Con tutela dei crediti d’impresa si intende l’apparato di strumenti a disposizione dell’imprenditore che voglia recuperare somme di denaro e tener in regola i conti delle loro attività economiche. Le crisi di impresa, non di rado, sono proprio causate da una cattiva gestione del c.d. cash flow.
Il flusso di cassa (o cash flow) è forse la grandezza finanziaria più importante per l’azienda. È, infatti, spesso, proprio la mancanza di liquidità a mettere in dubbio la sopravvivenza dell’impresa, decretando il successo o, al contrario, la crisi o addirittura il fallimento delle sue attività.
Proprio per prevenire eventuali esiti pregiudizievoli, ti invitiamo a gestire e tutelare il tuo patrimonio, recuperando quanto ti è dovuto dai tuoi debitore, così proteggendoti da aggressioni creditorie a tua volta.
Tuttavia, non solo la crisi di impresa è conseguente ad una cattiva gestione delle risorse, ma può essere provocata anche da eventi esterni e situazioni non necessariamente controllabili. Proprio per questo che adottare un’adeguata strategia preventiva è fondamentale.
A tal proposito possiamo rammentare che la tua attività imprenditoriale potrebbe essere soggetta ad azioni e condotte scorrette, violativa dei doveri di leale concorrenza. Il fenomeno della concorrenza sleale è assai ampio e, in parte disciplinato anche dal codice civile.
Tuttavia ad oggi la disciplina di settore è diventata assai più articolata, in modo da fornire gli strumenti di tutela adatti al creditore impresa. Una concorrenza sleale, infatti, può comportare maggiori difficoltà nel conseguire una certa stabilità e nel far fronte ad esigenze di liquidità.
In questa sede vogliamo offrirti alcuni consigli su come proteggere il tuo patrimonio aziendale. Per tali motivazioni ti invitiamo nella prosecuzione della lettura, in modo tale che potrai avere un quadro sintetico su quelli che sono gli strumenti per tutelare i crediti di impresa.
La tutela dei crediti di impresa comporta una valutazione di molteplici rischi legati anche ai rapporti con i concorrenti imprenditori, la cui condotta non sempre è ispirata a buona fede e correttezza. La c.d. concorrenza sleale è una forma di aggressione prevista dal codice civile che contempla, per l’appunto, una serie di azioni lesive dei diritti dell’imprenditore.
Agli artt. 2598 ss c.c., definisce la fattispecie in questione. La concorrenza sleale è la condotta per mezzo della quale un imprenditore utilizzando direttamente o indirettamente quei mezzi, o tecniche, difformi al principio di correttezza professionale, può danneggiare un’azienda concorrente.
La forza dell’operatore economico all’interno di un mercato sta nei diritti acquisiti su segni distintivi ed altri diritti di proprietà industriale, sui quali l’imprenditore esercita un uso esclusivo. I segni distintivi infatti gli permettono di essere identificati dal consumatore ed essere da questi scelti.
Le condotte che si attestano di concorrenza sleale sono proprio quelle lesive dei predetti strumenti.
Vediamo di cosa si tratta.
La concorrenza sleale, come individuata dall’art. art. 2598, ha legata alla disciplina dei c.d. segni distintivi. Questi sono stati oggetto di espressamente codificata nel c.d. Codice della proprietà industriale., ossia il D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30.
A tal proposito si parla di segni distintivi con riferimento ai brevetti e marchi.
Con brevetti si intende uno strumento commerciale per le imprese. E’ un diritto esclusivo concesso per la protezione di un’invenzione, un prodotto o un procedimento, che consente loro di proteggere i propri investimenti in ricerca e innovazione e di acquisire risorse economiche supplementari. Il diritto in questione comporta una serie di vantaggi economici annessi:
Il marchio, invece, consiste un diritto esclusivo sull’uso di un segno in relazione ai prodotti e servizi, che il titolare ha proceduto a registrare. Per essere legittimato, il marchio deve avere le seguenti caratteristiche:
Una delle principali condotte che integrano concorrenza sleale comportano proprio l’uso di segni distintivi. Al riguardo, si pongono in uno stato concorrenziale tutte quelle aziende che, rivolgendosi alla medesima categoria di consumatori, offrono analoghi prodotti.
L’art. 2598 c.c. individua proprio la condotta in questione:
Il legislatore mediante la norma ha voluto introdurre una serie di regole comportamentali volte a garantire il rispetto dei principi di correttezza a lealtà, che ciascuna impresa operante nel mercato è tenuta a rispettare.
La tutela dei crediti di impresa è, come puoi constatare, sicuramente molto complessa, nei seguenti articoli intendiamo offrirti alcuni ulteriori consigli:
L’imprenditore potrebbe sovente esser pregiudicato da condotte, che pur non qualificandosi come concorrenza sleale ai sensi del codice civile, costituiscono condotte scorrette, che non consentono di sviluppare adeguatamente la posizione economica dell’impresa.
Tra queste rientra sicuramente l’abuso influenza dominante, la quale si identifica quando altra impresa sfrutta la propria posizione economica per limitare o rendere difficoltosa la permanenza di altre attività sul mercato.
Il concetto di posizione dominante vuole richiamare una situazione di potenza economica, tramite la quale l’impresa, che la detiene, è in grado di impedire od ostacolare il persistere di una concorrenza effettiva sul mercato. Al fine di individuare soggetti potenzialmente pericolosi, dovrai tener in considerazione:
Il legislatore ha, inoltre, indicato una serie di condotte che possono essere lesive espressione di abuso dell’influenza dominante. All’art. 102 TFUE, che all’art. 3 della Legge n. 287/1990 sono, quindi, offerte alcune indicazioni in tal senso, in quanto costituiscono fattispecie tipiche:
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La tutela del credito di impresa, quindi del creditore stesso, come cerchiamo di spiegare nel presente contributo, presuppone che la stessa attività abbia la forza e la capacità di imporsi sul mercato e nei rapporti obbligatori con i terzi debitori.
Tale forza è potenzialmente lesa se l’impresa è esposta a minacce e condotte scorrette e abusive, come esaminate nei precedenti paragrafi.
Invero, non solo una società o impresa esterna può rendersi autore di tale azioni pregiudizievoli dell’interesse dell’imprenditore. Talora può accadere che un ex dipendente possa utilizzare le informazioni acquisite nel corso della sua esperienza lavorativa al fine di assumere una posizione di “dominanza”, in senso atecnico, nei confronti di quello che era il datore di lavoro.
Il patto di non concorrenza è, allora, un accordo tramite il quale si stabiliscono le conseguenze della cessazione del precedente rapporto di lavoro. Esso assolve proprio alla funzione di bilanciamento degli interessi concorrenti in rilievo. Da un lato la necessità di avviare una nuova attività lavorativa del prestatore di lavoro, dall’altro quella del datore di lavoro a non vedersi privato di importanti risorse, tramite la divulgazione ed utilizzo di informazioni.
Dal patto di non concorrenza discende, come anzidetto, una limitazione delle prerogative e delle attività lavorative che possono essere compiute dal lavoratore.
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Una delle questioni maggiormente problematiche della gestione dei crediti di impresa è quella del loro recupero. Non di rado accade che molti tra i debitori principali di un’attività commerciale siano inadempienti.
Indurli al pagamento potrebbe essere molto più difficile di quanto sembri, proprio per questo che una delle migliori strategie è quella preventiva. Ciò ovviamente implica un’adeguata gestione delle tue risorse, sicuramente è opportuno ricercare informazioni commerciali sui tuoi clienti, così da avere almeno un quadro generale sulla loro posizione o su rapporti già avviati con altre aziende.
Cerca di mettere fin da subito tutto nero su bianco, sia le condizioni della fornitura, le modalità e le tempistiche di pagamento.
L’attività di recupero crediti comprende tutti quegli interventi finalizzati ad ottenere il pagamento di una somma dovuta da un soggetto privato per un debito nei confronti di un’impresa. Questi possono essere posti in essere o da una società apposita o da un professionista del settore legale.
Il recupero può avvenire sia mediante azione giudiziale che stragiudiziale.
L’utilizzo dell’azione stragiudiziale per recupero crediti ti permetterà di evitare innanzitutto il contenzioso, con la conseguenza di un consistente risparmio sui costi di recupero. L’invito ad adempiere stragiudiziale potrebbe, invero, non portare a buon fine. A ciò segue, nella maggior parte dei casi, la fase giudiziale, Tuttavia in molti casi esso può concludersi anche con una procedura convenzionale.
L’azione giudiziale nei confronti del o dei debitori avrà inizio con degli atti giudiziari, che avverranno in questo ordine:
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Avverso l’inadempimento dei creditori, l’ordinamento mette a disposizioni molteplici strumenti che potrebbero esserti utili per tutelare i crediti di impresa.
In presenza di un contratto a prestazioni corrispettive, laddove vi sia inadempimento di una parte, la controparte potrà difendersi usando diverse strategie:
Il rimedio della risoluzione è finalizzato ad ottenere lo scioglimento del rapporto contrattuale attraverso una sentenza di natura costitutiva emessa dal giudice. In aggiunta, sarà presentata contestualmente la richiesta del risarcimento del danno, in funzione del danno subito per il mancato ricevimento della prestazione.
L’azione di risoluzione è espressamente subordinata al requisito della gravità dell’inadempimento, in assenza del quale non è possibile sciogliere il vincolo contrattuale.
L’azione di adempimento del contratto è finalizzata alla conservazione del rapporto giuridico e consiste in una domanda giudiziale di condanna all’esecuzione della prestazione.
Con la sentenza di condanna all’esito di tale giudizio, il creditore avrà titolo per ottenere quanto dovuto, che può consistere nel dare un qualcosa, fare o non fare una certa azione, e contestualmente potrà richiedere il risarcimento del danno per il ritardo dell’adempimento.
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Lo strumento principe per recuperare i crediti di impresa è quello di accedere al fallimento.
Tale procedura per i creditori comporta all’assoggettamento del patrimonio dell’imprenditore ad una procedura esecutiva concorsuale. Le conseguenze derivanti sono molteplici, questo perché si tratta di un procedimento molto complesso che deve tener conto di una serie di elementi.
Un primo ordine di conseguenze riguarda l’assoggettamento dei creditori alle norme proprie del concorso e in particolare all’accertamento del loro credito secondo le norme per esso previsto.
Tuttavia, a partire dall’apertura del fallimento, l’unico strumento che avrai a disposizione è quello di fare istanza di accesso al passivo. L’art. 51 Legge Fallimentare infatti, prevede che “salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento”.
Vediamo cosa c’è da sapere sul punto.
L’istanza di fallimento è l’atto con cui si inizia la procedura fallimentare nei confronti di un imprenditore.
A tal proposito l’istanza di accesso è subordinata al ricorrere di alcuni presupposti. In primo luogo è necessario che sussista lo stato di insolvenza del soggetto, e quindi l’incapacità patrimoniale dell’imprenditore. Questa può essere presentata da specifici soggetti come indicati dalla legge fallimentare:
L’istanza deve innanzitutto contenere le prove a sostegno della richiesta e la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti per la dichiarazione di fallimento.
Al ricorso deve essere allegata tutta la documentazione necessaria affinché il Tribunale possa desumere lo stato di insolvenza in cui versa il fallendo:
L‘ istanza di insinuazione al passivo fallimentare è qualcosa di ben diverso dalla figura esaminata in precedenza. Questa, infatti, identifica l’atto con cui il creditore del fallito fa valere propria pretesa.
Al fine di ottenere il pagamento, la presente domanda costituisce un atto dovuto. Questa può essere presentata autonomamente da ciascuno degli aventi diritto nella forma del ricorso, deve contenere:
La domanda deve essere presentata mediante deposito in Tribunale, entro 30 giorni prima dalla data di udienza di verifica del passivo che il curatore comunica generalmente a tutti i creditori che risultino dalle scritture contabili.
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Il concordato fallimentare si distingue dalle forme di accordo stragiudiziale tra imprenditore e creditori di impresa. Quest’ultimo, invece, viene reso al termine del fallimento, su istanza di una delle parti tra il fallito e i creditori. Esso, sebbene presupponga la collaborazione delle parti, si conclude con un provvedimento giurisdizionale di omologa.
La proposta di concordato, per poter essere valutata, richiede necessariamente la conoscenza della situazione debitoria, per tale ragione lo stato passivo deve esser reso esecutivo o almeno garantita la disponibilità di dati contabili idonei a consentire al curatore di sottoporre all’approvazione del giudice delegato un elenco provvisorio dei creditori del fallito.
La proposta può avere ad oggetto le obbligazioni nascenti dal concordato assunte da un terzo con la liberazione immediata del fallito in cui vi sia cioè un assuntore del concordato. Più precisamente il concordato riguarda tutti i creditori per i quali la proposta non preveda l’integrale pagamento anche se ammessi con riserva o provvisoriamente.
La tutela dei crediti di impresa è, come puoi constatare, sicuramente molto complessa, nel seguente articolo intendiamo offrirti alcuni ulteriori consigli:
Il creditore di impresa non solo può ricorrere al fallimento per tutelare la propria posizione, ma anche ad istituti che garantiscono la compensazione del credito, come il concordato stragiudiziale che abbiamo poc’anzi citato.
A questa categoria si aggiunge anche la liquidazione coatta amministrativa.
La liquidazione amministrativa prevede l’intervento dell’autorità giudiziaria solo per l’accertamento di determinate situazioni, come la presenza di requisiti, come il presupposto dello stato di insolvenza.
Questo è un atto ascrivibile, invece, alla pubblica amministrazione. Tutte le altre funzioni spettano all’autorità amministrativa o ad organi da questi nominati. Tale strumento, originariamente previsto solo per gli enti di natura pubblicistica, oggi si applica anche alle imprese di assicurazione e bancarie, società cooperative, società fiduciari, di intermediazione mobiliare, di gestione dei fondi comuni di investimento, società di investimento.
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