Come proteggere l’eredità dai creditori

Una delle più grandi preoccupazioni di chi si ritrova ad essere chiamato ad accettare un’eredità sono i debiti di cui quest’ultima potrebbe essere gravata. Chi accetta l’eredità, infatti, salvo l’ipotesi dell’accettazione con beneficio di inventario che sarà disaminata in prosieguo, accetta non solo i beni ed i crediti che sono presenti nel patrimonio del de cuius (o defunto) ma anche i debiti e le passività. In poche parole, l’erede, una volta accettata l’eredità, è tenuto a pagare i debiti di cui è gravata l’eredità stessa.

Pertanto, potrebbe sorgere spontanea la domanda: come posso tutelare il mio patrimonio in caso di eredità con debiti? Prima di dare una risposta al quesito è necessario precisare che proteggere l’eredità significa prestare attenzione su due fronti: difendersi dai creditori del de cuius prima di accettare l’eredità e difendere il compendio ereditario una volta ricevuto.

Nel primo caso, vi è un modo abbastanza semplice per tutelarsi da eventuali eredità passive ovvero la rinunzia all’eredità. 

La rinuncia all’eredità è espressamente disciplinata all’interno del nostro Codice Civile ai sensi dell’art. 519 c.c. ed è un atto mediante il quale il soggetto chiamato all’eredità può decidere di non accettare ciò che, per legge o per testamento, gli è devoluto. In genere si tratta di un atto che lo stesso Notaio (o gli avvocati specializzati nel diritto successorio) consiglia al chiamato in caso di eredità carica di passività. 

In caso di rinunzia il chiamato si considera come se non fosse mai stato chiamato ad accettare l’eredità. Ciò significa, in parole povere, che eventuali creditori del de cuius non potranno in alcun modo attaccare il patrimonio del chiamato che ha espressamente rinunciato all’eredità. 

Ovviamente si tratta di una soluzione “drastica” poiché il chiamato rinuncia a tutto, anche ad eventuali crediti o beni ricompresi nel patrimonio del de cuius. Nel nostro ordinamento, infatti, non esiste una accettazione “parziale” (ad esempio acquistando solo determinati beni ricompresi nell’eredità). Una soluzione meno drastica rispetto alla rinuncia potrebbe essere la c.d. accettazione beneficiata, la quale, tra l’altro, per determinate categorie di soggetti è addirittura obbligatoria (si pensi ai minori, alle persone interdetteemancipateinabilitate o alle persone giuridiche). 

1. Proteggere l’eredità prima di accettarla: la rinuncia

Il chiamato all’eredità, che abbia ad essa rinunciato, non risponde dei debiti del “de cuius”, in quanto la rinuncia ha effetto retroattivo ai sensi dell’art. 521 c.c., senza che, in ragione di ciò, assuma rilevanza l’omessa impugnazione dell’avviso di accertamento notificato al medesimo dopo l’apertura della successione (sentenza Cassazione, n.13639/2018).

La rinunzia all’eredità consiste in una dichiarazione, ricevuta da un Notaio o dal cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione e da inserirsi nel registro delle successioni.

Ciò significa, in parole povere, che la dichiarazione di rinuncia all’eredità non è un atto a “forma libera” poiché per avere effetto deve necessariamente rivestire la forma prevista dalla legge. In considerazione del fatto che con la denuncia il soggetto non acquista il patrimonio devoluto, il legislatore ha preteso che tale dichiarazione debba essere effettuata dinanzi a Pubblico Ufficiale a fine di sottolineare l’importanza dell’atto stesso. 

Con questa, l’erede manifesta la volontà di non subentrare al defunto nei suoi diritti e rapporti, indipendentemente dalla sussistenza o meno di un testamento.

La rinunzia dell’eredità, infatti, può essere effettuata sia nel caso di successione testamentaria (ovvero successione regolamentata da una scheda testamentaria redatta dal testatore) sia in caso di successione legittima (ovvero successione regolata interamente dalla legge a causa della mancanza di un testamento). 

Può rinunciare al patrimonio ereditario, per evitare di dover soddisfare con i propri beni i possibili creditori del defunto o propri.

In tal caso la rinuncia potrebbe sottintendere accordi con gli altri eredi, finalizzati ad eludere le ragioni creditorie e proteggere magari l’integrità di un bene familiare.

Più propriamente essa deve essere libera dall’apposizione di qualsiasi termine o condizione. La rinunzia all’eredità, infatti, è comunemente definito come “actus legitimi” ovvero negozio che non tollera l’apposizione di eventuali elementi accidentali (si pensi alla condizione, termine etc). 

Ancora, la rinuncia all’eredità ha caratteristiche precise, come anticipato non può in alcun modo essere “parziale” e non può che essere gratuita. In caso di rinunzia all’eredità dietro il corrispettivo di un prezzo (ovvero rinunzia posta in essere al fine di ricevere un compenso) in realtà il rinunziante non rinuncia ad alcunché perché implicitamente sta accettando l’eredità ai sensi dell’art. 478 c.c. 

In questo caso, infatti, il soggetto che rinuncia lo fa solo “a parole” ma in realtà l’atto che pone in essere presuppone la volontà di accettare l’eredità. Ed è proprio per questo che il legislatore ha previsto che in caso di rinuncia ai diritti di successione fatta verso corrispettivo (o a titolo gratuito ma solo a favore di alcuni dei chiamati e non di tutti) importa accettazione dell’eredità

Dunque la rinunzia è un negozio giuridico non recettizio, da compiersi, a pena di nullità, secondo le forme richieste dalla legge.

Le conseguenze di una rinuncia invalida ripristinano la qualifica di chiamato per il rinunciante fino ad eventuale sua accettazione tacita o espressa.

Un altro aspetto da prendere in considerazione è quello temporale. La rinunzia all’eredità non può essere fatta dal soggetto interessato in qualsiasi momento. La rinuncia, infatti, può avvenire solo nel momento in cui al chiamato viene offerta l’eredità. 

Ove venisse fatta prima, infatti, la rinuncia non solo non avrebbe alcun senso da un punto di vista giuridico (non ha senso infatti rinunciare a qualcosa che non si ha) ma sarebbe addirittura nulla. La rinuncia all’eredità fatta prima dell’apertura della successione del de cuius, infatti, configurerebbe un patto successorio rinunziativo nullo ai sensi dell’art. 458 c.c. 

1.1. Perfezione dell’atto di rinuncia per proteggere l’eredità

L’atto di rinunzia è dunque perfezionato nel momento in cui viene formalizzata la relativa dichiarazione davanti al Notaio o al cancelliere dell’ufficio della volontaria giurisdizione del tribunale competente.

La sua mancata iscrizione nel registro delle successioni determina solo la non opponibilità ai terzi.

Qualsiasi atto a titolo oneroso o gratuito (una vendita, una cessione, una donazione), effettuato dal chiamato all’eredità a favore degli altri chiamati, presuppone l’accettazione della stessa.

Difatti, se la rinuncia è effettuata dietro un corrispettivo da parte di un altro chiamato o anche di un terzo, la rinunzia produce l’effetto contrario, equivalendo ad accettazione. Questo perché nel diritto successorio, di fronte all’opzione “accetto” o “rinuncio”, cedere un bene di cui ancora non si è titolari, ne presuppone l’avvenuta acquisizione.

Com’è noto, il chiamato può scegliere se accettare o rinunciare all’eredità entro l’ampio lasso di tempo di dieci anni.

Chiunque vi abbia interesse può chiedere al Tribunale del luogo di apertura della successione la fissazione di un termine entro il quale debba essere manifestata una volontà nell’uno o nell’altro senso.

Trascorso il termine fissato, il chiamato che comunque non si è espresso, perde irreversibilmente ogni diritto di accettare o rinunciare e in particolare nel caso di rinuncia non espressa diventa erede a tutti gli effetti.

1.2. La Giurisprudenza

La rinuncia all’eredità (sentenza Cassazione, n. 6275/2017), posta in essere dopo la scadenza del termine di cui all’art. 485 c.c. dal chiamato all’eredità che si trovi nel possesso dei beni ereditari, non è in alcun caso configurabile come rinuncia ad effetti traslativi.

Dopo la scadenza del termine per l’effettuazione dell’inventario, il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice, con la conseguente inefficacia della rinuncia.

Pertanto, nel giudizio promosso o proseguito nei confronti dell’erede del de cuius debitore, in possesso dei beni ereditari, che abbia eccepito l’avvenuta rinuncia all’eredità, il creditore non deve proporre alcuna domanda volta all’accertamento dell’inefficacia di detta rinuncia.

2. Proteggere l’eredità: gli effetti della rinunzia 

Per l’effetto retroattivo della dichiarazione di rinunzia, risalente al momento di apertura della successione, il suo autore è considerato come se non fosse mai stato chiamato all’eredità.

Ciò, tuttavia, gli consente di ritenere quanto eventualmente ricevuto in donazione e, se è stato disposto a suo favore un legato, può domandarne l’assegnazione sino alla concorrenza della porzione disponibile.

Vi è da aggiungere che il coniuge superstite del defunto, oltre ad avere diritto alla pensione di reversibilità o a rendite derivanti da polizze vita dallo stesso stipulate quando era in vita, mantiene il diritto di abitazione o uso della casa familiare, nonostante l’eventuale rinuncia all’eredità.

Infine, pur in presenza dei caratteri di retroattività della rinuncia, rimangono efficaci gli atti di conservazione e amministrazione dei beni compiuti dal chiamato prima della rinuncia.

Rimane incluso il rimborso per le spese sostenute da parte di chi ha accettato l’eredità.

L’atto di rinuncia è revocabile se l’eredità non è stata nel frattempo acquisita da altri dei soggetti chiamati, fatti salvi i diritti dei terzi.

Allo stesso modo i chiamati all’eredità che hanno sottratto o nascosto beni spettanti all’eredità stessa, decadono dalla facoltà di rinunziarvi e si considerano eredi puri e semplici, sussistendo nel caso l’accettazione legale o presunta dei beni.

2.1. La devoluzione dell’eredità non accettata

In merito occorre distinguere tra successioni legittime e successioni testamentarie.

Un altro effetto della rinunzia è nelle successioni legittime il conseguente accrescimento delle singole parti spettanti a coloro che avrebbero con lui concorso in caso di accettazione (coeredi legittimi).

Rimane salva l’eventuale applicazione del diritto di rappresentazione e la devoluzione agli ascendenti ulteriori, nel caso di concorso tra genitori o ascendenti e fratelli o sorelle, se entrambi i genitori non possono o non vogliono succedere.

L’accettazione dell’eredità effettuata dal coerede determina in via automatica l’accettazione anche della quota pervenutagli per accrescimento. Naturalmente se il rinunziante è l’unico chiamato, l’eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe nel caso egli mancasse.

2.1.1. Successioni legittime

Riassumendo e dovendo distinguere tra successioni legittime e testamentarie, per le prime funzionerà in questo modo:

Nel caso in cui gli eredi dovessero essere più di uno, la rinunzia fatta da uno determina l’accrescimento (in senso atecnico) delle quote degli altri eredi. Ovvero, le quote degli altri eredi si “espandono” ricomprendendo anche la parte che sarebbe spettata al soggetto rinunciate.

Nel caso in cui, viceversa, il soggetto rinunciante dovesse essere l’unico chiamato, occorre distinguere:  

  • se vi sono discendenti, essi potranno accettare la quota rinunciata dal proprio ascendente per rappresentazione;
  • se non vi sono discendenti, la quota rinunciata si devolve agli ascendenti;
  • in assenza di discendenti e ascendenti la devoluzione interesserà gli altri coeredi (se vi sono).

La mancanza di parenti in linea retta e coeredi comporta una devoluzione a favore di coloro ai quali spetterebbe come se quel chiamato non ci fosse.

2.1.2. Successioni testamentarie

Nelle successioni testamentarie, se non è stata disposta una sostituzione e non può avere luogo la rappresentazione, la parte del rinunziante si accresce ai coeredi in chiamata solidale.

Nel caso in cui nessuno dei meccanismi sopra richiamati non dovessero operare, la quota del soggetto rinunciante si devolverà agli eredi legittimi. 

Pertanto, in caso di rinuncia all’eredità in caso di successione testamentaria:

  • può operare la sostituzione, se disposta dal testatore in previsione della rinuncia dell’erede;
  • si considera la rappresentazione se vi sono i presupposti;
  • può operare l’accrescimento tra coeredi, se istituiti con uno stesso testamento nell’universalità di beni, per cui la parte del rinunciante si accresce agli altri;
  • infine, può operare la devoluzione agli eredi legittimi. Si attua in sostanza prima la sostituzione, se è stato indicato dal testatore un sostituto, la rappresentazione, infine l’accrescimento o la successione legittima.

3. Accettazione eredità con beneficio d’inventario 

Come anticipato, un altro metodo per potersi tutelare dalle eventuali passività ricomprese nel patrimonio del de cuius è accettare l’eredità con il beneficio dell’inventario ai sensi dell’art. 484 e ss. del c.c.

In poche parole, mediante l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, il chiamato esprime la sua volontà di accettare l’eredità e si riserva la possibilità di sottrarre il proprio patrimonio dalla responsabilità per i debiti ereditari.

Pertanto, se li patrimonio del de cuius è composto sia da attività che da passività, l’accettazione beneficiata dell’eredità potrebbe essere una valida alternativa alla rinuncia dell’eredità. 

3.1. Come funziona l’accettazione beneficiata 

Fatte le debite premesse, occorre ora capire come funziona realmente l’accettazione beneficiata dell’eredità. In primis è necessario fare una dichiarazione scritta, nella forma dell’atto pubblico, con la quale il chiamato esprime la volontà di accettare l’eredità con beneficio d’inventario. Tale dichiarazione può essere resa dinanzi al Notaio o dinanzi al Cancelliere del tribunale del territorio dove si è ormai aperta la successione. 

Nel caso in cui la dichiarazione di accettazione non dovesse rivestire la forma sopra descritta sarebbe nulla, conseguentemente sarà convertita automaticamente in accettazione semplice.

Fatta la dichiarazione di accettazione beneficiata, quest’ultima dovrà essere annotata presso il registro elle successioni ivi conservato. Più precisamente, l’iscrizione in questione è fatta d’ufficio se la dichiarazione viene resa dinanzi al cancelliere, o a seguito della richiesta dell’interessato (o dal Notaio) se redatta dal Notaio.

La dichiarazione di accettazione deve essere successivamente trascritta, a cura del cancelliere, presso i registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione. Tale trascrizione deve avvenire a prescindere dal fatto che nel compendio ereditario ci siano o meno beni immobili ed ha come scopo quello di rendere edotti i creditori ed i legatari il beneficio dell’inventario.

L’ultima fase, forse quella più complessa, dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, è la redazione dell’inventario. Ai sensi dell’art. 484, comma 4, c.c. l’inventario può essere effettuato sia prima che dopo la dichiarazione di accettazione di accettazione. Ad ogni modo, in entrambi i casi deve essere annotata nel registro a cura del pubblico ufficiale la data di formazione dell’inventario. 

Chi può e chi deve accettare l’eredità con il beneficio di inventario

In linea di massima ogni chiamato ha la facoltà di accettare l’eredità con beneficio di inventario e nessun limite può essere imposto dal testatore. Ciò significa, in poche parole, che il testatore non potrebbe imporre al chiamato di accettare l’eredità in modo puro o semplice (o con accettazione beneficiata). 

Tuttavia, come anticipato sopra, ci sono dei casi in cui la legge prevede un obbligo di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario. Si tratta dei soggetti incapaci, delle persone giuridiche, delle associazioni e degli enti non riconosciuti ai sensi degli art. 471, 472 e 473 c.c. 

Può verificarsi tuttavia l’ipotesi particolare dell’erede che si trova già, al momento della morte del de cuius, nel possesso dei beni ereditari.

In questo caso, la previsione di un termine lungo o di un termine fissato dall’autorità giudiziaria per rinunciare all’eredità appare sicuramente inadeguata.

Si richiama in proposito l’art. 485 c.c.

Il chiamato all’eredità, a qualsiasi titolo in possesso dei beni ereditari, deve fare l’inventario entro tre mesi dal giorno di apertura della successione o dalla notizia della devoluta eredità.

Ciò significa, in parole povere, che se il chiamato che è nel possesso (a qualsiasi titolo) di un qualsiasi bene facente parte dell’eredità non dovesse redigere l’inventario nei modi e nel termine previsto dalla legge, sarà considerato erede puro e semplice. 

Ovvero, accetterà l’eredità senza beneficio d’inventario, con tutte le conseguenze previste dalla legge. 

Salvo gravi circostanze, tale proroga non può eccedere altri tre mesi, trascorsi i quali senza che l’inventario sia stato ultimato, il chiamato all’eredità diventa erede puro e semplice.

Allo stesso modo erede puro e semplice diventa il chiamato all’eredità che ha compiuto l’inventario nei termini concessi o di legge, ma nei quaranta giorni successivi non ha manifestato alcuna volontà, né diretta ad accettare, né diretta a rinunciare.

3.2. Chiamato non in possesso dei beni ereditari 

Per il caso in cui il chiamato non sia nel possesso dei beni, occorre fare riferimento all’art. 487 c.c. La norma citata dispone che il chiamato che non si trova nel possesso dei beni facenti parte del patrimonio ereditario può accettare l’eredità con beneficio d’inventario (o in modo puro e semplice) fino a che il diritto di accettazione non cada in prescrizione (ovvero per dieci anni dall’apertura della successione, testamentaria o legittima).

Il termine concesso dal legislatore per poter redigere l’inventario per il chiamato che non si trovi nel possesso dei beni ereditari, è il medesimo di quello previsto per il chiamato in possesso dei beni. Tuttavia, per il chiamato non possessore dei beni il termine inizia a decorrere dal momento in cui il chiamato ha dichiarato di accettare l’eredità (salvo la proroga ex art. 485 c.c.). Se non procede a redigere l’inventario nei tre mesi di tempo, il chiamato diventa erede puro e semplice. 

L’ultimo comma della norma sopra richiamata è estremamente interessante. Infatti, il legislatore ha deciso che, nel caso in cui il chiamato abbia redatto l’inventario prima di aver dichiarato di voler accettare l’eredità con beneficio d’inventario, e non abbia dichiarato di voler accettare l’eredità con beneficio nei successivi quaranta giorni, il chiamato decada dalla possibilità di accettare l’eredità, anche in modo puro e semplice. 

3.3. Actio interrogatoria

Visto che, come anticipato, il chiamato non possessore dei beni ereditari ha la possibilità di accettare l’eredità entro dieci anni dall’apertura della successione, il legislatore ha introdotto un particolare istituto al fine di tutelare eventuali soggetti interessati alla successione.

Nei confronti del chiamato non possessore, infatti, è possibile esperire la c.d. “actio interrogatoria” ex art. 481 c.c. In estrema sintesi, il chiamato deve accettare l’eredità entro il termine fissato dal giudice altrimenti perde il diritto di accettare l’eredità. 

3.4. L’effetto principale derivante dall’accettazione beneficiata 

L’effetto più importante derivante dalla accettazione dell’eredità con beneficio di inventario è la separazione del patrimonio dell’erede da quello del de cuius. In parole semplici, grazie all’accettazione beneficiate è possibile evitare che il patrimonio dell’erede possa confondersi con il patrimonio ricevuto in successione. 

L’erede, dunque, può vantare un vero e proprio beneficio ovvero la limitazione della propria responsabilità patrimoniale per i debiti ricompresi nel patrimonio del de cuius. L’erede diviene titolare di due patrimoni distinti, il suo, e quello acquistato con la successione (il quale è destinato al soddisfacimento della pretesa creditoria). 

I due patrimoni risultano essere “separati”. Infatti, il patrimonio personale dell’erede non può essere aggredito dai creditori ereditari al massimo dai creditori personali. Viceversa, il patrimonio ereditario potrà essere aggredito sia dai creditori personali che dai creditori ereditari, con preferenza di questi ultimi. 

3.5. Il divieto di ipoteca giudiziale 

Un altro effetto derivante dall’accettazione dell’eredità beneficiato previsto dalla legge è il divieto dell’ipoteca giudiziale sui beni ereditari. Ai sensi dell’art. 2830 c.c. i creditori ed i legatari non possono iscrivere ipoteche giudiziali sui beni ereditari sulla base di sentenze favorevoli emanate nei loro confronti. 

Sul punto, sia la dottrina che la giurisprudenza prevalenti convengono che l’ipoteca giudiziale iscritta sui beni ereditari prima dell’accettazione beneficiata perda efficacia qualora l’accettazione con beneficio d’inventario venga disposta successivamente

4. Proteggere il proprio patrimonio 

Come accennato, proteggere l’eredità significa anche difendere il proprio patrimonio una volta accettato il compendio ereditario.

Prima di analizzare gli strumenti giuridici che possono tornare utili, nei limiti di legge, è bene precisare che una volta accettata l’eredità senza il beneficio dell’inventario, il patrimonio dell’accettante si unisce a quello devoluto, creandosi così un unico patrimonio. Ciò significa che, tecnicamente, i creditori del de cuius diventano creditori dell’erede che ha accettato l’eredità, questo perché sul piano tecnico giuridico l’erede e il de cuius sono la medesima persona. L’erede, infatti, subentra in qualsiasi rapporto giuridico facente capo al de cuius (non a caso si parla di successione universale). 

Per quanto concerne gli strumenti concretamente utilizzabili al fine di tutelare il proprio patrimonio dopo la successione da eventuali pretese dei creditori della massa ereditaria, è possibile richiamare tutti quegli strumenti utilizzati al fine di difendere il proprio patrimonio immobiliare, quale la costituzione di un fondo patrimoniale, il trust, il vincolo di destinazione, etc. 

Ovviamente tali strumenti possono avere effetto solo nel caso in cui la pretesa del creditore non sia stata trascritta anteriormente alla trascrizione del fondo patrimoniale, del trust o del vincolo di destinazione. 

Infatti, se da un lato, il legislatore ha previsto strumenti finalizzati a garantire la tutela del patrimonio del debitore, dall’altro, ha previsto anche alcuni strumenti finalizzati a tutelare il creditore che non può vedersi lesa la propria pretesa creditoria senza possibilità di tutelarsi. Si pensi, ad esempio, all’azione revocatoria, al meccanismo della trascrizione dei vincoli patrimoniali, all’azione ex art. 2929 bis c.c. ecc.  

In via contenziosa, invece, ovvero dinanzi al giudice, si può contestare il pignoramento attraverso gli strumenti dell’opposizione all’esecuzione agli atti esecutivi.

Indubbiamente, si tratta di strade molto lunghe e difficili che richiedono di sopportare costi notevoli.

Sono noti, infatti, i tempi biblici dei processi e della giustizia civile, il che spesso spinge verso forme di risoluzioni alternative delle controversie. 

Il consiglio migliore, prima di concludere, è sicuramente quello di studiare attentamente la soluzione ottimale e agire in via preventiva senza correre il rischio di trovarsi con le mani legate e l’eredità in fumo.

5. Proteggere l’eredità dai creditori: consulenza e assistenza legale per il tuo caso

In sostanza, come avrai potuto capire, difendere l’eredità dai creditori non è cosa semplice.

Sono molte le implicazioni e i dettagli da considerare.

Proprio per questo motivo, al fine di ottenere una migliore e completa assistenza in merito, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.

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