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La responsabilità oggettiva contiene ipotesi tipiche di responsabilità in cui si prescinde dall’elemento soggettivo della colpa, come diversamente accade, invece, nella responsabilità soggettiva.
Quest’ultima, infatti, è fondata appunto sull’elemento della colpa.
Ciò che contraddistingue la responsabilità oggettiva è infatti la sola esistenza del nesso di causalità.
Infatti, in queste particolari ipotesi che a breve enunceremo, si risponde soltanto del danno cagionato come conseguenza diretta e immediata della propria condotta.
In particolar modo, seguendo la logica sottesa alla disciplina della responsabilità oggettiva, il danneggiato deve essere risarcito anche se il danno è stato causato incolpevolmente.
In tale circostanza rientra anche chi esercita attività pericolose che deve assumersi la responsabilità dei danni eventualmente cagionati ai terzi, anche se non causati colposamente.
E dunque, come ci si può difendere?
Occorre dimostrare la mancanza di rapporto di causalità tra la condotta e l’evento. In relazione alle diverse ipotesi di responsabilità oggettiva, tale prova si atteggia in maniera diversa.
Se vuoi saperne di più in merito, in questa guida verrà meglio spiegata quando si configura responsabilità oggettiva e come ci si può difendere da essa.
1. Le ipotesi di responsabilità oggettiva
Come accennato, occorre dapprima analizzare le singole ipotesi di responsabilità civile, accuratamente disciplinate all’interno del Codice Civile a partire dall’art. 2051.
I casi più rilevanti di responsabilità oggettiva sono quelli di seguito riportati.
La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia
Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. Si pensi alla responsabilità del proprietario di un fondo dal quale si propaga un incendio che si diffonde nel fondo limitrofo, invadendolo.
Controversa è la natura giuridica di tale responsabilità.
Secondo la Dottrina si tratta di un’ipotesi di responsabilità oggettiva perché il caso fortuito, oggetto della prova liberatoria, è un avvenimento che, per sua natura, esclude il nesso di causalità tra la condotta del soggetto e l’evento dannoso.
Dunque, tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito.
Quest’ultimo è definito come un elemento esterno, imprevedibile e inevitabile, come definito dalla Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 4279/2008).
La giurisprudenza prevalente ritiene, invece, che il caso fortuito ricorra anche laddove sia dimostrabile l’assenza di colpa, dunque non si tratterebbe di responsabilità oggettiva.
La Corte di Cassazione (sentenza n. 7755/2007), ha statuito che l’appaltatore è responsabile dei danni causati a terzi dall’esecuzione dell’opera (tranne il caso in cui il committente abbia imposto all’appaltatore le sue direttive).
Interessante è capire se questo tipo di responsabilità oggettiva possa invocarsi in capo alla p.a., quando proprietaria di un bene demaniale su cui è impossibile esercitare un controllo continuo ed efficace. La risposta è negativa, piuttosto, se ne ricorrano gli estremi, sarà possibile prevedere la responsabilità di cui all’art. 2043 del Codice Civile.
Di stesso indirizzo è la giurisprudenza in relazione al danno di insidia stradale. La giurisprudenza più recente sembra orientata a ricondurre il danno da insidia stradale sotto la regola generale dell’art. 2043 del Codice Civile (si veda sentenza della Cassazione n.18713/2010).
La responsabilità oggettiva per i danni cagionati da animali
Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.
Ne consegue che, per i danni cagionati dall’animale al terzo, il proprietario risponde in ogni caso a meno che non dia la prova del caso fortuito.
Dunque, sarebbe necessario l’intervento di un fattore esterno idoneo a interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo.
Pertanto, se la prova liberatoria richiesta dalla norma non viene fornita, il giudice condanna il proprietario dell’animale al risarcimento dei danni per l’intero.
La responsabilità per i danni cagionati dalla rovina degli edifici
In questo caso, per risultare esente da responsabilità, il proprietario dell’edificio deve fornire la prova che la rovina non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione.
Ad esempio, il cornicione di un edificio in cattivo stato di manutenzione si stacca e ferisce un passante: il proprietario ne è responsabile anche se, per ipotesi, abbia da poco acquistato l’edificio e, quindi, il cattivo stato di manutenzione non sia a lui imputabile.
La responsabilità per l’esercizio di attività pericolose
Chiunque cagiona un danno ad altri, nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.
Costituiscono attività pericolose, ai sensi dell’art. 2050 del Codice Civile, non solo le attività che sono qualificate tali dalla legge di Pubblica Sicurezza o da altre leggi speciali, ma anche le altre attività che comportino la rilevante probabilità del verificarsi del danno, per la loro stessa natura e per le caratteristiche dei mezzi usati, non solo nel caso di danno che sia conseguenza di un’azione, ma anche nell’ipotesi di danno derivato da omissione di cautele che in concreto sarebbe stato necessario adottare in relazione alla natura dell’attività esercitata (Cassazione, sentenza n. 3528/2009).
Ad es., l’attività edilizia, soprattutto quando comporti rilevanti opere di trasformazione o di rivolgimento o di spostamento di masse terrose e scavi profondi ed interessanti vaste aree, non può non essere considerata attività pericolosa ai fini dell’art. 2050 del Codice Civile.
La responsabilità per i danni prodotti dalla circolazione dei veicoli
Questa norma fa riferimento esclusivamente ai veicoli senza guida di rotaie e disciplina la responsabilità del conducente e quella del proprietario.
Infatti:
- il conducente è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. La prova liberatoria è particolarmente ardua, perché non è sufficiente dimostrare di essersi comportato con diligenza, prudenza o perizia, ma è necessario provare che l’evento si è verificato esclusivamente per causa imputabile al danneggiato o a un terzo, ovvero per caso fortuito o forza maggiore (ad esempio, perché un pedone ha improvvisamente ed imprevedibilmente attraversato la strada).
- il proprietario risponde solidalmente col conducente se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà.
- in ogni caso, il conducente e il proprietario sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo (art. 2054, co. 4 del Codice Civile).
Il Codice delle Assicurazioni private
Poiché la circolazione stradale costituisce una fonte costante di pericolo per gli individui e, quindi, di danni e di responsabilità civile, il D.Lgs. 209/2005 (Codice delle assicurazioni private) ha previsto:
- l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per chiunque pone in circolazione un veicolo a motore senza guida di rotaie su strade di uso pubblico.
- la costituzione di un fondo di garanzia per le vittime della strada per il risarcimento dei danni causati alle persone da veicoli non identificati o non coperti da assicurazione.
Per i danni subiti dal terzo trasportato a seguito di sinistro stradale l’art. 141 D.Lgs. 209/2005 (Codice delle assicurazioni) prevede il regime di indennizzo diretto, in base al quale il terzo può rivolgersi, per il risarcimento del danno, direttamente alla compagnia di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo.
Tuttavia, tale disposizione non impedisce al trasportato-danneggiato di chiedere i danni esclusivamente al conducente dell’altro veicolo, quale responsabile del danno, e alla relativa compagnia assicuratrice, purché osservi, a pena di improcedibilità della domanda, le prescrizioni contenute nell’art. 148 D.Lgs. 209/2005.
Responsabilità oggettiva: in conclusione
Dunque, come avrai potuto notare, non è affatto semplice difendersi da ipotesi di responsabilità oggettiva.
Proprio per questo motivo, al fine di ottenere una migliore consulenza, ti consiglio di compilare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.
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