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Il danno biologico è stato oggetto di costante evoluzione giurisprudenziale. Molto si è discusso sulle sue componenti e la natura. In particolare la questione è sorta con riferimento alla qualifica in termini di danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c..
Ad oggi si ritiene che il danno biologico è soggetto alla disciplina del danno patrimoniale, si compone di due componenti:
- danno morale che implica una sofferenza interiore;
- danno esistenziale che attiene alla modifica delle abitudini di vita. Tale distinzione però si ritiene abbia carattere solo descrittivo.
La lesione del bene salute, inoltre, si contraddistingue per esser oggetto di facile misurazione. Infatti, la giurisprudenza ha elaborato un sistema tabellare fondato sul criterio del punto variabile di invalidità.
Laddove fossi interessato a capire come si procede ad ottenere il risarcimento del danno biologico e quali sono i criteri di liquidazione dello stesso, ti invitiamo a proseguire la lettura.
1. Il danno non patrimoniale
La dicotomia danno patrimoniale e non patrimoniale riguarda il c.d. danno conseguenza, ossia le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla lesioni della situazione giuridica rilevante, quindi dal danno evento. Sarebbe, infatti, un errore definire il danno non patrimoniale come quello che deriva dalla lesione di interessi o diritti di natura personale.
Il danno non patrimoniale è l’insieme delle conseguenze di natura non patrimoniale, cioè che incidono sulla sfera personale del soggetto. In tal caso, rileva la natura delle conseguenza, più che l natura del diritto leso. Non va confuso, infatti, tale connotato del danno con le condizioni che la legge stabilisce per la sua risarcibilità.
Ad esempio, anche dalla lesione di un diritto patrimoniale può derivare una conseguenza negativa di natura non patrimoniale. Tale danno non patrimoniale non sarà di regola risarcibile, salvo il caso di reato. Si pensi alla perdita del proprio animale domestico da cui può derivare dispiacere oppure la distruzione di un bene, privo di intrinseco valore economico, ma ricco di significativi risvolti affettivi.
Viceversa, dalla lesione di un diritto non patrimoniale, come la salute, può derivare anche un danno patrimoniale, come la perdita di reddito derivante dall’incapacità lavorativa specifica.
E’ indubbio che molti diritti della personalità abbiano anche in risvolto economico. La loro lesione può esser in grado di incidere negativamente sulla sfera patrimoniale del soggetto. Si pensi, solo per fare qualche esempio, alla perdita economica derivante dalla lesione della reputazione professionale.
Possiamo, quindi, certamente ipotizzare danni patrimoniali che derivano da lesione di beni o interessi di natura personale.
1.1. Limiti alla risarcibilità del danno non patrimoniale
Al danno non patrimoniale si applica l’art. 2059 c.c. che, attraverso la formula “nei casi previsti dalla legge“, subordina il risarcimento del danno non patrimoniale alla condizione che sia leso un interesse qualificato. Il catalogo delle situazioni giuridiche che hanno tutela risarcitoria estesa al danno non patrimoniale è, quindi, un elenco chiuso, circoscritto e limitato.
L’art. 2059 c.c., all’esito di un lungo dibattito giurisprudenziale, è stato oggetto di una lettura costituzionalmente orientata che ha fissato alcuni capisaldi in materia.
La norma copre l’intera categoria del danno non patrimoniale, che è categoria unitaria e omnicomprensiva, all’interno della quale le varie tipologie di pregiudizi non patrimoniali sono solo voci interne a carattere descrittivo. Quindi, si parla esclusivamente di un danno non patrimoniale, al cui interno si individuano voci quali: danno morale, danno biologico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione.
La riserva di legge dell’art. 2059 c.c. deve essere interpretata in un’ottica costituzionalmente orientata, secondo cui, anche in mancanza di un norma legislativa che espressamente riconosca la risarcibilità del danno non patrimoniale, tale risarcibilità deve essere riconosciuta ogni volta che tale danno consegue alla lesione di un diritto fondamentale della persona costituzionalmente rilevante.
I diritti fondamentali protetti dalla Costituzione non sono, però, un numero chiuso. Si tratta, al contrario, di una categoria dinamica, in costante aggiornamento alla luce sia del richiamo che l’art. 2 Cost fa ai “diritti inviolabili della persona”, sia dell’apertura che la Costituzione opera verso le fonti sovranazionali che, a loro volta, tutelano i diritti fondamentali.
2. Il danno biologico: di cosa si tratta?
Il danno biologico, dunque, è una definizione che richiama una tipologia di danno non patrimoniale.
Come abbiamo osservato nei paragrafi precedenti, l’art. 2059 c.c. era un tempo marginalizzato, questo aveva determinato la nascita del danno morale soggettivo, soprattutto dove veniva in considerazione il danno per lesione della salute. Tale figura del danno morale soggettivo serviva per dire che l’art. 2059 c.c. trovava applicazione solo ad esso. Mentre i danni non patrimoniali diversi dal danno morale soggettivo sono risarcibili anche in altri casi, non necessariamente sulla base di espressa previsione legislativa, purché ci sia la lesione del diritto fondamentale della persona.
In particolare, era stata ammessa la risarcibilità del danno alla salute in base al combinato disposto dell’art. 2043 c.c. e l’art. 32 Cost. Il danno alla salute è un’ipotesi diversa dal danno patrimoniale e non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo, che sono danni conseguenze. Si diceva che il danno biologico fosse un danno evento. Questo poteva avere sia conseguenze patrimoniali che non patrimoniali.
2.1. Distinzione danno esistenziale e morale
Tra le conseguenze non patrimoniali del danno biologico si distingueva poi:
- danno esistenziale, il quale identifica quella componente del danno derivanti dal cambiamento delle abitudini di vita, causate dall’illecito. Ad esempio, se a causa della lesione della salute, il soggetto che era uno sportivo, non possa più praticare lo sporti di predilezione;
- danno morale, attiene al patema d’animo interiore, alla sofferenza personale.
La prima voce del danno era risarcito, insieme alle conseguenze patrimoniali, ai sensi dell’art. 2043 c.c. letto in combinato disposto con l’art. 32 cost. Mentre, il danno morale era risarcito ai sensi dell’art. 2059 c.c., quindi se vi era espressa previsione di legge.
Tale orientamento è stato definitivamente superato alla luce dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.. La distinzione tra danno esistenziale e morale si considera meramente descrittiva, sono voci interne del danno non patrimoniale derivante dalla lesione alla salute.
Tuttavia, il dibattito giurisprudenziale sul danno biologico non si è assopito, soprattutto per quel che attiene alle modalità di risarcimento. Vediamo come si è sviluppato il dibattito.
3. Quantificazione danno biologico: l’evoluzione giurisprudenziale
In giurisprudenza, come dicevamo nel paragrafo precedente, non si è sopito il dibattito circa il danno biologico e la relativa liquidazione del risarcimento. Un primo intervento significativo si è concretizzato con il c.d. decalogo delle Sentenze di San Martino del 2008 (sent. nn. 26972/2008 a 29832/2008), a cui è seguita un’inversione giurisprudenziale nel 2019, con le c.d. Sentenze di San Martino bis (sent. n. 28988/2019).
Il decalogo di sentenze in questione viene definito di San Martino in quanto pubblicate il giorno di San Martino, ossia l’11 novembre del 2008. In tal sede, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che il risarcimento del danno biologico deve essere integrale. Quindi devono esser risarciti tutti gli aspetti della persona che sono stati lesi.
Occorre in primo luogo evitare duplicazioni del risarcimento del danno come invece accadeva in vigenza del regime che distingueva tra danno morale ed esistenziale. Spesso, infatti, si procedeva a forme di forfettizzazione, cioè era liquidata una somma determinata in percentuale che corrispondeva al danno morale.
Si afferma quindi che il danno non patrimoniale è una categoria unitaria e omnicomprensiva. La stessa denominazione di danno biologico è impropria, perché questo altro non è che il danno non patrimoniale che deriva dalla lesione della salute. Dunque, il danno morale ed esistenziali non sono danni autonomi, ma hanno solo valenza descrittiva.
3.1. Sistema tabellare
Il danno biologico viene tradizionalmente risarcito mediante un sistema tabellare, elaborato dalla giurisprudenza. A tal proposito si parla di tabelle Milanesi, perché elaborate dal Tribunale di Milano, ma adottate su tutto il territorio nazionale. Esse si fondano sul presupposto per cui il danno alla salute è “misurabile”, cioè può esser quantificato in base a parametri specifici.
Tali tabelle hanno assunto al rango di parametro normativo, in quanto esse consentono di garantire l’applicazione del principio di equità. Offrono, infatti, uno strumento sulla cui base quantificare il danno, in ogni caso che presenti pari caratteristiche. Esse consentono di avere una base di partenza da cui procedere al calcolo del danno. Quindi, sono garanzia di uniformità, in particolare se applicate diffusamente su tutto il territorio. La seconda voce dell’equità è la c.d. “giustizia del caso concreto”, che presuppone una personalizzazione della somma risarcibile, alla luce delle specificità del caso concreto.
La giurisprudenza, quindi, ha affermato che, in considerazione del rapporto con il principio di equità, le tabelle sono un parametro normativo, che se violato determinano un vizio per violazione di legge.
Le tabelle milanesi si fondano sul c.d. criterio del punto variabile di invalidità permanente. A ogni punto di invalidità viene dato un valore economico, variabile in dipendenza di due fattori: età della vittima e l’entità della lesione subita.
Il valore economico del punto, infatti, decresce con l’età e cresce con l‘entità della menomazione. Decresce con l’età perché il danno biologico è correlato alla vita che prosegue con l salute permanentemente menomata. Quindi, più sei giovane e più a lungo patirai le conseguenze della lesione.
Cresce con l’aumentare dei punti di invalidità, in base alla considerazione, fondata a sua volta sull’esperienza, secondo il rapporto tra invalidità e sofferenza è geometrico, non lineare. Al raddoppiarsi dell’invalidità, la sofferenza aumenta più del doppio.
Il valore economico del punto di invalidità, stimato in base alle tabelle, include tutte le conseguenze normali e tipiche della lesione alla salute, sia in termini di danno esistenziale che morale.
Le Sezioni unite, quindi, non ha accolto il sistema della liquidazione del danno morale come percentuale forfettaria e automatica della somma già liquidata a titolo di danno biologico.
3.2. Personalizzazione
Come dicevamo inizialmente, il criterio delle Tabelle è ispirato al principio di equità. La seconda voce del parametro è la giustizia del caso concreto, che si realizza con la personalizzazione. Dunque, il giudice dovrà vedere nel caso concreto le conseguenze che la lesione alla saluto ha avuto, in termini o di pregiudizio alla vita di relazione o sofferenza morale.
Le tabelle fanno riferimento a un danneggiato medio o tipo, si fondano su una presunzione generalizzata delle possibili conseguenze del danno biologico. Può, però, accadere che l’analisi del caso smentisca quella presunzione, evidenziando un danno maggiore.
Non si aggiunge, quindi, una diversa tipologia di danno, sul presupposto erroneo che il valore tabellare non include tutti i danni. Quindi, con tale procedura, si va ad aggiungere quella parte del danno non patrimoniale che è legata alle peculiarità e caratteristiche personale del danneggiato.
3.3. Sentenze San Martino bis
Negli anni il sistema che abbiamo appena delineato è stata modificata ed oggetto di intervento successivo da parte della Corte di Cassazione.
Undici anni dopo il primo gruppo di sentenze, denominate di San Martino, la suprema Corte si è nuovamente pronunciata sul punto, per disciplinare numerose questioni in punto di danno da lesione del diritto alla salute, in specie nell’ambito della responsabilità medica.
La data di deposito delle sentenze nn. 28991 e 28992 del 2019 è stata fissata nell’11 novembre, proprio a simboleggiare il cambio di rotta in tema di danno non patrimoniale. Invero, questa volta la Corte non interviene a Sezioni Unite, ma a Sezioni semplici. In tal sede, si è criticato il sistema delle tabelle milanesi, che non prevedono un’autonoma risarcibilità del danno morale, considerata voce distinta del danno biologico.
La Corte aggiunge che il pregiudizio morale, non essendo accertabile a livello medico-legale, non può esser oggetto di una predeterminazione tabellare. Si opera poi una duplice precisazione:
- a differenza del danno biologico, il danno morale, non avente fondamento organico, deve essere allegato e provato nella sua concretezza;
- in ogni caso non risultano mai specificati i criteri e il fondamento statistico della commisurazione del punto base onnicomprensivo introdotto dalle tabelle.
In realtà, poi, pochi mesi dopo la Corte ha nuovamente disciplinato la materia, sostenendo l’esatto opposto. Infatti, laddove vi sia anche il danno morale, oltre che all’altra componente esistenziale, comunque si applicano le tabelle. In caso contrario, si scomputa la componente morale dalla tabella.
Va, peraltro, segnalato che le Tabelle milanesi, dopo gli interventi giurisprudenziali, sono state riviste nel 2021, per tener conto della nuova posizione della Cassazione. La componente morale del danno alla persona viene considerato in modo autonomo, essendo stato scorporato dall’unitaria voce del danno non patrimoniale.
La stessa terminologia impiegata rispecchia il linguaggio assunto dalla Corte per designare i due profili di cui si compone il danno patrimoniale, vale a dire l’interiore sofferenza morale soggettiva e quella riflessa sul punto dinamico relazionali.
4. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione alla responsabilità per danno biologico è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.
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