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L’usura sopravvenuta è un istituto dei contorni incerti. Il dibattito giurisprudenziale sulla sua stessa esistenza, ha condotto sovente ad esiti contrastanti.
Il concetto in esame è sicuramente di difficile qualificazione, giacché si inserisce in una delle molteplici zone grigie tra diritto penale e diritto civile. Se da un lato vi è una espressa fattispecie incriminatrice che sanziona l’usura in quanto tale, all’art. 644 c.p., molteplici sono i principi di diritto civile che vengono in evidenza.
Il cittadino comune potrebbe allora trovarsi spiazzato di fronte ad una condotta dai caratteri usurari, di cui ha scarsa conoscenza e dove, invero, anche il mero intuito non funge da adeguato strumento di soccorso.
Sembra allora opportuno fare chiarezza sul concetto di usura sopravvenuta, ma ancor prima anche di tutti gli istituti che essa stessa presuppone. Solo in tal modo il lettore potrà efficacemente comprendere l’istituto e i relativi rimedi offerti dalla giurisprudenza.
1. Cosa si intende per interessi usurari?
Sembra, quindi, opportuno partire da una doverosa premessa sul concetto stesso di interessi usurari.
Generalmente con interesse si intende il corrispettivo dovuto corrispettivo per il godimento di una somma, costituente il capitale. La nozione di interessi usurari è, in realtà, quella contenuta nell’art. 644 c.p.. Un interesse si intende usurario se supera il c.d. tasso soglia, che si calcola sommando ad una grandezza variabile, oggetto di rivalutazione periodica, un fattore percentualistico fisso, in genere del 25%.
Una delle questioni maggiormente controverse in giurisprudenza, su cui si intende intervenire solo marginalmente, è come si individuano in concreto i tassi di interesse usurari (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 16303/2018). Ossia l’interprete si è a lungo interrogato sui criteri da utilizzare e le voci di costo da considerare. E’ ampiamente dibattuto se al fine del calcolo del tasso soglia si debba ricorrere agli stessi criteri utilizzati in sede giudiziaria dal giudice, per calcolare il tasso reale, effettivamente pagato dal debitore.
Il predetto problema è controverso in ordine a due questioni. Accogliendo questa tesi che equipara i criteri di calcolo reale a quelli per il tasso medio, si rischia di subordinare l’interpretazione giudiziale alla determinazione amministrativa. Inoltre la soglia usuraria di solito è più ampia del tasso medio, individuato dall’autorità amministrativa. Ciò sarebbe indice del fatto che siano valutate voci ed elementi diversi.
Altro tema, fortemente discusso, è il rapporto tra mora e usura. Anche sul punto sussistono orientamenti discordanti, che non accennano in alcun modo a trovare una pacifica soluzione. La questione verte sulla possibilità o meno di computare gli interessi moratori, al fine di verificare il superamento del tasso soglia.
Oltre a dubbi sostanziali circa l’effettiva possibilità stessa di tale valutazione, si dibatte poi sul come procedere a tale computo, ove si accogliesse la tesi affermativa.
2. Cosa si intende per usura sopravvenuta?
Fatti brevi cenni al concetto stesso di interessi usurari, sembra poi opportuno procedere ad una qualificazione del concetto stesso di usura sopravvenuta.
L’usura sopravvenuta può esser individuata in maniera piuttosto semplicistica. Si realizza allorquando gli interessi originariamente pattuiti, alla stipulazione del contratto non erano usurari. Questi lo diventano in un secondo momento, per effetto della riduzione del tasso soglia.
La questione che investe l’usura sopravvenuta è, in sostanza, di diritto intertemporale, cioè ci si chiede se è applicabile o meno la Legge n. 108 del 1996, che ha introdotto il tasso soglia, ai contratti stipulati in data anteriore. Sebbene, data la natura mobile del tasso soglia, potrebbe a ben ragione accadere che questo scenda sotto il tasso originariamente vigente.
Sull’ammissibilità dell’usura sopravvenuta, invero, sono state formulate dalla giurisprudenza delle tesi contrastanti. Il dibattito si è poi concluso tramite una norma di interpretazione autentica.
Procediamo, dunque, ad un’analisi circa le tesi sviluppatesi in giurisprudenza.
3. Orientamenti in tema di usura sopravvenuta
Sulla configurabilità dell’usura sopravvenuta e la sua ammissibilità sono individuabili due macro indirizzi giurisprudenziali: l’uno che ammette l’usura sopravvenuta, l’altro che la esclude.
Nell’ambito del filone giurisprudenziale che ammette l’usura sopravvenuta possono poi essere distinte due ulteriori tesi. Secondo una prima interpretazione secondo cui il superamento del tasso soglia deve essere valutato al momento della maturazione degli interessi o del loro pagamento. Le due versioni di predetto indirizzo si differenziano, invece, per la tipologia di rimedi che può esser fatta valere contro gli effetti dell’usura sopravvenuta (Corte di Cassazione, sentenza n. 602/2013), tendenzialmente riconducibili all’invalidità della clausola.
Di opposto avviso, era, invece, quell’orientamento che esclude la qualifica in termini di usurari degli interessi in un momento distinto dalla conclusione del contratto stesso. Predetta tesi, pur ammettendo possibili modifiche del tasso soglia, che potrebbe subire variazioni verso il basso, ritiene che la pattuizione all’interno del contratto consenta di cristallizzare la valutazione stessa del tasso di interessi. Quindi essi non si intendono usurari anche se è sopravvenuta una norma imperativa distinta, che ha modificato il tasso soglia o se esso subisca modifiche, causate dalla naturale oscillazione dello stesso.
4. Le Sezioni Unite
Sulla questione, che aveva causato un ampio dibattito giurisprudenziale, sono intervenute le Sezioni unite della Cassazione (Corte di Cassazione, sentenza n. 24675/2017 del 19 ottobre 2017).
In tal contesto la Suprema corte ha affermato la validità della clausola che impone gli interessi, divenuti usurari, in soli due casi. Il primo caso si realizza quando i contratti siano stati conclusi prima dell’introduzione della Legge n. 108 del 1996, c.d. anti-usura. Il secondo, invece, per tutte quelle ipotesi in cui il tasso sia divenuto usurario rispetto a contratti, stipulati dopo il 1996, purché il rapporto contrattuale sia ancora in atto.
In questo caso, l’usurarietà della pattuizione, come sostiene la corte, non dipende dalla volontà delle parti, ma dal sopravvenire di una norma, o per un mutamento di una situazione di fatto, comunque esterna alla sfera di controllo dei contraenti.
Il tasso soglia o è sin dall’origine usurario, oppure non potrà più esser definito tale in un momento successivo. Ciò significa che la clausola non potrà esser travolta dalla nullità, disciplinata all’art. 1815 c.c.. Secondo la Corte di Cassazione non sarebbe, infatti, rintracciabile nell’ordinamento una norma che deponga in tal senso.
A tal proposito, invero, è altresì richiamata una norma di interpretazione autentica. L’art. 1 D.L. n. 394/2000 ha, infatti, limitato l’operatività dell’art. 644 c.p. al solo momento in cui gli interessi usurari sono promessi o, comunque, convenuti. La norma espressamente asserisce l’irrilevanza del momento del loro pagamento.
La conclusione, a cui, quindi, è giunta la Cassazione è tendenzialmente di escludere il rimedio dell’invalidità della clausola. Tuttavia sono state prospettate molteplici alternative e strumenti per far fronte ad un eventuale fenomeno di tal tipologia.
5. Quali sono i rimedi prospettati avverso all’usura sopravvenuta?
Ove, tuttavia, si accolga la tesi della rilevanza dell’usura sopravvenuta, sono state individuate 3 possibili rimedi. Invero la disciplina muta anche in considerazione della tesi che si prende in considerazione. La problematica potrebbe esser risolta escludendo totalmente la rilevanza della disciplina dell’usura sopravvenuta.
I rimedi individuati sono tendenzialmente 3, riconducibili a due macro categorie: dell’invalidità e dell’inesigibilità. I criteri così stabiliti attengono o a forme di intervento repressive sulla clausola di sospetta usurarietà, oppure si predilige un rimedio conciliativo, rimesso alla mera volontà delle parti, chiamate ad agire secondo lealtà, correttezza e buona fede.
8. L’invalidità della clausola usuraria
Il primo rimedio è la nullità parziale sopravvenuta con sostituzione automatica delle clausole ex artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c.. Questa ricostruzione è riconducibile alla tesi secondo cui nei contratti ad efficacia differita o di durata la prestazione può subire la sopravvenienza di regole imperative, che determinano l’illiceità della prestazione. Gli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c. consentono la sostituzione della clausola divenuta nulla, non comportando una nullità integrale del contratto in cui essa è inserita. In questo caso si tratterà di una nullità per contrarietà a norma imperativa. La disposizione in questione sarebbe proprio quella che disciplina il tasso soglia. Tale norma, avendo carattere mobile, si riempie di un contenuto differente di volta in volta, al variare degli indici e coefficienti che concorrono a determinare la soglia di usura.
Altro rimedio prospettato è l’inefficacia sopravvenuta. In questo caso, l’abbassamento del tasso soglia non comporta la nullità della clausola, che prevede gli interessi, in origine non usurari. Si realizza, invece, una inefficacia parziale sopravvenuta, cioè la clausola può produrre effetti solo nei limiti del tasso soglia, non in contrasto con la norma imperativa.
9. L’inesigibilità dell’adempimento
Infine, ultimo rimedio esperibile è l’inesigibilità per contrarietà a buona fede oggettiva. Sarebbe, infatti, scorretto pretendere il pagamento a tasso divenuto superiore alla soglia di usura, fissata al momento del pagamento del contratto. In tal frangente, quel tasso non potrebbe essere pattuito e il denaro frutterebbe al creditore molto di più di quanto frutti agli altri creditori in genere.
Quest’ultimo rimedio, non particolarmente repressivo, si limita a richiedere alle parti di agire nel rispetto del criterio di buona fede, che dovrebbe conformare l’intero rapporto contrattuale, a partire dalla negoziazione fino all’esecuzione.
Come avrai notato, la procedura prevista in materia di rimedi per usura sopravvenuta è decisamente complessa poiché occorre valutare molti elementi.
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