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Tramite gli strumenti di ristrutturazione aziendale, un’impresa in crisi di liquidità o, più in generale, in un periodo di difficoltà economica, potrà procedere a superare questa delicata fase ed evitare di dover chiudere i battenti.
Nel nostro ordinamento giuridico esistono una pluralità di strumenti utili a perseguire tale scopo e si concretizzano o in particolari operazioni di gestione, finalizzate a ridurre i debiti e ad aumentare gli utili, e in veri e propri istituti che trovano la loro naturale collocazione all’interno della Legge Fallimentare, almeno prima che entrasse in vigore il Codice della Crisi d’Impresa e dell’insolvenza.
La gestione della crisi è un tema molto sentito attualmente, a causa dell’evoluzione tecnologica, i cambiamenti del mercato, è sempre più impegnativo restare al passo. Anche la recente emergenza sanitaria ha reso indispensabile a molte aziende ricorrere a strumenti che ne garantiscano la sopravvivenza.
Un cattivo funzionamento potrebbe essere dovuto ad una varietà di fattori, ad una situazione di impasse totale o semplicemente una situazione di difficoltà transitoria afferente a una o più aree del proprio business.
La ristrutturazione aziendale è una prassi che viene pensata e studiata nelle imprese che intendono uscire dal proprio stato di crisi, ma che può riguardare anche imprese solide che intendono aumentare la propria redditività.
1. Che cos’è la ristrutturazione di un’azienda e quando è necessaria
Prima di analizzare quali sono le possibili cause di una crisi aziendale e le possibili soluzioni individuate dal legislatore, è bene sapere cosa sia la ristrutturazione dell’azienda. Senza scendere troppo nei dettagli, è possibile affermare che il concetto di ristrutturazione aziendale è connesso a quello di “crisi aziendale”.
Quando si parla di crisi aziendale si fa riferimento a quel lasso di tempo in cui l’operatività dell’organizzazione si interrompe o comunque diminuisce a causa di alcuni fattori. In poche parole, la crisi aziendale è un momento di difficoltà dell’azienda. Nella prassi è possibile individuare ben due tipologie di crisi aziendale, la crisi c.d. economica, ovvero data dalla negatività dei risultati economici e dalla sua scarsa operatività in termini di remuneratività, e la crisi finanziaria. Quest’ultima si ha quando, a causa dei disallineamenti dei flussi di cassa, l’azienda non riesce a far fronte alle proprie scadenze.
Senza anticipare ciò che verrà trattato più diffusamente in prosieguo, è bene precisare che la ristrutturazione dell’azienda rappresenta uno strumento finalizzato a far uscire l’azienda da questo periodo di crisi.
1.1. Ristrutturazione aziendale: analisi delle cause di una crisi aziendale
Come accennato, il primo step da compiere è capire quali siano gli aspetti critici della propria impresa e intervenire proprio su questi. È chiaro che in questi casi la tempestività è tutto, un conto è attivarsi immediatamente, già in occasione dei primi segnali di allarme, un conto è attivarsi a crisi ormai già inoltrata.
Capire come e quando intervenire potrebbe essere risolutivo e prevenire eventuali irreparabili conseguenze sull’esistenza della tua impresa. Scegliere quali strumenti adottare, è, infatti, la fase conclusiva del processo di valutazione dello stato in cui versa l’impresa.
Dovrai allora analizzare alcune elementi rivelatori di uno stato patologico che affligge la tua azienda. Un’attenta analisi dello stato di “salute” aziendale, può fare la differenza nella vita o nella morte di un’azienda e un’attività produttiva.
1.2. Squilibri legati alla produttività
Sono molteplici i fattori che possono determinare, in concreto, uno squilibrio della produttività della propria azienda, eccone alcuni:
- la mancanza di una vera e propria strategia interna legata al business;
- mancanza di nuovi clienti a causa della mancanza di una efficiente strategia di marketing. Ciò determina, inevitabilmente una riduzione dei contatti. Potrebbe anche essere invece svolta l’attività di marketing ma con tecniche del passato, visto il continuo progredire della tecnologia;
- inefficienza produttiva dell’azienda, riconducibili all’utilizzo di tecnologie superate, alla mancanza di competenza o di impegno della manodopera, all’utilizzo di strumenti parzialmente o totalmente obsoleti o da una crisi da decadimento dei prodotti o servizi che non risultano più attraenti agli occhi dei consumatori.
1.3. Squilibri di natura finanziaria
Gli squilibri rilevanti non sono solo quelli relativi alla produttività dell’impresa, hanno una certa rilevanza, infatti, anche gli squilibri di natura strettamente finanziaria.
Uno dei primi campanelli d’allarme è la carenza di liquidità. All’interno di un’impresa, infatti, avere la liquidità è fondamentale per poter svolgere ed adempiere tutte quelle attività quotidiane o comunque fisiologiche. Si pensi ad esempio alla necessità di pagare i fornitori, le utenze, i canoni ed eventuali altri costi necessari per poter svolgere regolarmente l’attività d’impresa.
Carenza di liquidità significa, in parole povere, impossibilità di adempiere agli obblighi precedentemente assunti. Questo è un chiaro ed inequivocabile campanello d’allarme che l’imprenditore diligente non deve assolutamente sottovalutare.
L’inadeguatezza del flusso di cassa (c.d. cash flow) rappresenta la conseguenza di una mancata o errata lettura dei documenti economico/patrimoniali.
Suddetto fenomeno relativo ai flussi di cassa si riscontra quando le entrate non sono idonee a fronte alle obbligazioni pianificate, rappresenta quindi uno squilibrio dell’attività d’impresa.
Generalmente questo fenomeno si manifesta quando l’imprenditore tende a consumare prematuramente tutto il capitale operativo. Con ciò ci si riferisce alle risorse che sostengono l’attività di un’azienda.
Nella maggior parte dei casi, tale situazione è la conseguenza di cattive scelte di gestione, le quali hanno fatto si che le tue entrate siano sfasate rispetto alle spese che devi sostenere.
Giunti a questo punto potrebbe sorgere spontanea la domanda: come posso sapere se la mia azienda sta realmente subendo un disallineamento dei flussi di cassa in modo tempestivo? In questo caso è fondamentale consultare le proprie scritture contabili, in primis il Conto Economico, con i relativi costi e ricavi (ad esempio un calo dei ricavi), oltre che al Bilancio, il quale è il documento in grado di sintetizzare lo stato patrimoniale, con l’attivo e il passivo.
In presenza di segnali di squilibrio si consiglia di intervenire tempestivamente, prima che una difficoltà si trasformi in una vera e propria insolvenza. Quest’ultima, infatti, diversamente dallo stato di crisi, è uno stato dell’azienda che è tendenzialmente irreversibile e potrebbe condurre all’epilogo della propria attività d’impresa.
È bene sapere, infatti, che se la situazione di crisi dovesse trasformarsi in una vera e propria insolvenza, l’impresa potrebbe essere sottoposta ad una delle procedure concorsuali disciplinate dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’insolvenza, in primis alla liquidazione giudiziale (a patto che ve ne siano i requisiti ovviamente), procedura che ha ormai mandato in pensione il fallimento.
1.4. Indicatori economici
In molti casi, una crisi di impresa è conseguenza della cattiva gestione ed organizzazione interna. Non di rado gli imprenditori, soprattutto se di piccole imprese, non tengono conto quanto possa essere necessario prestare attenzioni a piccoli accorgimenti, come l’ordine e controllo sulla documentazione contabile.
Tra l’altro, se da un lato è vero che non tutti gli imprenditori sono tenuti per legge alla conservazione delle scritture contabili, queste sono fondamentali per l’imprenditore al fine di comprendere il reale andamento della gestione aziendale.
Solo attraverso la continua consultazione delle scritture contabili è possibile predisporre i sistemi di controllo adeguati. Si tende spesso a sottostimare gli indicatori economici e patrimoniali. Quando si redige un bilancio d’esercizio, infatti, (il quale è una scrittura contabile di fondamentale importanza per qualsiasi impresa ed è composta da stato patrimoniale, conto economico, nota integrativa) si tende a sottostimare le singole voci.
Trattasi di un vero e proprio principio di prudenza finalizzato a non ingenerare nei terzi aspettative elevate in ordine alla consistenza patrimoniale dell’impresa.
Volendo utilizzare una terminologia più tecnica, ciò che deve essere sempre monitorato è il Conto economico (costi e ricavi di un determinato esercizio), un calo dei ricavi complessivi è senza dubbio un segnale d’allarme.
Ha una notevole importanza anche lo stato patrimoniale del bilancio, specie il lato che racchiude le passività. Una rapida consultazione del cosiddetto patrimonio netto, permette di comprendere a chiunque quale sia l’effettivo stato del patrimonio di una determinata impresa. In poche parole, grazie allo stato patrimoniale possiamo comprendere se quella impresa si trova in bonis (ovvero sta guadagnando ed è prospera) oppure è in negativo a causa dei debiti contratti o a causa del cattivo andamento di gestione.
Quindi una delle fasi del sistema di gestione, più importanti, al fine di prevenire una crisi di liquidità, è il controllo.
2. Ristrutturazione aziendale: conseguenze della crisi aziendale
Fatte le debite premesse, occorre ora analizzare come è possibile per una impresa uscire dal periodo di dissesto economico e rimettersi così in gioco. Ciò è possibile grazie alla cosiddetta ristrutturazione aziendale, la quale può essere definita come l’attività che implica il cambiamento delle strutture, dei ruoli, del management e degli investimenti all’interno di una determinata organizzazione aziendale.
Ancora, la ristrutturazione aziendale è stata definita altresì come quel processo in cui una azienda compie una revisione della propria strategia attuale. Come emerge dalle brevi nozioni sopra citate, la ristrutturazione è una forma di riorganizzazione dell’assetto aziendale, fondamentale per risollevare la situazione di un’impresa ormai in crisi. La riorganizzazione della produzione e delle attività lavorative ha lo scopo infatti di migliorare l’efficienza e ridurre i costi.
Purtroppo, in determinati casi potrebbe essere necessario fare anche dei tagli al personale in modo da poter ridurre i costi fissi dell’impresa. Ciò significa, in parole semplici, che spesso le imprese, al fine di uscire da un periodo di crisi ed evitare la bancarotta, si trovano costrette a licenziare i propri dipendenti.
Tuttavia, al fine di ridurre eventuali disagi causati ai lavoratori, i quali senza lavoro potrebbero a loro volta entrare in uno stato di indebitamento ecc, i datori di lavoro hanno la possibilità di fare ricorso ai cosiddetti ammortizzatori sociali, i quali aiutano le imprese a gestire i propri lavoratori anche nei periodi di forte crisi.
2.1. Cassa integrazione ordinaria
Come anticipato, se la crisi aziendale dovesse essere solamente temporanea, anziché puntare su scelte drastiche, potrebbe essere un’ottima idea per l’imprenditore fare affidamento sugli ammortizzatori sociali.
La Cassa integrazione ordinaria (CIGO) è quella tipologia di ammortizzatore sociale a cui si ricorre in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per difficoltà aziendali. Quindi, questo è uno strumento essenziale a cui ricorrere in caso di ristrutturazione aziendale, soprattutto per evitare licenziamenti.
Sono destinatari della CIGO i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, compresi gli apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzante. Sono esclusi sia i dirigenti che i lavoratori a domicilio.
La CIGO è corrisposta fino a un periodo massimo di 13 settimane continuative. La cassa integrazione può essere prorogata trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane.
L’integrazione salariale ordinaria relativa a più periodi non consecutivi non può superare complessivamente la durata di 52 settimane in un biennio mobile. Se l’impresa supera il predetto limite incorre nel corrispettivo divieto di accesso a tale strumento per un periodo di 52 settimane, con riferimento alla medesima unità produttiva.
La CIGO viene gestita dall’INPS, alla quale dovrà esser fatta la relativa istanza online. L’ente erogherà al dipendente in cassa integrazione una somma pari al 80% della mensilità.
2.2. Cassa integrazione straordinaria
Anche la Cassa integrazione straordinaria (CIGS) è un ammortizzatore sociale che si estrinseca nel versamento di un’indennità sostitutiva della retribuzione. Questa è appositamente prevista per quei lavoratori che abbiano visto la propria attività lavorativa ridotta o sospesa.
L’intervento straordinario di integrazione salariale nasce con lo scopo di fornire uno strumento di sostegno soprattutto nelle fasi patologiche della vita aziendale. Infatti, può essere richiesto quando la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa sia determinata da una delle seguenti causali:
- riorganizzazione aziendale;
- crisi aziendale, esclusi i casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa (dal 1° gennaio 2016);
- contratti di solidarietà.
In caso di riorganizzazione aziendale, cioè nell’ipotesi che in questo caso viene in considerazione, può essere richiesta per un massimo di 24 mesi, per ciascuna unità produttiva, anche continuativi, in un quinquennio mobile.
Anche in caso di integrazione guadagni straordinaria l’indennità corrisposta al lavoratore è pari all’80% dello stipendio.
2.3. Cassa integrazione Covid-19
Il decreto ministeriale pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 10 del 14 gennaio 2021, approvato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il 15 dicembre 2020, ha previsto delle deroghe alla normale disciplina di accesso alla cassa integrazione straordinaria, fino alla fine dello stato di emergenza sanitaria.
La determinazione delle modalità di accesso al trattamento di integrazione salariale straordinaria per crisi aziendale in relazione alla pandemia da Covid-19 può, infatti, essere richiesta:
- solo con riferimento ai periodi di vigenza dei provvedimenti emergenziali di limitazione all’attività produttiva;
- anche in assenza del piano di risanamento di cui alla lettera c) dell’art. 2 del Decreto ministeriale n. 94033 del 2016;
- con sospensioni anche in deroga al limite di cui all’art. 22, comma 4, del citato decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, quindi non opera il limite dell’80% delle ore lavorabili in ciascuna unità produttiva.
Sono, invece fatti salvi tutti gli altri requisiti di accesso alla cassa integrazione straordinaria, in particolare con riferimento a:
- il requisito di anzianità minima di 90 giorni per il lavoratore;
- la durata massima di 24 mesi di trattamento straordinario nel quinquennio mobile;
- il versamento del contributo addizionale da parte del datore di lavoro;
- il versamento dell’80% del salario mensile previsto per il lavoratore.
Invero, gli ultimi interventi del legislatore in tema di cassa integrazione, soprattutto tramite la Legge di Bilancio 2021, sono diretti nel senso di potenziare e rafforzare questo strumento.
Ricordiamo, ad esempio, che la norma ha anche introdotto la cassa integrazione per lavoratori autonomi. Le fattispecie fin qui menzionate, infatti, sono rivolete esclusivamente ai lavoratori dipendenti.
Tuttavia, con la previsione dell’ISCRO si è inteso estendere questo ammortizzatore sociale anche a quelle categorie che non potevano farvi ricorso, al fine di sostenerli in questa particolare fase emergenziale.
3. Ristrutturazione aziendale: come procedere
Il processo di ristrutturazione aziendale deve prendere avvio con la risoluzione di tutte quelle problematiche dalle quali trae origine lo stato di crisi.
È opportuno puntare ad una riqualificazione dei processi produttivi, apportare cambiamenti sotto l’aspetto economico e nell’organizzazione produttiva. Ciò significa che l’azienda deve subire un processo di cambiamento nella propria organizzazione interna finalizzata ad aumentare la propria produttività e ridurre, nei limiti del possibile l’inefficienza in modo da aumentare gli utili.
La ristrutturazione include innanzitutto un intervento sul piano finanziario attraverso una riduzione dei debiti contratti (adempiendo o ritardandone le scadenze). In poche parole, è necessario per l’impresa “prendere aria” attraverso o l’adempimento di debiti ormai prossimi alla scadenza, o attraverso la concessione di dilazioni di pagamento da parte dei creditori.
Deve essere studiato un buon piano di azione, nel quale sono stabiliti gli obiettivi da raggiungere e i limiti temporali. Si ritiene che la fase di recupero dovrebbe essere intorno ai 3/5 anni per poter essere efficace.
4. Risoluzione dell’esposizione debitoria
Le strategie di gestione della crisi d’impresa da adottare dipendono molto dal tipo di crisi del quale si parla; infatti, non può essere fatto un discorso generico per tutte le imprese. Ogni crisi aziendale può avere una causa diversa, ciò significa che potrebbe essere diversa anche la soluzione da adottare al fine di risanare l’impresa.
Quando la crisi è transitoria ma in realtà il business e le strategie sono buone, un mero problema di cassa potrebbe essere risolto attraverso mezzi che permettano di ottenere liquidità immediata per far fronte ai propri debiti. In parole povere, l’impresa dovrebbe far leva sul proprio patrimonio (ad esempio sui beni immobili di proprietà) al fine di ottenere dagli istituti di credito delle somme di denaro in prestito, ad esempio accedendo un mutuo, in modo da poter ridurre la propria esposizione debitoria.
Con le forme di accesso al credito, infatti, è possibile ottenere una fonte di denaro immediata a gestire con maggiore semplicità il debito. Un conto è dover tenere testa a più creditori che vantano crediti diversi e con diverse scadenze, tutt’altro conto è avere un unico debitore (la banca) a cui dover restituire la somma ricevuta con scadenze prestabilite.
Diversamente, quando la situazione è più grave e la banca è proprio tra i soggetti creditori, vi sono mezzi previsti dalla legge in grado di consentire all’imprenditore di risanare la propria situazione ricevendo protezione da eventuali azioni legali esercitate dai creditori.
5. Strumenti giuridici per la ristrutturazione aziendale
Gli istituti giuridici orientati al risanamento sono attualmente contenuti nella Legge Fallimentare, sebbene recentemente è stato introdotto il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che ha previsto alcuni correttivi ai seguenti strumenti. Si tratta di:
- Piani attestati di risanamento art. 67, terzo comma lett. d) L. Fallimentare;
- Accordo di ristrutturazione dei debiti, art. 182 bis L. Fallimentare;
- Concordato preventivo, art. 160 e ss L. Fallimentare
Questi sono strumenti che potrai utilizzare al fine di procedere alla ristrutturazione aziendale e che faciliteranno a prevenire il fallimento della tua impresa.
5.1. Piani attestati di risanamento per la ristrutturazione aziendale
Si tratta di uno strumento stragiudiziale, non essendo sottoposto ad alcuna autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria, che può essere utilizzato proprio al fine di procedere alla ristrutturazione aziendale
Gli strumenti stragiudiziali sono, invero preferibili, in quanto ti permettono di ridurre i costi e ottenere i risultati in modo celere, senza dover incardinare alcun procedimento dinanzi ad una autorità giurisdizionale (giudice).
Prima di analizzare le caratteristiche del piano attestato, è bene precisare che con l’arrivo del Codice della crisi d’impresa, l’istituto in questione riceve una autonoma disciplina da parte del legislatore, la quale è volta ad individuare i requisiti, sia oggettivi che soggettivi, nonché i relativi contenuti. E non finisce qui, con il CCI, il piano attestato trova anche un espresso inquadramento sistematico tra gli strumenti di regolamentazione dello stato di crisi.
Nonostante le novità introdotte con il CCI, è bene precisare che i tratti distintivi dell’istituto in esame sono rimasti pressocché immutati a quelli contenuti nell’art. 67 della Legge Fallimentare.
Per poter usufruire dei vantaggi che derivano dal piano attestato di risanamento è necessaria la sussistenza di presupposti oggettivi e soggettivi.
Con riferimento al presupposto soggettivo, viene previsto dalla legge che il piano in questione può essere predisposto solo ed esclusivamente dall’imprenditore che si trova in uno stato di crisi o di insolvenza. Ciò significa, in parole semplici, che il piano in questione non può essere predisposto dall’imprenditore agricolo.
Per quanto concerne, invece, la distinzione tra stato di crisi ed insolvenza:
- stato di crisi, con ciò si intende che debba sussistere una situazione di difficoltà economico-finanziaria che rende l’insolvenza del debitore una eventualità possibile;
- stato di insolvenza che è definito come lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali fungono da indice rilevatore, ossia dimostrino che il titolare dell’azienda non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Il debitore, autonomamente, si occupa di redigere un piano di gestione della crisi. È un atto unilaterale, pertanto non è subordinato al consenso dei creditori. Tale procedura consente all’imprenditore di mantenere nel frattempo il controllo della propria attività.
Gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse sui beni del debitore, che rientrino nell’esecuzione di un piano (attestato), non sono soggetti ad azione revocatoria.
Per quanto concerne il possibile contenuto del piano attestato di risanamento, l’art. 56 del CCI (il quale come anticipato ha sostituito la Legge Fallimentare) è focalizzato sul risanamento dell’azienda e alla cosiddetta continuità aziendale. Il primo comma della norma citata, infatti, prevede che il piano debba essere idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria.
Ancora, il secondo comma della norma sopra richiamata dispone la necessaria indicazione nel piano delle strategie di intervento nonché i tempi necessari per poter assicurare il riequilibrio della situazione economica e finanziaria.
Da una rapida lettura delle caratteristiche dell’istituto in esame è agevole capire che il piano attestato non possa avere una portata liquidatoria. Ciò significa, in poche parole, che la finalità del piano è quella di salvare il patrimonio dell’organizzazione e non liquidarlo. Il che, tra l’altro, si pone perfettamente in linea con le caratteristiche del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, il quale ha come scopo principale quello di salvare le imprese in difficoltà, nei limiti del possibile ovviamente.
Affinché sia valido, un professionista indipendente dovrà attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
5.2. La convenzione di moratoria
Così come il piano attestato di risanamento, la convenzione di moratoria è un istituto disciplinato dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Con l’entrata in vigore del testo normativo citato, infatti, la convenzione di moratoria ha acquisito nuovi spazi applicativi ed è divenuto uno strumento più appetibile sia per le imprese maggiori sia che per le imprese minori.
La convenzione in questione può essere stipulata dall’imprenditore, anche non commerciale (quindi anche dall’imprenditore agricolo) e anche se non è imprenditore minore.
In estrema sintesi, la convenzione di moratoria è un accordo stipulato tra il soggetto debitore ed i suoi creditori al fine di disciplinare, in via provvisoria, gli effetti della crisi e di dilazionare le scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che non comporti una rinuncia al credito.
L’istituto in esame, quindi, si incentra sulla dilazione del termine di scadenza dei crediti e sulle possibili iniziative processuali (sia esecutive che conservative) a tutela dei crediti stessi.
In conclusione, anche la convenzione di moratoria rientra nel novero degli strumenti messi a disposizione dal legislatore alle imprese che si trovano in un momento di dissesto economico finanziario al fine di evitare la liquidazione giudiziale (ex fallimento).
Anche in questo caso, è fondamentale rivolgersi ad un avvocato specializzato nel settore crisi d’impresa al fine di trovare una assistenza nella redazione e nella conclusione dell’accordo.
5.3. Codice delle imprese e Piano di riassestamento
Il piano di riassestamento, al fine di procedere alla ristrutturazione aziendale, è stato poi disciplinato dall’art. 56 del Codice delle imprese, introdotto con il D.Lgs. n. 147 del 26 ottobre 2020, che introduce disposizioni integrative e correttive al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in vigore dal 1° settembre 2021.
La norma accoglie, invero, le seguenti disposizioni: 1, comma 1, della L. 8 marzo 2019, n. 20, D.L. 12 gennaio 2019, n. 14, recante codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della L. 19 ottobre 2017, n. 155 (c.d. Decreto correttivo del Codice della crisi e dell’insolvenza).
La norma prevede che il piano deve indicare:
- la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa;
- le principali cause della crisi;
- le strategie d’intervento e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria;
- i creditori e l’ammontare dei crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative;
- gli apporti di finanza nuova;
- i tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificarne la realizzazione, nonchè gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto.
Il piano deve pur sempre essere idoneo a risanare l’esposizione debitoria e riequilibrare la situazione finanziaria dell’impresa.
5.4. Accordo di ristrutturazione del debito e ristrutturazione aziendale
La legge prevede che l’imprenditore in crisi può domandare, previo deposito di tutta la documentazione prevista dall’art. 161 della Legge fallimentare (la quale non cambia con l’entrata in vigore del CCI), l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d), sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.
Pertanto, diversamente dal precedente istituto sopra esaminato, in questo caso l’accordo tra imprenditore e creditori, che rappresentino almeno il 60% dei crediti, può essere altrettanto utilizzato al fine di procedere alla ristrutturazione aziendale.
L’accordo non è uno strumento disponibile a tutti, ma è riservato solo ad alcuni soggetti giuridici:
- all’imprenditore che eserciti, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agricola, operando quale persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo;
- gruppo di imprese o società pubblica, con esclusione dello Stato e degli enti pubblici, delle grandi imprese soggette all’amministrazione straordinaria e delle imprese assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa.
L’accordo potrà esser redatto ove sussista uno stato di crisi o di insolvenza. E’ altresì necessario che sia concluso con non oltre il 60% dei creditori.
È bene precisare, però, che la percentuale minima sopra citata, indicata dalla legge come condizione essenziale per poter stipulare l’accordo di ristrutturazione dei debiti, va calcolata sulla intera esposizione debitoria dell’imprenditore, compresi i crediti garantiti da diritto di prelazione e si riferisce, diversamente da come si potrebbe pensare, non già al numero dei creditori bensì alla complessiva entità dei crediti.
L’accordo deve essere attestato da un professionista indipendente, ed è inoltre sottoposto ad omologa da parte del Tribunale.
Durante le trattative e nell’esecuzione degli accordi il debitore e i creditori devono comportarsi secondo buona fede e correttezza, come previsto in via generale dall’art. 1175 c.c., e, nel caso di specie, anche dall’art. 4 del D.Lgs 14/2019.
In particolare, la norma prevede che il debitore ha il dovere di:
- illustrare la propria situazione in modo completo, veritiero e trasparente, fornendo ai creditori tutte le informazioni necessarie ed appropriate allo strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza prescelto;
- assumere tempestivamente le iniziative idonee alla rapida definizione della procedura, anche al fine di non pregiudicare i diritti dei creditori;
- gestire il patrimonio o l’impresa durante la procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza nell’interesse prioritario dei creditori.
La sottoscrizione di un accordo mette a riparo il debitore dal rischio di eventuali azioni legali poste in essere dai creditori.
5.5. L’accordo di ristrutturazione del debito nel Codice delle imprese
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza recepisce l’accordo di ristrutturazione del debito all’art. 57, aggiungendo due nuove versioni: l’accordo di ristrutturazione agevolato e l’accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa.
L’accordo di ristrutturazione agevolato è un accordo “semplificato” rispetto a quello sopra descritto.
Questo trova la propria disciplina nell’art. 60 del D.Lgs. 14/2019, che prevede:
- la percentuale del 30% dei creditori, a differenza dell’istituto originario che prevede la percentuale del 60%;
- nessuna moratoria nel pagamento dei creditori estranei agli accordi, che invece è prevista nell’accordo ordinario;
- rinuncia alle misure protettive temporanee, che invece possono essere richieste nell’accordo ordinario.
Mentre l’accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa è previsto dall’art. 61 del D.Lgs 14/2019, il quale invece prevede una deroga al principio di relatività del contratto, statuendo che l’accordo esteso produca effetti anche verso i creditori non aderenti.
Si può accedere a tali accordi se sono rispettati i seguenti requisiti:
- tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative, siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull’accordo e sui suoi effetti;
- l’accordo abbia carattere non liquidatorio, prevedendo la prosecuzione dell’attività d’impresa in via diretta o indiretta;
- i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il settantacinque per cento di tutti i creditori appartenenti alla categoria, fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria;
- i creditori della medesima categoria non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell’accordo possano risultare soddisfatti in base all’accordo stesso in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale;
- il debitore abbia notificato l’accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori nei confronti dei quali chiede di estendere gli effetti dell’accordo.
5.6. Concordato preventivo e ristrutturazione aziendale
Tra le procedure orientate alla ristrutturazione aziendale, il concordato preventivo rappresenta quella più complessa e articolata.
È lo strumento predisposto dalla legge per evitare il fallimento e favorire la prosecuzione dell’attività d’impresa. È rivolto all’imprenditore individuale, società, associazione o diverso ente.
Riconosce un’ampia tutela al debitore, in quanto dall’avvio della procedura è fatto divieto ai creditori di proporre azioni esecutive nei suoi confronti oltre che il mantenimento del controllo, seppur parziale, dell’impresa.
Il concordato preventivo può assumere diverse forme:
- Con continuità aziendale: quando sia lo stesso imprenditore a gestire l’attività attraverso nuove manovre finanziarie tali da soddisfare le pretese creditorie, o anche conferendo l’azienda in una o più società anche se di nuova costituzione;
- Con assunzione in garanzia: mira a preservare la continuità, prevedendo la figura di un terzo soggetto che si assume l’obbligo di adempiere alla proposta concordataria (un esempio ricorrente è l’affitto d’azienda);
- Liquidatorio: adempimento dei debiti aziendali attraverso la liquidazione del proprio patrimonio aziendale, evitando così il fallimento.Il tribunale ne giudica l’ammissibilità.
Sono previste specifiche figure come il commissario giudiziale che ha il compito di affiancare il debitore durante lo svolgimento della procedura. Soggetto occasionale è invece il liquidatore, nominato soltanto in caso di affidamento dell’azienda ad un terzo.
Con il Codice della crisi (art. 84 e ss.), sono state apportate delle modifiche, con il fine di valorizzare in particolare l’aspetto della continuità aziendale.
5.7. Imprese di grandi dimensioni
Per le imprese di grandi o grandissime dimensioni che intendano avviare un lavoro di ristrutturazione aziendale esistono strumenti ad hoc: l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza e l’amministrazione straordinaria speciale.
Si tratta di strumenti pensati dal legislatore non solo per aiutare le grandi imprese che si trovano in una situazione di crisi ma anche i lavoratori che, in caso di chiusura dell’azienda, perderebbero il proprio impiego e per aiutare anche l’economia nazionale.
6. Come fare la scelta giusta?
Volendo ricapitolare, di fronte a difficoltà legate al proprio business la soluzione consigliabile è quella di ripartire dal Business Plan. È necessario, cioè, fare una valutazione sistematica della propria organizzazione aziendale prendendo in considerazione una pluralità di aspetti come ad esempio quello professionale e imprenditoriale.
Potrebbe essere necessario altresì apportare una modifica, o un aggiornamento attraverso un piano di rilancio dell’attività in modo da poter dalla situazione di crisi ed avere un nuovo inizio.
Quando invece la situazione è di vera e propria crisi aziendale c’è bisogno di intervenire sulle finanze. Ci si può trovare a fronteggiare una situazione di emergenza ma ancora risolvibile e in tal caso potranno attuarsi manovre immediate volte a ridurre i costi, in modo da poter risolvere gli aspetti più urgenti da sanare.
La riduzione dei costi può riguardare lo snellimento delle linee produttive, il turnover del personale, dismissione dei cespiti soltanto in seguito ripartire con un piano di ristrutturazione.
Casi particolari e lievemente più complicati possono trovare maggiore beneficio attraverso la collaborazione degli stessi creditori, come nel caso dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o concordato preventivo.
In conclusione, i piani di ristrutturazione devono essere modellati sull’azienda di riferimento poichè non esistono rimedi standard.
Gli obiettivi del risanamento aziendale non devono essere limitati alla mera sopravvivenza dell’azienda ma anche a rilanciare l’azienda evitando una traumatica chiusura dell’attività.
7. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione alla ristrutturazione aziendale è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.
Proprio per questo motivo, al fine di proteggere e difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.
Un Professionista di ObiettivoProfitto.it saprà aiutarti nel migliore dei modi.