentre la notificazione dell’ingiunzione al debitore segna l’inizio del processo esecutivo (e produce, tra gli altri effetti, quello dell’indisponibilità del bene pignorato), la trascrizione ha la funzione di completare il pignoramento, non solo consentendo la produzione dei suoi effetti sostanziali nei confronti dei terzi e di pubblicità notizia nei confronti dei creditori concorrenti, ma ponendosi anche come presupposto indispensabile perché il giudice dia seguito all’istanza di vendita del bene.
Cass. civ. Sez. III Sent., 18/08/2011, n. 17367.
La trascrizione del pignoramento immobiliare nei registri immobiliari è elemento necessario perché tale atto produca i suoi effetti, sicché la sua cancellazione, indipendentemente dalla validità o meno del titolo in base al quale essa è stata effettuata, impedisce di dare seguito all’istanza di vendita del bene immobile pignorato, giacché la cancellazione medesima opera come autonoma causa di estinzione della pubblicità, che ne fa venir meno gli effetti rispetto ad ogni interessato.
Cass. civ. Sez. I Sent., 15/05/2014, n. 10683.
L’art 2917 cod. civ., ai sensi del quale l’estinzione del credito pignorato per cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha effetto in pregiudizio dei creditori, non si riferisce soltanto ai fatti volontari (quali il pagamento, la novazione, la rimessione), ma a qualunque causa estintiva, in quanto il pignoramento comporta l’indisponibilità e la separazione dal restante patrimonio del credito pignorato, che resta, pertanto, insensibile a tutte le posteriori cause di estinzione, ivi compresa la compensazione legale per effetto della coesistenza dei reciproci crediti e debiti verificatasi dopo il pignoramento.
Cass. civ. Sez. III Sent., 16/05/2014, n. 10826.
Il pignoramento della quota di società a responsabilità limitata, eseguito in epoca anteriore alla riforma del diritto societario del 2003, è opponibile al terzo acquirente della medesima se il trasferimento sia iscritto nel libro dei soci successivamente alla notifica del pignoramento alla società, posto che l’acquirente viene in possesso della quota ed è messo nelle condizioni di esercitare i diritti inerenti lo “status” di socio solo dal momento dell’iscrizione.
Cass. civ. Sez. III Sent., 12/02/2008, n. 3276.
Nell’espropriazione presso terzi, il pignoramento impone al terzo pignorato di non compiere atti che determinino l’estinzione del credito attraverso il pagamento o il trasferimento del credito ad altri. Ne consegue che nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi il terzo pignorato non é parte necessaria qualora non sia interessato alle vicende processuali relative alla legittimità e alla validità del pignoramento e dalle quali dipende la liberazione dal relativo vincolo.
Cass. civ. Sez. III Sent., 03/09/2007, n. 18538.
In materia di esecuzione, la determinazione della somma di denaro da versare in sostituzione delle cose pignorate, che il giudice opera ai sensi dell’art. 495 cod. proc. civ., comporta una valutazione sommaria delle pretese del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nonché delle spese già anticipate e da anticipare e non deve tenere conto dell’esistenza o dell’ammontare dei singoli crediti e della sussistenza dei diritti di prelazione, in quanto tali questioni possono porsi solo in sede di distribuzione della somma ricavata dalla vendita ai sensi dell’art. 512 cod. proc. civ., fatta salva la possibilità che il debitore contesti, con l’opposizione all’esecuzione, l’esistenza del credito, ovvero che lo stesso è inferiore a quanto dovuto. Né può affermarsi che tale soluzione comporta un ingiustificato aggravio del principio di economia processuale, in quanto imporrebbe al debitore esecutato di contestare l’esistenza del credito od il suo ammontare in sede di distribuzione della somma depositata ovvero con opposizione agli atti esecutivi, considerato il diverso principio in materia, che è quello della sollecita definizione della pretesa dei creditori istanti, questi sì pregiudicati dalle contestazioni dei crediti.
Cass. civ. Sez. III Sent., 14/07/2009, n. 16375.
La locazione di un bene sottoposto a pignoramento stipulata senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, in violazione dell’art. 560 cod. proc. civ., non comporta l’invalidità del contratto ma solo la sua inopponibilità ai creditori e all’assegnatario, precisandosi che il contratto così concluso non pertiene al locatore – proprietario esecutato, ma al locatore – custode, e che le azioni da esso scaturenti devono essere esercitate dal custode.
Cass. civ. Sez. III Sent., 09/08/2007, n. 17481.
L’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art 495 cod. proc. civ., in sede di conversione del pignoramento, determina la somma di denaro da versare in sostituzione delle cose pignorate non esplica alcuna funzione risolutiva delle contestazioni sulla sussistenza e sull’ammontare dei singoli crediti o sulla sussistenza dei diritti di prelazione né ha contenuto decisorio rispetto al diritto di agire “in executivis”. Pertanto l’opposizione proposta contro il provvedimento di conversione é inquadrabile nel modello di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ. e con la stessa l’opponente non può limitarsi ad affermare in modo generico la non corrispondenza della somma sostitutiva fissata dal giudice al diritto, ma é tenuto ad indicare in modo specifico, gli elementi di fatto e le ragioni di diritto per cui chiede che il provvedimento sia dichiarato illegittimo. Tale opposizione concerne, quindi, la verifica che la determinazione in concreto effettuata dal giudice dell’esecuzione é conforme ai criteri di cui alla norma indicata, mentre non riguarda l’accertamento dell’esistenza o dell’ammontare del credito del creditore pignorante o dei creditori intervenuti, che é questione proponibile o in sede di distribuzione a norma dell’art. 512 cod. proc. civ. ovvero mediante opposizione ex art. 615 cod. proc. civ.. (Nella specie, in applicazione del riportato principio, la S.C. – non avendo a tanto provveduto il giudice di merito – ha rilevato che erroneamente con l’opposizione agli atti esecutivi era stato contestato il diritto a pretendere gli interessi, diritto da contestare, invece, mediante opposizione all’esecuzione in quanto attinente all’ammontare del credito esecutato, ed ha dichiarato inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta, cassando senza rinvio la sentenza impugnata).
Cass. civ. Sez. III Sent., 05/03/2020, n. 6170.
In tema di prescrizione del credito oggetto di pignoramento, i singoli atti del procedimento esecutivo portati a conoscenza del terzo o da questo compiuti sono idonei a determinare un effetto interruttivo sul piano sostanziale ai sensi degli artt. 2943 ss. c.c.; ne consegue che la prescrizione del credito è interrotta, con effetto esclusivamente istantaneo, dalla notificazione al “debitor debitoris” dell’atto di pignoramento e comunque dalla dichiarazione di quantità positiva del terzo, in quanto sostanzialmente equiparabile ad un atto di riconoscimento del debito, o dall’accertamento giudiziale del suo obbligo, ma non dall’emissione dell’ordinanza di assegnazione del credito.
Cass. civ. Sez. III Sent., 04/10/2010, n. 20596.
Nell’espropriazione di crediti presso terzi, il creditore non ha l’obbligo di consegnare materialmente all’ufficiale giudiziario il titolo esecutivo, essendo sufficiente la mera esibizione di esso. Ne consegue che il creditore, dopo avere proceduto ad un primo pignoramento presso terzi, può successivamente pignorare un ulteriore credito del proprio debitore esibendo all’ufficiale giudiziario il medesimo titolo esecutivo, e senza necessità di munirsi di una seconda copia in forma esecutiva di quest’ultimo.
Cass. civ. Sez. III Sent., 05/03/2020, n. 6170.
L’atto di pignoramento presso terzi ha carattere interruttivo ed eventualmente sospensivo della prescrizione, ai sensi degli artt. 2943 e 2945 c.c., esclusivamente in relazione al diritto fatto valere dal creditore procedente contro il debitore e non in relazione al credito pignorato.
Cass. civ. Sez. III Sent., 08/02/2013, n. 3075.
In tema di espropriazione immobiliare, non sono opponibili al creditore pignorante, il quale abbia provveduto a trascrivere il pignoramento in danno del soggetto individuato secondo la data di nascita risultante dall’atto di acquisto dei beni da sottoporre ad esecuzione, né l’eventuale erroneità delle generalità ivi indicate, riportate pure nelle note di trascrizione, né, conseguentemente, l’acquisto da parte di terzi trascritto, sia pure in tempo anteriore al pignoramento, nei confronti del debitore identificato sulla base di dati che, per quanto reali, siano però difformi da quelli emergenti dal medesimo titolo di provenienza.
Cass. civ. Sez. III Sent., 09/07/2020, n. 14597.
Qualora un pignoramento presso terzi abbia ad oggetto un credito che è stato già azionato in sede esecutiva, il terzo pignorato, a seconda dei tempi delle due procedure, può proporre opposizione ex art. 615 c.p.c. avverso la procedura intentata ai suoi danni, al fine di dedurre il definitivo venir meno della titolarità del credito in capo al proprio creditore, ma solo se e nella misura in cui sia stata già pronunciata l’ordinanza di assegnazione implicante la sostituzione del proprio creditore con i creditori che quel credito hanno pignorato, oppure ha l’onere di dichiarare quella circostanza, ai sensi dell’art. 547 c.p.c., nella procedura di espropriazione presso terzi, rimanendo altrimenti esposto al rischio di restare obbligato sia nei confronti del proprio creditore originario sia del “creditor creditoris”. Quest’ultimo, a sua volta, apprendendo notizia dell’azione esecutiva intrapresa dal suo debitore può sostituirsi allo stesso in forza dell’ordinanza di assegnazione del credito, che determina una successione a titolo particolare nel diritto in base all’art. 111 c.p.c., oppure mediante istanza di sostituzione in forza dell’art. 511 c.p.c..
Cass. civ. Sez. III Sent., 04/08/2017, n. 19485.
In tema di espropriazione presso terzi, ove il “debitor debitoris”, destinatario di un’ordinanza di assegnazione del credito, emetta in pagamento di essa un assegno (bancario o circolare), ciò impedisce, ove in seguito il terzo debitore riceva la notifica di un pignoramento del credito oggetto dell’ordinanza di assegnazione a carico del detto creditore assegnatario, di considerare esistente, agli effetti dell’art. 2917 c.c. ed ai fini dell’esecuzione introdotta con il detto pignoramento, il credito pignorato, ancorché l’assegno non sia stato pagato o non risulti la relativa prova, in quanto l’emissione di un assegno e l’incorporazione del credito nel titolo comportano, ai sensi dell’art. 1997 c.c., che il vincolo di un pignoramento possa realizzarsi solo tramite il pignoramento del titolo e considerato che l’emissione dell’assegno, quale causa efficiente dell’estinzione del credito nella dimensione anteriore all’incorporazione è, agli effetti dell’art. 2917 c.c., precedente al pignoramento.
Cass. civ. Sez. III Sent., 16/01/2013, n. 924.
Nell’ipotesi di detenzione di un immobile pignorato in forza di titolo non opponibile alla procedura esecutiva ai sensi dell’art. 2913 cod. civ. (nella specie, preliminare di vendita successivo alla trascrizione del pignoramento del bene), è configurabile, in favore del custode giudiziario autorizzato ad agire in giudizio, – quale organo pubblico della procedura esecutiva, ausiliare del giudice – un danno risarcibile che deriva dall’impossibilità di una proficua utilizzazione del bene pignorato e dalla difficoltà a che il bene sia venduto, quanto prima, al suo effettivo valore di mercato; risarcimento sul quale si estende il pignoramento, quale frutto, ex art. 2912 cod. civ..
Cass. civ. Sez. I, 29/09/1997, n. 9525.
Poichè sono inefficaci nei confronti del creditore pignorante gli atti costitutivi o traslativi di diritti sui beni pignorati che non siano intavolati prima della trascrizione del pignoramento anche ove essi siano effetto di atti di imperio (nella specie, vendita giudiziale), è carente di legittimazione attiva il terzo che proponga opposizione all’esecuzione su detti beni se non abbia proceduto alla intavolazione del proprio acquisto in data anteriore al pignoramento.
In tema di espropriazione presso terzi, nel rendere la dichiarazione di quantità ex art. 547 c.p.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla l. n. 228 del 2012), il terzo non deve necessariamente indicare l’esatto ammontare della propria obbligazione, essendo sufficiente la dichiarazione che questa sia di importo superiore al credito per cui si procede ed alle relative spese, salvo che la predetta specificazione rilevi ai fini del processo esecutivo.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 17/10/2016, n. 20952.
L’art 2917 c.c., ai sensi del quale l’estinzione del credito pignorato per cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha effetto in pregiudizio dei creditori, non limita l’autonomia negoziale del terzo pignorato, sicché, in caso di pignoramento del diritto ai canoni di locazione, il conduttore è libero di sciogliersi dal rapporto contrattuale, ove ne abbia la facoltà secondo regole che lo disciplinano.
Cass. civ. Sez. III, 14/07/2003, n. 10998.
Non è qualificabile come opposizione all’esecuzione, in quanto con essa non si nega il potere del creditore di procedere ad esecuzione forzata, l’opposizione con la quale il debitore, pur non contestando l’esistenza di un titolo esecutivo in mano al procedente, né la pignorabilità dei beni sottoposti all’esecuzione, sostenga che il procedimento esecutivo è stato posto in essere a suo carico per un intento persecutorio del creditore; in ogni caso, qualora il valore dei beni pignorati sia superiore all’ammontare del credito e delle spese per i quali si procede, il debitore può chiedere la riduzione del pignoramento ed in caso che l’istanza venga rigettata ha l’onere di proporre opposizione agli atti esecutivi.
Cass. civ. Sez. III Sent., 24/04/2008, n. 10654.
Nel pignoramento di crediti del debitore verso terzi, il vincolo di indisponibilità che, ai sensi dell’art. 546 cod. proc. civ., si produce con la notificazione al terzo dell’atto di pignoramento contenente l’ingiunzione prevista dall’art. 492 cod. proc. civ., sussiste anche qualora, dopo la notifica del pignoramento di un credito vantato dal comune esecutato nei confronti della banca esercente il servizio di tesoreria, il comune renda la dichiarazione prevista dall’art. 113 del d.lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, che le somme di sua pertinenza giacenti presso il tesoriere comunale sono vincolate a fini speciali, non avendo detta dichiarazione effetto retroattivo e, quindi, non essendo opponibile al creditore procedente.
Cass. civ. Sez. III Sent., 07/01/2011, n. 267.
Tra i frutti e le rendite dell’immobile pignorato, cui il pignoramento si estende ai sensi dell’art. 2912 cod. civ., rientrano non solo i canoni di locazione, ma anche il risarcimento del danno dovuto dal conduttore per la ritardata riconsegna dell’immobile.
Cass. civ. Sez. III Sent., 19/05/2009, n. 11585.
Il terzo pignorato non è parte necessaria nel giudizio di opposizione all’esecuzione o in quello di opposizione agli atti esecutivi qualora non sia interessato alle vicende processuali relative alla legittimità e alla validità del pignoramento, dalle quali dipende la liberazione dal relativo vincolo, potendo assumere, invece, tale qualità solo quando abbia un interesse all’accertamento dell’estinzione del suo debito per non essere costretto a pagare di nuovo al creditore del suo debitore. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la necessità della partecipazione del terzo come litisconsorte necessario ad un giudizio di opposizione all’esecuzione relativo ad un processo esecutivo estintosi per rinuncia del creditore, ancor prima che fosse celebrata l’udienza di dichiarazione dello stesso terzo ai sensi dell’art. 547 cod. proc. civ.).
Cass. civ. Sez. III Sent., 24/01/2012, n. 940.
In materia di espropriazione forzata, ai fini della conversione del pignoramento immobiliare, il giudice dell’esecuzione deve determinare la somma da sostituire ai beni pignorati tenendo conto, oltre che delle spese di esecuzione, dell’importo, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti fino al momento dell’udienza in cui è pronunciata (ovvero, in cui il giudice si è riservato di pronunciare) l’ordinanza di conversione ai sensi dell’art. 495, terzo comma, cod. proc. civ.
Cass. civ. Sez. III Sent., 21/06/2011, n. 13587.
Il proprietario locatore di un immobile pignorato, che ne sia stato nominato custode, è legittimato a promuovere le azioni scaturenti dal contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile stesso solo nella sua qualità di custode e non in quella di proprietario locatore, essendo il bene a lui sottratto per tutelare le ragioni del terzo creditore. Ne consegue che, se nell’atto introduttivo del giudizio il proprietario locatore non abbia speso la suddetta qualità, la domanda va dichiarata inammissibile.
Cass. civ. Sez. III, 21/10/2009, n. 22361.
La quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata esprime una posizione contrattuale obiettivata, che va considerata come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro ai sensi dell’art. 812 cod. civ., per cui ad essa possono applicarsi, a norma dell’art. 813, ultima parte, cod. civ., le disposizioni concernenti i beni mobili e, in particolare, la disciplina delle situazioni soggettive reali e dei conflitti tra di esse sul medesimo bene, poiché la quota, pur non configurandosi come bene materiale al pari dell’azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta, e va perciò configurata come oggetto unitario di diritti; ne consegue che le quote di partecipazione ad una società a responsabilità limitata possono essere oggetto di pignoramento nei confronti del socio che ne è titolare, a nulla rilevando il fallimento della società, che è terzo rispetto al processo esecutivo, cui pertanto non si applica l’art. 51 legge hall.
Cass. civ. Sez. III Sent., 23/03/2011, n. 6662.
In tema di espropriazione forzata, l’avvertimento al debitore esecutato, previsto dall’art. 492, comma 3, cod. proc. civ., volto a renderlo edotto delle modalità e dei termini per potere sostituire ai crediti pignorati una somma di danaro, è elemento essenziale di ogni atto di pignoramento, a prescindere dalla forma particolare che rivesta in ragione della natura del bene pignorato, con la conseguenza che esso deve essere contenuto anche nell’atto notificato personalmente al debitore ai sensi dell’art. 543 cod. proc. civ. L’omissione di tale avvertimento non costituisce causa di nullità, in difetto di siffatta espressa sanzione, e, tuttavia, trattandosi di elemento previsto nell’interesse del debitore ad attivarsi prontamente per la conversione del pignoramento, produce la diversa conseguenza di precludere l’assegnazione, ai sensi dell’art. 552 cod. proc. civ., che, se egualmente disposta, é opponibile ex art. 617 cod. proc., a meno che l’interesse in questione del debitore, non garantito all’atto del pignoramento, sia comunque soddisfatto in corso di procedura, con atto del creditore – come nella specie – o con provvedimento del giudice, tempestivamente idonei a soddisfare la predetta esigenza informativa.
Cass. civ. Sez. III Sent., 23/08/2011, n. 17524.
Nell’espropriazione forzata presso terzi, è inquadrabile come opposizione agli atti esecutivi l’opposizione proposta da un comune avverso l’ordinanza di assegnazione del credito, con la quale si deduca l’esistenza di un vincolo d’impignorabilità per la destinazione delle somme a pubbliche finalità. Qualora, invece, nel processo esecutivo si ponga la questione se, rispetto alle somme sottoposte a pignoramento da parte del creditore, ricorrano o no le condizioni stabilite dalla legge perchè le somme di competenza del comune restino sottratte alla esecuzione, ed il giudice dell’esecuzione non abbia, d’ufficio o su istanza di parte, dichiarato nullo il pignoramento, nè si sia ancora addivenuti alla chiusura del processo con l’ordinanza di assegnazione, il debitore può proporre l’opposizione all’esecuzione per far valere l’impignorabilità.
Cass. civ. Sez. III, 20/07/2010, n. 17029.
La pendenza di due diversi successivi pignoramenti sullo stesso credito da parte di creditori diversi, in mancanza di una loro riunione, ancorché il debitor debitoris nell’ambito di una delle due procedure, e specificamente all’udienza per la dichiarazione sulla esistenza o meno del credito, abbia fatto constatare la pendenza del pregresso pignoramento, deve ritenersi riconducibile ad una ipotetica violazione della norma del procedimento esecutivo di espropriazione di crediti presso terzi, di cui all’art. 550 c.p.c. Il disposto codicistico in oggetto, invero, richiamando l’art. 524, commi secondo e terzo, c.p.c., impone la riunione dei pignoramenti e comporta che, avvenuta la riunione, la posizione del primo pignorante rispetto a quella dei successivi creditori pignoranti sia regolata nei modi previsti dai commi citati, a seconda che il pignoramento successivo sia avvenuto prima o dopo l’udienza di comparizione indicata con riferimento al primo pignoramento. Conosciuta la pendenza di altra procedura esecutiva e della mancata riunione della stessa a quella da esso anteriormente introdotta, il creditore procedente è legittimato a denunciare l’irregolarità della procedura, nella specie impugnando, ai sensi e per gli effetti del disposto ex art. 617 c.p.c., l’ordinanza di assegnazione del credito pignorato pronunciata a favore degli altri creditori e determinante la chiusura del processo esecutivo. (Nella specie, pertanto, il creditore procedente in ragione dell’avvenuta assegnazione ad altri del credito pignorato nella diversa procedura esecutiva da questi ultimi azionata, nonostante l’anteriorità del proprio pignoramento, era legittimato alla proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. e non già l’opposizione di terzi ai sensi dell’art. 619 c.p.c.).
Cass. civ. Sez. III Sent., 05/06/2020, n. 10813.
Il terzo pignorato non è parte necessaria nel giudizio di opposizione all’esecuzione o in quello di opposizione agli atti esecutivi, qualora non sia interessato alle vicende processuali, relative alla legittimità e alla validità del pignoramento, dalle quali dipende la liberazione dal relativo vincolo, potendo assumere, invece, tale qualità solo quando abbia un interesse all’accertamento dell’estinzione del suo debito per non essere costretto a pagare di nuovo al creditore del suo debitore. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio una sentenza per omessa integrazione del litisconsorzio necessario con il terzo INPS, nell’ambito di un giudizio di opposizione ex art. 617 c.p.c. ad ordinanza di assegnazione per crediti di mantenimento di figlia minorenne, sussistendo un interesse del medesimo terzo all’accertamento della misura dell’assegnazione e, quindi, della modifica coattiva della titolarità attiva del rapporto obbligatorio).
Cass. civ. Sez. III, 22/05/2006, n. 11928.
Nel giudizio di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi il terzo pignorato non può in linea di principio ritenersi parte necessaria perchè per assumere tale qualità deve avere interesse all’accertamento dell’estinzione del suo debito – come nel caso in cui egli abbia soddisfatto il suo creditore prima della notifica del pignoramento e della opposizione agli atti esecutivi proposta dal creditore procedente avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che abbia respinto l’istanza di assegnazione del credito ed il terzo invochi l’inoppugnabilità di detta ordinanza – per non essere costretto a pagare di nuovo al creditore del suo debitore, mentre non può assumere la posizione di parte in relazione alla sua qualità di custode ancorchè interessato alle vicende del processo per adeguarvi il suo comportamento (e cioè pagare al suo creditore a processo estinto, ovvero al creditore indicato nell’ordinanza di assegnazione, se non è stata sospesa l’efficacia a seguito dell’opposizione).
Cass. civ., 30/12/2009, n. 27668.
In tema di opposizione di terzo ad esecuzione immobiliare, la norma dell’art. 619 cod. proc. civ. legittima il terzo a far valere la proprietà o altro diritto reale sul bene pignorato senza esigere che tali situazioni siano state giudizialmente accertate, con la conseguenza che lo stesso terzo le può far ben valere rispetto ad un bene che assuma di aver già acquistato al momento dell’opposizione per effetto di usucapione, non incidendo, a sua volta, su tale acquisto l’esecuzione del pignoramento immobiliare e potendo, quindi, il termine ventennale utile a consolidarlo venire a maturazione anche successivamente al pignoramento medesimo.
In tema di espropriazione di crediti presso terzi, il pignoramento successivo di quote diverse del medesimo credito non costituisce pignoramento di beni diversi, ma di un bene unitario. Pertanto in tale ipotesi il giudice dell’esecuzione, in qualunque modo venga a sapere che il medesimo credito è stato oggetto di più procedimenti esecutivi, ha l’obbligo di riunirli, se del caso anche revocando il provvedimento di assegnazione emesso in uno di essi.
Cass. civ. Sez. III, 23/02/2007, n. 4213.
In riferimento all’esecuzione forzata ricadente su una pluralità di beni immobili di uno stesso debitore sito in diverse circoscrizioni giudiziarie, laddove la competenza territoriale appartiene, per il combinato disposto degli artt. 21 e 26 cod.proc.civ., ad ogni tribunale in cui si trova una parte dei beni pignorati, qualora alcuni di questi beni siano stati già pignorati, e al primo segua un successivo pignoramento, la competenza spetta, ex art. 561 cod.proc.civ., al tribunale dove già pende il precedente processo esecutivo; qualora il secondo pignoramento sia iniziato dopo che per i beni pignorati con il precedente pignoramento si è già tenuta la prima udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita, per gli altri beni si procede presso lo stesso tribunale ad un processo separato.
Cass. civ. Sez. III Ord., 23/12/2021, n. 41386.
L’atto con il quale la parte richieda il pignoramento mobiliare all’ufficiale giudiziario è idoneo ad interrompere istantaneamente la prescrizione, anche in caso di pignoramento c.d. negativo, purché l’attività di ricerca dei beni e di individuazione del luogo in cui effettuarla venga adempiuta nel rispetto delle condizioni di legge.
Cass. civ. Sez. II, 16/11/2000, n. 14863.
L’identificazione del bene pignorato, in base agli elementi obiettivi contenuti negli atti della procedura espropriativa, non esclude l’applicabilità dell’art. 2912 c.c., in virtù del quale il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze ed i frutti della cosa pignorata, qualora la descrizione del bene stesso non contenga elementi tali da far ritenere che, in sede di vendita, si sia inteso escludere la suddetta estensione. Pertanto, anche il terreno che circonda un edificio pignorato, ancorchè non esplicitamente indicato, in concrete circostanze può essere considerato come una cosa unica con lo stesso bene pignorato, al pari delle costruzioni che siano in rapporto di accessorietà o di pertinenza con il bene principale sottoposto ad esecuzione.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 15/04/2021, n. 9877.
In tema di spese processuali, il debitore è tenuto a rimborsare al creditore le spese sostenute per il pignoramento, qualora abbia provveduto al pagamento degli importi intimati con il precetto solo dopo la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la sua notifica al debitore e al terzo pignorato, atteso che in tale ipotesi le spese necessarie per il pignoramento devono ritenersi causate dal suo inadempimento, e dunque non è precluso al creditore di procedere esecutivamente per tali spese, in forza del medesimo titolo esecutivo, a meno che non sia accertato che egli abbia compiuto tale attività in violazione del dovere di lealtà processuale.
Cass. civ. Sez. Unite, 18/02/2014, n. 3773.
Per il creditore sussiste la necessità di adìre la giurisdizione tributaria per interporre l’azione di accertamento, ex art. 548 c.p.c., dell’obbligo dell’ufficio impositore che, chiamato in precedenza a ricoprire la qualità di “terzo” pignorato, abbia rilasciato una dichiarazione negativa intorno debiti della stessa (nel caso di specie: un credito d’imposta), vantabili dal debitore esecutato.
Cass. civ. Sez. III, 08/03/2005, n. 5002.
Per stabilire se e in quali limiti un determinato atto trascritto (nella specie di pignoramento immobiliare) sia opponibile ai terzi in presenza di dati catastali erronei, occorre aver riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e di incertezze, gli estremi essenziali del negozio e i beni ai quali esso si riferisce, o il soggetto nei cui confronti la domanda sia rivolta, senza potersi attingere elementi dai titoli presentati e depositati con la nota stessa, e a nulla rilevando in contrario la circostanza dell’introduzione del nuovo sistema informatico di trascrizione a opera della legge 27 febbraio 1985 n. 52. Allorché non vi sia discrepanza fra atto di pignoramento e nota di trascrizione dello stesso, ma sia il primo a recare un’ine¬sattezza in relazione a quello che avrebbe dovuto essere il suo effettivo contenuto circa alcuno degli elementi che vengono poi indicati nella nota (nella specie, il foglio catastale), di modo che la nota viene a ritrarre fedelmente quanto risulta dall’atto, non è possibile parametrare l’efficacia della tra¬scrizione nei confronti dei terzi al contenuto che l’atto avreb¬be avuto senza quell’inesattezza sulla base di elementi che, in ipotesi, il terzo avrebbe potuto desumere aliunde, per cui il diritto vantato dall’aggiudicatario dell’immobile non è opponibile nei confronti di un terzo che abbia successivamente pignorato in modo corretto il “medesimo” bene immobile.
Cass. civ. Sez. III Sent., 11/06/2019, n. 15597.
In tema di espropriazione immobiliare, il giudice dell’esecuzione ha il dovere di richiedere, ai fini della vendita forzata, la certificazione attestante che, in base alle risultanze dei registri immobiliari, il bene pignorato è di proprietà del debitore esecutato sulla base di una serie continua di trascrizioni di idonei atti di acquisto riferibili al periodo che va dalla data di trascrizione del pignoramento fino al primo atto di acquisto anteriore al ventennio dalla trascrizione stessa, la cui mancata produzione, imputabile al soggetto richiesto, consegue la dichiarazione di chiusura anticipata del processo esecutivo.
Cass. civ. Sez. III Sent., 31/05/2010, n. 13202.
In tema di espropriazione immobiliare, ai sensi del terzo comma dell’art. 560 cod. proc. civ. (come sostituito dall’art. 2, comma terzo, lett. e), n. 21, del d.l. n. 35 del 2005, conv., con modif., nella legge n. 80 del 2005), al giudice dell’esecuzione è consentito disporre la liberazione dell’immobile espropriato anche quando il debitore esecutato, che occupava l’immobile, non sia stato autorizzato ad abitarlo in tutto o in parte ovvero quando l’autorizzazione sia stata revocata, poiché la prosecuzione della detenzione da parte dello stesso debitore non può prescindere dall’emanazione del preventivo provvedimento autorizzativo del suddetto giudice. Tale provvedimento ha natura di ordinanza, che non è né revocabile né modificabile, in quanto espressamente dichiarata non impugnabile, ed è adottabile, previa assicurazione del principio del contraddittorio, omettendosi ogni formalità di sorta e senza presupporre la richiesta di parte, potendo essere disposta dal giudice dell’esecuzione anche d’ufficio.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 17/12/2010, n. 25654.
Avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 560, terzo comma, cod. proc. civ. (come sostituito dall’art. 2, terzo comma, lettera e), n. 21, del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni nella legge 14 maggio 2005, n. 80, come sostituito dall’art. 1, terzo comma, lett. i) della legge 28 dicembre 2005, n. 263), ordina la liberazione dell’immobile pignorato, il rimedio esperibile da parte del debitore esecutato non è il ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., bensì l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., la cui applicabilità non è esclusa dalla proclamazione di inimpugnabilità del provvedimento.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 09/10/2018, n. 24867.
In sede di accertamento dell’obbligo del terzo pignorato (sia nel giudizio a cognizione piena previsto dall’art. 548 c.p.c. fino al 31 dicembre 2012, sia in quello a cognizione sommaria oggi regolato dall’art. 549 c. p. c.), il creditore procedente, che non agisce in nome e per conto del proprio debitore bensì “iure proprio”, è terzo rispetto ai rapporti intercorsi fra il debitore esecutato e il “debitor debitoris”. Ne consegue che la quietanza di pagamento rilasciata dal debitore al terzo pignorato può essergli opposta solamente a condizione che abbia, ai sensi dell’art. 2704 c.c., data certa anteriore alla notificazione dell’atto di pignoramento. E comunque, quand’anche gli sia opponibile, trattandosi di “res inter alios acta”, la quietanza non gode del valore probatorio privilegiato di cui all’art. 2702 c.c. ma, avendo il valore probatorio meramente indiziario di una prova atipica, può essere liberamente contestata dal creditore procedente e contribuisce a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo. (Nella fattispecie, la S.C. ha affermato, sulla base dei principi di cui in massima, che la quietanza di pagamento depositata presso il protocollo di un ente comunale lo stesso giorno della notifica del pignoramento, indicante una data di rilascio anteriore a tale giorno, non è opponibile al creditore, ma deve essere prudentemente apprezzata dal giudice anche alla luce della documentazione contabile da cui risulti l’effettivo pagamento delle somme quietanzate).
Cass. civ. Sez. III Sent., 05/03/2009, n. 5342.
In tema di espropriazione presso terzi, il terzo è interessato alle vicende processuali che riguardano la legittimità o validità del pignoramento nei limiti in cui possono comportare o meno la liberazione dal relativo vincolo e, perciò, è parte necessaria nei processi di opposizione agli atti esecutivi in cui si contesti la validità di tale primo atto di esecuzione, proprio in quanto può comportare la suddetta liberazione, con la conseguenza che egli deve essere necessariamente chiamato in causa dall’opponente e, in mancanza, il giudice è tenuto ad ordinare l’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti.
Cass. civ. Sez. III Sent., 31/10/2014, n. 23158.
In sede di opposizione all’esecuzione, come l’opponente può contestare il diritto di procedere all’esecuzione forzata adducendo una ragione di impignorabilità del bene staggito (nella specie, il suo conferimento ad un fondo patrimoniale) sorta anteriormente alla formazione del titolo esecutivo giudiziale od al conseguimento della sua definitività, così, simmetricamente, non è precluso al creditore procedente di replicare che la pignorabilità del bene deriva dall’applicazione dell’art. 192 cod. pen., qualora il fondo sia stato costituito dall’autore del reato dopo la commissione dello stesso, attesa l’inesistenza di un rapporto di pregiudizialità tra azioni revocatorie, tanto più di quella penale, rispetto all’opposizione all’esecuzione che si fondi sull’impignorabilità di beni che siano oggetto di queste. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione con cui il giudice dell’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. ha dichiarato l’inammissibilità della stessa, senza esaminarla nel merito, in ragione del mancato esperimento, in separata sede, delle contestazioni sull’inopponibilità del fondo patrimoniale derivanti dalla prospettazione della sua inefficacia ai sensi dell’art. 192 cod. pen.).
Cass. civ. Sez. III Ord., 23/08/2018, n. 20977.
In tema di esecuzione forzata immobiliare su bene indiviso, il provvedimento con il quale il giudice, per inattività delle parti, dichiara l’estinzione del giudizio di divisione del bene pignorato, instaurato ex artt. 600 e 601 c.p.c., anche se emesso in forma di ordinanza, ha natura di sentenza, determinando la chiusura del processo in base alla decisione di una questione pregiudiziale, con la conseguenza che esso è impugnabile con appello e non mediante reclamo dinnanzi al collegio.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 28/09/2020, n. 20338.
L’irregolarità del pignoramento di un diritto di credito, incorporato in un titolo di credito emesso da un terzo, eseguito nelle forme del pignoramento presso terzi anziché in quelle del pignoramento diretto presso il debitore, va contestata con l’opposizione agli atti esecutivi e non nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo secondo il regime anteriore all’attuale testo dell’art. 549 c.p.c. (Nella specie, la S.C., nel confermare la decisione di merito, ha precisato che, in relazione ai crediti in questione, rappresentati da titoli cambiari, non sussisteva il paventato rischio per il terzo pignorato del “doppio pagamento”; infatti, poiché il pignoramento di detti titoli era avvenuto non nelle forme dell’espropriazione diretta presso il debitore, ma in quelle dell’espropriazione dei crediti presso terzi, il processo esecutivo aveva ad oggetto il rapporto obbligatorio causale sottostante e non quello cambiario, con la conseguenza che il terzo debitore, una volta effettuato il pagamento dell’obbligazione cambiaria dopo il pignoramento, benché non potesse opporre tale pagamento al creditore assegnatario, era tutelato dal diritto, a lui riconosciuto dall’art. 66, comma 3, l.camb., alla restituzione degli effetti emessi).
Cass. civ. Sez. III, 16/01/2006, n. 702.
La riduzione del pignoramento, purchè restino assoggettati ad esecuzione solo immobili ipotecati, può essere disposta in base all’art. 496 cod. proc. civ., sebbene ciò comporti che ad essere liberati siano altri beni ipotecati, senza che ciò significhi sottrarre il bene al vincolo della causa di prelazione (che potrà tornare ad essere fatta valere esclusivamente se il credito risulterà insoddisfatto). Difatti, gli artt. 2911 cod. civ. e 558 cod. proc. civ. perseguono lo scopo che, ad essere pignorati, siano prima gli immobili ipotecati e poi gli altri immobili, ma, purchè all’espropriazione restino assoggettati immobili ipotecati, non escludono che altri immobili, ipotecati o meno, vi siano sottratti, se si delinea una situazione di eccesso nel ricorso all’espropriazione.
Cass. civ. Sez. III, 14/07/1994, n. 6602.
Il proprietario nominato custode dell’immobile pignorato non può compiere, senza l’autorizzazione del giudice, atti che eccedono i limiti dell’ordinaria amministrazione, tra i quali rientra la cessione del contratto di affitto agrario dal conduttore al terzo, che deve considerarsi, perciò, inopponibile all’aggiudicatario del bene.
Cass. civ. Sez. III Sent., 07/10/2013, n. 22807.
Il terzo che, acquistato a titolo particolare l’immobile pignorato in pendenza dell’esecuzione forzata e dopo la trascrizione del pignoramento faccia valere l’invalidità del pignoramento al fine dell’accertamento che il suo acquisto, benché trascritto dopo la trascrizione del pignoramento immobiliare, é efficace e opponibile al creditore pignorante ed ai creditori intervenuti così da sottrarre all’esecuzione il bene pignorato, non propone un’opposizione agli atti esecutivi a norma dell’art 617 cod. proc. civ., bensì un’azione inquadrabile nello schema dell’opposizione di terzo ex art 619 cod. proc. civ.
Cass. civ. Sez. III Sent., 26/06/2015, n. 13191.
Il terzo pignorato non è parte necessaria nel giudizio di opposizione all’esecuzione o di opposizione agli atti esecutivi qualora non sia interessato alle vicende processuali relative alla legittimità e alla validità del pignoramento, dalle quali dipende la liberazione dal relativo vincolo.
Cass. civ. Sez. III, 20/04/2015, n. 7998.
Il pignoramento immobiliare, pur componendosi di due momenti processuali, cui corrispondono due diversi adempimenti e, cioè, la notifica dell’atto al debitore esecutato e la sua trascrizione nei registri immobiliari, è strutturato come fattispecie a formazione progressiva. In questa la notificazione dell’ingiunzione al debitore segna l’inizio del processo esecutivo e produce, tra gli altri, l’effetto dell’indisponibilità del bene pignorato; la trascrizione dell’atto completa il pignoramento ed, oltre a consentire la produzione degli effetti sostanziali nei confronti dei terzi e di pubblicità notizia nei confronti dei creditori concorrenti, è indispensabile perchè il giudice dia seguito all’istanza di vendita del bene.
Cass. civ. Sez. III Sent., 05/05/2009, n. 10284.
La regola generale dell’assoggettabilità ad esecuzione di tutti i beni del debitore (ai sensi degli artt. 2740 e 2910 cod. civ.) subisce, per quanto attiene gli enti pubblici, una limitazione in dipendenza della natura dei beni appartenenti agli enti stessi, essendo espropriabili solo i beni disponibili e non quelli di origine pubblicistica e destinati per legge ad uno specifico scopo pubblico. Conseguentemente, per la realizzazione di crediti di terzi verso la P.A., non possono essere pignorati, presso le banche delegate alla riscossione dei tributi, i corrispondenti crediti dell’ente pubblico, anche se, per effetto del versamento, sia esaurito il rapporto fra l’ente e il contribuente.
Cass. civ. Sez. Unite, 05/06/2017, n. 13913
Appartengono alla giurisdizione del giudice tributario le cause concernenti il titolo esecutivo, in relazione al diritto di procedere ad esecuzione forzata tributaria, ex art. 2, primo comma, secondo periodo, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, mentre appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, a norma dell’art. 9, secondo comma, c.p.c., le opposizioni all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c., concernenti la pignorabilità dei beni, le opposizioni agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c., ove siano diverse da quelle concernenti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, nonché le opposizioni di terzo all’esecuzione di cui all’art. 619 c.p.c.
Cass. civ. Sez. I Sent., 11/01/2022, n. 621.
In tema di ripetizione dell’indebito, il soggetto pignorato che, in sede di espropriazione presso terzi, e dopo la dichiarazione di fallimento del debitore esecutato, in qualità di “debitor debitoris”, versi al creditore pignorante le somme a lui assegnate, ha diritto a ottenere da quest’ultimo la restituzione di quanto corrisposto, ma il termine di prescrizione della relativa azione decorre dalla data del pagamento, e non dal passaggio in giudicato della sentenza che, su domanda del curatore, pronunci l’inefficacia ex art. 44 l.fall. del pagamento stesso, avendo quest’ultima natura meramente dichiarativa.
Cass. civ. Sez. II, 24/11/2020, n. 26692.
Ai sensi dell’art. 2913 c.c. gli atti di alienazione dei beni pignorati non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente e dei creditori che intervengono nell’esecuzione. Il creditore che aliena il bene trasferisce indiscutibilmente il bene al terzo, ma per il creditore pignorante e gli intervenuti il trasferimento è come se non fosse avvenuto: l’esecuzione prosegue contro il debitore, senza che il creditore debba esercitare alcuna impugnativa. La previsione dell’inefficacia degli atti di alienazione è completata dall’art. 2914 c.c. che stabilisce determinate limitazioni per l’opponibilità al creditore pignorante e ai creditori intervenuti delle alienazioni compiute dal debitore anteriormente al pignoramento. Il n. 1 di questo articolo commina la inefficacia delle alienazioni di beni immobili o di mobili iscritti m pubblici registri, trascritte successivamente al pignoramento. La norma, nel conflitto con gli aventi causa del debitore esecutato, equipara così il creditore procedente ad un avente causa del debitore stesso. Secondo l’art. 2644 c.c., nel caso di doppio atto di disposizione sullo stesso immobile, prevale, quello dei due soggetti, che ha trascritto per primo il proprio atto.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 17/10/2016, n. 20952.
L’ordinanza con cui il giudice, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, abbia dichiarato la propria incompetenza, contiene necessariamente la declaratoria, ancorché implicita, di invalidità e di revoca del decreto stesso e non implica, quindi, alcuna declinatoria della competenza a conoscere dell’opposizione al decreto stesso, sicché l’eventuale riassunzione del giudizio dinanzi al giudice competente non concerne la causa di opposizione, ormai definita, ma soltanto l’accertamento del credito dedotto nel ricorso monitorio, in ordine al quale, pertanto, il giudice “ad quem” non può chiedere d’ufficio il regolamento di competenza.
Cass. civ. Sez. III Sent., 17/02/2020, n. 3899.
Il terzo pignorato, avendo l’obbligo di non compiere atti che determinino l’estinzione o il trasferimento del credito, è interessato alle vicende processuali che, riguardando la legittimità o la validità del pignoramento, possano comportare, o meno, la sua liberazione dal relativo vincolo; ne consegue che egli è parte necessaria del processo di opposizione in cui il creditore pignorante contesti l’ordinanza del giudice dell’esecuzione dichiarativa dell’inefficacia del detto pignoramento e che, pertanto, deve essere chiamato in causa dal ricorrente al fine di rendere opponibile nei suoi confronti la decisione che definisce il giudizio, dovendo il giudice, in mancanza, ordinare l’integrazione del contraddittorio. (In applicazione del principio, la S.C. ha rilevato, d’ufficio, la nullità di un giudizio di opposizione ex art. 617 c.p.c., promosso avverso un provvedimento del giudice dell’esecuzione concernente una richiesta di sequestro conservativo su crediti del debitore esecutato, nel quale non era stato convenuto il terzo pignorato).
Cass. civ. Sez. III Sent., 14/06/2011, n. 12960.
Il danno patito dal creditore procedente che, per errore del giudice dell’esecuzione (nella specie, consistito nella indebita dichiarazione di estinzione del giudizio di esecuzione), abbia visto vanificare gli effetti del pignoramento dell’unico bene sul quale il creditore si sarebbe potuto soddisfare, consistendo in un danno futuro (pari alla perduta possibilità di soddisfare il proprio credito sui beni pignorati), deve essere liquidato in via equitativa ai sensi degli artt. 1226 e 2056 cod. civ., tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto.
Cass. civ. Sez. III Sent., 18/09/2008, n. 23847.
Il creditore, in forza del medesimo titolo esecutivo, può procedere a più pignoramenti dello stesso bene in tempi successivi, senza dover attendere che il processo di espropriazione aperto dal primo pignoramento si concluda, atteso che il diritto di agire in esecuzione forzata non si esaurisce che con la piena soddisfazione del credito portato dal titolo esecutivo. In tal caso non si ha una situazione di litispendenza nel senso previsto dall’art. 39 cod. proc. civ. – la cui applicazione postula la pendenza di più cause, aventi in comune le parti, la “causa petendi” ed il “petitum”, incardinate dinanzi a distinte autorità giudiziarie e non davanti allo stesso giudice – ed alla pluralità di procedure così instaurate può ovviarsi con la loro riunione “ex” art. 493 cod. proc. civ., senza che ciò comporti un pregiudizio per il debitore, poiché, in presenza di un pignoramento reiterato senza necessità, il giudice dell’esecuzione, applicando l’art. 92 cod. proc. civ., può escludere come superflue le spese sostenute dal creditore procedente per reiterarlo ed il debitore può proporre opposizione contro una liquidazione delle spese che si estenda al secondo pignoramento.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 13/02/2013, n. 3615.
La competenza territoriale per il procedimento di esecuzione dei crediti è di natura inderogabile ed appartiene, con riguardo all’espropriazione forzata dei crediti, al tribunale del luogo di residenza del terzo pignorato e quindi, nel caso di espropriazione nei confronti di ente territoriale ai sensi dell’art. 150 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, al tribunale del luogo di residenza del soggetto che ne sia tesoriere, non rilevando – ai fini dell’individuazione di diverso giudice – il contenuto della dichiarazione resa ex art. 547 cod. proc. civ. da soggetto diverso dal tesoriere indicato erroneamente come terzo pignorato e come tale destinatario della notificazione dell’atto di pignoramento.
Cass. civ. Sez. III Sent., 19/02/2009, n. 4046.
L’ordinanza di conversione del pignoramento prevista dall’art. 495 cod. proc. civ. non esplica alcuna funzione risolutiva delle contestazioni sulla sussistenza e sull’ammontare dei singoli crediti o sulla sussistenza di diritti di prelazione, né ha un contenuto decisorio rispetto al diritto di agire “in executivis”. Tale provvedimento, costituendo un tipico atto esecutivo, è suscettibile di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., perché con essa si contesta il “quomodo” del procedimento esecutivo, ovvero che la determinazione dell’importo pecuniario da sostituire ai beni pignorati effettuata dal giudice dell’esecuzione sia conforme ai criteri desumibili dell’art. 495 cod. proc. civ.; nel conseguente giudizio, peraltro, l’opponente non può limitarsi ad affermare in modo generico la non corrispondenza della somma sostitutiva fissata dal giudice rispetto a quella ritenuta legittimamente computabile, ma è tenuto ad indicare in modo specifico gli elementi di fatto e le ragioni di diritto per cui chiede che il provvedimento sia dichiarato illegittimo.
Cass. civ. Sez. III Sent., 08/06/2022, n. 18421.
In tema di vendita forzata, le disposizioni adottate dal giudice dell’esecuzione nell’ordinanza di vendita o di delega circa gli adempimenti, le modalità, i termini e, in generale, le condizioni alle quali l’esperimento di vendita è soggetto sono posti a presidio delle esigenze di certezza, legittimità, trasparenza, correttezza ed efficienza che sovrintendono al sistema dell’espropriazione forzata, sicché le parti del procedimento esecutivo hanno pieno interesse a farne valere la violazione mediante opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., non essendo tenuti altresì a dimostrare di aver subito uno specifico pregiudizio.
Cass. civ. Sez. III Sent., 18/05/2021, n. 13533.
In tema di espropriazione presso terzi, nei giudizi di opposizione esecutiva si configura sempre litisconsorzio necessario fra il creditore, il debitore diretto ed il terzo pignorato.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Sent., 03/06/2015, n. 11493.
L’ordinanza di assegnazione resa dal giudice dell’esecuzione all’esito di un procedimento di pignoramento presso terzi, anche se non idonea al giudicato costituisce titolo esecutivo di formazione giudiziale che, munito di formula esecutiva, può essere a sua volta portato in esecuzione dal creditore assegnatario nei confronti del terzo pignorato, sicché legittimamente quest’ultimo si avvale dell’opposizione all’esecuzione ove intenda opporre al creditore assegnatario fatti estintivi o impeditivi della sua pretesa sopravvenuti alla pronuncia del titolo esecutivo ovvero per contestare la pretesa azionata con il precetto.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 19/11/2019, n. 30110.
In tema di esecuzione forzata immobiliare, la rilevabilità d’ufficio dell’estinzione del processo esecutivo per il mancato deposito della documentazione di cui all’art. 567, comma 2, c.p.c. (sia nel testo anteriore che successivo all’entrata in vigore del d.l. n. 35 del 2005, conv. con modif. dalla l. n. 80 del 2005), fa sì che ad essa non possano applicarsi le preclusioni relative all’eccezione di estinzione riservata alla parte ex art. 630 c.p.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla l. n. 69 del 2009), con la conseguenza che il rilievo d’ufficio è consentito sino alla data di aggiudicazione dell’immobile pignorato.
Cass. civ. Sez. III Sent., 27/07/2022, n. 23508.
In tema di esecuzione forzata, l’acquirente della cosa pignorata può liberarsi dall’obbligo di rispettare la locazione stipulata anteriormente al pignoramento, ai sensi dell’art. 2923, comma 3, c.c., ove dimostri che il canone locativo è inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni, potendo il giudice far ricorso, nella relativa indagine, a qualsiasi argomento di prova offerto dalle parti, quale ad esempio, nel caso di sublocazione di immobile, il raffronto del canone di quest’ultima con quello della locazione, se del caso mediante la comparazione in termini percentuali, e comunque coerenti con i criteri di estimo, soprattutto ove l’immobile sia stato sublocato in estensione diversa rispetto a quella della locazione originaria.
Cass. civ. Sez. III, 03/10/2005, n. 19323.
Dopo il pignoramento di un immobile che era stato già dato in locazione, il locatore – proprietario perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni sia ad accettarli, spettando tale legittimazione in via esclusiva al custode, fino al decreto di trasferimento del bene, per effetto del quale la proprietà del bene e dei frutti si trasferisce all’aggiudicatario. Pertanto qualora il locatore venga nominato custode dell’immobile pignorato, mutando il titolo del possesso del bene, può richiedere il pagamento dei canoni solo nell’esercizio del potere di amministrazione e gestione del bene. A tal fine, intrapresa dal locatore, dopo il pignoramento, azione per il pagamento dei canoni, per economia dei giudizi e in forza del principio di conservazione degli atti processuali, gli è consentito dichiarare in sede di appello, modificando la veste assunta, di agire in qualità di custode, ufficio comunicato al conduttore all’atto della notifica del pignoramento contenente la relativa nomina. Per l’esercizio di tale potere processuale non è necessaria l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, trattandosi di esplicazione di compiti di ordinaria amministrazione nella gestione dell’immobile pignorato, ai cui frutti si estende il pignoramento.
Cass. civ. Sez. Unite, 18/12/1987, n. 9407.
Nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo ex art. 548 c. p. c. vanno decise soltanto le questioni che concernono le cose e le somme di cui il terzo è debitore o si trovi in possesso; esula, pertanto, da tale giudizio la questione relativa alla pignorabilità della somma posseduta dal terzo, quale esattore tesoriere del comune debitore, in ragione del preteso vincolo di destinazione ad essa impresso da quest’ultimo.
Cass. civ. Sez. III, 06/05/2010, n. 10961.
Non possono essere pignorati i beni del contribuente se è stata trasferita la proprietà ad un terzo, prima dell’iscrizione a ruolo, con sentenza passata in giudicato. Infatti, nell’opposizione di terzo avverso l’esecuzione mobiliare dell’esattore delle imposte, la prova dell’appartenenza del bene è soggetta alle limitazioni di cui all’art. 65 del D.P.R. n. 602/1973 (nel testo modificato dall’art. 5 del D.L. n. 669/1996, convertito, con modificazioni, in legge n. 30/1997; ora si veda l’art. 58 del D.P.R. n. 602/1973), il quale esige l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata di data anteriore all’anno cui si riferisce il tributo iscritto a ruolo ovvero la sentenza passata in giudicato, pronunciata su domande proposte anteriormente allo stesso anno.
Cass. civ. Sez. III Sent., 30/07/2021, n. 21874.
Avverso i provvedimenti di liquidazione del compenso al custode di beni sottoposti ad espropriazione immobiliare va proposta l’impugnazione ai sensi dell’art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002, entro il termine perentorio di trenta giorni, nel solo caso in cui vengano in rilievo questioni attinenti al “quantum” liquidato dal giudice dell’esecuzione; ove invece le contestazioni investano questioni di tipologia diversa (come, ad es., l’individuazione della parte tenuta al relativo pagamento, o la stessa sussistenza del potere del giudice di procedere alla liquidazione dei compensi per motivi inerenti allo svolgimento o all’esito della procedura) occorre utilizzare gli strumenti tipici del processo esecutivo ed in particolare: a) il reclamo ex art. 630 c.p.c. per contestare i provvedimenti di estinzione (per causa tipica) e quelli consequenziali (emessi contestualmente o successivamente) aventi ad oggetto la regolamentazione e la liquidazione delle spese del processo estinto nei rapporti tra le parti dello stesso; b) l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. per contestare i provvedimenti dichiarativi della improcedibilità o di chiusura anticipata del processo esecutivo, nonché i provvedimenti consequenziali adottati dal giudice, compresi quelli inerenti alla liquidazione delle spese.
Cass. civ. Sez. III, 30/11/2018, n. 30990.
Qualora il bene pignorato divenga oggetto di confisca penale prima dell’assegnazione o dell’aggiudicazione nell’espropriazione forzata, le ragioni dei creditori possono essere fatte valere solo nell’ambito dell’esecuzione penale.
Cass. civ. Sez. III Sent., 30/11/2015, n. 24354.
Nella ipotesi di pignoramento di una pluralità di beni, l’art. 567 c.p.c. – nel testo introdotto dal d.l. n. 35 del 2005, convertito con modificazioni nella l. n. 80 del 2005, immediatamente applicabile alle procedure pendenti nelle quali non sia stata ancora emessa l’ordinanza di vendita, in virtù dell’art. 2, comma 3 sexies, del d.l. n. 35 del 2005 cit. – non prevede l’estinzione dell’intera procedura ove la certificazione notarile sia carente solo per alcuni dei beni pignorati, circoscrivendo, al contrario, la possibilità per il giudice di dichiarare l’inefficacia del pignoramento soltanto a quello o a quegli immobili pignorati, per i quali manchi il deposito della prescritta documentazione.
Cass. civ. Sez. III, 23/11/2021, n. 36066.
In ipotesi di contratto di conto corrente bancario affidato con saldo negativo, il creditore non può pignorare le singole rimesse che, affluite sul conto del debitore, hanno comportato la mera riduzione dello scoperto, ma eventualmente il solo saldo positivo, atteso che il contratto in questione dà luogo ad un rapporto giuridico unitario, composto da poste attive e passive, che non si risolve a seguito del pignoramento.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 06/10/2021, n. 27073.
L’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione, a definitiva chiusura della procedura di attuazione di un sequestro conservativo presso terzi, assegni i crediti dichiarati dal terzo, nei limiti della relativa pignorabilità, è impugnabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., anche in relazione alla corretta liquidazione delle spese dello stesso procedimento di attuazione; diversamente, ove il giudice abbia inteso sospendere il procedimento di attuazione, a seguito di un’opposizione all’esecuzione formalmente proposta dal debitore ai sensi dell’art. 615 c.p.c., l’ordinanza sarà impugnabile con il reclamo di cui all’art. 624 c.p.c., restando comunque esclusa la possibilità di proporre l’appello. In entrambi i casi, solo a seguito della proposizione di un’opposizione all’esecuzione il giudice, previa liquidazione delle spese della fase sommaria, è tenuto (sempre che l’opponente non vi rinunci) a fissare il termine per l’instaurazione della fase di merito del giudizio di opposizione, potendo, in mancanza, la parte interessata, chiedere l’integrazione del provvedimento ai sensi dell’art. 289 c.p.c., ovvero procedere direttamente alla instaurazione del suddetto giudizio, in tale sede proponendo anche tutte le contestazioni relative all’eventuale liquidazione delle spese relative alla fase sommaria del giudizio di opposizione.
Cass. civ. Sez. III Ord., 30/06/2010, n. 15623.
Il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 560, comma terzo, cod. proc. civ. (come sostituito dall’art. 2, comma terzo, lettera e), n. 21, del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni nella legge 14 maggio 2005, n. 80, come sostituito dall’art. 1, comma 3, lett. i) della legge 28 dicembre 2005, n. 263), ordina la liberazione dell’immobile pignorato non è suscettibile di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma settimo, Cost., trattandosi di provvedimento per il quale non ricorrono i requisiti della decisorietà e della definitività, pur rimanendo possibile, per il terzo avente titolo alla prosecuzione della legittima detenzione dell’immobile (come il conduttore “iure locationis”), formulare opposizione all’esecuzione avverso il provvedimento stesso, che costituisce titolo esecutivo per il rilascio da eseguirsi a cura del custode.
Cass. civ. Sez. III Sent., 29/09/2009, n. 20814.
Nel processo esecutivo, strutturato quale successione di subprocedimenti, cioè una serie autonoma di atti ordinati a distinti provvedimenti successivi, l’autorizzazione della vendita preclude la deducibilità di vizi attinenti ai singoli atti che abbiano preceduto le udienze fissate ex artt. 530 e 569 cod. proc. civ., nel senso che, relativamente a detti vizi, l’udienza è l’ultimo momento utile per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi ove non si sia verificata ancora decadenza; le situazioni invalidanti che si producano nella fase che è conclusa dalla ordinanza di autorizzazione della vendita sono, però, suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo, ancora nelle forme dell’opposizione agli atti esecutivi, solo in quanto impediscano che esso consegua il risultato che ne costituisce lo scopo, e cioè l’espropriazione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei creditori.
Cass. civ. Sez. III Sent., 30/09/2008, n. 24332.
La costituzione del fondo patrimoniale prevista dall’art. 167 cod. civ., così come stabilito dall’art. 162 cod. civ. per tutte le convenzioni matrimoniali, è opponibile ai terzi esclusivamente a partire dalla data dell’annotazione a margine dell’atto di matrimonio nei registri dello stato civile, non potendosi retrodatare la produzione degli effetti alla data di proposizione della domanda di annotazione od anticiparli alla data della trascrizione effettuata ex art. 2647 cod. civ. ed avente l’esclusiva funzione di pubblicità notizia. Pertanto, se il pignoramento immobiliare è eseguito, nelle forme dell’art. 555 cod. proc. civ., prima dell’annotazione, la costituzione del fondo patrimoniale non ha effetto nei confronti del creditore pignorante e di quelli che intervengono nell’esecuzione, sussistendo l’inefficacia degli atti di disposizione del bene pignorato, prevista dall’art. 2913 cod. civ., che comprende non solo gli atti di alienazione in senso stretto, ma anche tutti gli atti di disposizione del patrimonio del debitore dai quali possa comunque derivare una sostanziale diminuzione della possibilità per il creditore pignorante o per i creditori intervenuti di soddisfarsi sui beni in questione. Allo stesso risultato si perviene quando il pignoramento sia successivo all’annotazione, ma l’ipoteca (nella specie giudiziale) sia stata iscritta precedentemente, in quanto con l’iscrizione sorge immediatamente per il creditore il potere di espropriare il bene, “ex” art. 2808 cod. civ., con prevalenza rispetto ai vincoli successivi.
Cass. civ. Sez. III, 26/05/2014, n. 11638.
In materia di espropriazione immobiliare, qualora sia sottoposto a pignoramento un diritto reale su bene immobile di provenienza ereditaria e l’accettazione dell’eredità non sia stata trascritta a cura dell’erede-debitore esecutato, il creditore procedente, se il chiamato all’eredità ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione tacita dell’eredità, può richiedere, a sua cura e spese, la trascrizione sulla base di quell’atto, allorché esso risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata od accertata giudizialmente, anche dopo la trascrizione ai sensi e per gli effetti dell’art. 2650, comma 2, c.c., purché prima dell’autorizzazione alla vendita ai sensi dell’art. 569 c.p.c. Se, viceversa, il chiamato all’eredità ha compiuto uno degli atti comportanti accettazione tacita dell’eredità ma non trascrivibile, perché non risultante da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, ovvero se si assume che l’acquisto della qualità di erede sia seguito ex lege ai fatti di cui agli artt. 485 o 527 c.c., non risultando questo acquisto dai pubblici registri, la vendita coattiva del bene pignorato ai danni del chiamato presuppone che la qualità di erede del debitore esecutato sia accertata con sentenza.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 09/06/2022, n. 18676.
L’art. 95 c.p.c., nel porre a carico del debitore esecutato le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione, presuppone che il processo esecutivo sia iniziato con il pignoramento eseguito dall’ufficiale giudiziario; tale disposizione, pertanto, non può trovare applicazione in caso di pignoramento negativo e di mancato inizio dell’espropriazione forzata, con la conseguenza che, divenuto inefficace il precetto per decorso del termine di novanta giorni, le spese di questo restano a carico dell’intimante in forza del combinato disposto degli artt. 310 e 632, ultimo comma, c.p.c., secondo cui le spese del processo estinto restano a carico delle parti che le hanno anticipate. (Nell’affermare il suesteso principio, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che lo aveva ritenuto non derogato, con riguardo al pignoramento negativo occorso nella specie, da un diverso accordo tra le parti in merito alla regolazione delle spese, sul presupposto che il mero scambio di corrispondenza tra le stesse non valesse ad integrare la prova del suddetto accordo).
Cass. civ. Sez. III, 20/04/2015, n. 7998.
Il pignoramento immobiliare, pur componendosi di due momenti processuali, cui corrispondono due diversi adempimenti, ovvero la notifica dell’atto al debitore esecutato e la sua trascrizione nei registri immobiliari, è strutturato come fattispecie a formazione progressiva. Orbene, in questa la notificazione dell’ingiunzione al debitore segna l’inizio del processo esecutivo e produce, tra gli altri, l’effetto dell’indisponibilità del bene pignorato; la trascrizione dell’atto completa il pignoramento ed, oltre a consentire la produzione degli effetti sostanziali nei confronti dei terzi e di pubblicità notizia nei confronti dei creditori concorrenti, è indispensabile perché il giudice dia seguito all’istanza di vendita del bene. Ciò detto, si precisa che, in assenza della trascrizione, non potendo il giudice dell’esecuzione dare corso all’istanza di vendita, il processo esecutivo non può proseguire, determinandosi una situazione di improcedibilità o di estinzione cd. atipica od anticipata del processo.
Cass. civ. Sez. I Sent., 20/01/2017, n. 1588.
In base al principio generale di incorporazione, di cui è espressione l’art. 1997 c.c., il pignoramento sul diritto menzionato in un titolo di credito (al pari del pegno, del sequestro e di ogni altro vincolo) non ha effetto nei confronti del giratario se non si attua mediante annotazione sul titolo, necessitando, altresì, della sua materiale apprensione, mentre nessuna rilevanza riveste la condizione soggettiva di buona o mala fede del portatore. Con specifico riferimento ai titoli nominativi, tale regime giuridico generale trova riscontro nella legislazione speciale in tema di vincoli reali sulle azioni, posto che l’art. 3, comma 3, del r.d. n. 239 del 1942 dispone che pignoramenti, sequestri ed altre opposizioni debbono essere eseguiti sul titolo, occorrendo, inoltre, la corrispondente annotazione sul registro dell’emittente (il cd. “libro soci”) ai sensi dell’art. 2024 c.c..
9. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione alla pignoramento è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.
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