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Il danno biologico è stato oggetto di costante evoluzione giurisprudenziale. Molto si è discusso sulle sue componenti e la natura. In particolare la questione è sorta con riferimento alla qualifica in termini di danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c..
Più precisamente, il danno biologico ha subito nel corso degli anni, a partire dagli anni settanta precisamente, un’importante evoluzione la quale impone una breve introduzione sulle origini di questo particolare danno.
Il lavoro continuo della dottrina e della Giurisprudenza ha spinto il legislatore a varare nel nostro ordinamento una definizione unitaria del danno biologico nonché una disciplina concernente la sua risarcibilità e la relativa liquidazione.
Ad oggi si ritiene che il danno biologico è soggetto alla disciplina del danno patrimoniale, si compone di due componenti:
- danno morale che implica una sofferenza interiore;
- danno esistenziale che attiene alla modifica delle abitudini di vita.
Tale distinzione però si ritiene abbia carattere solo descrittivo.
La lesione del bene salute, inoltre, si contraddistingue per esser oggetto di facile misurazione. Infatti, la giurisprudenza ha elaborato un sistema tabellare fondato sul criterio del punto variabile di invalidità.
Laddove fossi interessato a capire come si procede ad ottenere il risarcimento del danno biologico e quali sono i criteri di liquidazione dello stesso, ti invitiamo a proseguire la lettura.
1. Le origini del danno biologico
Come anticipato, al fine di comprendere al meglio la portata e le caratteristiche del c.d. danno biologico è necessario fare una breve disamina sulle fonti del danno in esame.
Il tema del danno biologico si è sviluppato nel nostro Paese negli anni ’70 nelle aule di giustizia. I Giudici di allora, infatti, erano abituati alla classica dicotomi: danno patrimoniale e danno non patrimoniale. In quel periodo storico, infatti, il tema della responsabilità civile era connesso al carattere patrimoniale della lesione. Tuttavia, nonostante ciò, alcuni Tribunali hanno deciso di riconoscere la risarcibilità del danno c.d. biologico. Solo nel 1986 si è pronunciata sul tema anche la Suprema Corte di Cassazione la quale ha avuto l’opportunità di affermare la risarcibilità del danno biologico.
Nella storia della risarcibilità del danno biologico hanno avuto un ruolo cruciale anche i lavori svolti dalla dottrina, ovvero, dai teorici del diritto come docenti universitari, ricercatori, dottorandi etc. Negli anni si è finalmente affermata l’idea secondo cui, da un lato il danno biologico è meritevole di tutela in quanto diritto riconosciuto dalla Carta Costituzionale, e dall’altro, che ll danno non patrimoniale deve essere risarcito anche se non incide sulla capacità del danneggiato di produrre reddito.
2. Il danno non patrimoniale
La dicotomia danno patrimoniale e non patrimoniale riguarda il c.d. danno conseguenza, ossia le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla lesioni della situazione giuridica rilevante, quindi dal danno evento. Sarebbe, infatti, un errore definire il danno non patrimoniale come quello che deriva dalla lesione di interessi o diritti di natura personale.
Il danno non patrimoniale è l’insieme delle conseguenze di natura non patrimoniale, cioè che incidono sulla sfera personale del soggetto. In tal caso, rileva la natura delle conseguenza, più che l natura del diritto leso. Non va confuso, infatti, tale connotato del danno con le condizioni che la legge stabilisce per la sua risarcibilità.
Ad esempio, anche dalla lesione di un diritto patrimoniale può derivare una conseguenza negativa di natura non patrimoniale. Tale danno non patrimoniale non sarà di regola risarcibile, salvo il caso di reato. Si pensi alla perdita del proprio animale domestico da cui può derivare dispiacere oppure la distruzione di un bene, privo di intrinseco valore economico, ma ricco di significativi risvolti affettivi.
Viceversa, dalla lesione di un diritto non patrimoniale, come la salute, può derivare anche un danno patrimoniale, come la perdita di reddito derivante dall’incapacità lavorativa specifica.
E’ indubbio che molti diritti della personalità abbiano anche in risvolto economico. La loro lesione può esser in grado di incidere negativamente sulla sfera patrimoniale del soggetto. Si pensi, solo per fare qualche esempio, alla perdita economica derivante dalla lesione della reputazione professionale.
Possiamo, quindi, certamente ipotizzare danni patrimoniali che derivano da lesione di beni o interessi di natura personale.
2.1. Limiti alla risarcibilità del danno non patrimoniale
Per anni nel nostro ordinamento giuridico il risarcimento del danno non patrimoniale è stato “incatenato” nelle strette maglie della legalità. Tuttavia, con il passare degli anni i Giudici, sulla scorta della dottrina, ha allargato sempre di più il perimetro di risarcibilità di tali danni. Al danno non patrimoniale si applica l’art. 2059 c.c. che, attraverso la formula “nei casi previsti dalla legge“, subordina il risarcimento del danno non patrimoniale alla condizione che sia leso un interesse qualificato. Il catalogo delle situazioni giuridiche che hanno tutela risarcitoria estesa al danno non patrimoniale è, quindi, un elenco chiuso, circoscritto e limitato.
L’art. 2059 c.c., all’esito di un lungo dibattito giurisprudenziale, è stato oggetto di una lettura costituzionalmente orientata che ha fissato alcuni capisaldi in materia.
La norma copre l’intera categoria del danno non patrimoniale, che è categoria unitaria e omnicomprensiva, all’interno della quale le varie tipologie di pregiudizi non patrimoniali sono solo voci interne a carattere descrittivo. Quindi, si parla esclusivamente di un danno non patrimoniale, al cui interno si individuano voci quali: danno morale, danno biologico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione.
La riserva di legge dell’art. 2059 c.c. deve essere interpretata in un’ottica costituzionalmente orientata, secondo cui, anche in mancanza di un norma legislativa che espressamente riconosca la risarcibilità del danno non patrimoniale, tale risarcibilità deve essere riconosciuta ogni volta che tale danno consegue alla lesione di un diritto fondamentale della persona costituzionalmente rilevante.
I diritti fondamentali protetti dalla Costituzione non sono, però, un numero chiuso. Si tratta, al contrario, di una categoria dinamica, in costante aggiornamento alla luce sia del richiamo che l’art. 2 Cost fa ai “diritti inviolabili della persona”, sia dell’apertura che la Costituzione opera verso le fonti sovranazionali che, a loro volta, tutelano i diritti fondamentali.
3. Il danno biologico: di cosa si tratta?
Il danno biologico, dunque, è una definizione che richiama una tipologia di danno non patrimoniale. Come abbiamo osservato nei paragrafi precedenti, l’art. 2059 c.c. era un tempo marginalizzato, questo aveva determinato la nascita del danno morale soggettivo, soprattutto dove veniva in considerazione il danno per lesione della salute. Tale figura del danno morale soggettivo serviva per dire che l’art. 2059 c.c. trovava applicazione solo ad esso. Mentre i danni non patrimoniali diversi dal danno morale soggettivo sono risarcibili anche in altri casi, non necessariamente sulla base di espressa previsione legislativa, purché ci sia la lesione del diritto fondamentale della persona.
In particolare, era stata ammessa la risarcibilità del danno alla salute in base al combinato disposto dell’art. 2043 c.c. e l’art. 32 Cost. Il danno alla salute è un’ipotesi diversa dal danno patrimoniale e non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo, che sono danni conseguenze. Si diceva che il danno biologico fosse un danno evento. Questo poteva avere sia conseguenze patrimoniali che non patrimoniali.
3.1. La nozione di danno biologico contenuta nel Codice delle Assicurazioni
Quando si parla di nozione del danno biologico non è possibile non fare un breve cenno al Codice delle Assicurazioni, ovvero, il D.Lgs. n. 209 del 2005. Ai sensi dell’art. 138 del Codice citato il danno biologico viene definito come “la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”.
Il Codice in esame ha previsto, inoltre, anche delle tabelle finalizzate alla liquidazione del danno biologico per le lesioni derivanti da sinistri stradali di non lieve e di lieve entità. La disciplina del risarcimento del danno di lieve e non lieve entità è contenuta negli art. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni.
Nonostante il legislatore abbia introdotto queste tabelle, la Suprema Corte di Cassazione nel 2011 ha statuito che l’art. 139 citato sia stato applicato anche a delle fattispecie che nulla avevano a che fare con il settore della circolazione stradale. L’art. 138, invece, sulle lesioni di entità non lievi, non ha trovato una attuazione ed è proprio per questo che sono state introdotte, per via pretoria, le famosissime Tabelle di Milano le quali saranno oggetto di disamina separata nei prossimi paragrafi.
3.2. Le tipologie di danno biologico
Nel nostro ordinamento giuridico esistono diversi tipi di danno biologico e sono i seguenti:
- Danno biologico derivante da incidente stradale: si tratta del danno biologico derivante da un sinistro stradale. Più precisamente, il danno in questione si verifica nel momento in cui il soggetto subisce una lesione della propria integrità psicofisica durante o anche successivamente all’incidente stradale. Il danno biologico più frequente in questo ambito è il cosiddetto colpo di frusta, il quale si verifica generalmente a causa di un tamponamento dei veicoli. In tal caso il risarcimento del danno biologico avviene nel rispetto delle tabelle indicate negli art. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni Private sopra citato. Anche se, come verrà precisato in prosieguo, più volte la Cassazione ha ribadito che anche in questo caso i Giudici dovrebbero far ricorso alle Tabelle di Milano al fine di garantire un giudizio sempre più “equo”.
- Danno biologico derivante da responsabilità medica: si tratta dei danni che caratterizzano la cosiddetta malasanità. Il danno biologico in tal caso si manifesta nel caso in cui un medico provoca, nell’esercizio della sua professione, dei danni o delle lesioni permanenti ai propri pazienti. Per tali lesioni la giurisprudenza ha tentato di applicare più volte gli articoli del Codice delle Assicurazioni Private sopra richiamati ma anche in tal caso necessario applicare i parametri contenuti nelle tabelle milanesi.
3.3. Danno biologico INAIL
La tutela del danno biologico assume rilevanza anche nel settore delle assicurazioni obbligatorie concernenti gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali garantite dall’INAIL a tutti coloro che, nello svolgimento o comunque nell’ambito di una attività lavorativa, vengono esposti a rischio.
Originariamente, in realtà, la tutela assicurativa garantita dall’INAIL garantiva solamente per quei danni subiti dal lavoratore che incidevano sulla capacità lavorativa o comunque sulle capacità di produrre un guadagno. L’INAIL, tra l’altro, eseguiva la propria prestazione risarcitoria solo per i danni di natura patrimoniale. L’eventuale risarcimento del danno di natura non patrimoniale pesava, invece, solamente sulle spalle del datore di lavoro nel caso in cui il lavoratore esercitasse il proprio diritto alla tutela integrale del danno subito in aggiunta a quello liquidato dall’assicurazione.
Le cose cambiano con l’arrivo del Decreto Legislativo n. 38/2000 il quale ha esteso la tutela assicurativa dell’istituto anche al danno biologico subito dai lavoratori, riducendo così la possibilità che il datore di lavoro possa essere ritenuto responsabile sul piano civilistico.
In estrema sintesi, il danno biologico che rientra nel novero della tutela garantita dall’INAIL è solo quello definito dall’art. 13 del Decreto sopra richiamato, ovvero la “lesione all’integrità” psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persone“. Ovviamente è libero il lavoratore di chiedere il risarcimento del danno complementare o differenziale che non può essere liquidato dall’INAIL.
Sul punto si segnala che dal 1 gennaio 2019 sono state varate le nuove tabelle di indennizzo del danno biologico in capitale con apposito Decreto del Presidente dell’INAIL (decreto n. 2 del 2019 ). Con esse l’INAIL risarcisce il danno biologico che deriva da un’inabilità permanente pari o superiore al 6% fino al 15% con un indennizzo di capitale. Con riferimento alla invalidità permanente, invece, superiore al 16% viene ristorata con una rendita annua ai sensi dell’art. 13 del Decreto legislativo 38 del 2000.
3.4. Distinzione danno esistenziale e morale
Tra le conseguenze non patrimoniali del danno biologico si distingueva poi:
- danno esistenziale, il quale identifica quella componente del danno derivanti dal cambiamento delle abitudini di vita, causate dall’illecito. Ad esempio, se a causa della lesione della salute, il soggetto che era uno sportivo, non possa più praticare lo sporti di predilezione;
- danno morale, attiene al patema d’animo interiore, alla sofferenza personale.
La prima voce del danno era risarcito, insieme alle conseguenze patrimoniali, ai sensi dell’art. 2043 c.c. letto in combinato disposto con l’art. 32 cost. Mentre, il danno morale era risarcito ai sensi dell’art. 2059 c.c., quindi se vi era espressa previsione di legge.
Tale orientamento è stato definitivamente superato alla luce dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.. La distinzione tra danno esistenziale e morale si considera meramente descrittiva, sono voci interne del danno non patrimoniale derivante dalla lesione alla salute.
Tuttavia, il dibattito giurisprudenziale sul danno biologico non si è assopito, soprattutto per quel che attiene alle modalità di risarcimento. Vediamo come si è sviluppato il dibattito.
4. Invalidità permanente ed invalidità temporanea
Per poter agire in giudizio e richiedere il risarcimento del danno biologico è fondamentale recarsi presso un medico legale che accerti il danno subito e ne determini, con apposito corredo documentale, le conseguenze. In caso di danno biologico le conseguenze subite da un soggetto possono essere sia temporanee che permanenti.
La perizia effettuata dal medico legale, ovvero la relazione da questi redatta, costituisce una vera e propria prova precostituita del danno subito. Il Codice delle Assicurazioni Private, come anticipato, in relazione al danno biologico, distingue tra invalidità permanente e temporanea.
Si ha invalidità permanente quando un soggetto subisce in modo sensibile e permanente, o addirittura perde, la propria salute rispetto a quella di cui godeva nel momento antecedente in cui si è verificato l’evento dannoso. L’invalidità in questione viene “misurata” in punti percentuale ed oscilla dall’1% fino al 100%.
Con riferimento all’invalidità temporanea, invece, quest’ultima si ha quando la salute di un soggetto subisce un notevole peggioramento per un determinato lasso di tempo. Anche in questo caso può essere totale o parziale a seconda dell’entità della lesione subita. L’invalidità viene definita assoluta quando sono del tutte impedite le attività quotidiane svolte dal soggetto danneggiato. Viceversa, l’invalidità viene definita parziale quando le suddette attività sono impedite solo in parte a causa delle lesioni subite. Anche in questo caso l’invalidità viene misurata in percentuale.
5. Quantificazione danno biologico: l’evoluzione giurisprudenziale
In giurisprudenza, come dicevamo nel paragrafo precedente, non si è sopito il dibattito circa il danno biologico e la relativa liquidazione del risarcimento. Un primo intervento significativo si è concretizzato con il c.d. decalogo delle Sentenze di San Martino del 2008 (sent. nn. 26972/2008 a 29832/2008), a cui è seguita un’inversione giurisprudenziale nel 2019, con le c.d. Sentenze di San Martino bis (sent. n. 28988/2019).
Il decalogo di sentenze in questione viene definito di San Martino in quanto pubblicate il giorno di San Martino, ossia l’11 novembre del 2008. In tal sede, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che il risarcimento del danno biologico deve essere integrale. Quindi devono esser risarciti tutti gli aspetti della persona che sono stati lesi.
Occorre in primo luogo evitare duplicazioni del risarcimento del danno come invece accadeva in vigenza del regime che distingueva tra danno morale ed esistenziale. Spesso, infatti, si procedeva a forme di forfettizzazione, cioè era liquidata una somma determinata in percentuale che corrispondeva al danno morale.
Si afferma quindi che il danno non patrimoniale è una categoria unitaria e omnicomprensiva. La stessa denominazione di danno biologico è impropria, perché questo altro non è che il danno non patrimoniale che deriva dalla lesione della salute. Dunque, il danno morale ed esistenziali non sono danni autonomi, ma hanno solo valenza descrittiva.
5.1. Sistema tabellare
Il danno biologico viene tradizionalmente risarcito mediante un sistema tabellare, elaborato dalla giurisprudenza. A tal proposito si parla di tabelle Milanesi, perché elaborate dal Tribunale di Milano, ma adottate su tutto il territorio nazionale. Esse si fondano sul presupposto per cui il danno alla salute è “misurabile”, cioè può esser quantificato in base a parametri specifici.
Tali tabelle hanno assunto al rango di parametro normativo, in quanto esse consentono di garantire l’applicazione del principio di equità. Offrono, infatti, uno strumento sulla cui base quantificare il danno, in ogni caso che presenti pari caratteristiche. Esse consentono di avere una base di partenza da cui procedere al calcolo del danno. Quindi, sono garanzia di uniformità, in particolare se applicate diffusamente su tutto il territorio. La seconda voce dell’equità è la c.d. “giustizia del caso concreto”, che presuppone una personalizzazione della somma risarcibile, alla luce delle specificità del caso concreto.
La giurisprudenza, quindi, ha affermato che, in considerazione del rapporto con il principio di equità, le tabelle sono un parametro normativo, che se violato determinano un vizio per violazione di legge.
Le tabelle milanesi si fondano sul c.d. criterio del punto variabile di invalidità permanente. A ogni punto di invalidità viene dato un valore economico, variabile in dipendenza di due fattori: età della vittima e l’entità della lesione subita.
Il valore economico del punto, infatti, decresce con l’età e cresce con l‘entità della menomazione. Decresce con l’età perché il danno biologico è correlato alla vita che prosegue con l salute permanentemente menomata. Quindi, più sei giovane e più a lungo patirai le conseguenze della lesione.
Cresce con l’aumentare dei punti di invalidità, in base alla considerazione, fondata a sua volta sull’esperienza, secondo il rapporto tra invalidità e sofferenza è geometrico, non lineare. Al raddoppiarsi dell’invalidità, la sofferenza aumenta più del doppio.
Il valore economico del punto di invalidità, stimato in base alle tabelle, include tutte le conseguenze normali e tipiche della lesione alla salute, sia in termini di danno esistenziale che morale.
Le Sezioni unite, quindi, non ha accolto il sistema della liquidazione del danno morale come percentuale forfettaria e automatica della somma già liquidata a titolo di danno biologico.
5.2. Personalizzazione
Come dicevamo inizialmente, il criterio delle Tabelle è ispirato al principio di equità. La seconda voce del parametro è la giustizia del caso concreto, che si realizza con la personalizzazione. Dunque, il giudice dovrà vedere nel caso concreto le conseguenze che la lesione alla saluto ha avuto, in termini o di pregiudizio alla vita di relazione o sofferenza morale.
Le tabelle fanno riferimento a un danneggiato medio o tipo, si fondano su una presunzione generalizzata delle possibili conseguenze del danno biologico. Può, però, accadere che l’analisi del caso smentisca quella presunzione, evidenziando un danno maggiore.
Non si aggiunge, quindi, una diversa tipologia di danno, sul presupposto erroneo che il valore tabellare non include tutti i danni. Quindi, con tale procedura, si va ad aggiungere quella parte del danno non patrimoniale che è legata alle peculiarità e caratteristiche personale del danneggiato.
5.3. Sentenze San Martino bis
Negli anni il sistema che abbiamo appena delineato è stata modificata ed oggetto di intervento successivo da parte della Corte di Cassazione.
Undici anni dopo il primo gruppo di sentenze, denominate di San Martino, la suprema Corte si è nuovamente pronunciata sul punto, per disciplinare numerose questioni in punto di danno da lesione del diritto alla salute, in specie nell’ambito della responsabilità medica.
La data di deposito delle sentenze nn. 28991 e 28992 del 2019 è stata fissata nell’11 novembre, proprio a simboleggiare il cambio di rotta in tema di danno non patrimoniale. Invero, questa volta la Corte non interviene a Sezioni Unite, ma a Sezioni semplici. In tal sede, si è criticato il sistema delle tabelle milanesi, che non prevedono un’autonoma risarcibilità del danno morale, considerata voce distinta del danno biologico.
La Corte aggiunge che il pregiudizio morale, non essendo accertabile a livello medico-legale, non può esser oggetto di una predeterminazione tabellare. Si opera poi una duplice precisazione:
- a differenza del danno biologico, il danno morale, non avente fondamento organico, deve essere allegato e provato nella sua concretezza;
- in ogni caso non risultano mai specificati i criteri e il fondamento statistico della commisurazione del punto base onnicomprensivo introdotto dalle tabelle.
In realtà, poi, pochi mesi dopo la Corte ha nuovamente disciplinato la materia, sostenendo l’esatto opposto. Infatti, laddove vi sia anche il danno morale, oltre che all’altra componente esistenziale, comunque si applicano le tabelle. In caso contrario, si scomputa la componente morale dalla tabella.
Va, peraltro, segnalato che le Tabelle milanesi, dopo gli interventi giurisprudenziali, sono state riviste nel 2021, per tener conto della nuova posizione della Cassazione. La componente morale del danno alla persona viene considerato in modo autonomo, essendo stato scorporato dall’unitaria voce del danno non patrimoniale.
La stessa terminologia impiegata rispecchia il linguaggio assunto dalla Corte per designare i due profili di cui si compone il danno patrimoniale, vale a dire l’interiore sofferenza morale soggettiva e quella riflessa sul punto dinamico relazionali.
5.4. La liquidazione equitativa del danno biologico
Il danno biologico deve essere necessariamente liquidato in via equitativa poiché non può rivestire una consistenza economica o reddituale. Ai sensi dell’art. 1226 c.c. infatti se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa.
Sul tema di recente si è nuovamente espressa a Suprema Corte di Cassazione (Ordinanza n. 8468/2020) con la quale ha precisato che le Tabelle di Milano sono andate nel tempo assumendo e palesando una “vocazione nazionale”, in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell’equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno ridurre) ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell’art. 3 Cost., comma 2, questa Corte è pervenuta a ritenerle valido criterio di valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., delle lesioni di non lieve entità (dal 10% al 100%) conseguenti alla circolazione. Le tabelle, siano esse giudiziali o normative, costituiscono dunque strumento senz’altro idoneo a consentire al giudice di dare attuazione alla clausola generale posta all’art. 1226 c.c.”.
Tra l’altro, nonostante ciò, è ovvio che sia necessario comunque procedere al risarcimento del danno non patrimoniale. È necessario, in poche parole, convertire il danno biologico patito in termini “monetari” e ciò è possibile proprio mediante una valutazione equitativa che sia il più possibile uniforme da caso a caso al fine di evitare trattamenti non eguali tra i consociati.
Ed è proprio per questo che il Giudice nomofilattico ha quasi esplicitamente invitato tutti i Tribunali italiani ad attirare le tabelle elaborate dal Tribunale milanese al fine di garantire una omogeneità di giudizio su tutto il territorio della Repubblica.
6. Danno biologico e morte del danneggiato
Anche l’evento morte può essere fonte di danno biologico. Tuttavia, in questo caso il danno biologico può essere risarcito solo in determinate condizioni. Ovvero quando intercorre un determinato lasso di tempo tra le lesioni subite dal soggetto danneggiato che ne hanno causato la morte e la morte stessa. In tale lasso di tempo, infatti, il risarcimento del danno va a ristorare l’inabilità temporanea per il tempo in cui il soggetto leso è rimasti in vita. In poche parole, il diritto del soggetto danneggiato ad ottenere il risarcimento del danno biologico è trasmissibile agi eredi.
Ciò significa che gli eredi possono agire in giudizio iure hereditario, si pensi, ad esempio, al genitore che, a causa di un intervento chirurgico eseguito male, perde la propria vita dopo alcuni giorni di dolori atroci. Ebbene, in tal caso gli eredi possono agire in giudizio e chiedere il risarcimento del danno biologico non solo in proprio ma anche in via successoria, ovvero, chiedendo il risarcimento che spettava al danneggiato.
Sul tema si segnala la sentenza n. 3549/2004 della Suprema Corte di Cassazione la quale stabilisce il trasferimento in capo agli eredi del diritto di chiedere il risarcimento del danno biologico. Infatti, i giudici ermellini hanno precisato che: “quando la morte è causata dalle lesioni, dopo un apprezzabile lasso di tempo, il danneggiato acquisisce (e quindi trasferisce agli eredi) soltanto il diritto al risarcimento del danno biologico da inabilità temporanea e per il tempo di permanenza in vita”. Il trasferimento del diritto in capo agli eredi è stato definito dalla Corte “iure hereditatis”.
Tuttavia, come sopra precisato, il diritto al risarcimento del danno da parte degli eredi si ha solo ed esclusivamente quando la vittima riesce a sopravvivere per un apprezzabile lasso di tempo. Ovvero, quando si accerta che esiste ed esso in caso di morte immediata (o quasi) non esiste, mentre esiste nel caso di sopravvivenza anche molto limitata nel tempo, in quanto la vittima del fatto patisce quella perdita di tipo biologico, che costituisce il presupposto del risarcimento del danno alla salute.
Ma non finisce qui, gli eredi possono agire in giudizio al fine di ottenere il risarcimento per i danni che hanno personalmente a causa della perdita di uno stretto congiunto o a causa dell’insorgenza della sua infermità. In tal caso, in realtà, gli eredi agiscono iure proprio (ovvero stanno esercitando un diritto proprio) poiché loro stessi hanno subito un danno (biologico appunto) consistente nella sofferenza subita a causa della perdita o dell’insorgenza della infermità dello stretto congiunto.
Si pensi, ad esempio, ai figli che agiscono in giudizio contro il presidio ospedaliero dove è stato ricoverato il genitore che ha perso la vita a causa dell’errore di un chirurgo.
7. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione alla responsabilità per danno biologico è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.
Proprio per questo motivo, al fine di proteggere e difendere al meglio i tuoi diritti risarcitori e, quindi, anche il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.
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