INDICE
1. Diritto di prelazione
Quando parliamo di diritto di prelazione ci riferiamo ad una posizione privilegiata che il diritto italiano riconosce al soggetto che ne è titolare.
Si tratta di quel diritto in forza del quale un individuo viene preferito ad altri. Questo avviene nel momento in cui viene stipulato un contratto, come può essere quello che riguarda la vendita di un immobile.
Quali sono i criteri che permettono di riservare questa posizione di privilegio nei confronti di un soggetto specifico? Chi lo decide? Sono gli altri partecipanti al contratto oppure la legge?
In effetti, esistono diverse tipologie di prelazione che lavorano in presenza di determinati elementi.
Scopriamo come funziona il diritto di prelazione, come può essere applicato all’interno di un contratto e quali ambiti interessa.
1.1. Cos’è il diritto di prelazione?
Lo abbiamo già accennato, il diritto di prelazione è un diritto in forza del quale un soggetto viene preferito rispetto ad altri nella stipula di un contratto.
Quindi, il soggetto a favore del quale viene stabilito il diritto di prelazione è chiamato prelazionario. Si vede preferito per legge o per contratto nei confronti di una particolare situazione che sta avendo luogo.
Come mai diciamo per legge o per contratto? Perché esistono due diversi tipi di prelazione:
- Prelazione legale: in questo caso è la legge a prevedere che, in presenza di determinate circostanze, un soggetto sia da preferire nella conclusione del negozio giuridico:
- Prelazione volontaria: in questo diverso caso sono le parti stesse che, formando un accordo tra di loro, decidono che una parte debba essere preferita in forza del diritto di prelazione.
Nell’applicazione del diritto di prelazione sono due i soggetti coinvolti:
- Prelazionario: è colui verso il quale vale il diritto di prelazione, ossia il soggetto che avrà dei privilegi durante la stipula del contratto;
- Prelazionante: è il soggetto che concede il suddetto diritto di prelazione.
Questo pone le due parti coinvolte in una posizione diversa. Il diritto di prelazione conferisce in capo al prelazionario un diritto potestativo che gli consente di vantare una pretesa. Mentre il prelazionante ha un dovere nei suoi confronti.
Nel momento in cui il prelazionante decide di concedere il diritto di prelazione ad un altro soggetto, ne deve fare espressa comunicazione. È necessario affinché la parte interessata ne venga a conoscenza.
Stai attento però, l’esistenza di un diritto di prelazione non significa che automaticamente il contratto si concluderà. Prevede solamente un diritto in capo ad uno dei soggetti interessati dalla vicenda giuridica.
Ora passiamo ad esaminare la differenza tra la prelazione volontaria e quella legale.
1.2. Quando si verifica la prelazione volontaria?
L’art. 1322 del codice civile stabilisce il principio di autonomia contrattuale con queste parole:
“Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative.
Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.”
In forza di questa autonomia, trova compimento anche il diritto di prelazione.
La prelazione volontaria è stabilita in libertà dalle parti e ha efficacia solamente tra di loro. Questa volontà viene esternata tramite il cosiddetto patto di prelazione.
Il patto può essere contenuto sia all’interno del contratto principale, ma può anche essere manifestato all’interno di un contratto distinto e separato dal primo.
Cosa accade se Tizio decide di vendere la propria abitazione? Nel caso in cui abbia deciso con Caio di concedergli il diritto di prelazione, al momento della vendita Tizio ha l’obbligo di informare preventivamente Caio rispetto a qualsiasi altro soggetto interessato e a parità di condizioni.
Ma cosa accade se Tizio, nonostante il diritto di prelazione esistente in capo a Caio, decida ugualmente di vendere l’immobile a Sempronio? L’unica possibilità che rimane a Caio è quella di chiedere il risarcimento del danno perché, come abbiamo sottolineato poco fa, la prelazione volontaria ha efficacia solo tra le parti.
La prelazione volontaria può avvenire per diversi motivi. Può trattarsi di un puro interesse economico, nel caso in cui il prelazionario offra una somma di denaro al prelazionante per essere preferito tra i candidati all’acquisto. Ci troviamo di fronte ad una prelazione a titolo oneroso. Se, diversamente, ci sono in gioco interessi diversi, può aversi anche una prelazione a titolo gratuito.
1.3. I casi della prelazione legale
Quando parliamo di prelazione legale, invece, è la legge a stabilire quali sono i casi nei quali un soggetto debba essere preferito ad altri.
Possiamo subito allacciarci ad un concetto appena espresso relativamente alla prelazione volontaria. Se quella aveva efficacia solo tra le parti, la prelazione legale ha efficacia anche nei confronti dei terzi, nel caso in cui il diritto non venga rispettato.
Se prima Caio non poteva sostituirsi in nessun modo a Sempronio nell’acquisto dell’immobile, nel caso della prelazione legale il prelazionario può sostituirsi al terzo che ha concluso il contratto tramite l’azione di retratto.
Ecco i casi principali nei quali si verifica la prelazione legale:
- Prelazione ereditaria: il caso più lampante è il diritto di prelazione che viene riconosciuto agli eredi in comunione ereditaria per evitare che vengano lasciati da parte nella divisione dell’asse ereditario, e per evitarne la dispersione;
- La prelazione urbana: nel caso in cui un immobile sia stato concesso in locazione commerciale, quindi non ad uso abitativo, al conduttore dell’immobile viene riconosciuto il diritto di prelazione se il locatore mette in vendita lo stesso;
- Prelazione agraria: in questo caso il diritto di prelazione funziona in base allo stesso meccanismo della prelazione urbana. Nel caso in cui un coltivatore si stia occupando di un fondo sulla base di un contratto di locazione, oppure sia proprietario di un fondo confinante, nel momento in cui il proprietario del fondo principale decide di vendere il terreno, l’affittuario del fondo deve essere preferito, così come il proprietario del fondo confinante.
1.4. Si può rinunciare al diritto di prelazione?
Trattandosi di un diritto e non di un obbligo, il prelazionario può rinunciarvi nel caso in cui non avesse interesse nella vicenda. Ci sono controversie sul momento nel quale può essere manifestata la rinuncia, espressa o tacita.
Si dibatte sul fatto che possa essere effettuata anche prima della comunicazione e non solo dopo. A dare problemi in questo senso è la prelazione legale, in quanto la prelazione volontaria può essere rifiutata in qualsiasi momento.
2. Vendita con prelazione
La vendita con prelazione è un ordinario contratto di compravendita con cui le parti si accordano a riservare il diritto di prelazione ad una di esse o anche in favore di un terzo.
Sicuramente ti sarà noto cosa si intende per diritto di prelazione, che è il diritto ad essere preferiti nella conclusione di un contratto di compravendita di un bene. Non solo può discendere dalla legge, come accade in materia successoria, ma le parti possono anche convenirlo in via pattizia.
Il patto di prelazione è quindi un istituto risalente, che tuttavia ancora oggi si presta ad un largo impiego e potrebbe venire incontro alle tue esigenze, soprattutto ove tu voglia acquistare un bene immobile o venderlo. Tramite suddetto diritto, invero, si introduce una limitazione al diritto di proprietà, in quanto una delle parti è tenuta a preferire, al momento della vendita, il beneficiario del diritto.
Laddove fossi interessato a concludere un contratto di vendita con diritto di prelazione, ti invitiamo nella prosecuzione della lettura. L’articolo si propone di offriti una breve descrizione della disciplina della vendita con prelazione.
2.1. Perché concludere una vendita con prelazione?
Il primo quesito che sicuramente ti starai ponendo è perché dovresti concludere un contratto di vendita con prelazione. Invero, la fattispecie che ci accingiamo a descrivere potrebbe risultarti piuttosto utile, sotto molteplici punti di vista.
La prelazione in questo caso è volontaria, ossia non discende direttamente dalla legga, ma è convenzionalmente determinata. La parti, infatti, la introducono tramite contratto.
Le ipotesi maggiormente frequenti di convenzione pattizia del diritto di prelazione si realizza in caso di contratti di locazione. Ad esempio con il contratto di locazione abitativa i contraenti possono convenire a talune condizioni che l’inquilino deve essere preferito ad altri nella compravendita dell’alloggio, laddove il proprietario decidesse di alienare.
La vedita con prelazione, invece, è un’ipotesi in parte differente. Cioè il venditore, per particolari esigenze di liquidità, potrebbe decidere di alienare il bene, ma inserire nel contratto un diritto di prelazione. Si potrebbe così stabilire che, se l’acquirente decide di alienare a sua volta il bene, deve preferire il precedente proprietario.
In questo modo si realizza un effetto similare alla vendita con patto di riscatto, ma non generando vincoli e subordinando le parti ad oneri, anche in termini di conservazione del bene.
Il ricorso a tale figura, quindi, si presta ad un agevole e flessibile utilizzo.
2.2. Rapporto con la vendita con patto di riscatto
Attraverso la vendita con prelazione potrai realizzare uno schema contrattuale non del tutto dissimile, per funzione ed intenti, alla vendita con patto di riscatto. Tuttavia, questa fattispecie si presta a molti meno inconvenienti pratici.
La tipologia contrattuale richiamata, infatti, impone all’acquirente limitazioni al proprio diritto di proprietà piuttosto rilevanti, tant’è che ci si chiede anche se il patto di riscatto possa porre in discussione il principio di tipicità dei diritti reali.
Come è noto, i diritti reali sono un numero chiuso e presentano caratteristiche ben definite. In particolare, il diritto di proprietà presuppone la titolarità piena e assoluta del potere di disporre del bene oggetto di diritto. Con il patto di riscatto, invece, l’acquirente è tenuto a conservare il bene nello stato in cui esso si trovava al momento dell’acquisto, non essendo consentite trasformazioni o modificazioni dello stesso. In caso di negligente conservazione, lo stesso è esposto ad azione risarcitoria.
Altra limitazione della potestà dell’acquirente, attiene anche all’effetto ripristinatorio di cui all’art. 1505 c.c.. L’esercizio del riscatto ricostituisce la stessa situazione anteriore alla vendita, la cosa deve essere restituita priva di pesi e ipoteche da cui sia stata gravata.
Attraverso la vendita con prelazione, invece, si evitano suddetti vincoli stringenti al diritto di proprietà dell’acquirente. Questo, infatti, non è tenuto ad alcun obbligo di conservazione del bene, che potrà esser oggetto di trasformazioni e modifiche. Ancor più rilevante è la possibilità di costituire diritti reali di garanzia, senza temere che possano venir meno per effetto del riscatto. In questo caso il venditore che fa valere il diritto di prelazione, riacquista il bene nelle condizioni risultati dopo il normale uso dello stesso, nonché gravato dai relativi pesi e vincoli.
In sintesi, questa tipologia di vendita consente all’alienante l’immediato aumento di liquidità a disposizione, tuttavia si riserva anche la possibilità di riacquistare il bene, senza tuttavia limitare in modo considerevole di diritto dell’acquirente.
2.3. La disciplina della vendita con prelazione
Il contratto in esame, come già asserito, ha le caratteristiche consuete di un negozio di compravendita. Tuttavia, al fine di conferire il diritto di prelazione viene inserita un’apposita pattuizione in tal senso.
Quindi, la disciplina essenziale è riconducibile a tali due istituti. Proseguiamo, quindi, nel descrivere brevemente la disciplina.
2.3.1. La prelazione volontaria
Nel caso in esame, il diritto di prelazione appartiene alla categoria del prelazione volontaria, in quanto le parti convengono in via pattizia a conferire suddetta facoltà.
La prelazione volontaria è, allora, un negozio che le parti decidono liberamente di concludere in virtù del principio di autonomia contrattuale, sebbene il codice non lo disciplini espressamente
Il patto di prelazione può essere realizzata tramite:
- una clausola, inserita in un atto più ampio, come accade in questo caso, dove è inserita in un contratto di compravendita;
- oppure un contratto autonomo.
Tramite suddetto accordo le parti assumono così una serie di diritti e doveri.
In particolare, il promittente si obbliga a concludere un determinato contratto di vendita con uno specifico soggetto. Questo, invero, è il risultato principale che si intende conseguire. Il prelazionario, dal suo canto, ha diritto di concludere quel negozio alle medesime condizioni a cui l’avrebbero concluso i terzi.
Ciò, invero, non significa che le parti siano private totalmente della loro libertà contrattuale. Il promittente mantiene la propria la facoltà di convenire il contenuto del contratto. Egli, quindi, è libero di scegliere il prezzo e le condizioni a cui contrattare.
Mentre il prelazionario gode del mero diritto di essere preferito come controparte, di non vedersi depauperato della facoltà di acquistare il bene.
Tuttavia, egli non può “contrattare” o rinegoziare, proprio al fine di riequilibrare il vincolo imposto al promittente, che sarà limitato nel proprio diritto di disporre del bene, in fase di scelta del contraente.
2.3.2. Elementi della prelazione
La vendita con prelazione presuppone che sia inserita una clausola espressa del contratto di compravendita. La forma, inevitabilmente, sarà la stessa dell’atto che lo recepisce.
Suddetta tipologia negoziale è, in realtà, conforme al principio della libertà della forma. Eventuali vincoli discendono esclusivamente dal bene oggetto di alienazione. Quindi, laddove si trattasse di un bene immobile o mobile registrato è espressamente richiesta la forma scritta.
Il patto di prelazione deve espressamente prevedere un termine di efficacia. Decorso il quale il concedente riacquista la libertà di contrarre con chi desidera, ciò in quanto determina una eccessiva limitazione del diritto di proprietà dell’acquirente.
La prelazione può essere apposta ad un contratto che ha ad oggetto beni immobili, mobili registrati, mobili ed universalità. Nonostante il patto non sia soggetto a trascrizione, tale adempimento dovrà esser comunque espletato, in quanto previsto per i contratti di compravendita.
La prelazione, ove fosse autonomamente pattuita, non soggiace a tale obbligo, in quanto il patto non ha efficacia reale.
2.4. Vendita con prelazione: come si esercita il diritto?
Sicuramente ti starai chiedendo come deve essere esercitato il diritto di prelazione e cosa accade se il diritto non è rispettato. Illustriamo brevemente come si estrinseca il presente patto.
Il titolare del diritto di prelazione deve essere necessariamente edotto dalla controparte dell’intenzione di concludere l’ulteriore contratto. Solo in questo momento potrà esercitare il diritto di prelazione.
Quindi è necessaria una espressa comunicazione da parte del c.d. concedente, che dichiara di volere concludere il contratto. Da questo momento sorge il diritto della controparte ad avvalersi del diritto, prima non esercitabile.
La dichiarazione, contiene una vera e propria proposta contrattuale, in quanto tale, deve contenere tutti gli elementi richiesti alla fine della conclusione del contratto.
Essa è l’atto con cui il concedente adempie al proprio obbligo di comunicare le condizioni contrattuali al beneficiario. Deve anche indicare un adeguato termine, entro il quale il beneficiario deve decidere se esercitare o meno il diritto di prelazione.
A seguito della dichiarazione si possono verificare diverse ipotesi:
- il prelazionario decide di esercitare il diritto di prelazione, sicché contratto viene concluso;
- oppure il prelazionario non esercita il diritto di prelazione, quindi il concedente è liberato dal vincolo, può concludere il contratto con un terzo. Il diritto di prelazione in questo caso si estingue;
- il prelazionario non esercita il diritto di prelazione, ma il concedente non conclude il contratto con nessuno. Ivi, il diritto di prelazione non si estingue. Da ciò consegue che per la futura conclusione del contratto, occorre di nuovo comunicare la dichiarazione.
2.4.1. Cosa accade se non rispetto il vincolo di prelazione?
Passiamo, infine, a stabilire cosa invece accade se il diritto di prelazione non è rispettato.
In caso di inadempimento, nella prelazione convenzionale, il prelazionario non ha azioni verso il terzo acquirente, né potrà in alcun modo recuperare i bene.
Infatti, diversamente dalla prelazione legale, la prelazione convenzionale ha efficacia personale. Come abbiamo visto inizialmente la prelazione convenzionale si distingue nettamente dal diritto di riscatto, che similmente alla prelazione legale, consente di recuperare il bene.
In caso di inadempimento, il prelazionario incorrerà in una mera responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., potendo quindi agire verso la propria controparte per il risarcimento dei danni.
3. La giurisprudenza rilevante in materia di prelazione e vendita con prelazione
Cass. civ. Sez. I Ord., 05/07/2019, n. 18181.
In presenza della prova della “scientia decoctionis”, può essere revocato, ai sensi dell’art. 67, comma 2, l.fall., il contratto preliminare di compravendita immobiliare, stipulato con atto pubblico nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento del promittente venditore, prima già redatto con scrittura privata, in quanto volto a costituire in favore del promissario acquirente un diritto di prelazione, sfruttando gli effetti dell’art. 2775 bis c.c., che non nasce da una fattispecie legale, in sé non suscettibile di revoca, ma consegue alla formazione di un atto negoziale, volto esclusivamente alla rinnovazione del primo contratto con le forme idonee alla trascrizione, senza che abbia rilievo il fatto che tale atto non riguardi crediti contestualmente creati, posto che la valutazione negativa dell’ordinamento nei confronti della violazione delle regole della “par condicio creditorum”, resa manifesta nel disposto dell’art. 67, comma 1, l.fall. con riguardo alla costituzione negoziale di garanzie per crediti preesistenti anche non scaduti, vale “a fortiori” anche per gli atti costitutivi di diritti di prelazione che riguardino crediti già sorti.
Cass. civ. Sez. I Sent., 08/02/2017, n. 3310.
In tema di vendita fallimentare, anche se attuata nelle forme contrattuali e non tramite esecuzione coattiva, trova applicazione l’art. 108, comma 2, l.fall., con la conseguente cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione ad opera del giudice delegato ed ammissione del creditore ipotecario al concorso, con rango privilegiato, sull’intero prezzo pagato, ivi compreso l’acconto eventualmente versato al venditore ancora “in bonis”.
Cass. civ. Sez. III Sent., 28/12/2016, n. 27180.
In tema di locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo, l’obbligo di vendita dell’immobile, assunto dal locatore in forza di un patto fiduciario stipulato con un terzo anche anteriormente alla conclusione del contratto di locazione, non è idoneo a sopprimere il diritto di prelazione del conduttore, che trova fondamento nella salvaguardia del suo interesse – dotato di rilessi pubblicistici – alla prosecuzione dell’attività svolta per tutta la durata del rapporto, così che il diritto di prelazione del conduttore prevale sull’interesse delle parti del negozio fiduciario.
Cass. civ. Sez. Unite, 25/03/2016, n. 6024.
Al conduttore di unità immobiliare residenziale da dismettere si riconoscono sia un diritto di opzione che un diritto di prelazione (ove non sia esercitato il primo). Il prezzo di vendita, con le variabili che lo determinano (quali quella della natura di pregio o meno dell’immobile), è un elemento esterno al diritto potestativo di accettazione, sia in relazione al diritto di opzione che di prelazione, e costituisce, invece, elemento imprescindibile dell’offerta, ovvero di un atto negoziale unilaterale ricettizio, che rientra nella disponibilità del proponente. Mentre l’opzione, parificata nel regime normativo, ex artt. 1331 e 1329 c.c. alla proposta irrevocabile, si sostanzia in un rapporto in base al quale una delle parti si obbliga a rimanere vincolata alla propria dichiarazione e l’altra ha facoltà di accettarla o meno; invece, nella prelazione non sorge alcun obbligo immediato a carico del promittente, il quale è libero anche di non stipulare il contratto cui si riferisce la prelazione, obbligandosi solo a preferire, ove esso venga concluso, il promissario. In entrambe le ipotesi, l’individuazione del prezzo di vendita dell’immobile pubblico da dismettere, rientra nella disponibilità dell’offerente e non costituisce un diritto dell’oblato; solo dopo che l’offerta è stata formulata dal proponente e ricevuta dall’oblato, il prezzo ivi indicato integra una componente dell’oggetto dell’opzione (o prelazione) ed esce dalla discrezionalità dell’offerente.
Cass. civ. Sez. III Sent., 21/05/2014, n. 11247.
In tema di prelazione urbana, la stipula del contratto preliminare di vendita dell’immobile locato con altro soggetto integra la chiara manifestazione, da parte del locatore, dell’intento di alienare, atteso che da tale momento sorge a suo carico l’obbligo, ai sensi dell’art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392, di darne comunicazione al conduttore con atto notificato e corredato di tutte le indicazioni circa le condizioni della compravendita, mentre è irrilevante che il contratto definitivo debba essere stipulato in data successiva alla cessazione del rapporto locatizio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il suddetto principio trovasse applicazione, a maggior ragione, nel caso in cui la conclusione del definitivo risultasse artatamente procrastinata ad epoca successiva alla scadenza della locazione utilizzando un meccanismo di schermo societario per celare l’identità del vero compratore, sostanzialmente coincidente con il promittente venditore indicato nel compromesso).
Cass. civ. Sez. II, 21/06/2013, n. 15709.
Il patto di prelazione relativo alla vendita d’immobile non impegna il promittente a concludere il contratto, ma solo a preferire caeteris paribus il promissario se si deciderà a compierlo. Ne consegue che, in caso di inadempimento del promittente, il patto di prelazione ne comporta unicamente la responsabilità per danni non essendo suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. in quanto il bene oggetto della pattuita prelazione non può essere né trasferito al promissario dal disponente che lo ha oramai alienato, né restituito dal terzo acquirente che non è soggetto al riscatto, previsto soltanto per le prelazioni reali. Va altresì rimarcato che il patto di prelazione è valido anche in assenza del termine finale.
Cass. civ. Sez. I Sent., 09/05/2013, n. 11025.
La prelazione del creditore ipotecario, ritualmente ammesso al passivo fallimentare, si estende anche ai frutti civili (nella specie, canoni di locazione) prodotti dall’immobile ipotecato dopo la dichiarazione di fallimento, mancando nella disciplina dell’esecuzione concorsuale una previsione contraria od incompatibile che osti all’estensione della disciplina dell’esecuzione individuale, né potendo attribuirsi un significato diverso a disposizioni, quali gli artt. 2808 cod. civ. e 54 legge fall., che adoperano le medesime espressioni letterali per disciplinare, seppure in sedi diverse, la medesima materia.
Cass. civ. Sez. III Sent., 20/04/2012, n. 6270.
Se una causa legittima di prelazione (nella specie, ipoteca) perda efficacia con effetto retroattivo (nella specie, a causa di vittorioso esercizio dell’azione revocatoria) dopo l’aggiudicazione del bene pignorato e la distribuzione del ricavato, il creditore postergato, che in sede di distribuzione non sia riuscito a soddisfarsi, ha diritto di ottenere da quello, la cui causa di prelazione sia venuta meno, la restituzione delle somme indebitamente percepite, a condizione, tuttavia, che tale circostanza non potesse essere fatta valere nel corso del giudizio di esecuzione. (Nella specie, un creditore munito di ipoteca si era soddisfatto per intero sul bene esecutato, esaurendone il valore. Dopo la distribuzione del ricavato, tuttavia, l’atto di concessione dell’ipoteca era stato revocato ai sensi dell’art. 2901 c.c., e dichiarato inefficace nei confronti di altro creditore, munito di titolo esecutivo giudiziale trascritto dopo l’iscrizione dell’ipoteca. Il creditore vittorioso in revocatoria aveva allora domandato al creditore soddisfatto, in un autonomo giudizio, la restituzione delle somme ottenute mercé la vendita forzata dell’immobile. La S.C., in virtù del principio di cui alla massima, ha confermato la sentenza di merito che aveva accolto la domanda).
Cass. civ. Sez. III Sent., 27/04/2011, n. 9415.
Il recesso del conduttore produce l’effetto risolutivo della locazione al compimento del prescritto, o concordato, periodo di preavviso e fino a tale termine il conduttore è tenuto a versare i canoni, indipendentemente dal momento di materiale rilascio dell’immobile (eventualmente anche anteriore), con la conseguenza che, mantenendo le parti tutti i diritti e gli obblighi nascenti dal contratto, sussiste il presupposto della qualità di conduttore per l’esercizio della prelazione se, in vista della progettata vendita dell’immobile locato entro il periodo suddetto, il locatore ometta la prevista formalità vincolante della “denuntiatio”.
Cass. civ. Sez. III Sent., 10/12/2009, n. 25815.
In tema di prelazione urbana, ove nel contratto preliminare di compravendita dell’immobile tra proprietario-locatore e terzo sia stato pattuito il pagamento immediato di una parte del prezzo a titolo di acconto ed il pagamento del saldo entro una precisa data, il conduttore che dichiara tempestivamente di esercitare la prelazione ha l’obbligo, a norma del quarto comma dell’art. 38 della legge n. 392 del 1978, di provvedere, pena la decadenza dal diritto di prelazione, al versamento dell’acconto entro i novanta giorni (trenta giorni successivi alla scadenza del termine per l’esercizio del diritto di prelazione) dalla notifica della “denuntiatio” ed al pagamento del residuo prezzo entro la data, se successiva, stabilita nel predetto contratto preliminare.
Cass. civ. Sez. III Sent., 05/03/2009, n. 5369.
In caso di vendita dell’immobile locato non destinato ad abitazione, il cessionario del contratto di locazione unitamente all’azienda sita in detto immobile, il quale sia subentrato all’originario conduttore dopo la inutile scadenza del termine concesso a quest’ultimo per l’esercizio del diritto di prelazione, non ha diritto ad una nuova comunicazione e ad un nuovo termine per l’esercizio dello stesso diritto, in quanto per effetto della cessione del contratto si attua una vera e propria successione a titolo particolare per atto tra vivi nel contratto stesso con la conseguenza della sostituzione del cessionario nella identica posizione di diritti ed obblighi del cedente e della opponibilità al cessionario da parte del contraente ceduto di tutte le eccezioni derivanti dal contratto, ivi compresa la decadenza già verificatasi nei confronti del cedente. Nessun rilievo, pertanto, assume la circostanza che il medesimo immobile sia stato successivamente oggetto di vendita, in favore di quest’ultimo, dal momento che la minuziosa disciplina indicata dagli artt. 38 e 39 della legge n. 392 del 1978 a proposito delle modalità di esercizio del diritto di prelazione è sottratta alla regola dell’autonomia privata (che è, in generale, riconosciuta nella regolamentazione di interessi privati).
Cass. civ. Sez. III Sent., 29/02/2008, n. 5502.
In tema di prelazione urbana, poiché la stipula del contratto preliminare di vendita dell’immobile locato con altro soggetto integra la chiara manifestazione, da parte del locatore, dell’intento di vendere, dal momento di tale stipula sorge a carico del locatore l’obbligo di darne comunicazione al conduttore con atto notificato e corredato di tutte le indicazioni circa le condizioni di vendita, ai sensi dell’art. 38 della legge n. 392 del 1978, mentre è irrilevante che il contratto definitivo debba essere stipulato in data successiva alla cessazione del rapporto locativo, in quanto la norma citata fa riferimento non alla stipula del definitivo ma al momento in cui sorge l’intento di vendere e, presumibilmente, inizia la ricerca del compratore.
Cass. civ. Sez. III Sent., 08/08/2007, n. 17381.
Nell’ambito della disciplina legale delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, contenuta nella legge 27 luglio 1978 n. 392, le norme in materia di diritto di prelazione e riscatto in caso di vendita dell’immobile locato (artt. 38 e 39) si applicano, ai sensi dell’art. 41 della legge citata, anche ai contratti di locazione aventi ad oggetto immobili urbani destinati ad essere utilizzati per l’attività di istruzione di volo (scuola di volo), trattandosi di attività che comporta contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori e non vertendosi in tema di attività meramente professionale (nella specie la scuola di volo era dotata di due veicoli e, quindi, di un compendio di mezzi imprenditoriali di elevato valore commerciale).
Cass. civ. Sez. III, 04/07/2006, n. 15265.
In tema di azione revocatoria ordinaria, tra gli atti non soggetti a revoca a norma del terzo comma dell’art. 2901 cod civ., in quanto compiuti in adempimento di un’obbligazione (cosiddetti atti dovuti), quali i contratti conclusi in esecuzione di un contratto preliminare di vendita, non rientrano gli atti di vendita di immobili locati ad uso non abitativo, per i quali venga esercitato il diritto di prelazione da parte del conduttore. In tal caso il locatore, solo se decide di vendere, liberamente determinandosi in tal senso, è obbligato a vendere al conduttore che si avvalga del diritto di cui all’art. 38 legge 392 del 1978, con la conseguenza che, nel concorso delle condizioni previste dall’art. 2901 cod. civ., detta vendita è revocabile ad istanza del creditore del locatore che abbia alienato l’immobile.
Cass. civ. Sez. III, 24/05/2006, n. 12356.
Il conduttore di immobile urbano adibito ad uso diverso da quello di abitazione non ha diritto alla prelazione di cui all’art. 38 della legge n. 392 del 1978 qualora, al momento dell’entrata in vigore di tale legge, il proprietario avesse già stipulato un preliminare di vendita dell’immobile, essendosi in presenza di una situazione obbligatoria già definita, con l’impegno verso il terzo, da una legittima attività negoziale del proprietario stesso compiuta quando il diritto di prelazione del conduttore non era ancora sorto, restando di conseguenza irrilevante che il proprietario, dopo l’entrata in vigore della legge n. 392 del 1978, ne faccia la “denunciatio” al conduttore.
Cass. civ. Sez. III, 14/07/2004, n. 13074.
L’art. 1 comma terzo della legge 22 aprile 1982 n. 168 che riconosce il diritto di prelazione ai conduttori degli immobili abitativi appartenenti agli enti o imprese indicati nei precedenti commi, nel caso in cui questi intendano trasferire il loro immobile avvalendosi dei benefici previsti nella legge medesima, non prevede, in caso di violazione del diritto del conduttore, la possibilità di riscatto dell’immobile presso il terzo acquirente, senza che – non configurandosi alcun contrasto con i precetti degli artt. 3 e 47 Cost., attesa l’eterogeneità delle situazioni – possa trovare applicazione analogica la disciplina del retratto prevista dall’art. 39 della legge n. 392 del 1978, che ha carattere eccezionale e riguarda esclusivamente le locazioni cosiddette «commerciali». Ne consegue che, in caso di alienazione dell’immobile in violazione del diritto di prelazione, il conduttore può ottenere soltanto il risarcimento del danno da parte dell’ente alienante.
4. Consulenza e assistenza legale per il tuo caso
Come avrai notato, la disciplina prevista per il diritto di prelazione e la vendita con prelazione è decisamente complessa perché occorre valutare molti elementi e ponderare diverse opzioni per addivenire ad una scelta adeguata.
Proprio per questo motivo, al fine di Pianificare e Difendere al meglio il tuo Patrimonio, ti consiglio di completare il Modulo di contatto che trovi in questa pagina.
Un Professionista di ObiettivoProfitto.it saprà aiutarti nel migliore dei modi.