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Il trust è un negozio giuridico, di origine anglosassone, che assolve alla funzione primaria di tutela del patrimonio del soggetto costituente, per il tramite della costituzione di un patrimonio separato.
Le ragioni che possono indurti alla realizzazione di un trust, sono molteplici, tuttavia è necessario costituire una forma di garanzia. Alla base di tale scelta, in molti casi, vi è volontà di assicurare un sostentamento alla propria famiglia oppure proteggere dei beni della propria impresa dall’azione dei creditori.
Tramite il suddetto istituto potresti allora assolvere sia ad uno scopo specifico o semplicemente predisporre la gestione di una massa patrimoniale a favore di un familiare o di altro soggetto. Il trust, infatti, può assolvere anche ad una funzione assistenziale.
L’istituto giuridico del trust è nato originariamente nei sistemi di common law. Tuttavia è stato progressivamente importato in molti Stati europei continentali. In ultimo è stato legittimato anche in Italia, con la sottoscrizione della Convenzione internazionale de L’Aja nel 1992.
Laddove fossi interessato alla costituzione del trust, ti invitiamo nella prosecuzione della lettura. Con suddetta guida, ci proponiamo di offriti descrizione, il più possibile accurata, dell’istituto in esame.
1. Cos’è il Trust?
Il trust è un negozio giuridico secondo il quale un soggetto, denominato disponente o settlor, dispone di una certa quantità di beni che vuole tutelare. Questi beni, detti anche fondo in trust, vengono assoggettati sotto il controllo di un secondo individuo, che prende il nome di gestore o trustee, per farli gestire ed amministrare da lui nei confronti di un terzo soggetto beneficiario, il beneficiario o beneficiary.
Il trust può essere disposto al fine di garantire eventuali forme di assistenza al terzo soggetto beneficiario, oltre che per la realizzazione di uno scopo ben determinato.
Il trustee si impegna, di conseguenza, ad amministrare i beni del settlor secondo quanto stabilito dall’atto costitutivo del trust.
Non esistono, invero, specifiche ragioni per cui ricorrere il trust, che assolve a molteplici funzioni. Ad esempio, può essere utilizzato per il passaggio generazionale di un’impresa. Generando una forma di segregazione patrimoniale, consente di prevenire l’aggressione del patrimonio da parte dei creditori in una fase delicata della vita dell’impresa.
Per le medesime ragioni, il trust è particolarmente impiegato all’interno di procedure concorsuali. Tuttavia, come poc’anzi accennato, l’istituto può assolvere a finalità di carattere familiare e personale, come la tutela di un disabile o di un minorenne.
2. Le caratteristiche del negozio giuridico
Una delle principali questioni, che sicuramente hai interesse a valutare, attiene alla costituzione di un trust, in particolare a quali forme ricorrere.
Il negozio tramite il quale dare vita ad un trust può esser sia un atto tra vivi sia a causa di morte. Indipendentemente dalla forma che si predilige, la Convenzione dell’Aja, come recepita nel nostro ordinamento, impone che siano garantite determinate funzioni.
In primo luogo, i beni del trust devono confluire in una massa distinta dal patrimonio del gestore. Non rileva, a tal proposito, la circostanza che i beni siano stati intestati a quest’ultimo o meno.
Tramite atto costitutivo, devono esser stabilite anche le regole di gestione, a cui il trustee dovrà necessariamente attenersi nell’attività di amministrazione delegatagli. La legge svolge, invero, un ruolo di supplenza, laddove dovessero sussistere delle lacune, al fine di eterointegrare il rapporto.
Il costituente potrebbe, tuttavia, riservarsi alcune specifiche funzioni e prerogative.
2.1. La forma
Il trust è costituito attraverso un atto del costituente. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, il trust non si realizza tramite un contratto bilaterale, ma si tratta piuttosto di un negozio giuridico unilaterale. Quest’ultimo ha forma scritta, anche al fine di facilitare la fase probatoria.
In genere si ricorre ad un atto pubblico o una scrittura privata, elemento essenziale alla validità dell’atto, insieme a una dichiarazione del settlor con la quale esprima la volontà di costituire un trust. Non è, quindi, sufficiente la mera volontà di trasferire il patrimonio al gestore.
Il documento, benché unico, può allora suddividersi in due componenti, l’atto di trasferimento dei beni, con cui si costituisce una massa indistinta, e l’atto con il quale si regola l’attività di gestione. In esso verranno indicate tutte le regole che dovranno esser rispettate nella successiva amministrazione dei beni.
Il negozio, quindi, produce sia effetti reali, in quanto avviene un trasferimento di diritti reali su determinati beni, ma anche effetti obbligatori, in quanto impone una condotta regolamentata al gestore
2.2. Il costituente o settlor
Abbiamo già accennato a quali sono i principali soggetti coinvolti, ma vediamoli meglio nello specifico.
L’istituto presuppone, quindi, la presenza di tre soggetti: disponente, gestore e beneficiario.
Il primo soggetto del rapporto è il disponente o settlor, ossia il proprietario dei beni che procede al conferimento, al fine di realizzare il fondo in trust. È proprio questo soggetto a dare vita al negozio del trust, a designare il gestore e a stabilire le azioni che deve porre in essere.
Il disponente, quindi, individua le regole della gestione e le finalità da perseguire. Da ciò consegue che, in genere, egli individua anche il beneficiario.
Inoltre, tale figura può coincidere anche con più soggetti, sia persone fisiche o giuridiche, le quali avranno i medesimi poteri e funzioni. E’ tuttavia indispensabile che queste giungano ad un accordo, ad indichino i rapporti tra loro intercorrenti e i poteri, ad ciascuno di esse devolute.
Il disponente potrebbe, eventualmente, mantenere alcuni poteri di controllo sui beni oggetto del patrimonio trasferito. Tuttavia, deve essere garantito che il soggetto del disponente sia distinto del trustee. In particolare deve essere quest’ultimo a perseguire lo scopo definito nell’atto nell’interesse del beneficiario.
2.3. Il gestore o trustee
Come suddetto, la figura del gestore o trustee deve essere tenuta sempre distinta dal costituente, al fine di potere configurare un trust. Grazie al negozio giuridico, cade in capo a lui la gestione e l’amministrazione dei beni in trust. Di questi ne acquisisce la proprietà o altro diritto reale a seconda di quanto stabilito dal settlor.
Va precisato che è la stessa Convenzione internazionale de L’Aja a stabilire quali sono i compiti che il trustee, che devono essere esercitati nei limiti stabiliti dall’atto costitutivo.
La nomina può essere effettuata in uno dei seguenti modi:
- il disponente procede alla scelta del gestore per il tramite dell’atto costitutivo;
- oppure può esser scelto in un atto separato. In questo dovrà esser espressamente richiamato il negozio del trust, insieme al relativo lo scopo;
- mediante atto giudiziale.
Essendo un negozio unilaterale, al gestore è attribuito il diritto di rifiuto. Ne consegue, che il gestore è tenuto accettare espressamente l’incarico per iniziare a gestire i beni in quanto potrebbe anche decidere di non farlo.
In ogni caso, qualsiasi siano i limiti stabiliti nell’atto costitutivo alla titolarità dei beni in capo al trustee, tutto quello che fa deve essere rivolto ad uno scopo ben mirato senza il quale tutto il negozio giuridico perderebbe efficacia.
2.4. Soggetti eventuali
Il terzo soggetto è del rapporto costituente il trust, è il beneficiario. Invero, questo è uno dei due soggetti eventuali. Con il trust, il settlor può riconoscere un beneficio ad un individuo specifico e sarà proprio lui a trarne i vantaggi economici. Ricordiamo che questi vantaggi non si realizzano in capo al gestore, essendo questo un istituto a titolo gratuito. Tuttavia, non è necessario che il negozio sia disposto a vantaggio di uno specifico soggetto, potendo, invero, esser costituito per adempiere ad uno dato scopo.
Infine, esiste un quarto soggetto che viene definito il guardiano o guardian. Non è obbligatorio che ci sia, ma può essere istituito se si dovesse presentare la necessità. Il suo compito è quello di vigilare sull’attività del trustee, affinché amministri diligentemente i beni che gli sono stati affidati e lo sostituisca, ove dovesse venir meno.
2.5. I beni oggetto di trust
I beni che puoi assoggettare alla disciplina del trust sono i più svariati, non sussistono limiti in tal senso.
Puoi quindi decidere di trasferire alla gestione del trustee:
- i beni mobili registrati;
- oppure i beni mobili non registrati;
- i beni immobili.
Addirittura, proprio perché non sono state poste limitazioni di nessun tipo, possono essere assoggettati alla disciplina del trust anche il denaro e le partecipazioni societarie.
2.6. Segregazione patrimoniale
Ti starai sicuramente chiedendo, quali sono gli effetti principali prodotti dal trust. Invero, la ragione principale per cui si ricorrere a questo istituto, è proprio l’effetto di segregazione patrimoniale.
Nonostante vengano intestati alla persona del trustee, i beni non entrano a far parte del suo patrimonio personale, ma vanno a costituire una massa distinta.
Tale aspetto acquista particolare rilievo, soprattutto per quanto attiene il rapporto con i creditori. Tramite il trust, si costituisce una forma peculiare garanzia, in quanto questi beni costituiscono un patrimonio vincolato allo scopo dedotto nel negozio.
Ciò implica, che predetta massa patrimoniale non possa essere aggredita da eventuali creditori del trustee, non possono rientrare nella sua successione ereditaria e nemmeno nella comunione legale. Non solo, anche i creditori, che non siano sorti in conseguenza dello scopo perseguito con il trust, non possono, ovviamente, soddisfarsi su predetti beni, che siano creditori del costituente o del gestore.
I beni del trust appartengono solo formalmente al trustee e il primo soggetto che li ha trasferiti. Il settlor, invero, può sempre esercitare un’azione reipersecutoria per recuperare i beni che il trustee abbia gestito in modo da arrecargli un danno, così da punire l’atto illecito e ottenere un risarcimento.
Ricordiamo che le regole per una corretta amministrazione dei beni vengono disposte all’interno dell’atto costitutivo del negozio giuridico.
2.7. Trascrizione del trust
La trascrizione del trust è stata a lungo messa in dubbio. Questa poteva essere giustificata sulla base dell’art. 2645 c.c., il quale dice che sono trascrivibili negozi che hanno ad oggetto gli effetti degli atti indicati nell’articolo precedente.
Invero, la questione della trascrivibilità del trust è stata superata definitivamente dal legislatore. A far data dal 2005, è stato introdotto l’art. 2645 ter del c.c. il quale dispone che la trascrizione degli atti di destinazione, ove non superino i 90 anni.
La norma è stata di particolare importanza. In primo luogo, come è evidente, ha sanato qualsiasi dubbio sulla possibilità di trascrivere il trust. Inoltre, in particolare, ha sancito, indirettamente la legittimità di tale istituto, purché sia rispettato il requisito richiamato dalla norma, ossia se esso sia finalizzato a realizzare interessi meritevoli di tutela. Ciò implica che lo scopo del trust debba essere di utilità sociale, come la difesa di un interesse familiare.
3. Il Trust e diritto successorio
Essendo un atto unilaterale, e non un contratto che necessita dell’accordo di due parti, il trust può essere costituito anche tramite testamento.
A stabilirlo è l’art. 2 della Convenzione internazionale de L’Aja, a patto che i beni non vengano posti sotto trust per escluderli dal patrimonio e ledere i diritti degli eredi.
Tale eventualità, tuttavia, pone un primo rilevante problema. Tramite il trust potrebbe essere eluso il divieto di sostituzione fedecommissoria.
Invero, gli elementi distintivi tra le due fattispecie sono molteplici.
Nella sostituzione fedecommissaria si ha una doppia vocazione, che fa acquistare automaticamente i beni al secondo istituito.
Mentre, ciò non accade nel trust, dove serve un successivo trasferimento al beneficiario.
Inoltre l’istituito nella sostituzione fedecommissaria ha il diritto di godimento sui beni. Al trustee, invece, sono precluse le facoltà connesse a tali diritti reali, in quanto ha solo l’amministrazione di essi.
4. Il Trust di scopo
Abbiamo detto che i beni possono essere dati in gestione per far ottenere dei vantaggi economici ad un terzo soggetto, il beneficiario. Ciò, invero, non avviene in tutte le ipotesi in cui si ricorre all’istituto del trust..
Esiste anche il caso in cui il negozio venga istituito per raggiungere un fine ben preciso e in questo caso ci troviamo di fronte al caso particolare del trust di scopo.
Secondo queste modalità, non essendoci un soggetto beneficiario, il settlor può ricoprire anche questo ruolo e lasciare la gestione dei beni al trustee per poterne trarre personalmente vantaggio.
5. Il Trust autodichiarato
Un ultimo caso molto particolare di trust è quello autodichiarato. In questa situazione il settlor non prende più il posto del beneficiario, bensì diventa esso stesso il trustee.
In questo modo può gestire una parte dei suoi beni separatamente per poterli finalizzare ad uno scopo ben preciso.
Va specificato che, se il disponente intende ricoprire il ruolo di trustee, non può essere anche beneficiario dei vantaggi. Può ricoprire solamente uno dei due ruoli per volta.
Il trust autodichiarato, in genere, si sostanzia in tre peculiari tipologie:
- un trust autodichiarato di scopo, un questo caso quindi il trust è posto in essere, non in beneficio di taluno, ma per perseguire una specifica finalità. Spesso viene utilizzato in sostituzione della figura della fondazione, di più complessa costituzione, evitando così notevoli inconvenienti;
- oppure un trust autodichiarato familiare, costituito dal genitore a beneficio dei figli. In tal modo si evita l’immediato trasferimento dei beni, escludendo le relative conseguenze patrimoniali;
- trust liquidatorio autodichiarato, tramite il quale si procede al conferimento di un immobile, allo scopo di liquidarlo. La finalità ultima è, quindi, quella di soddisfare, con il ricavato, i creditori del disponente e di attribuire a quest’ultimo l’eventuale residuo. In tal modo, infatti, è possibile vendere il bene al prezzo di mercato. Invece, laddove fosse venduto, in attuazione della procedura di esecuzione, il prezzo sarebbe sicuramente inferiore, in quanto eventualmente oggetto di asta pubblica. Ivi, allora, il trust viene in beneficio sia del debitore che del creditore stesso.
6. Trust liquidatorio
Grazie al suo effetto segregativo, il quale crea un vincolo di destinazione al patrimonio ad esso imputato, il trust è divenuto di ampia diffusione soprattutto nelle procedure di liquidazione delle imprese. L’istituto può, infatti, essere utilizzato come alternativa o supporto alle procedure concorsuali.
Proprio per questo si parla sovente di trust liquidatorio. Quest’ultimo viene costituito in favore dei creditori dell’impresa che assumono la qualità di beneficiari.
A causa dell’evidente interferenza con le norme in tema di liquidazione, è opportuno evidenziare alcuni limiti a cui è sottoposto il ricorso a tale strumento:
- qualora abbia ad oggetto l’intero complesso aziendale, non può mai costituire una alternativa alla procedura di liquidazione;
- dovranno essere inserite delle clausole che limitino l’operatività in caso di insolvenza conclamata. Ciò in quanto, in caso di intervenuto fallimento, i beni potranno essere restituiti alla procedura di carattere pubblicistico e, dunque, inderogabile.
Tipologie di trust liquidatorio
Il trust liquidatorio può essere distinto in relazione alla loro tipologia, allo scopo enunciato e, soprattutto, al momento in cui il trust è istituito. Quindi, tra le varie forme appartenenti a questa macro categorie ci sono:
- trust protettivi:
- di salvataggio
- puramente liquidatori;
- falsamente liquidatori.
Sono definiti trust protettivi quelli che sono istituiti da un imprenditore allo scopo di prevenire eventuali azioni esecutive. Quindi tramite tale istituto si mettendo a loro disposizione alcuni beni tramite il trust. Questi hanno funzione pre–liquidatoria. In particolare permettono ai creditori di beneficiare del trust. In tal modo si consente un pagamento del debito attraverso la costituzione di una prelazione atipica.
Mentre i trust di salvataggio sono posti in essere laddove si prospetti una crisi di impresa, sebbene reversibile. L’imprenditore, tramite questo strumento, intende prevenire l’istanza di fallimento. In questo modo si cerca di indurre il ricorso a soluzioni negoziali della crisi. Esso, quindi, potrebbe essere, ad esempio, una delle condizione grazie alla quale i creditori accetteranno la proposta di concordato.
Per quanto riguarda, invece, i trust “puramente liquidatori”, questi costituiscono una modalità alternativa alla liquidazione disciplinata dagli artt. 2487 s.s. c.c.. Il trustee procederà ad eseguire le operazioni di liquidazione.
Infine, i trust “falsamente liquidatori” sono creati da imprenditori già in stato di rilevante insolvenza. Questo ha lo scopo di ostacolare le pretese creditorie, procrastinando il fallimento dell’impresa. Questa tipologia, in quanto posta in essere solo per eludere le norme sul fallimento, è nulla per contrarietà a norma imperativa.
7. Trust immobiliare
Il Trust immobiliare è quella tipologia dell’istituto tramite il quale si trasferisce in trust la proprietà immobiliari. Viene utilizzato con l’intento di concentrare e gestire in maniera ordinata la successione. In tal modo si potrà proteggere i beni dall’aggressione dei creditori. Anche dal punto di vista della fiscalità successoria si ottengono rilevanti vantaggi.
Il trust immobiliare può esser posto in essere tramite tre modalità distinte:
- trasferimento della piena proprietà al garante:
- trasferimento della nuda proprietà al garante, il proprietario in questo caso conserva per sé l’usufrutto;
- o trasferimento della nuda proprietà al garante e il proprietario conserva per sé il diritto di abitazione.
Nella prima ipotesi, la principale peculiarità attiene agli oneri del garante. Questo dovrà dichiarare nella propria dichiarazione dei redditi del trust il bene immobile e pagare le imposte dovute.
Mentre, quando vengono in evidenza la seconda e terza ipotesi, il proprietario continuerà a dichiarare quest’ultime nella propria dichiarazione dei redditi in quanto tali diritti reali restano in capo, ai fini dichiarativi, a chi ne è il titolare.
Il principale beneficio del trust immobiliare è che il trasferimento dell’immobile in un trust permette di scontare le imposte di successione e donazione e quelle ipocatastali.
Tramite questo istituto, gli immobili italiani che sono fatti confluire in un trust non residente, tuttavia, i beni restano soggetti al regime di tassazione italiano. Secondo l’articolo 6 del modello OCSE, inoltre, tutti gli eventuali redditi prodotti da beni situati in Italia a vantaggio di non residenti nel nostro Paese sono in ogni caso imponibili in Italia.
8. Trust nella gestione dei grandi patrimoni
Il trust è uno strumento che viene generalmente utilizzato per la gestione dei grandi patrimoni. Esso, infatti, come abbiamo avuto modo di osservare, si connota per un’ampia flessibilità, che consente di adeguare l’organizzazione e l’amministrazione dei beni patrimoniali alle tue esigenze mutevoli.
A tal proposito, soprattutto in ordinamenti stranieri, sono state elaborate numerose tipologie di trust, funazionalizzati alla gestione dei grandi patrimoni. Ad esempio:
- Express trust: In questo caso il trust è posto in essere con atto espresso con forma scritta. Deve presentare tre requisiti essenziali: a) I beni oggetto del trust devono essere esistenti; b) I beneficiari del trust devono essere identificati o identificabili; c) Le finalità della costituzione devono risultare in modo espresso.
- Grantor trust: è una forma di trust revocabile. Laddove il disponente si nomini trustee, la revoca ripristina nel suo patrimonio personale i beni oggetto del trust. Mentre, nel caso in cui il trustee è un terzo, la revoca comporta anche il venire meno degli effetti dei trasferimenti effettuati nei suoi confronti. La revoca, quindi, ripristina della titolarità dei beni oggetto del trust in capo al disponente;
- Discretionary trust: è una forma di trust dove si prevede l’amministrazione dei beni nei confronti di più beneficiari, secondo le norme disposte, in questo caso, dal trustee. Quest’ultimo ha la facoltà di decidere come ripartire i profitti derivanti dalla gestione a beneficio di uno solo o di alcuni fra i beneficiari, non anche di soggetti esterni al rapporto. Ha anche la facoltà di scegliere i beneficiari nell’ambito di una categoria di soggetti indicati dal settlor. Il trustee potrebbe però decidere di non conferire i beni e i benefici ad alcuni dei beneficiari. Infine decide anche se distribuire fra i beneficiari l’intero reddito o solo una parte di esso o addirittura nulla a nessuno.
- Unit trusts: Questi, invero, sono fondi comuni d’investimento mobiliare o immobiliare. Sono costituiti mediante deposito di una somma di denaro da parte dei costituenti. Tale massa patrimoniale viene messa a disposizione del trustee, il quale li utilizzerà per investimenti o sarà depositata per futuri investimenti. Il trustee ha poteri molto ampi ed è responsabile per il tipo di investimento.
9. Trust internazionale e diritto alla riservatezza
L’International Trusts Act del 1987, è una disciplina introdotta al fine di prevedere alcune norme fondamentali in tema di trusts internazionali. In questo contesto, le istituzioni internazionali sono intervenute, in particolare, sugli aspetti fiscali e di riservatezza, piuttosto che su quelli giuridici, affrontati già dalla Convenzione dell’Aja, nonché dal succesivo dibattito scaturito.
Sul tema della riservatezza è stata prevista la disposizione secondo la quale l’atto istitutivo del trust non necessariamente è sottoposto a registrazione. Tale atto è meramente facoltativo, il trust può non menzionare né il nome del disponente né quelli dei beneficiari.
Tuttavia dovranno essere indicati sia la denominazione del trust che il nome del trustee locale. In tal modo, infatti, si attesta che sussistono le condizioni affinché il trust sia considerato internazionale. Mentre per quanto attiene gli altri dati, questi possono essere contenuti in atti separati. La loro divulgazione è penalmente sanzionata.
Inoltre, la riservatezza è ulteriormente preservata tramite le norme sul processo. Infatti ogni procedimento civile riguardante i trust sono svolti in camera di consiglio.
Per il resto, le norme base sono ancora quelle inglesi oggetto di specifica recezione. A tal proposito si fa riferimento alle riforme successive alla prima legislazione di Cook Islands, disciplina che regola principalmente la materia del trusts di scopo.
Tale atto, però, non dispone nulla circa alcuni delicati argomenti. Ad esempio non è introduce nuove norme applicabili, non risolve il nodo circa la legge nazionale del disponente, di azione revocatoria proposta da un creditore del disponente.
10. Profili fiscali del Trust
In tema di trust, potrebbero interessarti quelli che sono i c.d. profili fiscali, in particolare con riferimento al trust costituito all’estero, analizzando gli aspetti connessi alle imposte dirette e indirette.
10.1. Imposte dirette
Da un punto di vista fiscale, il trust è un soggetto passivo IRES, alla stregua di un ente. Più precisamente, viene classificato nelle lettere b), c) o d) dell’articolo 73, comma 1, del TUIR, a seconda dell’attività svolta e della residenza.
Il legislatore, invero, è intervenuto al fine di modificare l’art. 73, comma 1, del TUIR. Questo, nella sua attuale formulazione, prevede che sono considerati fiscalmente residenti in Italia, tra gli altri:
- i trust, residenti in Italia, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio dell’attività commerciale;
- inoltre, i trust, residenti in Italia, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale;
- i trust residenti all’estero.
Quindi, indipendente dalla residenza, i trust sono soggetti passivi IRES.
Per quanto attiene alla residenza fiscale, essa si individua con la sede legale, amministrativa o dove si trova l’oggetto principale del trust.
I trust esteri, costituiti in Stati a fiscalità privilegiata, sono considerati sostanzialmente residenti in Italia, ai sensi del co 3 dell’art. 73 TUIR se:
- i disponenti ed almeno uno dei beneficiari del Trust siano fiscalmente residenti in Italia;
- “quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi”.
10.2. Imposte indirette
Le imposte indirette hanno come presupposto l’utilizzazione della ricchezza. L’imposta indiretta si applica in concomitanza di atti o fatti che fanno desumere la disponibilità di un reddito o di un patrimonio. La condotta del disponente è un indicatore di capacità contributiva del soggetto passivo
In considerazione del trust, quindi, possono essere individuate le imposte, in relazione alla vita stessa dell’istituto.
Tra queste abbiamo:
- l’imposta di registro;
- l’imposta sulle donazioni e successioni;
- le imposte ipocatastali.
In primo luogo analizziamo la c.d. imposta di registro, che è un’imposta d’atto, legata appunto al compimento di uno negozio dal quale si desume la capacità contributiva di un soggetto.
L’atto costitutivo del trust, laddove non si proceda al contestuale trasferimento di beni, se redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, sarà assoggettato all’imposta di registro. In questo caso, infatti, è considerato atto privo di contenuto patrimoniale.
La costituzione di beni in trust rileva anche ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni. Invero, ciò non dipende dalla tipologia di trust adottata, ma è un principio che opera in via generale. Anche nel caso del trust auto-dichiarato, in cui il settlor assume le funzioni di trustee, deve essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni, nonostante non vi sia un formale trasferimento di beni.
Infine, il trust è soggetto ad imposta ipotecaria e catastale, sia che l’attribuzione effetti traslativi di beni immobili o diritti reali immobiliari, si realizzi alla costituzione del vincolo, sia con un trasferimento successivo dei beni medesimi allo scioglimento del vincolo. Questa imposta è dovuta anche per trasferimenti effettuati durante la vigenza del vincolo.
10.3. Cessione di beni in trust
La cessione dei beni durante la vita del trust non presenta particolari problemi applicativi nel settore delle imposte sul reddito. Infatti la disciplina fiscale sarà quella normalmente applicabile per le
specifiche operazioni poste in essere.
In particolare, qualora le cessioni di beni siano poste in essere nell’esercizio dell’impresa, la disciplina fiscale muta a seconda della particolare categoria di beni che viene in evidenza. Quindi la disciplina cambia a seconda che si tratti di: beni merce, beni strumentali, beni patrimoniali.
Potranno, in conseguenza, esser prodotte componenti positive di reddito, come ricavi d’esercizio e plusvalenze, oppure componenti negative, ad esempio le c.d. minusvalenze.
Mentre, ove la cessione di beni non si realizza nell’esercizio dell’impresa, troverà invece applicazione una normativa in parte differente. Infatti potranno realizzarsi le fattispecie reddituali previste dall’art. 81 del TUIR oppure fattispecie non rilevanti dal punto di vista fiscale in quanto non inquadrabili in nessuna delle ipotesi previste dal citato art. 81, come la c.d.
vendita di un quadro.
Per quanto riguarda il calcolo delle plusvalenze, deve ritenersi che per i beni trasferiti al trust, anche successivamente all’istituzione dello stesso, in generale, dovrà farsi riferimento ai valori fiscalmente riconosciuti in capo al disponente.
Invece, nel caso di cessioni di beni acquistati dal trust dovrà farsi riferimento al prezzo pagato.
11. Quanto costa istituire un trust?
Abbiamo parlato dei vari vantaggi del trust, ora veniamo ad individuare quali potrebbero essere i costi che sei chiamato a sostenere al fine di costituire un trust.
Il primo costo è quello legato alla progettazione ed alla redazione dell’atto istitutivo di trust. L’entità di tali costi non è quantificabile in modo preciso a priori. Questo, infatti, non dipende dal valore dei beni segregati, ma è legata alla complessità dell’operazione posta in essere.
Tali costi istitutivi, invero, dipendono principalmente dalle esigenze del disponente, più che dal valore e dalla natura oggetto di trust.
Tuttavia, possiamo comunque, farci un’idea. Infatti, il disponente può prevedere un ordine di costi che parte da euro 10.000,00/15.000,00 con la possibilità che siano raggiunte cifre superiori. Inoltre, a causa delle ovvie esigenze di pubblicità e data certa. hanno indotto a far sì che la costituzione del trust sia posto in essere mediante atto sottoscritto da un notaio. Ciò ovviamente comporta un costo anche se alquanto contenuto (tra i 1.500,00 ed i 3.000,00 euro).
Un’altra voce importante di costo è quella relativa alla gestione. Questi, in gran parte, dipendono dalle tariffe che richiedono i trustee. In genere questi possono chiedere o una tariffa oraria, sui 250 euro l’ora circa, oppure una percentuale in base alla gestione e ai beni confluiti in trust.
12. La prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di Trust
TRUST IN GENERALE
Cass. civ. sez. I, 22/12/2015, n. 25800.
Il “trust” non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al “trustee”, che è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi non quale legale rappresentante, ma come colui che dispone del diritto. Ne consegue che esso non è litisconsorte necessario nel procedimento per la dichiarazione di fallimento della società che vi ha conferito l’intera sua azienda, comprensiva di crediti e di debiti, provvedendo successivamente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, in quanto l’effetto proprio del “trust” non è quello di dare vita ad un nuovo soggetto di diritto, ma quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 09/10/2015, n. 20358
Quando la cancellazione di una società dal registro delle imprese sopravvenga in corso di causa il giudice deve interrompere il processo; è illegittima la decisione di dichiarare estinto il processo nonostante risulti che l’intero patrimonio sociale è stato preventivamente trasferito al trustee di un trust appositamente istituito, perchè la parte interessata deve avere la possibilità, riassumendo la causa nei confronti dei soci, di dimostrare che essi sono stati destinatari dell’attivo di liquidazione.
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 12/07/2019, n. 18831.
In caso di accordo intercorso tra i beneficiari di un “trust inter vivos” con effetti “post mortem” per la divisione dei beni in esso conferiti, l’azione di annullamento per violenza o dolo ex art. 761 c.c. e l’azione di rescissione per lesione ex art. 763 c.c., esercitate con riguardo allo stesso, non sono soggette al criterio di giurisdizione di cui all’art. 50 della l. n. 218 del 1995, bensì a quello generale previsto dall’art. 3 della stessa legge, il quale può essere pattiziamente derogato, ai sensi del successivo art. 4, comma 2, in favore di un arbitro straniero, vertendosi in materia di diritti disponibili.
Cass. civ. Sez. V, 12/09/2019, n. 22757.
Il trust autodichiarato di garanzia istituito da una S.p.A. a favore dei propri creditori in vista dell’ammissione alla procedura di concordato preventivo sconta l’imposizione in misura fissa in quanto manca il presupposto impositivo del reale arricchimento, essendo i beni in trust vincolati al soddisfacimento dei creditori della disponente.
Cass. civ. Sez. I, 22/12/2015, n. 25800.
Il trustee di un trust a garanzia degli obbligazionisti ha legittimazione esclusiva ad insinuare al passivo del fallimento della società garante il credito vantato dalla massa degli obbligazionisti verso la società emittente e la garante medesima.
Cass. civ. Sez. II Sent., 22/12/2011, n. 28363.
In tema di sanzioni amministrative relative alla circolazione stradale di un veicolo appartenente ad un “trust” (nella specie, di diritto australiano), privo di autonoma personalità giuridica, deve ritenersi responsabile della violazione il “trustee”, che, nei rapporti con i terzi, interviene non quale legale rappresentante del “trust”, ma come soggetto che dispone del diritto, il quale, in base all’art. 196 del codice della strada è obbligato in solido con l’autore della violazione, giacché, in applicazione dell’art. 2, comma 2, lett. b, della legge 16 ottobre 1989, n. 364 (recante la ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai “trusts” e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1° luglio 1985), assume la posizione di intestatario formale dell’autovettura.
Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 20/01/2022, n. 1826.
Il “trust”, previsto dall’ art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, resa esecutiva in Italia con l. n. 364 del 1989, pur essendo riconosciuto soggetto passivo dell’imposta sul reddito delle società dall’art. 1 della l. n. 296 del 2006, non può, tuttavia, essere ritenuto ente titolare di diritti, dotato di personalità giuridica, in quanto l’effetto proprio di detto istituto è solo quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito amministrato dal “trustee” nell’interesse di uno o più beneficiari. Ne deriva che l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi – dotato altresì di legittimazione processuale – è solo il “trustee”. (In applicazione di tale principio la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che, disattendendo, a sua volta, il gravame, aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva revocato il decreto ingiuntivo azionato dalla banca nei confronti del “trust” sul rilievo del difetto di legittimazione passiva dello stesso, posto che unico titolare dei diritti da esso derivanti doveva considerarsi il “trustee”).
Cass. civ. Sez. III Sent., 10/02/2020, n. 3128.
In tema di “trust” istituito a fini liquidatori, la legittimità dell’atto mediante il quale i beni sono attribuiti al “trustee” necessita di un vaglio, particolarmente penetrante, da parte del giudice di merito, condotto esaminando l’operazione complessiva in relazione alla causa concreta del programma negoziale e alla meritevolezza degli interessi perseguiti nel rispetto dei limiti posti dalla legge fallimentare e dal sistema delle revocatorie. Pertanto, è ammissibile, ed è assoggettato alla disciplina dell’art. 2558 c.c., concernente la successione nei contratti in caso di cessione di azienda, il programma di risanamento o liquidazione di una società di capitali attuato per mezzo di un “trust” cd. liquidatorio, con il quale, nell’interesse dei creditori in attesa di liquidazione, sia conferito ad un “trustee”, senza confinamento del debito operativo, tutto il patrimonio sociale, in particolare un’azienda, con cancellazione della stessa società ex art. 2495 c.c. e in mancanza di riferimenti alle attività compiute per il soddisfacimento dei detti creditori, riservando al medesimo “trustee” la scelta gestionale tra continuità aziendale e liquidazione.
Cass. civ. Sez. III Ord., 04/04/2019, n. 9320.
L’istituzione di trust familiare non integra, di per sé, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura – ai fini della revocatoria ordinaria – un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione in favore dei disponenti. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la sentenza che, qualificando come gratuito l’atto costitutivo di un trust finalizzato al soddisfacimento dei bisogni e delle esigenze dello stesso disponente e dei suoi familiari, aveva ritenuto non necessaria, ai fini dell’azione revocatoria, la consapevolezza, da parte dei terzi beneficiari, del pregiudizio che esso arrecava alle ragioni dei creditori).
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 12/07/2019, n. 18831.
Il “trust inter vivos”, con effetti “post mortem”, deve essere qualificato come donazione indiretta, rientrante, in quanto tale, nella categoria delle liberalità non donative ai sensi dell’art. 809 c.c., poiché l’attribuzione ai beneficiari del patrimonio che ne costituisce la dotazione avviene per atto del “trustee”, cui il disponente aveva trasferito la proprietà, sicché l’avvenuta fuoriuscita del “trust fund” dal patrimonio di quest’ultimo quando era ancora in vita esclude la natura “mortis causa” dell’operazione, nella quale l’evento morte rappresenta mero termine o condizione dell’attribuzione, senza penetrare nella giustificazione causale della stessa.
Cass. civ. Sez. III Ord., 09/11/2020, n. 24986.
In tema di azione revocatoria ordinaria dell’atto con cui una parte dei beni del debitore è stata costituita in un trust autodichiarato, non assume rilievo, ai fini dell’esclusione dell'”eventus damni”, che gli scopi del trust siano la costituzione di una garanzia per il ceto creditorio e l’assicurazione della “par condicio creditorum”, perché la segregazione nel patrimonio del debitore e il vincolo impresso sui cespiti, impedendo ai creditori il diritto di espropriare direttamente i beni, determinano una lesione della garanzia patrimoniale generica.
Cass. civ. Sez. I Sent., 22/12/2015, n. 25800.
Il “trust” non è un ente dotato di personalità giuridica ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato, nell’interesse di uno o più beneficiari, e formalmente intestati al “trustee”, il quale, pertanto, disponendo in via esclusiva dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato, è l’unico soggetto legittimato a farli valere nei rapporti con i terzi, anche in giudizio. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C., confermando il decreto impugnato, ha ritenuto che, costituiti in “trust” i diritti di tutti gli obbligazionisti di una società, solo il “trustee” era legittimato ad insinuare i relativi crediti al passivo della garante poi fallita).
Cass. civ. Sez. III Sent., 29/05/2018, n. 13388.
Poiché l’estensione del litisconsorzio necessario è proiezione degli elementi costitutivi della fattispecie, nell’azione revocatoria ordinaria avente ad oggetto l’atto di dotazione di un bene in “trust” il beneficiario è litisconsorte necessario soltanto nel caso in cui tale atto sia stato posto in essere a titolo oneroso, dal momento che, solo in questa ipotesi, lo stato soggettivo del terzo rileva quale elemento costitutivo della fattispecie. (Rigetta, CORTE D’APPELLO MILANO, 11/05/2016)
Cass. civ. Sez. I Ord., 15/04/2019, n. 10498.
In materia di “trust”, l’atto avente natura dispositiva è quello mediante il quale il bene conferito viene intestato al “trustee”, ma tanto non comporta che la domanda revocatoria debba essere necessariamente rivolta avverso questo negozio e non possa, invece, essere utilmente proposta nei confronti dell’atto istitutivo del “trust”, in quanto l’inefficacia dell’atto istitutivo, conseguente al vittorioso esperimento di un’azione revocatoria, comporta pure l’inefficacia dell’atto dispositivo.
Cass. civ. Sez. III Sent., 03/08/2017, n. 19376.
L’istituzione di trust familiare (nella specie, per fare fronte alle esigenze di vita e di studio della prole) non integra, di per sé, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura – ai fini della revocatoria ordinaria – un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione in favore dei disponenti.
Cass. civ. Sez. I, 23/05/2017, n. 12925.
Non osta alla dichiarazione di fallimento di una S.a.s. in liquidazione la circostanza che il socio illimitatamente responsabile abbia conferito suddetta società in un trust liquidatorio, dato che all’istituzione del trust non faceva seguito alcuna concreta attività di liquidazione.
Cass. civ. Sez. III Ord., 19/04/2018, n. 9637.
Con riferimento al trust, la valutazione (astratta) di meritevolezza della tutela è stata compiuta, una volta per tutte, dal legislatore; infatti, la legge 16 ottobre 1989, n. 364 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1 luglio 1985), riconoscendo piena validità alla citata convenzione dell’Aja, ha dato cittadinanza nel nostro ordinamento, se così si può dire, all’istituto in oggetto, per cui non è necessario che il giudice provveda di volta in volta a valutare se il singolo contratto risponda al giudizio previsto dal citato art. 1322 c.c. (nella premessa alla Convenzione si afferma espressamente che si tratta di un istituto tipico dei Paesi di common law, adottato però anche da altri Paesi con alcune modifiche).
Cass. civ. Sez. V Ord., 22/03/2022, n. 9173.
Il trustee, pur acquistando la proprietà dei beni conferiti nel trust, non gode delle facoltà tipiche del proprietario e non acquisisce alcun vantaggio per sé, assumendo la titolarità di tali beni solo per poter compiere gli atti di gestione e di disposizione necessari al raggiungimento dello scopo per cui il trust è stato istituito. Il trasferimento dei beni al trustee avviene pertanto in via strumentale e temporanea e non determina effetti traslativi in favore del trustee, nel significato rilevante ai fini dell’imposizione, quale effettivo e stabile passaggio di ricchezza, poiché non comporta l’attribuzione definitiva dei beni a vantaggio di quest’ultimo, che è tenuto solo ad amministrarli e a custodirli e, a volte, a venderli, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del perseguimento dello scopo del trust. L’istituzione del trust e la destinazione ad esso di beni o diritti non implicano, da soli, un effettivo incremento di ricchezza in favore del trustee, e, pertanto, non possono costituire un indice di maggiore forza economica e capacità contributiva di quest’ultimo. Né può ritenersi che la costituzione del trust produca un effetto incrementativo della capacità contributiva del disponente, il cui patrimonio non subisce alcun miglioramento.
Cass. civ. Sez. I, 09/05/2014, n. 10105.
Quale strumento negoziale “astratto”, il trust può essere piegato al raggiungimento dei più vari scopi pratici; al fine di valutarne la liceità, occorre perciò esaminare le circostanze del caso di specie, da cui desumere la causa concreta dell’operazione.
Cass. civ. Sez. V Ord., 14/03/2022, n. 8148.
Il trustee acquista sì la proprietà dei beni conferiti nel trust, ma non gode delle facoltà tipiche del proprietario e non acquisisce alcun vantaggio per sé, assumendo la titolarità di tali beni solo per poter compiere gli atti di gestione e di disposizione necessari al raggiungimento dello scopo per cui il trust è stato istituito. Il trasferimento dei beni al trustee avviene, pertanto, in via strumentale e temporanea e non determina effetti traslativi in favore del trustee, nel significato rilevante ai fini dell’imposizione, quale effettivo e stabile passaggio di ricchezza, poiché non comporta l’attribuzione definitiva dei beni a vantaggio di quest’ultimo, che è tenuto solo ad amministrarli ed a custodirli e, a volte, a venderli, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del perseguimento dello scopo del trust.
Cass. civ. Sez. V Ord., 20/06/2022, n. 19747.
In tema di trust, il trasferimento del bene dal settlor al trustee avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del trust. Detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale, e ciò anche per un trust per persona con grave disabilità per il quale non era applicabile, ratione temporis l’art. 6 della legge L. 22 giugno 2016, n. 112, e benché fosse stata richiamata nella motivazione della sentenza impugnata, ha avuto il solo scopo di fornire un contributo chiarificatore sui punti in contestazione tra i litiganti, con particolare riguardo all’insussistenza dei presupposti per l’imposta di donazione non essendone stata mai considerata l’applicabilità ex tunc alla fattispecie in decisione. In sintesi, il trustee acquista sì la proprietà dei beni conferiti nel trust, ma non gode delle facoltà tipiche del proprietario e non acquisisce alcun vantaggio per sè, assumendo la titolarità di tali beni solo per poter compiere gli atti di gestione e di disposizione necessari al raggiungimento dello scopo per cui il trust è stato istituito. Il trasferimento dei beni al trustee avviene pertanto in via strumentale e temporanea e, in conformità all’orientamento già espresso dalla Corte, non determina effetti traslativi in favore del trustee, nel significato rilevante ai fini dell’imposizione, quale effettivo e stabile passaggio di ricchezza, poiché non comporta l’attribuzione definitiva dei beni a vantaggio di quest’ultimo.
Cass. civ. Sez. I, 09/05/2014, n. 10105.
Il trust interno liquidatorio “endo-concorsuale”, cioè istituito da una società in crisi quale strumento attuativo di uno degli istituti di soluzione della crisi stessa previsti dalla legge fallimentare, è valido.
Cass. civ. Sez. V, 17/01/2018, n. 975.
Il trasferimento dei beni al trustee avviene a titolo gratuito, non essendovi alcun corrispettivo, ed il disponente non intende arricchire il trustee, ma vuole che quest’ultimo li gestisca in favore dei beneficiari, segregandoli per la realizzazione dello scopo indicato nell’atto istitutivo del trust, per cui l’intestazione dei beni al trustee deve ritenersi, fino allo scioglimento del trust, solo momentanea.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 28/07/2020, n. 16027.
L’istituzione di un trust autodichiarato impedisce ai creditori del disponente-trustee di compiere atti esecutivi sui beni vincolati in trust e dunque costituisce un atto dispositivo idoneo a pregiudicare i creditori. Il trust autodichiarato con scopi liquidatori è a titolo gratuito posto che il beneficiario è lo stesso disponente. L’istituzione di un trust autodichiarato è di per sé produttivo di un danno per i creditori, a nulla rilevando che costoro possano, d’accordo tra loro, richiedere lo scioglimento del trust e procedere a soddisfazione del credito.
Cass. civ. Sez. V, 13/06/2018, n. 15469.
Il trust non può definirsi né “oneroso” né “operazione a contenuto patrimoniale”, ove il concetto di “patrimonialità”, come può desumersi dalla interpretazione della disposizione sull’imposta di registro (D.P.R. n. 131/1986), non può intendersi in senso civilistico ai sensi degli artt. 1174 e 1321 c.c. come mera “suscettibilità di valutazione economica” della prestazione bensì come prestazione, a fronte della quale figura la pattuizione “di corrispettivi in danaro” e quindi onerosa per tale ragione, non può che essere assoggettato all’imposta in misura fissa e non proporzionale in quanto l’atto devolutivo in trust è a titolo gratuito non essendovi nessun corrispettivo. Non determinandosi alcuna conseguenza economica nella sfera delle parti contraenti, ma sono esclusivamente destinati a disciplinare la gestione della proprietà in maniera radicalmente diversa da quella propria della tradizionale figura romanistica. Nel caso del trust non essendovi alcuna previsione di corrispettivo o di altra prestazione a carico del trustee, non può dunque parlarsi di “operazione a carattere patrimoniale” tale da essere soggetta all’imposta del 3% ai sensi dell’art. 9 della tariffa. E ciò vale anche per le imposte ipotecaria e catastale, giacché va ricordato che l’atto soggetto a trascrizione, ma non produttivo di effetto traslativo, in senso proprio (id. est, definitivo), postula l’applicazione di dette imposte in misura fissa ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n. 347 del 1990 e 4 dell’allegata tariffa, per quanto attiene all’ipotecaria e art. 10, comma 2, del D.Lgs. 347/1990, quanto riguarda la catastale.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 26/11/2019, n. 30821.
Nel caso di trasferimento di immobili al Trust, quest’ultimo è assoggettabile a tassazione in misura fissa perché non essendo per lo stesso previsto alcun corrispettivo, non può parlarsi di operazione a carattere patrimoniale. Invero, il trasferimento del bene dal “settlor” al “trustee” avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi poiché quest’ultimo è tenuto solo ad amministrarlo in attesa del definitivo trasferimento ai beneficiari che, nel caso di specie, erano i figli del disponente.
Cass. civ. Sez. III Ord., 28/12/2021, n. 41782.
Non è responsabile il notaio per l’acquisto di un bene immobile in quanto detto immobile aveva destinazione ad uso commerciale, in particolare alberghiero tramite il trustee-persona fisica. Il mancato riconoscimento delle agevolazioni fiscali previste nell’atto rogato dal notaio era dovuto anche alla concreta e oggettiva destinazione d’uso dell’immobile oggetto di quell’atto essendo stato ormai definitivamente accertato nei giudizi tributari promossi dal trustee che esso aveva destinazione ad uso commerciale, in particolare alberghiero, non ad uso abitativo, come necessario per godere delle suddette agevolazioni. Pertanto, il notaio che abbia consigliato l’acquisto di detto immobile direttamente in favore del trust ed escluso l’acquisto da parte del disponente con successivo conferimento non è responsabile della pretesa fiscale conseguente all’accertata insussistenza delle condizioni per la suddetta agevolazione, in quanto, anche laddove l’immobile fosse stato acquistato dal disponente, la destinazione non abitativa del medesimo precludeva l’agevolazione in questione, oltre, alla circostanza che il notaio non era stato adeguatamente informato di detta destinazione per cui è stata richiesta l’imposta agevolata del c.d. prezzo-valore alla compravendita.
Cass. civ. Sez. III, 26/06/2020, n. 12891.
Il trustee il quale ricorre per cassazione avverso la sentenza di merito che dispone la revoca ex art. 2901 c.c. del conferimento in trust deve proporre il ricorso tanto nei confronti del creditore agente in revocatoria quanto nei confronti del debitore e delle società che hanno acquistato da costui i beni successivamente conferiti in trust.
Cass. civ. Sez. III, 15/09/2020, n. 25991.
È legittimo il sequestro preventivo dei beni conferiti in trust da una coppia di coniugi, entrambi indagati per associazione a delinquere, qualora il trust sia simulato, come desumibile dalle circostanze che il guardiano è una persona molto vicina ai disponenti, che i conferimenti sono di entità sproporzionata rispetto alle finalità familiari del trust e che l’Amministratore Unico della società che costituisce il cespite di maggior valore del trust è un mero prestanome. Non pone rimedio la nomina di un soggetto professionale quale nuovo trustee, qualora intervenuta poco prima della perquisizione a carico degli indagati.
Cass. civ. Sez. III Ord., 09/11/2020, n. 24986.
L’atto istitutivo di Trust non può essere valutato alla stregua dei motivi soggettivi dichiarati da chi lo pone in essere e, ove l’atto sia successivo al sorgere del credito, quel che rileva è la mera conoscenza dell’oggettivo pregiudizio che esso può arrecare al ceto creditorio. Conseguentemente, il Trust che determina una variazione quantitativa del patrimonio del debitore può essere revocato ex art. 2901, comma 1, n. 1, c.c.
Cass. civ. Sez. III Ord., 12/04/2022, n. 11762.
Poiché l’estensione del litisconsorzio necessario è proiezione degli elementi costitutivi della fattispecie, nell’azione revocatoria ordinaria avente per oggetto l’atto di dotazione patrimoniale del trust, il trustee è sempre litisconsorte necessario in quanto titolare dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato ed unica persona di riferimento nei rapporti con i terzi e, dunque, non già quale legale rappresentante, bensì come soggetto che dispone del diritto, sia pure in funzione della realizzazione del programma stabilito nell’atto istitutivo dal disponente a vantaggio dei beneficiari.
Cass. civ. Sez. III Sent., 15/11/2019, n. 29727.
L’atto di costituzione del vincolo sui propri beni ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., benché non determini il trasferimento della loro proprietà né la costituzione su di essi di diritti reali in senso proprio, è comunque idoneo a sottrarre i beni vincolati all’azione esecutiva dei creditori, ha effetti connotati dal carattere della “realità” in senso ampio, essendo oggetto di trascrizione, ed è conseguentemente idoneo a pregiudicare le ragioni creditorie, come nelle analoghe (anche se non identiche) situazioni della costituzione del fondo patrimoniale e della costituzione e dotazione di beni in “trust”.
Cass. civ. Sez. III Ord., 15/10/2019, n. 25926.
In tema di trust, l’inefficacia dell’atto istitutivo, come prodotta dall’esito vittorioso di un’azione revocatoria in cui è contenuto in un unico atto istitutivo e dispositivo, reca con sé pure l’inefficacia dell’atto dispositivo. La domanda di revoca dell’atto istitutivo viene, in altri termini, a colpire il fenomeno del trust sin dalla sua radice. La constatazione che, nel trust, dispositivo è l’atto col quale viene intestato al trustee il bene conferito in trust, non comporta che la relativa domanda revocatoria debba essere necessariamente indirizzata negli immediati confronti di quest’atto e non possa, per ciò stesso, essere utilmente proposta pure nei confronti dell’atto istitutivo del trust.
Cass. civ. Sez. III Ord., 15/10/2019, n. 25926.
L’azione revocatoria diretta avverso l’atto istitutivo di trust è utilmente esperita e capace di produrre l’inefficacia del conferimento di beni in quanto quest’ultimo è atto conseguente e dipendente dall’atto istitutivo. Nel giudizio per la revocatoria del conferimento in trust, qualora il trust sia a titolo oneroso, lo stato soggettivo rilevante dal punto di vista del terzo è quello del beneficiario.
Cass. civ. Sez. III, 27/01/2017, n. 2043.
Il trust non è né una persona giuridica né un ente dotato di una seppur minima soggettività giuridica, ma costituisce un insieme di rapporti giuridici – destinati in favore di beneficiari – che fanno capo al trustee. Il trustee non è il legale rappresentante del trust, ma è un soggetto proprietario di determinati beni e titolare di determinati rapporti giuridici nell’interesse dei beneficiari del trust. Il Trustee dispone, in osservanza di quanto stabilito nel regolamento del trust, dei diritti di cui è titolare ed è l’unico referente nei confronti dei terzi. Il pignoramento immobiliare effettuato contro il trust è nullo, perché effettuato verso un soggetto giuridicamente inesistente.
Cass. civ. Sez. V, 12/09/2019, n. 22755.
Il conferimento da parte di una coppia di coniugi di beni immobili in un trust avente quali beneficiari finali i medesimi coniugi o i loro figli nati e nascituri entro il termine finale di durata del trust ed i loro nipoti sconta l’imposizione in misura fissa in quanto manca il presupposto impositivo del reale arricchimento, contrario al programma negoziale di donazione indiretta per cui il trust è stato istituito.
Cass. civ. Sez. III Ord., 19/04/2018, n. 9637.
Pur non essendo necessario che il giudice provveda di volta in volta a valutare la meritevolezza degli interessi perseguiti dal singolo atto istitutivo di trust, va confermata, in parte qua, la pronuncia di merito che ha accolto la domanda di revocatoria di tale atto, specificando che esso era da ritenere a titolo gratuito, che i crediti erano anteriori al medesimo e che era evidente l’uso strumentale del conferimento dei beni nel trust, posto che il disponente si era riservato la facoltà di sostituire a suo piacimento sia il trustee che i beneficiari, rimanendo nella sostanza pienamente padrone di quei beni che venivano in tal modo sottratti alla garanzia dei creditori.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 03/03/2020, n. 5766.
Il conferimento dell’intero patrimonio sociale di una s.r.l. in un trust liquidatorio – finalizzato a realizzare la liquidazione dell’attivo nell’interesse dei creditori e soci – sconta le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa ed è esente dall’imposta di donazione in quanto non realizza un trasferimento definitivo di beni e diritti in favore del beneficiario, non essendo individuabili i reali beneficiari dell’operazione e non potendosi escludere un eventuale rientro dei beni in capo al disponente, come poi è avvenuto. Lo scioglimento di siffatto trust e il ritorno dei beni nel patrimonio della S.r.l. disponente sconta le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa ed è esente dall’imposta di donazione.
Cass. civ. Sez. II, 31/03/2017, n. 8529.
Essendo il “trust” soltanto un insieme di beni e rapporti destinati a un fine determinato, nell’interesse di uno o più beneficiari, e formalmente intestati al “trustee”, è quest’ultimo, il quale dispone in via esclusiva dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato, l’unico soggetto legittimato a intrattenere rapporti con i terzi; sicché solo al “trustee” può essere rivolta la richiesta di notizie ex art. 114, comma 5, T.U.F. da parte di CONSOB, e solo questi può ritenersi responsabile della correlata omissione, non quale legale rappresentante del “trust”, ma come soggetto che dispone del diritto.
Cass. civ. Sez. III Ord., 28/11/2019, n. 31069.
Ai fini dell’azione revocatoria il conferimento in un trust familiare ha natura gratuita. L’anteriorità della presentazione della domanda di concordato preventivo rispetto al conferimento in trust dimostra l’anteriorità rispetto al medesimo conferimento del credito derivante dalla mala gestio dell’amministratore disponente. Il conferimento in trust posto in essere dall’amministratore di una S.p.A. – poi fallita – convenuto in giudizio per mala gestio lede l’interesse del fallimento agente in revocatoria a prescindere dall’esistenza delle condizioni per l’azione di responsabilità di cui all’art. 2394 c.c.
Cass. civ. Sez. III, 29/05/2018, n. 13388.
I beneficiari che non vantino diritti attuali sui beni conferiti in trust non sono legittimati passivi e litisconsorti necessari nell’azione revocatoria avente ad oggetto questi beni. Ai fini dell’individuazione dei presupposti soggettivi dell’azione revocatoria, il conferimento in trust familiare è a titolo gratuito, mentre il conferimento in trust di garanzia o solutorio è a titolo oneroso. Se il conferimento in trust è a titolo oneroso, lo stato soggettivo del terzo rileva quale elemento costitutivo della fattispecie e allora il beneficiario è litisconsorte necessario nel giudizio per la revocatoria del conferimento.
Cass. civ. Sez. I, 09/02/1999, n. 1097.
In caso di girata “piena” di una cambiale, accompagnata da una convenzione sottostante, è necessario interpretare tale negozio, al fine di verificare se esso abbia dato luogo ad un contratto di sconto, con gli effetti propri della cessione di credito, ovvero ad un contratto di anticipazione, al quale la girata acceda con funzione di garanzia, assumendo carattere di negozio fiduciario, che implichi un mandato a riscuotere anche nell’interesse del giratario. Tale differente qualificazione assume rilievo in tema di amministrazione controllata, al fine di stabilire a chi debba considerarsi dovuto il pagamento della cambiale, avvenuto dopo l’inizio della procedura concorsuale.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 24/02/2015, n. 3737.
La causa del negozio di costituzione del trust sta nella conformazione funzionalmente orientata della proprietà, in quanto il regolamento negoziale con il quale si istituisce il trust è perfetto ed efficace con la fissazione del suddetto vincolo di destinazione, che conforma i diritti, i poteri, le facoltà e gli obblighi del trustee, all’attuazione di esso programmaticamente preordinati, perché in tale fissazione il regolamento trova la propria ragion d’essere, ossia la propria causa.
Cass. civ. Sez. V, 12/09/2019, n. 22754.
Nel trust di cui alla legge n. 364 del 1989, di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, non è riscontrabile, ne nell’atto istitutivo, né nell’atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee, un trasferimento imponibile, in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione; rileva, invece, l’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo.
Cass. civ., 06/06/1983, n. 3843.
La vendita fiduciaria a scopo di garanzia si distingue dalla vendita con patto di riscatto dissimulante un mutuo con patto commissorio perché nel negozio fiduciario la proprietà si trasferisce al compratore che, però, assume l’obbligo, derivante dal patto interno ad efficacia meramente obbligatoria, di ritrasferire il bene al venditore se questi estinguerà il debito garantito, mentre nel negozio simulato, pur essendo apparentemente convenuto il trasferimento immediato della proprietà (sottoposto a condizione risolutiva a favore del venditore che voglia riprendere la cosa mediante la tempestiva restituzione del prezzo), le parti concordano in concreto, ponendo in essere un patto commissorio, che il compratore-creditore diverrà proprietario dell’immobile solo se il debitore non adempierà il suo debito nel termine stabilito; data la nullità di tale patto, la prova di siffatta simulazione può essere data con testimoni e presunzioni anche inter partes.
Cass. civ. Sez. V, 18/12/2015, n. 25478.
Il trust non è un soggetto giuridico dotato di propria personalità; è unicamente il trustee la persona di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale ‘legale rappresentante’ di un inesistente soggetto distinto, ma come soggetto che dispone del diritto.
Cass. civ. Sez. I, 07/11/2018, n. 28427.
Ai fini dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. non costituiscono circostanze idonee a fondare il requisito della scientia damni in capo ai terzi subacquirenti dal trustee l’offerta in vendita di un immobile in trust a un prezzo inferiore a quello di mercato e l’acquisto dal trustee a distanza di alcuni mesi dal conferimento dell’immobile in trust, tenuto anche conto che i subacquirenti non conoscevano il disponente e l’immobile è stato venduto tramite agenzia immobiliare.
Cass. civ. Sez. I, 09/05/2014, n. 10105.
Il trust non è un soggetto di diritto, ma un insieme di beni e rapporti con effetto di segregazione patrimoniale, nel quale il trustee – quale titolare dei medesimi – è l’unico soggetto di riferimento per i terzi.
Cass. civ. Sez. I Ord., 29/08/2018, n. 21366.
L’istituzione di un trust e la composizione del relativo fondo costituiscono elementi utili alla valutazione della situazione patrimoniale del disponente ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento che questi sia obbligato a corrispondere in favore di suo figlio.
Cass. civ. Sez. III, 19/04/2018, n. 9637.
Il conferimento di beni in Trust è da considerarsi atto a titolo gratuito ai fini dell’azione revocatoria in quanto è un negozio idoneo a costituire un patrimonio separato finalizzato ad uno scopo per il quale non è previsto alcun corrispettivo. Di conseguenza esso è soggetto all’azione revocatoria.
PROCESSO CIVILE
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 09/10/2015, n. 20358
Non può dichiararsi l’estinzione del processo di cui sia parte una società di capitali relativamente alla quale sopravvenga la cancellazione dal registro delle imprese semplicemente sulla base del difetto di riparto ai soci nel contesto del bilancio finale di liquidazione, dovendosi invece disporre l’interruzione del processo e acclarare, sulla scorta di documentazione ritualmente prodotta dalla controparte, se il trust istituito da detta società allo scopo dichiarato di gestire i propri investimenti immobiliari sia, invece, diretto a distribuire utili ai soci, con conseguente attribuzione a costoro della responsabilità patrimoniale per le obbligazioni maturatesi in capo alla società medesima e loro successione nel processo.
Cass. civ. Sez. III Sent., 27/01/2017, n. 2043.
Il pignoramento di beni immobili eseguito nei confronti di un “trust” in persona del “trustee”, e non di quest’ultimo, è illegittimo, in quanto il “trust” è un ente privo di personalità giuridica, costituendo un mero insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato, formalmente intestati al “trustee”, il quale è l’unico soggetto che, nei rapporti con i terzi, è titolare dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato: ne deriva che il giudice dell’esecuzione, nell’ambito della verifica in ordine all’esistenza delle condizioni dell’azione esecutiva, può disporre d’ufficio la chiusura anticipata della procedura esecutiva.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 26/05/2020, n. 9648.
Poiché l’estensione del litisconsorzio necessario è proiezione degli elementi costitutivi della fattispecie, nell’azione revocatoria ordinaria avente per oggetto l’atto di dotazione patrimoniale del “trust”, il “trustee” è sempre litisconsorte necessario, in quanto titolare dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato e unica persona di riferimento nei rapporti con i terzi, non già quale legale rappresentante, bensì come soggetto che dispone del diritto, sia pure in funzione della realizzazione del programma stabilito nell’atto istitutivo dal disponente a vantaggio dei beneficiari.
Cass. civ. Sez. I Sent., 20/02/2015, n. 3456.
Il legale rappresentante di un’impresa costituita in un “trust” conserva la legittimazione al conferimento della procura speciale per la proposizione del ricorso per cassazione, atteso che il “trust” non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al “trustee”, che è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, ma non quale legale rappresentante, bensì come colui che dispone del diritto.
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 17/09/2021, n. 25163.
In tema di giurisdizione del giudice italiano, nel caso in cui sia stata avanzata da una curatela fallimentare la domanda principale di simulazione assoluta di un contratto istitutivo di trust stipulato dal fallito, non trova applicazione il reg. CE n. 1346/2000, relativo alle procedure di insolvenza, perché solo le azioni che derivano direttamente da queste ultime e che vi si inseriscono strettamente sono riservate ai giudici dello stato membro in cui è stata aperta la procedura, bensì il reg. UE n. 1215/2012 sulla giurisdizione generale in materia civile e commerciale.
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 20/06/2014, n. 14041.
La clausola di proroga della giurisdizione inserita nell’atto costitutivo di un “trust” vincola, oltre al costituente, i gestori e i beneficiari del “trust”, pur non firmatari della clausola, ove vengano in rilievo diritti e obblighi inerenti al “trust”, mentre non vincola i soggetti che rispetto al “trust” sono in posizione di terzietà, come l’erede del fondatore, qualora si assuma leso nei diritti di legittimario.
Cass. civ. Sez. III Sent., 03/08/2017, n. 19376.
L’interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari ai quali siano attribuite dall’atto istitutivo soltanto facoltà, non connotate da realità, assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee; conseguentemente, deve escludersi che i beneficiari non titolari di diritti attuali sui beni siano legittimati passivi e litisconsorti necessari nell’azione revocatoria avente ad oggetto i beni in trust, spettando invece la legittimazione, oltre al debitore, al trustee, in quanto unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi.
Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 19/05/2017, n. 12718.
Il “trust”, che non è un soggetto giuridico dotato di una propria personalità, postula, in capo al “trustee”, una proprietà limitata nel suo esercizio in funzione della realizzazione del programma stabilito dal disponente nell’atto istitutivo a vantaggio del o dei beneficiari, sicché i tre centri di imputazione (disponente, “trustee” e beneficiario) non possono coincidere. In caso contrario, il “trust” è affetto da nullità rilevabile di ufficio, in nessun modo differendo la proprietà del “trustee” da quella piena, per violazione dell’art. 2 della Convenzione dell’Aja dell’1 luglio 1985, resa esecutiva in italia con l. n. 364 del 1989, entrata in vigore l’1 gennaio 1992. (In applicazione di tale principio, la S.C., avendo accertato la nullità di un “trust” nel quale i disponenti, soci di una s.r.l. posta in liquidazione e poi cancellata dal registro delle imprese, si erano autonominati “trustee” e primi beneficiari, ha affermato, in una controversia promossa da una lavoratrice per il conseguimento di indennità varie, la legittimazione passiva dei predetti soci, in quanto ritenuti responsabili ai sensi dell’art. 2495, comma 2, c.c.).
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 18/03/2019, n. 7621.
In caso di “trust” (nella specie, discrezionale ed irrevocabile) costituito da una cittadina italiana in uno Stato estero (quale le Isole Cayman) ove non trovano applicazione la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, né i Regolamenti (CE) n. 44 del 2001 o (UE) n. 1215 del 2012 né, ancora, le Convenzioni di Lugano del 16 settembre 1988 o del 30 settembre 2007, con individuazione del “trustee” in una società domiciliata in quello Stato e dei beneficiari in persone fisiche o giuridiche domiciliate in Italia, la clausola negoziale di proroga della giurisdizione in favore dei giudici dello Stato estero per le controversie in materia di “administration” del “trust” non si estende a quella in tema di validità del rapporto nel suo complesso considerato. (Regola giurisdizione)
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 18/03/2019, n. 7621.
La domanda proposta dal disponente o “settlor” nei confronti sia del “trustee” successivo, domiciliato nella Confederazione elvetica, che del beneficiario, avente domicilio in Italia, di un “trust” costituito in uno Stato estero ove non trovano applicazione la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 né alcuno strumento eurounitario e volta a far valere, rispettivamente, l’invalidità della costituzione del rapporto tra le parti del “trust” e la consequenziale insussistenza di crediti della beneficiaria sul relativo patrimonio o sui redditi prodotti, appartiene, ex art. 6, n. 1, della Convenzione di Lugano del 2007 – di tenore identico all’art. 6, n. 1, del Reg. CE n. 44 del 2001, ora trasfuso nell’art. 8, n. 1, del Reg. UE n. 1215 del 2012 – alla giurisdizione del giudice italiano, sussistendo un evidente vincolo di interdipendenza tra la declaratoria di nullità e la domanda di restituzione dei beni ai quali la beneficiaria potrebbe avere un’aspettativa giuridicamente tutelabile.
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 17/09/2021, n. 25163.
Sussiste la giurisdizione italiana quanto alle azioni proposte dal curatore del fallimento di una società di fatto, dichiarato insieme a quello dei suoi soci illimitatamente responsabili, ove le domande si propongano di recuperare all’attivo beni asseritamente sottratti mediante il conferimento in plurimi trust, così convenendo in giudizio i rispettivi trustee, pur se aventi sede – tra gli altri – sia in Stati dell’Unione (Malta) sia in altri esterni (Bahamas) o a regime speciali (Isole normanne del Canale). Accanto all’azione di rendimento del conto, il curatore aveva introdotto quelle di simulazione assoluta o relativa (dissimulante meri mandati da cui intendeva sciogliersi) degli atti costitutivi dei trusts o comunque di inefficacia o nullità per illiceità della causa, stante la preservazione da parte dei falliti del controllo sui beni (sham trust) o frode alla legge, contestando in generale anche l’avvenuta segregazione. Così individuato il petitum sostanziale, sul regolamento di giurisdizione promosso dalla curatela le Sezioni Unite hanno riscontrato il carattere principale della simulazione assoluta degli atti istitutivi dei trusts, atteggiandosi la riconsegna dei beni quale suo effetto e senza condizionamento dal Reg. CE 1346/2000 (sull’insolvenza) trattandosi di azione che non deriva in senso stretto dal fallimento e pertanto scongiurandosi la sovrapposizione con i dettami del Reg. CE n. 44/2001 (il successivo Reg. UE 1215/2012), invece pertinente. Infatti, ai sensi degli artt. 4 e 8 del Regolamento 1215 cit., sussistendo una pluralità di convenuti, litisconsorti necessari, ben è possibile che tutti possano essere chiamati avanti al giudice dello Stato in cui uno di essi sia domiciliato ove, come nel caso, si dia collegamento tra le domande tale da imporre quale opportuna una decisione unica e una trattazione unica, evitando decisioni incompatibili.
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 18/03/2019, n. 7621.
La clausola di proroga della giurisdizione a favore del “forum for the administration of the Trust” non si applica all’azione di declaratoria della nullità del trust. Ai sensi dell’art. 6, n. 1, della Convenzione di Lugano, sussiste la giurisdizione italiana sull’azione proposta dalla disponente-beneficiaria, cittadina italiana, nei confronti del trustee svizzero e di una fondazione beneficiaria italiana per far dichiarare la nullità del trust istituito all’estero, in quanto i convenuti sono tutti parti dell’unitario rapporto di trust dedotto in giudizio e sussiste un’evidente vincolo di interdipendenza tra la declaratoria di nullità e la condanna alla restituzione dei beni, sui quali il beneficiario potrebbe vantare un’aspettativa giuridicamente tutelata.
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 17/09/2021, n. 25163.
Si applica il regolamento (UE) n. 1215/2012 del 12 dicembre 2012 e non il regolamento (CE) n. 1346/2000 del 29 maggio 2000, a un’azione promossa dal curatore del fallimento di una società di fatto costituita da persone fisiche domiciliate in Italia, oltre che del fallimento di queste ultime quali soci illimitatamente responsabili, contro una società maltese, in qualità di trustee di alcuni trust istituiti dai falliti, contro questi ultimi in qualità di disponenti, unitamente ai loro coniugi e figli, e contro altri enti esteri a vario titolo coinvolti nei predetti trust, volta a far accertare, in via principale, la simulazione assoluta dei trust (o, in subordine, la loro simulazione relativa, nullità e inefficacia) e la conseguente condanna dei convenuti alla restituzione alla curatela dei beni in essi conferiti, non trattandosi di azione che derivi direttamente dalla procedura di insolvenza e che vi si inserisca strettamente. Rispetto a tale azione sussiste la giurisdizione italiana, ai sensi dell’art. 8 n. 1 del regolamento (UE) n. 1215/ 2012, poiché, da un lato, la domanda principale di simulazione assoluta dà luogo a litisconsorzio necessario fra tutti i partecipanti all’accordo simulatorio, facendo in tal modo sorgere, tra le domande proposte contro i diversi convenuti, quel «collegamento così stretto da rendere opportuna una trattazione unica e una decisione unica» al quale allude l’art. 8 del regolamento citato e, dall’altro lato, tra i litisconsorti vi sono le persone fisiche dei disponenti dei trust impugnati, tutte domiciliate in Italia.
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 17/09/2021, n. 25163.
Quella di simulazione assoluta o relativa di un trust è azione di tipo consortile, poiché dà luogo al litisconsorzio necessario tra tutti i partecipanti all’accordo simulato. Deve pertanto affermarsi la giurisdizione del giudice italiano allorquando uno dei disponenti sia domiciliato in Italia in applicazione ratione temporis dell’art. 8 del Reg. CE n. 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale che consente, in caso di pluralità di convenuti, di chiamarli tutti davanti al giudice del luogo in cui uno qualsiasi di essi è domiciliato, sempre che tra le domande esista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione unica e una decisione unica, per modo da evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompatibili.
Cass. civ. Sez. III Ord., 11/02/2022, n. 4433.
Difetta dei requisiti minimi per configurare un ricorso per cassazione l’atto presentato da un soggetto – qualificatosi come difensore, procuratore e trustee di un “trust” avente il proprio nominativo – col quale si lamentano le più disparate violazioni di trattati internazionali, norme costituzionali, leggi, ecc., sia per l’assoluta mancanza di specificità e pertinenza dei motivi, sia per il difetto di “ius postulandi” in capo al ricorrente, nemmeno iscritto all’albo speciale degli avvocati ammessi al patrocinio dinanzi alla S.C..
Cass. civ. Sez. II Ord., 25/06/2020, n. 12663.
Il trustee del trust nel quale confluiscono beni per i quali è stata domandata tutela possessoria può impugnare la sentenza di primo grado, sebbene non abbia partecipato a quel grado di giudizio, in quanto successore a titolo particolare nel diritto su quei beni, ma non può impugnare il capo delle spese, in quanto la condanna alle spese può avere come destinatari solo le parti processuali.
Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 26/05/2020, n. 9648.
Nell’azione revocatoria ordinaria avente ad oggetto l’atto di dotazione di un bene in «trust» è litisconsorte necessario il trustee, mentre il beneficiario lo è soltanto se l’atto è stato posto in essere a titolo oneroso.
Cass. civ. Sez. Unite, 30/09/2016, n. 19471.
Conferma la giurisdizione del giudice italiano in riferimento alla domanda diretta all’accertamento della nullità, inesistenza o annullabilità del trust avente ad oggetto un immobile sito in Londra, così come sulla domanda diretta all’accertamento della nullità o inesistenza del resulting trust eccepito. La Corte rileva che ciò è conforme all’orientamento del giudice europeo che ha escluso l’applicabilità del criterio del forum rei sitae nei casi di azioni volte ad accertare la qualità di detentore a titolo di trustee di un bene in relazione al quale si chiede il compimento di atti necessari al riconoscimento della legal ownership sul bene stesso in capo a chi si dichiari effettivo proprietario.
Cass. civ. Sez. Unite Ord., 26/04/2017, n. 10233.
Qualora l’attore proponga nei confronti di un convenuto non residente in Italia una domanda principale ed una subordinata, la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano va verificata con esclusivo riferimento alla domanda principale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la giurisdizione del giudice italiano dovesse verificarsi con riferimento alla domanda principale di revocatoria ordinaria di alcuni atti di conferimento in “trust” di quote societarie in favore di una banca maltese proposta dalla curatela fallimentare e non già con riferimento alla domanda subordinata di risarcimento del danno per omessa esecuzione, da parte della banca “trustee”, dell’ordine di acquisizione ex art. 25 l.fall. emesso dal giudice delegato).
Cass. civ. Sez. I Sent., 01/02/2016, n. 1873.
Il decreto, reso dal tribunale in sede di reclamo, che, in forza di una specifica clausola dell’atto istitutivo di un “trust”, autorizza il “protector” a revocare il “trustee” nominandone un altro, non è ricorribile ex art. 111, comma 7, Cost., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione che, in quanto modificabile e revocabile in ogni tempo, non è idoneo ad incidere in via definitiva su un diritto soggettivo ed è, quindi, privo dei caratteri della decisorietà e definitività in senso sostanziale. Né tale conclusione viene meno allorché il ricorrente lamenti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale, quali il mancato rispetto del principio del contraddittorio nel procedimento di prime cure, atteso che la pronunzia sull’osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi ed i tempi con i quali la domanda può essere portata all’esame del giudice, ha necessariamente la medesima natura dell’atto giurisdizionale cui il processo è preordinato e, pertanto, non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri quell’atto sia privo.
Cass. civ. Sez. III Ord., 19/04/2018, n. 9637.
La Legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione de L’Aja sui trust rende superfluo che il giudice provveda di volta in volta a valutare se il singolo trust persegua interessi meritevoli di tutela ex art. 1322 cod. civ. Ai fini dell’esperimento dell’azione revocatoria il conferimento in un trust familiare ha natura di atto a titolo gratuito. Ai fini dell’esperimento dell’azione revocatoria la riserva in capo al disponente del potere di sostituire ad libitum il trustee e i beneficiari costituisce prova della scientia damni in capo al disponente. I beneficiari che non siano titolari di diritti attuali sui beni in trust non sono legittimati passivi nell’azione revocatoria avente ad oggetto il conferimento in trust (il disponente si era riservato il potere di sostituire ad libitum i beneficiari).
Cass. civ. Sez. Unite, 20/06/2014, n. 14041.
La clausola di proroga della giurisdizione inserita nell’atto costitutivo di un “trust” vincola, oltre al costituente, i gestori e i beneficiari del “trust”, pur non firmatari della clausola, ove vengano in rilievo diritti e obblighi inerenti al “trust”, mentre non vincola i soggetti che rispetto al “trust” sono in posizione di terzietà, come l’erede del fondatore, qualora si assuma leso nei diritti di legittimario.
Cass. civ. Sez. III, 27/01/2017, n. 2043.
E’ escluso che il trust possa essere considerato titolare di diritti e tanto meno destinatario di un pignoramento; le esigenze di rigore formale che permeano il regime di pubblicità immobiliare impediscono di riferire al trustee una nota di trascrizione che univocamente identifica nel solo trust il soggetto contro cui è eseguita la formalità.
Cass. civ. Sez. Unite, 20/06/2014, n. 14041.
Rientra nella giurisdizione del giudice italiano la controversia con cui l’erede legittimario del costituente di un trust, pur non avanzando una domanda di riduzione, chieda che quest’ultimo sia dichiarato nullo, o comunque, non riconoscibile in Italia, e che siano altresì dichiarati nulli i negozi traslativi mediante i quali erano state poste nella disponibilità di detto trust molteplici partecipazioni societarie facenti capo al costituente medesimo, con il consequenziale accertamento che le stesse fanno parte del suo asse ereditario, a nulla rilevando in senso contrario che una clausola contenuta nell’atto costitutivo del trust devolvesse le relative controversie alle corti dell’Inghilterra e del Galles, né che l’attore in altra causa promossa dinanzi a un giudice svizzero possa aver fatto valere pretese nascenti dall’asserita qualità di beneficiario del trust.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 07/02/2020, n. 2894.
L’interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari ai quali siano attribuite dall’atto istitutivo soltanto facoltà, non connotate da realità, assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee. Di talché, deve escludersi che i beneficiari non titolari di diritti attuali sui beni siano legittimati passivi e litisconsorti necessari nell’azione revocatoria avente ad oggetto i beni in trust, spettando invece la legittimazione, oltre al debitore, al trustee, in quanto unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi.
TRIBUTI IN GENERALE
Cass. civ. Sez. V Sent., 18/12/2015, n. 25478.
In tema di contenzioso tributario, il ricorso per cassazione proposto nei confronti di un “trust” in persona del suo legale rappresentante presenta un difetto strutturale che può essere sanato esclusivamente con la costituzione del “trustee” in quanto il “trust” non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un insieme di beni destinati ad un fine determinato, formalmente intestati al “trustee”, che costituisce l’unica persona di riferimento con i terzi, non quale legale rappresentante, ma quale soggetto che dispone del diritto.
Cass. civ. Sez. V Sent., 20/06/2019, n. 16550.
In tema di ICI, costituisce presupposto impositivo ex art. 1 del d.lgs. n. 504 del 1992 il possesso di beni immobili nel territorio dello Stato a qualsiasi uso destinati, mentre ai sensi del successivo art. 3 è soggetto passivo dell’imposta il proprietario o il titolare di altro diritto reale, sicché, in caso di beni immobili conferiti in un “trust” traslativo, il soggetto passivo è il “trustee”, siccome divenuto titolare della proprietà degli stessi e tenuto, in quanto tale, ad amministrarli ed a sostenerne le spese, non assumendo rilevanza, a tali fini, i limiti ai relativi poteri e doveri imposti dal disponente nell’atto istitutivo e l’effetto segregativo proprio dell’istituto.
Cass. civ. Sez. V, 03/03/2010, n. 5050.
La sanzione pecuniaria irrogata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, pur se parametrata ai ricavi dell’esercizio precedente a quello in cui si è verificata la violazione, ha funzione afflittiva e deflativa, in funzione di deterrente di futuri possibili analoghi illeciti, e non è quindi deducibile dal reddito d’impresa.
Cass. civ. Sez. V Ord., 05/02/2020, n. 2617.
Il trustee britannico di un trust che abbia investito in titoli azionari emessi da società italiane e abbia incassato i relativi dividendi, regolarmente contabilizzandoli e assoggettandoli a tassazione nel Regno Unito, non ha diritto di credito d’imposta su tali dividendi ai sensi della Convenzione tra l’Italia e il Regno Unito sul divieto di doppia imposizione, in quanto, sebbene la Convenzione sia applicabile al trust, il trustee non ha chiarito se il trust appartenesse al modello opaco o trasparente e dunque non ha permesso l’identificazione del beneficiario effettivo dei dividendi percepiti, così mancando un requisito richiesto per il riconoscimento del credito d’imposta.
Cass. civ. Sez. V Ord., 29/05/2020, n. 10256.
L’atto costitutivo di un trust non è in grado di esprimere la capacità contributiva del trustee e solo l’attribuzione al beneficiario, che deve essere diverso dal disponente, può considerarsi, nel trust, il fatto suscettibile di manifestare il presupposto dell’imposta sul trasferimento di ricchezza.
Cass. civ. Sez. V Ord., 05/02/2020, n. 2617.
Nonostante il trust possa essere considerato compreso nell’elenco di soggetti ai quali si applica la convenzione contro la doppia imposizione tra Italia e Regno Unito, anche prima che nell’ordinamento nazionale il trust venisse inserito tra i soggetti passivi dell’IRES, per riconoscere ad un trust residente nel Regno Unito il diritto al credito d’imposta è necessario comunque che in giudizio il trust faccia valere il possesso di tutti gli altri requisiti previsti per l’applicazione del credito d’imposta.
Cass. civ. Sez. V Ord., 10/01/2022, n. 410.
Ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro ed ipotecaria è necessario, ai sensi dell’art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel “trust” di cui alla L. n. 364 del 1989 detto trasferimento imponibile non è costituito nè dall’atto istitutivo del “trust”, nè da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e “trustee” in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiano.
Cass. civ. Sez. V Ord., 18/06/2021, n. 17563.
Tra gli atti di “costituzione di vincoli di destinazione”, di cui all’art. 2, comma 47 del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito in L. 24 novembre 2006, n. 286, rientra anche il “trust” e la suddetta costituzione di vincoli di destinazione non costituisce autonomo presupposto impositivo, per il quale risulta necessario un effettivo trasferimento di ricchezza, mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Conseguentemente, nel caso di trust c.d. “autodichiarato” non ricorre il presupposto del reale arricchimento mediante effettivo trasferimento di beni e diritti, in quanto il disponente beneficerà i suoi discendenti o se stesso, se ancora in vita, al momento della scadenza.
Cass. civ. Sez. V Ord., 14/10/2020, n. 22177.
Con il trust la costituzione del vincolo di destinazione di cui al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, conv. in L. n. 286 del 2006, non integra autonomo e sufficiente presupposto di una nuova imposta, in aggiunta a quella di successione e di donazione. Per l’applicazione dell’imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale.
Cass. civ. Sez. V Ord., 17/01/2019, n. 1131.
Ai fini dell’imposizione indiretta, il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento di imponibile, rappresentando, quindi, un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta, per cui si deve fare riferimento, non già all’indeterminata nozione di “utilità economica” della quale il costituente dispone, ma a quella di effettivo incremento patrimoniale del beneficiario, incremento che non può dirsi attuale sino a quando il programma del trust non abbia avuto esecuzione.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 26/11/2019, n. 30816.
Il conferimento di beni immobili in un trust familiare sconta le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa in quanto il trasferimento al trustee è temporaneo e limitato. Il definitivo trasferimento di ricchezza rilevante quale indice di capacità contributiva in relazione al quale sono pretendibili le imposte proporzionali si verifica solo al momento del trasferimento finale ai beneficiari.
Cass. civ. Sez. V Ord., 05/02/2020, n. 2618.
Il trustee britannico di un trust che abbia investito in titoli azionari emessi da società italiane e abbia incassato i relativi dividendi, regolarmente contabilizzandoli e assoggettandoli a tassazione nel Regno Unito, non ha diritto di credito d’imposta su tali dividendi ai sensi della Convenzione tra l’Italia e il Regno Unito sul divieto di doppia imposizione, in quanto, sebbene la Convenzione sia applicabile al trust, il trustee non ha chiarito se il trust appartenesse al modello opaco o trasparente e dunque non ha permesso l’identificazione del beneficiario effettivo dei dividendi percepiti, così mancando un requisito richiesto per il riconoscimento del credito d’imposta.
Cass. civ. Sez. V Ord., 17/06/2022, n. 19558.
Il conferimento dei beni in trust non determina effetti traslativi in favore del trustee, nel significato rilevante ai fini dell’imposizione, quale effettivo e stabile passaggio di ricchezza, poiché non comporta l’attribuzione definitiva dei beni a vantaggio di quest’ultimo, che è tenuto solo ad amministrarli e a custodirli e, a volte, a venderli, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del perseguimento dello scopo del trust. E’ per questo che detto atto deve ritenersi soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta ipotecaria che a quella catastale.
Cass. civ. Sez. V, 26/10/2016, n. 21614.
L’atto di dotazione di beni in trust “autodichiarato” con conferimento di beni (ove la figura del “Disponente” e del “Trustee” coincidono nella medesima persona) è soggetto a imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa, ed è esente dalle imposte sulle successioni è donazioni, che viceversa si applica solo quando vi è un effettivo trasferimento in capo ai beneficiari e quindi un reale arricchimento dei medesimi.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 04/01/2021, n. 13.
Poiché l’affidamento di beni al trust non comporta alcuna attribuzione definitiva ma solo una disponibilità transitoria in attesa del ritrasferimento dei beni agli effettivi beneficiari, va esclusa la proporzionalità dell’imposta ipotecaria e catastale, da determinarsi in misura fissa, nonché va esclusa la debenza dell’imposta successoria.
Cass. civ. Sez. V Ord., 30/10/2020, n. 24153.
L’istituzione di un trust autodichiarato familiare sconta le imposte ipocatastali in misura fissa in quanto non realizza alcun trasferimento patrimoniale intersoggettivo. Il trasferimento imponibile in misura proporzionale è riscontrabile nell’eventuale attribuzione finale dei beni in trust al beneficiario, anche qualora questi sia individuato fin dal principio nell’atto istitutivo.
IMPOSTA DI REGISTRO, IPOTECARIA E CATASTALE
Cass. civ. Sez. V Sent., 17/01/2018, n. 975.
Il trasferimento del bene dal “settlor” al “trustee” avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del “trust”: detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale.
Cass. civ. Sez. V Sent., 21/06/2019, n. 16699.
Poiché ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro ed ipotecaria è necessario, ai sensi dell’art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel “trust” di cui alla l. n. 364 del 1989 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja 1° luglio 1985), detto trasferimento imponibile non è costituito né dall’atto istitutivo del “trust”, né da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e “trastee” in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario.
Cass. civ. Sez. V Sent., 17/07/2019, n. 19167.
In tema di “trust”, l’imposta sulle successione e donazioni, prevista dall’art. 2, comma 47, del d.l. n. 262 del 2006 (conv. con modif. dalla l. n. 286 del 2006) anche per i vincoli di destinazione, è dovuta non al momento della costituzione dell’atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo, bensì in seguito all’eventuale trasferimento finale del bene al beneficiario, in quanto solo quest’ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost.
Cass. civ. Sez. V Ord., 05/12/2018, n. 31445.
Poiché l’imposta sulle successioni e donazioni ha come presupposto l’arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità, ai fini della sua applicazione in misura proporzionale occorre valutare se sin dall’istituzione del “trust” si sia realizzato un trasferimento definitivo di beni e diritti dal “trustee” al beneficiario: in mancanza di tale condizione, l’atto dovrà essere assoggettato alla sola imposta fissa di registro.
Cass. civ. Sez. V Ord., 16/02/2021, n. 3986.
L’atto istitutivo del “trust”, è atto unilaterale formato esclusivamente dal disponente, sul quale grava l’onere di corrispondere le imposte ipotecarie e catastali, non potendosi configurare alcuna responsabilità solidale del “trustee” sulla base dell’articolo 57 del d.P.R. n. 131 del 1986, in quanto tale atto non è sussumibile nell’ambito dei contratti; l’eventuale responsabilità patrimoniale del “trustee” può derivare solo dall’intestazione formale del bene (in conformità all’art. 2 l. n.364 del 1989 di ratifica della Convenzione dell’Aja sulla legge applicabile ai “trusts”, il cui art 2, comma 2, lett b, stabilisce che i beni del “trust” sono intestati a nome del “trustee”), ovvero dall’esercizio di attività, in detta qualità, rilevanti verso l’esterno secondo la legge regolatrice applicabile.
In tema di imposta sulle successioni e donazioni, il recesso o la rinuncia definitiva di tutti i beneficiari del “trust”, specificamente individuati, alla distribuzione dei beni e alla realizzazione dello scopo impresso dall’atto istitutivo, senza che questo nulla preveda al riguardo, comporta, al pari di quanto accade quando il beneficiario manchi fin dall’origine, l’impossibilità di realizzare il programma negoziale predisposto dal disponente e il ritorno a quest’ultimo del “trust fund”, con la conseguenza che l’anticipata cessazione del “trust” fa venir meno il presupposto di imposta (dato dall’originaria istituzione del vincolo e dalla finale attribuzione beneficiaria) in quanto priva l’operazione della potenzialità di arricchimento gratuito da parte dei terzi, impedendo la manifestazione della capacità contributiva oggetto del tributo, mentre resta fiscalmente irrilevante l’automatica retrocessione dei beni non più segregati, in quanto mero riflesso della sopravvenuta inadeguatezza del vincolo di destinazione alla realizzazione dell’arricchimento del beneficiario.
Cass. civ. Sez. V Sent., 25/05/2018, n. 13141.
Ai fini della determinazione dell’imposta di registro – nel regime, applicabile “ratione temporis”, relativo agli atti formati anteriormente alla data del 3 ottobre 2006 – nell’ipotesi di costituzione di “trust” assume rilevanza l’onerosità ovvero la gratuità dello stesso, posto che, nel primo caso, è soggetto a tassazione in misura proporzionale del tre per cento, ai sensi dell’art. 9 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, mentre nel secondo è tassato in misura fissa, ex art. 11 della medesima Tariffa.
Cass. civ. Sez. V Sent., 18/12/2015, n. 25478.
In caso di costituzione di un “trust” a titolo gratuito, espressione di liberalità, secondo la disciplina “ratione temporis” vigente in epoca anteriore al 3 ottobre 2006, non si applica il regime delle imposte indirette sui trasferimenti in misura proporzionale, poiché il trasferimento dei beni al “trustee” ha natura transitoria e non esprime alcuna capacità contributiva, sicché il presupposto d’imposta si manifesta solo con il trasferimento definitivo di beni dal “trustee” al beneficiario.
Cass. civ. Sez. V Sent., 18/12/2015, n. 25478.
In caso di costituzione di un “trust” a titolo gratuito, espressione di liberalità, secondo la disciplina “ratione temporis” vigente in epoca anteriore al 3 ottobre 2006, non si applica il regime delle imposte indirette sui trasferimenti in misura proporzionale, poiché il trasferimento dei beni al “trustee” ha natura transitoria e non esprime alcuna capacità contributiva, sicché il presupposto d’imposta si manifesta solo con il trasferimento definitivo di beni dal “trustee” al beneficiario.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 25/08/2022, n. 25327.
Il trasferimento dal “settlor” al “trustee” di immobili e partecipazioni sociali per una durata predeterminata o fino alla morte del disponente, i cui beneficiari siano i discendenti di quest’ultimo, avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva al trustee, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del “trust”. Detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta di registro che alle imposte ipotecarie e catastali.
Cass. civ. Sez. V Ord., 14/06/2021, n. 16688.
Gli atti di “costituzione di vincoli di destinazione” di cui all’art. 2, comma 47, cit. rientra anche il trust, e che la costituzione del vincolo di destinazione di cui al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, conv. in L. n. 286 del 2006, non costituisce autonomo presupposto impositivo, essendo necessario un effettivo trasferimento di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Conseguentemente, si deve ritenere che nel caso di trust cd. autodichiarato, ove disponente e trustee coincidano, non ricorre il presupposto del reale arricchimento mediante effettivo trasferimento di beni e diritti, in quanto il disponente beneficerà i suoi discendenti o sé stesso, se ancora in vita, al momento della scadenza.
Cass. civ. Sez. V, 18/12/2015, n. 25478.
In forza del regime anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 262/2006, l’atto istitutivo di un trust familiare, che contempla il trasferimento di beni in trust a titolo gratuito (trust liberale), non può essere equiparato agli atti a contenuto patrimoniale di cui all’art. 9 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986 in quanto privo del requisito dell’onerosità.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 03/03/2020, n. 5766.
Poiché l’imposta sulle successioni e donazioni ha come presupposto l’arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità, ai fini della sua applicazione in misura proporzionale occorre valutare se sin dall’istituzione del “trust” si sia realizzato un trasferimento definitivo di beni e diritti dal “trustee” al beneficiario: in mancanza di tale condizione, l’atto dovrà essere assoggettato alla sola imposta fissa di registro. E’ cio che avviene in ipotesi di trust c.d. liquidatorio, ossia quando i contraenti vogliono il reale trasferimento delle quote e dei relativi diritti ai trustee, sia pure ai fini della liquidazione e quindi il reale arricchimento del beneficiario.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 28/04/2022, n. 13310.
Non è dato sottoporre l’atto costitutivo di un trust liberale ad imposizione proporzionale immediata, giacché quell’atto non è in grado di esprimere la capacità contributiva del trustee solo l’attribuzione al beneficiario può considerarsi sintomatica ai fini dell’imposizione. Il trust liberale non è immediatamente produttivo degli effetti traslativi finali che costituiscono il vero (e unico) presupposto dell’imposta: ne consegue che la sua costituzione va considerata estranea al presupposto dell’imposta indiretta sui trasferimenti in misura proporzionale, sia essa l’imposta di registro, ipotecaria o catastale, mancando l’elemento fondamentale dell’attribuzione definitiva dei beni al beneficiario.
Cass. civ. Sez. V Ord., 14/10/2020, n. 22182.
L’atto costitutivo di un Trust autodichiarato sconta l’imposta di registro in misura proporzionale solo se realizza un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale ovvero al momento di attribuzione finale del bene al beneficiario a compimento e realizzazione del trust. Difatti, la costituzione dell’atto istitutivo o di dotazione patrimoniale sono operazioni fiscalmente neutre in quanto meramente attuative degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo.
Cass. civ. Sez. V, 01/03/2022, n. 6617.
E’ illegittimo l’avviso di liquidazione notificato al notaio per imposta di donazione su un atto unilaterale di assegnazione a beneficiario di trust rogato e registrato telematicamente dal notaio, in virtù del fatto che l’imposta ha natura complementare e non principale e che il controllo svolto dall’Ufficio della regolarità dell’autoliquidazione e del versamento dell’imposta esula dagli “elementi desumibili dall’atto”, implicando accertamenti extratestuali e valutazioni giuridiche-interpretative.
Cass. civ. Sez. V, 20/05/2021, n. 13818.
Per tutti i trust, siano essi auto-dichiarati (e quindi con effetto solo segregativo e non di trasferimento di beni) o con trasferimento di beni, l’atto di dotazione è presupposto applicativo delle imposte di registro, ipotecaria e catastale non in misura proporzionale ma in misura fissa. La costituzione del vincolo di destinazione non costituisce autonomo presupposto impositivo, essendo necessario un effettivo trasferimento di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale” e, che contrariamente alla costituzione del vincolo di destinazione non integra autonomo e sufficiente presupposto di imposta ai sensi del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, conv. in L. n. 286 del 2006, sicché le formalità inerenti la segregazione di immobili in trust non comportano l’applicazione delle imposte ipocatastali in misura proporzionale ma fisse, e ciò anche in base alla considerazione di ordine Costituzionale in quanto l’atto ha un contenuto sostanzialmente programmatico e non comporta alcun incremento di ricchezza per chicchessia, per cui, ferma restando l’indubbia discrezionalità del legislatore nell’individuare i presupposti impositivi, questa deve pur sempre muoversi in un ambito di ragionevolezza e di non-arbitrio.
Cass. civ. Sez. V Ord., 27/04/2021, n. 11099.
L’atto costitutivo di un Trust autodichiarato sconta l’imposta di registro in misura proporzionale solo se realizza un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale ovvero al momento dell’attribuzione finale del bene al beneficiario. Difatti, la costituzione dell’atto istitutivo o di dotazione patrimoniale sono operazioni fiscalmente neutre in quanto meramente attuative degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo.
Cass. civ. Sez. V, 17/01/2018, n. 975.
Il passaggio dei beni immobili dal trustee/disponente di un primo trust, a titolo gratuito, a favore di trustee di altro trust, senza corrispettivo, effettuato nel periodo in cui era stata soppressal’imposta sulle successioni e donazioni, non ha natura onerosa nè può ritenersi operazione di carattere patrimoniale assoggettabile ad imposta di registro nella misura proporzionale del 3%.
Cass. civ. Sez. V Sent., 30/03/2021, n. 8719.
In tema di “trust”, nel caso in cui tutti i beneficiari vi rinuncino, si ha la retrocessione dei beni a favore del disponente e l’imposta di registro e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa. Infatti, la retrocessione dei beni (non più) segregati è solo un effetto automatico della cessazione del “trust”, in nessun modo rilevante ai fini impositivi, perché mero riflesso di quella sopravvenuta inadeguatezza del “vincolo di destinazione” diretto a realizzare l’arricchimento (prospettico o attuale) del beneficiario. Si tratta di un’operazione negoziale che non si sostanzia in alcun trasferimento di ricchezza in favore del disponente: non è, quindi, sostenibile l’applicazione delle imposte in misura proporzionale, perché le imposte proporzionali presuppongono un effettivo arricchimento dell’avente causa in omaggio al principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost.
Cass. civ. Sez. V, 09/02/2021, n. 3073.
Il Trustee che acquista un immobile realizzando la dotazione patrimoniale del Trust può usufruire del prezzo valore in quanto l’acquisto viene effettuato dal Trustee persona fisica e non dal Trust.
Cass. civ. Sez. V Ord., 16/02/2021, n. 3986.
In tema di imposte ipotecarie e catastali, l’assenza di personalità giuridica del “trust”, il cui effetto proprio è quello, ex art. 2 della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito, esclude che esso possa ritenersi titolare di diritti e tanto meno essere considerato soggetto passivo di imposta, trattandosi di un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al “trustee”. Il riconoscimento, ex art. 73, co.1, del TUIR del “trust” quale soggetto passivo Ires (nei soli casi in cui dall’atto istitutivo ovvero da altri documenti anche redatti in epoca successiva, manchi del tutto l’indicazione dei beneficiari), benchè privo di soggettività giuridica di tipo civilistico, non comporta una sua capacità generalizzata ad essere soggetto passivo anche di altri tributi, atteso che tale eventuale applicazione estensiva contrasterebbe con il divieto, posto dall’art. 14 delle preleggi, di interpretazione analogica delle norme eccezionali, qual è quella che, a fini specifici e determinati dallo stesso legislatore, riconosce una limitata forma di soggettività, ai soli fini tributari, ad una organizzazione priva di personalità giuridica.
IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI
Cass. civ. Sez. V Ord., 09/09/2022, n. 26562.
Per tutti i trust, siano essi auto-dichiarati (e quindi con effetto solo segregativo e non di trasferimento di beni) o con trasferimento di beni, l’atto di dotazione è presupposto applicativo delle imposte di registro, ipotecaria e catastale non in misura proporzionale ma in misura fissa ed è, per l’imposta sulle donazioni, neutro, ferma restando l’applicazione dell’imposta sulle donazioni all’atto del trasferimento al beneficiario finale qualora l’atto sia non solo gratuito ma liberale e con esclusione invece dell’imposta sulle donazioni in caso di atto non liberale ma in funzione solutoria.
Cass. civ. Sez. V Sent., 24/12/2020, n. 29507.
L’istituzione di un “trust” ed il conferimento in esso di beni che ne costituiscono la dotazione sono atti fiscalmente neutri, in quanto non danno luogo ad un passaggio effettivo e stabile di ricchezza, ad un incremento del patrimonio del “trustee”, che acquista solo formalmente la titolarità dei beni, per poi trasferirla al beneficiario finale, sicché non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni, prevista dall’art. 2, comma 47, del d.l. n. 262 del 2006, conv. in l. n. 286 del 2006, che sarà dovuta, invece, al momento del trasferimento dei beni o diritti dal “trustee” al beneficiario; solo questa interpretazione è conforme ai principi delineati dall’art. 53 Cost., secondo cui l’imposizione non deve essere arbitraria ma ragionevole, connessa ad un effettivo indice di ricchezza.
Cass. civ. Sez. V Sent., 30/05/2018, n. 13626.
Il “trust” mediante il quale si costituisce un vincolo di destinazione idoneo a produrre un effetto traslativo in favore del “trustee”, sebbene funzionale al successivo ed eventuale trasferimento della proprietà dei beni vincolati ai soggetti beneficiari, deve essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni, facendo emergere la potenziale capacità economica, ex art. 53 Cost., del destinatario del trasferimento.(Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto assoggettato a detta imposta, in luogo di quella di registro, un “trust” finalizzato alla liquidazione di beni nell’interesse dei creditori).
Cass. civ. Sez. V Sent., 09/02/2021, n. 3075.
In tema di imposta sulle donazioni e successioni, non è idonea ad integrare l’esenzione prevista dall’art. 3 d.lgs. n. 346 del 1990 in favore degli enti di assistenza la mera indicazione fin dall’atto istitutivo di trust cd. “trasparente” di una ONLUS quale beneficiario finale del patrimonio residuo, non equivalendo detta designazione, per quanto contestuale e palese, a trasferimento imponibile immediato e definitivo del bene conferito al “trustee” con vincolo di destinazione; in difetto di trasferimento effettivo di ricchezza, non si giustifica neppure l’immediata tassazione proporzionale dell’atto costitutivo del “trust” ai fini delle imposte di registro ed ipo-catastale, dovute invece in misura fissa.
Cass. civ. Sez. V Ord., 17/01/2019, n. 1131.
Il trust di scopo istituito da una fondazione e da alcuni enti pubblici al fine di provvedere alla manutenzione, alla riqualificazione e allo sviluppo di un aeroporto non è assoggettabile all’imposta di donazione proporzionale. Il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile e, quindi, rappresenta un atto fiscalmente neutro. Solo in presenza di un effetto traslativo, indice della capacità economica del beneficiario, è legittimo assoggettare l’atto di dotazione del trust all’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale.
Cass. civ. Sez. V, 12/09/2019, n. 22754.
La costituzione del vincolo di destinazione di cui all’art. 2, comma 47, D.L. n. 262 del 2006, conv. in L. n. 286 del 2006, non integra autonomo e sufficiente presupposto di una nuova imposta, in aggiunta a quella di successione e di donazione. Ai fini dell’appllicazione dell’imposta di donazione, infatti, così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Nel trust di cui alla L. n. 364 del 1989 di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, non si riscontra un trasferimento imponibile, né nell’atto istitutivo, né nell’atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee – in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione – ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo.
Cass. civ. Sez. V Ord., 05/12/2018, n. 31445.
L’istituzione di un trust autodichiarato avente ad oggetto i beni immobili del disponente e lo scopo di rafforzare la garanzia da questi già prestata a favore di alcuni istituti bancari non va assoggettato all’imposta di donazione proporzionale, in quanto non sono individuabili i reali beneficiari del trust, non potendosi peraltro escludere un ritorno dei beni al disponente. L’applicazione dell’imposta di donazione all’atto di dotazione del trust è legittima solo per i vincoli di destinazione in grado di determinare effetti traslativi in vicende non onerose, collegati al trasferimento di beni e diritti, che realizzino un incremento stabile di un dato patrimonio con correlato decremento di un altro.
Cass. civ. Sez. V, 05/12/2019, n. 31806.
Il bene acquistato dal trustee su richiesta del disponente e sottoposto alla normale tassazione sui trasferimenti deve essere sottoposto all’imposta di successione al termine del trust in ragione del trasferimento mortis causa ai beneficiari eredi del disponente. Le somme di denaro conferite in trust e non tassate all’epoca del conferimento devono essere assoggettate all’imposta di successione alla cessazione del trust stante il trasferimento mortis causa ai beneficiari eredi del disponente.
Cass. civ. Sez. V Ord., 29/06/2022, n. 20811.
Per l’applicazione dell’imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro e ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Nel “trust”, un trasferimento così imponibile non è riscontrabile né nell’atto istitutivo, né nell’atto di dotazione patrimoniale tra disponente e “trustee”, in quanto meramente strumentali e attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione, ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del “trust” medesimo.
In tema di imposta di donazione, registro e ipocatastale, la costituzione del vincolo di destinazione di cui all’art. 2, comma 47, d.l. n. 262 del 2006, conv. in l. n. 286 del 2006, non costituisce autonomo presupposto impositivo, essendo necessario un effettivo trasferimento di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che nel caso di “trust” cd. autodichiarato, ove disponente e “trustee” coincidono, non ricorre il presupposto del reale arricchimento mediante effettivo trasferimento di beni e diritti, in quanto il disponente beneficerà i suoi discendenti o se stesso, se ancora in vita, al momento della scadenza).
Cass. civ. Sez. V Ord., 14/06/2021, n. 16688.
La ratio legis dell’art. 2, comma 47 ss., D.L. n. 262 del 2006, va ravvisata nella volontà di evitare che un’interpretazione restrittiva della istituita nuova legge sulle successioni e donazioni, disciplinata mediante richiamo al già abrogato d.lgs. n. 346 cit., possa dar luogo alla esenzione da imposizione in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari, quando gli stessi siano stati contemporaneamente assoggettati a vincoli di destinazione; tale interpretazione, peraltro, è conforme al principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. realizzandosi il presupposto impositivo in capo al contribuente solo al momento della acquisizione di ricchezza. Ed è stato riconosciuto che tra gli atti di “costituzione di vincoli di destinazione” di cui all’art. 2, comma 47, cit. rientra anche il trust. Dunque è stato affermato che la costituzione del vincolo di destinazione di cui all’art. 2, comma 47, D.L. n. 262 del 2006, conv. in L. n. 286 del 2006, non costituisce autonomo presupposto impositivo, essendo necessario un effettivo trasferimento di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Conseguentemente è stato ritenuto che nel caso di trust cd. autodichiarato, ove disponente e trustee coincidano, non ricorre il presupposto del reale arricchimento mediante effettivo trasferimento di beni e diritti, in quanto il disponente beneficerà i suoi discendenti o se stesso, se ancora in vita, al momento della scadenza (Cass. n. 8082 del 23/04/2020; n. 16699 del 21/06/2019; n. 19167 del 17/07/2019; n. 31445 del 05/12/2018; n. 21614 del 26/10/2016).
Cass. civ. Sez. V Ord., 02/07/2020, n. 13525.
L’istituzione di un trust autodichiarato avente quale beneficiario finale il disponente, se in vita, e altrimenti i suoi discendenti in linea retta è esente dall’imposta di donazione in quanto non determina alcun incremento patrimoniale in capo al soggetto beneficiario. Il momento impositivo deve individuarsi in quello del trasferimento dei beni dal trustee ai beneficiari.
Cass. civ. Sez. V Ord., 01/12/2020, n. 27410.
L’istituzione di un trust autodichiarato con l’indicazione quali beneficiari della madre del disponente e di un terzo è esente dall’imposta di successione e donazione in quanto non comporta un’attribuzione definitiva al trustee, che è tenuto solo ad amministrare e custodire i beni in vista del loro ritrasferimento ai beneficiari. Un effettivo e definitivo incremento patrimoniale costituente presupposto dell’imposizione proporzionale si produce soltanto – se e quando il trust abbia compimento – in capo al beneficiario finale.
Cass. civ. Sez. V Ord., 01/12/2020, n. 27410.
L’istituzione di un trust autodichiarato con l’indicazione quali beneficiari della madre del disponente e di un terzo è esente dall’imposta di successione e donazione in quanto non comporta un’attribuzione definitiva al trustee, che è tenuto solo ad amministrare e custodire i beni in vista del loro ritrasferimento ai beneficiari. Un effettivo e definitivo incremento patrimoniale costituente presupposto dell’imposizione proporzionale si produce soltanto – se e quando il trust abbia compimento – in capo al beneficiario finale.
Cass. civ. Sez. V Ord., 16/11/2020, n. 25910.
Il conferimento in un trust istituito al fine di estinguere le passività gravanti su una società e avente quali beneficiari cinque istituti di credito sconta le imposte ipocatastali in misura fissa in quanto è meramente attuativo dello scopo di segregazione. Il presupposto dell’imposizione proporzionale si riscontra soltanto nell’eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario.
Cass. civ. Sez. V Ord., 23/11/2020, n. 26534.
Il conferimento in un trust istituito al fine di estinguere le passività gravanti su una società e avente quali beneficiari cinque istituti di credito è esente dall’imposta di donazione in quanto è meramente attuativo dello scopo di segregazione. Il presupposto dell’imposizione proporzionale si riscontra soltanto nell’eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario.
Cass. civ. Sez. V Ord., 29/05/2020, n. 10259.
L’istituzione di un trust autodichiarato familiare è esente dall’imposta di successione e donazione e sconta le imposte ipocatastali in misura fissa in quanto non realizza un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile, essendo fiscalmente neutro giacché meramente attuativo degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo. L’imposizione proporzionale sarà dovuta in seguito all’eventuale trasferimento finale ai beneficiari, in quanto solo quest’ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza.
Cass. civ. Sez. V Ord., 17/01/2019, n. 1131.
Il conferimento dei beni in un trust istituito allo scopo di sostenere finanziariamente le attività dell’aeroporto umbro, salva la devoluzione degli eventuali beni residui ai soggetti individuati dai disponenti, non è soggetto all’imposta sulle successioni e donazioni in quanto costituisce un atto neutro che non dà luogo a un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta. Il presupposto impositivo dell’imposta sulle successioni e donazioni sorge quando viene individuato il soggetto beneficiato dall’incremento patrimoniale e viene dunque data esecuzione al programma del trust.
Cass. civ. Sez. V, 23/04/2020, n. 8082.
L’istituzione di un trust autodichiarato avente ad oggetto beni immobili e il cui disponente-trustee individua quali beneficiari di un sottofondo se stesso e la moglie, se in vita, altrimenti, i discendenti, e di un altro sottofondo se stesso, il cognato e la suocera, se in vita, altrimenti, i loro eredi legittimi è esente da imposizione proporzionale in quanta non realizza il presupposto impositivo del reale arricchimento effettuato attraverso un effettivo trasferimento di beni e diritti, trasferimento riscontrabile soltanto nell’eventuale attribuzione finale dei beni ai beneficiari.
Cass. civ. Sez. V Ord., 11/11/2020, n. 25419.
Il conferimento di beni in un trust istituito allo scopo di soddisfare i debiti contratti dal disponente con istituti di credito, con riserva dell’eventuale residuo al figlio di costui, è esente dall’imposta sulle successioni e donazioni in quanto non comporta alcun arricchimento patrimoniale né per gli istituti di credito, essendo soltanto rivolto a consentire che essi possano conseguire il soddisfacimento dei loro crediti, né per il figlio del disponente. Detto arricchimento si verificherà in capo a quest’ultimo solo eventualmente e in futuro.
Cass. civ. Sez. V Ord., 15/01/2019, n. 734.
Il conferimento di beni in trust con individuazione quali beneficiari finali del disponente e dei suoi parenti fino al quarto grado è soggetto all’imposta proporzionale sulle successioni e donazioni nella misura del 6% in quanto il trasferimento al trustee fa emergere la potenziale capacità economica e l’arricchimento dei beneficiari.
Cass. civ. Sez. V, 21/06/2019, n. 16699.
Il conferimento in un trust istituito allo scopo di sostenere finanziariamente la riqualificazione dell’aeroporto umbro, salva la devoluzione degli eventuali beni residui ai soggetti individuati dai disponenti, non è soggetto all’imposta sulle successioni e donazioni in quanto non realizza un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile. L’imposizione in misura proporzionale si applicherà al momento dell’attribuzione finale dei beni in trust ai beneficiari.
Cass. civ. Sez. V Ord., 18/07/2019, n. 19310.
L’istituzione di un trust autodichiarato avente quali beneficiari finali, in prima battuta, gli zii della disponente, in seconda battuta, la disponente, sua sorella e una terza estranea e, in terza battuta, i discendenti della disponente e quelli di sua sorella è esente dall’imposta sulle successioni e donazioni in quanto non sono individuabili i reali beneficiari dell’operazione, non potendosi peraltro escludere un eventuale ritorno dei beni alla disponente.
Cass. civ. Sez. V Ord., 18/07/2019, n. 19310.
In materia di trust, non può ritenersi che l’imposta proporzionale sia automaticamente collegata alla costituzione dei vincoli senza valutarne gli effetti, dovendo valutarsi caso per caso, soprattutto nel trust autodichiarato, se sia o meno riconducibile alla donazione indiretta, considerando che la segregazione, quale effetto naturale del vincolo di destinazione, non comporta alcun reale trasferimento o arricchimento, che si realizzeranno solo a favore dei beneficiari, successivamente tenuti al pagamento dell’imposta in misura proporzionale. Di talché, se il trasferimento dei beni al trustee ha natura transitoria e non esprime alcuna capacità contributiva, il presupposto d’imposta si manifesta solo con il trasferimento definitivo di beni dal trustee al beneficiario e non può applicarsi il regime delle imposte indirette sui trasferimenti in misura proporzionale. L’imposta sulle donazioni e sulle successioni ha come presupposto l’arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità, e la stessa non può applicarsi se il trust è stato costituito senza conferimento, scontando in questo caso soltanto l’imposta fissa di registro, in quanto per l’applicazione dell’imposta sulle successione e sulle donazioni manca, in qualche caso, il presupposto impositivo della liberalità, alla quale può dar luogo soltanto un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti.
Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 11/03/2020, n. 7003.
E’ illogico ritenere applicabili in misura proporzionale le imposte dovute per la trascrizione e la voltura di atti che importano trasferimento di proprietà di beni immobili già al momento del conferimento dei beni in trust, perchè a tale momento è correlabile un trasferimento (al trustee) solo limitato (stante l’obbligo di destinazione che comprime il diritto di godimento del medesimo trustee rispetto a quello di un pieno proprietario, e solo temporaneo) mentre il trasferimento definitivo di ricchezza – che rileva quale indice di capacità contributiva in relazione al cui manifestarsi sono pretendibili le imposte proporzionali si verifica solo al momento del trasferimento finale al beneficiario.
Cass. civ. Sez. V, 17/07/2019, n. 19167.
La costituzione del vincolo di destinazione di cui all’art. 2, comma 47, D.L. n. 262 del 2006, conv. in legge n. 286 del 2006, non integra autonomo e sufficiente presupposto di una nuova imposta, in aggiunta a quella di successione e di donazione. Per l’applicazione dell’imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Nel trust, un trasferimento così imponibile non è riscontrabile né nell’atto istitutivo né nell’atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee – in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione – ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo.
Cass. civ. Sez. V Sent., 26/10/2016, n. 21614.
In tema d’imposta ipotecaria e catastale, l’istituzione di un “trust” cd. “autodichiarato”, con conferimento di immobili e partecipazioni sociali per una durata predeterminata o fino alla morte del disponente, i cui beneficiari siano i discendenti di quest’ultimo, è riconducibile alla donazione indiretta ed è soggetto all’imposta in misura fissa, atteso che la “segregazione”, quale effetto naturale del vincolo di destinazione, non comporta, però, alcun reale trasferimento o arricchimento, che si realizzeranno solo a favore dei beneficiari, successivamente tenuti al pagamento dell’imposta in misura proporzionale.
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Come avrai notato, la disciplina prevista in relazione alla figura del trust è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.
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